La successione dell’imprenditore nei rapporti contrattuali inerenti all’azienda non aventi carattere personale non può realizzarsi, ai sensi dell’art. 2558 c.c., qualora il trasferimento dell’azienda sia la conseguenza di un fatto non negoziale (nella specie, per provvedimento giudiziale).

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Contratto di Affitto di azienda

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 23 settembre 2015, n. 18805

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3288-2012 proposto da:

(OMISSIS) titolare della Ditta (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) DI (OMISSIS) & C. S.A.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 948/2011 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 17/08/2011, R.G.N. 2828/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/06/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

Nel marzo 1987 (OMISSIS) conveniva in giudizio la (OMISSIS) di (OMISSIS) & C. sas in qualita’ di proprietaria e nuovo gestore dell’hotel (OMISSIS), chiedendo che venisse accertato che nessuna ulteriore somma era da esso attore dovuta alla convenuta in adempimento di un contratto di soggiorno alberghiero da lui stipulato con il precedente gestore dell’hotel (la (OMISSIS) snc), affittuario della convenuta stessa. Precedente gestore al quale egli aveva gia’ corrisposto, prima che la gestione dell’hotel medesimo venisse retrocessa alla (OMISSIS) sas, acconti per lire 14.509.000.

Nella costituzione in giudizio della (OMISSIS) sas – che formulava domanda riconvenzionale di condanna del (OMISSIS) ad eseguire un nuovo pagamento a sue mani della somma in oggetto, ritenendo ad essa non opponibili i pagamenti in acconto gia’ effettuati al precedente gestore – veniva emessa sentenza n. 619/96 con la quale il tribunale di Modena: – dichiarava inammissibile per ragioni di rito la domanda riconvenzionale; – accoglieva la domanda di accertamento negativo, ravvisando l’opponibilita’ del pagamento degli acconti alla societa’ convenuta, in quanto succeduta ex articolo 2558 c.c. nel contratto di soggiorno stipulato dall’attore con il precedente gestore.

Con sentenza n. 986/99 la corte di appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado.

Proposto ricorso per cassazione da (OMISSIS) sas, interveniva sentenza n. 16724/03 con la quale questa corte di cassazione cassava la sentenza impugnata, e rinviava ad altra sezione della corte di appello di Bologna.

Riassunto il giudizio, veniva emessa sentenza n. 948/11 con la quale la corte di appello di Bologna in sede di rinvio, in accoglimento dell’appello proposto dalla (OMISSIS) sas, rigettava la domanda di accertamento negativo proposta dal (OMISSIS); cio’ sul presupposto che, in applicazione del principio di diritto espresso dalla corte di cassazione, la (OMISSIS) sas non fosse succeduta ex articolo 2558 codice civile nel contratto di soggiorno in questione, atteso che la retrocessione ad essa dell’azienda alberghiera si era verificata non gia’ per atto negoziale, ma per provvedimento del giudice (gia’ adito ex articolo 700 c.p.c.) e, comunque, a seguito di risoluzione (clausola risolutiva) per inadempimento del precedente gestore nel pagamento dei canoni di affitto dell’azienda.

Avverso questa sentenza viene proposto un articolato motivo di ricorso per cassazione dal (OMISSIS). Nessuna attivita’ difensiva e’ stata posta in essere in questa sede dalla (OMISSIS) sas. Il ricorrente ha altresi’ depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di nullita’ della sentenza impugnata, cosi’ come proposta dal (OMISSIS) mediante ricorso integrativo 6 marzo 2012 (di per se’ inammissibile: v.Cass. 13257/10) e, comunque, memoria ex articolo 378 c.p.c.. Assume, in particolare, il ricorrente che tale nullita’ deriverebbe dal fatto che la sentenza in questione sarebbe stata emessa in esito ad un giudizio di rinvio proposto (21 dicembre 2004) da un soggetto ormai estintosi ex articolo 2495 c.c. (quello stesso al quale, peraltro, egli ha ancora notificato il presente ricorso); cio’ perche’ la (OMISSIS) sas venne cancellata dal registro delle imprese fin dal 16 luglio 2001 (come da visura CCIAA allegata).

