in tema di revocatoria fallimentare, la restituzione al venditore di merci acquistate e non ancora pagate, eseguita dal compratore al fine di estinguere ogni pregresso rapporto, costituisce per l’appunto una datio in solutum qualificabile come mezzo anormale di pagamento ai sensi dell’articolo 67, comma 1, legge fall. (Cass. n. 193-01, Cass. n. 9690-00; Cass. n. 5356-99); sicche’, per sfuggire alla revocatoria, grava in tal caso sul convenuto l’onere della prova della condizione di inscientia decoctionis.

Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di diritto fallimentare, si consiglia di consultare la Raccolta di massime delle principali sentenze della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf

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Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile Ordinanza 14 febbraio 2018, n. 3673

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27508-2016 proposto da:

(OMISSIS) SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1090/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 19/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/12/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI.

RILEVATO

che:

la (OMISSIS) s.a.s. ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza della corte d’appello de L’Aquila che, in data 19-10-2016, ha confermato la decisione del tribunale di Lanciano, resa ai sensi dell’articolo 702-bis e seg. cod. proc. civ., di accoglimento dell’azione revocatoria fallimentare proposta dalla curatela del fallimento di (OMISSIS) s.r.l., in relazione a una rivendita di autoveicoli effettuata in luogo della liquidazione di cambiali rilasciate per il saldo del prezzo; la curatela ha replicato con controricorso;

la ricorrente ha depositato una memoria.

CONSIDERATO

che:

col primo motivo e’ dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, poiche’ la compravendita era stata qualificata da una clausola di riservato dominio a vantaggio del venditore: in tal senso, secondo la ricorrente, la riconsegna dei veicoli non sarebbe stata da qualificare come datio in solutum, e quindi come mezzo anomalo di pagamento, ma come adempimento di un’obbligazione avente a oggetto la consegna di beni determinati;

il motivo e’ inammissibile per difetto di autosufficienza, giacche’ non risulta che una simile questione sia stata consegnata al giudizio di appello;

la corte distrettuale ha esplicitamente affermato che l’appellante non aveva contestato la ricostruzione svolta dal primo giudice in ordine all’esistenza della datio in solutum; per cui era da considerare pacifico, in causa, che la societa’ fallita aveva infine rivenduto i veicoli perche’ non aveva potuto onorare i titoli di credito emessi in pagamento dell’anteriore acquisito;

onde sostenere la diversa tesi, la ricorrente ha richiamato un passaggio della comparsa di costituzione dinanzi al giudice di primo grado, recante l’inciso che la restituzione sarebbe stata “conseguenza di una clausola contrattuale che le due parti contraenti avevano stipulato e che per loro era imperativa”;

il rilievo e’ a tal punto generico da non permettere di sostenere una deduzione del tipo di quella posta al fondo della odierna censura; in ogni caso era onere della ricorrente assolvere al fine di specificita’ in relazione a cio’ che era stato devoluto in appello mediante apposito motivo di censura, posto che dalla sentenza emerge che gia’ il tribunale aveva ritenuto esistente la datio in solutum;

col secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione degli articoli 2727 e 2729 cod. civ. e il vizio di motivazione;

il motivo e’ inammissibile perche’ il ricorrente contesta la ricostruzione, di asserito carattere indiziario, che il giudice d’appello avrebbe svolto al fine di ritenere provata la conoscenza dello stato di insolvenza;

viceversa, secondo costante orientamento (articolo 360-bis cod. proc. civ.), in tema di revocatoria fallimentare, la restituzione al venditore di merci acquistate e non ancora pagate, eseguita dal compratore al fine di estinguere ogni pregresso rapporto, costituisce per l’appunto una datio in solutum qualificabile come mezzo anormale di pagamento ai sensi dell’articolo 67, comma 1, legge fall. (Cass. n. 193-01, Cass. n. 9690-00; Cass. n. 5356-99); sicche’, per sfuggire alla revocatoria, grava in tal caso sul convenuto l’onere della prova della condizione di inscientia decoctionis;

col terzo mezzo e’ dedotta la nullita’ del procedimento per violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ., quanto alla condanna all’equivalente monetario dei beni;

si sostiene che una tale statuizione avrebbe potuto conseguire esclusivamente al caso di impossibilita’ di far luogo alla restituzione del bene oggetto del mezzo di pagamento anomalo;

anche il terzo motivo e’ inammissibile, poiche’ niente ha da spartire con la prospettata censura di violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. e poiche’, in ogni caso, non tiene conto di quanto esplicitamente accertato dal giudice del merito circa il mancato rinvenimento dei beni oggetto del contratto di compravendita; e’ appena il caso di precisare che oggetto della domanda di revocatoria fallimentare non e’ il bene in se’, ma la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori mediante l’assoggettabilita’ ad esecuzione e, quindi, la liquidazione di un bene che, rispetto all’interesse dei creditori, viene in considerazione soltanto per il suo valore (cfr. per tutte Cass. n. 14098-09, Cass. n. 2883-07);

le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 7.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.