Ora, fermo restando il principio stabilito da SSUU n. 4060 del 22/02/2010, secondo cui – anche per le societa’ di persone – la cancellazione dal registro delle imprese comporta l’estinzione della soggettivita’ dell’ente (con effetto, ove intercorsa precedentemente, dall’entrata in vigore, il 1 gennaio 2004, del Decreto Legislativo n. 6 del 2003 di riforma organica del diritto societario e, in particolare, dell’articolo 2495 c.c.), va qui ritenuto che il giudizio di rinvio sia stato ritualmente introdotto in forza di quel fenomeno successorio, rispetto all’ente estinto, ravvisato, in capo al socio illimitatamente responsabile, da SSUU 12 marzo 2013 n. 6070 (v. anche Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 25275 del 28/11/2014). L’avvenuta cancellazione dal registro delle imprese non ha dunque impedito che il rapporto processuale proseguisse validamente in capo alla persona fisica dell’ex socio accomandatario della (OMISSIS) sas, quale successore nei rapporti giuridici ancora pendenti relativi a quest’ultima.

L’eccezione sarebbe comunque infondata anche in considerazione del fatto che l’evento estintivo in questione non venne mai formalmente dichiarato prima d’ora nel processo, con conseguente protrazione – in forza del principio di ultrattivita’ del mandato alla lite – del potere rappresentativo del difensore, “come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando cosi stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonche’ in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione” (SSUU n. 15295 del 04/07/2014; Cass. n. 23141 del 31/10/2014).

p. 2. Con l’unico motivo di ricorso per cassazione, il (OMISSIS) lamenta violazione o falsa applicazione dell’articolo 384 c.p.c., posto che la sentenza impugnata – nell’escludere la successione di (OMISSIS) sas nel contratto di soggiorno ex articolo 2558 c.c. – non si era attenuta al principio di diritto fissato da questa corte di legittimita’ con la sentenza n. 16724/03. Principio di diritto secondo cui tale successione doveva ravvisarsi nell’ipotesi in cui il trasferimento dell’azienda fosse avvenuto per un titolo negoziale, qual era quello nel caso di specie costituito dalla clausola del contratto di affitto di azienda che prevedeva la risoluzione del contratto di affitto per inadempimento dell’affittuario nel pagamento dei canoni. Ne’ poteva nella specie affermarsi, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di rinvio, che la retrocessione dell’azienda alla societa’ convenuta fosse qui derivata, non da un titolo negoziale, ma da un provvedimento giudiziale; posto che l’unico provvedimento giudiziale nella specie sussistente era inidoneo a produrre effetti sostanziali, perche’ di natura cautelare (articolo 700 c.p.c.), e comunque caducato per mancata introduzione del giudizio di merito.

p.3. La doglianza – in realta’ basata sulla mera riedizione di una impostazione giuridica gia’ definitivamente disattesa da questa corte di legittimita’ – non puo’ trovare accoglimento.

La sentenza qui impugnata non ha accolto la tesi del (OMISSIS), secondo cui si sarebbe nella specie in presenza di un trasferimento aziendale (retrocessione dell’albergo dal precedente gestore affittuario alla societa’ convenuta) di natura negoziale.

La soluzione adottata in sede di rinvio ha infatti applicato il principio di diritto espresso in sede di legittimita’, osservando come la restituzione aziendale a seguito di risoluzione del contratto di affitto per inadempimento dell’affittuario non fosse ascrivibile a causa negoziale, “con la conseguenza che, in tale ipotesi, non si verifica la successione nei contratti pendenti conclusi dall’affittuario ex articolo 2558 c.c., come espressamente affermato sul punto dalla corte di cassazione nella sentenza resa tra le parti, secondo un orientamento consolidato sul punto” (sent. rinvio, pag.10). Ha poi aggiunto il giudice di rinvio (pag.11) che la retrocessione dell’azienda per inadempimento dell’affittuario (e non per trasferimento negoziale) trovava riscontro anche nel provvedimento di riconsegna emesso ex articolo 700 c.p.c., la cui successiva caducazione nulla toglieva alla natura non negoziale del trasferimento aziendale in oggetto, in quanto appunto ascrivibile non gia’ ad una volontaria retrocessione, ma ad un effetto puramente consequenziale della risoluzione del contratto.

La decisione cosi’ adottata in sede di rinvio deve ritenersi pienamente conforme al principio di diritto espresso in sede di legittimita’ dalla sentenza tra le parti Cass. n. 16724 del 07/11/2003, la cui massima recita: “la successione dell’imprenditore nei rapporti contrattuali inerenti all’azienda non aventi carattere personale, quale effetto del trasferimento dell’azienda, puo’ trovare applicazione, in virtu’ di una interpretazione estensiva dell’articolo 2558 c.c., non solo nelle ipotesi di alienazione, usufrutto e affitto d’azienda, ma anche negli altri casi in cui ricorra la sostituzione di un imprenditore ad un altro nell’esercizio dell’impresa per un fatto voluto dalle parti, o da queste previsto, ed in relazione al quale abbiano potuto disporre della sorte dei contratti a prestazioni corrispettive inerenti l’azienda ancora non completamente eseguiti; ne consegue che sono estranei all’ambito di applicazione dell’articolo 2558 cod. civ. tutte le ipotesi in cui il trasferimento dell’azienda sia la conseguenza diretta di un fatto non negoziale o sia la conseguenza soltanto mediata di una fattispecie negoziale”.

In motivazione, la sentenza n. 16724/03, in esame, risulta quanto mai chiara nell’evidenziare che la ratio del regime di successione nei contratti di esercizio aziendale, ex articolo 2558 c.c., consiste nel rendere possibile all’imprenditore subentrante l’acquisto di elementi fondamentali dell’avviamento, quali appunto sono i rapporti contrattuali costituiti per l’esercizio dell’impresa. Tale successione (diversamente dalle ipotesi di trasferimento dei crediti o dei debiti aziendali, ex articolo 2559 e 2560 c.c.) avviene tuttavia non gia’ automaticamente ed ope legis in ogni ipotesi di trasferimento dell’azienda (come, nella specie, erroneamente ritenuto dai giudici di merito), bensi’ solo nelle ipotesi di trasferimento direttamente ascrivibile all’esercizio dell’autonomia negoziale delle parti, come anche evincibile – nel senso della disponibilita’ del subentro – dall’inciso normativo “se non e’ pattuito diversamente”.

Ipotesi derogatoria, quest’ultima, che tutela la posizione del ricevente l’azienda ove quest’ultima risulti in ipotesi corredata di contratti non remunerativi perche’ di eccessiva gravosita’; e nella quale, peraltro, la posizione del terzo contraente trova anch’essa protezione, non gia’ nella disciplina speciale del trasferimento aziendale, bensi’ in quella generale riconducibile all’inadempimento del contratto da parte del contraente diretto (cedente l’azienda).

In particolare, la successione nei rapporti contrattuali “postula che il trasferimento dell’azienda, alla quale i medesimi rapporti sono inerenti, sia l’effetto immediato e diretto di una fattispecie negoziale posta in essere dai due soggetti tra i quali il trasferimento e’ intervenuto”; sicche’, perche’ tale successione possa operare ex articolo 2558 c.c. “e’ necessario che il trasferimento dell’azienda si ricolleghi direttamente alla volonta’ delle parti o a un fatto che queste abbiano espressamente previsto (termine finale, condizione risolutiva e via dicendo) ed in relazione alla quale abbiano potuto disporre circa la sorte dei contratti a prestazioni corrispettive inerenti all’azienda ancora non interamente eseguiti al momento del suo verificarsi”; con la conseguenza che rimane fuori dall’ambito di applicazione dell’articolo 2558 c.c. ogni ipotesi in cui il trasferimento dell’azienda “sia la conseguenza diretta di un fatto non negoziale o sia la conseguenza soltanto mediata di una fattispecie negoziale, cioe’ di un fatto il cui effetto tipico sia diverso dal trasferimento dell’azienda e si ponga, a sua volta, come causa di esso”.

Conclude quindi la sentenza di cassazione nel senso che (pag. 12): “il locatore dell’azienda che ne riacquisti il godimento prima della scadenza del termine pattuito nel contratto di affitto, in conseguenza della risoluzione di questo contratto per inadempimento dell’affittuario, non succede, ex articolo 2558 c.c., nei rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive ancora pendenti sorti da contratti conclusi dall’affittuario”.

La sentenza cassata non aveva fatto applicazione di questo principio, assumendo che la (OMISSIS) sas fosse subentrata nel contratto di soggiorno pendente “per il solo fatto oggettivo della sostituzione di un imprenditore ad un altro, senza distinguere il trasferimento dell’azienda per atti negoziali, o comunque riconducibili direttamente alla volonta’ ed alla previsione delle parti contraenti, dal trasferimento per fatti invece non negoziali, come potrebbe essere una risoluzione del contratto d’affitto per inadempimento dell’affittuario, pronunciata con sentenza del giudice; e quindi, nel caso specifico, il subentro dell’odierna ricorrente nel contratto d’albergo stipulato dall’affittuaria (OMISSIS) con (OMISSIS)”.

Quanto cosi’ esplicitato in sede di legittimita’ costituisce conferma di un indirizzo gia’ tracciato, e rinvenibile in Cass. n. 969/79 ed in Cass. n. 632/79 (entrambe richiamate nella stessa sentenza in esame), secondo cui: “la successione dell’acquirente, dell’usufruttuario e dell’affittuario di azienda, prevista dall’articolo 2558 c.c., salvo patto contrario, nei contratti a prestazioni corrispettive stipulati dal dante causa e non ancora interamente eseguiti (nel senso che ciascun contraente sia ancora contemporaneamente creditore di una prestazione e debitore di una altra), sempreche’ si tratti di contratti non a carattere personale, inerenti all’esercizio dell’impresa e non soggetti a specifica diversa disposizione di legge (…), deve ritenersi operante, in applicazione estensiva del citato articolo 2558 c.c., in ogni altra analoga ipotesi in cui si verifichi la sostituzione di un imprenditore all’altro nell’esercizio dell’impresa, come conseguenza diretta della volonta’ delle parti, ovvero di un fatto dalle medesime espressamente previsto. Pertanto, nel caso in cui l’esercizio dell’azienda si ritrasferisca dall’affittuario al locatore, per effetto di cessazione del rapporto di affitto, l’indicata successione si verifica, nei confronti del locatore, solo se si tratti di cessazione del rapporto per causa negozialmente contemplata; come il termine finale o la condizione risolutiva, e non anche, quindi, nella diversa ipotesi in cui la cessazione medesima sia conseguenza diretta di un fatto non negoziale, ancorche’ ricollegabile, ma solo in via mediata, ad una fattispecie negoziale. Da tanto deriva che il locatore non subentra nei contratti stipulati dall’affittuario, pur se presentanti le caratteristiche sopra specificate, qualora riacquisti il godimento dell’azienda, prima della scadenza del contratto, in conseguenza della sua risoluzione per inadempimento dell’affittuario, sia essa pronunciata dal giudice, ovvero disposta dalla determinazione di un arbitro irrituale designato dalle parti”.

Orbene, nell’aver infine escluso il subentro della (OMISSIS) sas nel contratto di soggiorno in oggetto, la sentenza di rinvio – lungi dall’aver violato il precetto di cui all’articolo 384 c.p.c. – si e’ conformata al suddetto principio di diritto di cui alla sentenza n. 16724/03; individuando, nella specie, la causa della retrocessione dell’albergo non gia’ in un atto di autonomia negoziale e, dunque, di volontaria preservazione di “un elemento fondamentale dell’avviamento” (per utilizzare le stesse parole della pronuncia di cassazione) bensi’ nella risoluzione per inadempimento dell’affittuario nel pagamento dei canoni di affitto. Vale a dire – sempre per testualmente richiamare quanto stabilito in tale pronuncia – per un “fatto costituente una conseguenza soltanto mediata di una fattispecie negoziale”. A nulla rilevando, in contrario avviso, ne’ che nella specie mancasse una pronuncia giudiziale di risoluzione – tale certo non essendo il provvedimento ex articolo 700 c.p.c., del resto richiamato dalla sentenza qui impugnata non quale causa diretta del mancato subentro, bensi’ quale ulteriore riscontro dimostrativo della mancanza, nella specie, di un ritrasferimento pattizio – ne’ che la risoluzione del contratto in ipotesi di mancato versamento dei canoni fosse stata contrattualmente prevista tra le clausole dell’affitto. Cio’ perche’ si verteva, in ogni caso, in una delle ipotesi nelle quali – proprio in forza del principio di diritto teste’ ricostruito – il subentro nel contratto ex articolo 2558 c.c. non poteva avere luogo, per non ascrivibilita’ del trasferimento aziendale a causa negoziale ovvero a quest’ultima equiparabile.

E’ vero che la pronuncia n. 16724/03 ha ritenuto di cassare con rinvio la sentenza impugnata al fine di accertare (sent.pag.14) la sussistenza in concreto di un contratto solutorio capace di determinare il subentro, ovvero di un’eventuale risoluzione dell’affitto per mutuo dissenso e per comportamenti taciti concludenti; tuttavia, il giudice di rinvio non ha potuto che ribadire come la retrocessione dell’albergo non fosse qui dipesa da una fonte differente dalla clausola risolutiva stessa. Dunque, come anticipato, non gia’ da un contratto solutorio o da un patto restitutorio per mutuo dissenso, bensi’ appunto da quel fatto costituente conseguenza soltanto mediata di una fattispecie negoziale che esclude – pur in assenza di una pronuncia giudiziale – gli effetti di cui all’articolo 2558 c.c..

Ne segue il rigetto del ricorso; nulla si dispone sulle spese, stante la mancata difesa di parte intimata.

P.Q.M.

La Corte

rigetta il ricorso.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.