Corte d’Appello Roma, Sezione 2 civile Sentenza 14 febbraio 2013, n. 910

In tema di forma del contratto di assicurazione, ancorché il requisito della forma scritta “ad probationem”, di cui all’art. 1888 cod. civ. si debba intendere rispettato quando l’assicurato abbia sottoscritto una clausola di rinvio che richiami quanto sia contenuto in un distinto documento predisposto unilateralmente da una delle parti e non anche specificamente approvato per iscritto, è necessario, affinché tra la polizza e tale documento si realizzi una “relatio perfecta” agli effetti della sussistenza del requisito formale, che il suddetto richiamo sia effettuato dai contraenti sulla premessa della piena conoscenza del contenuto del documento ed allo scopo di integrare la disciplina negoziale nella parte in cui nella polizza sottoscritta manchi una diversa regolamentazione, di modo che possa dedursi l’esistenza dell’accordo dei contraenti per dare rilievo al suddetto contenuto.

 

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Corte d’Appello Roma, Sezione 2 civile Sentenza 14 febbraio 2013, n. 910

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D’APPELLO DI ROMA

SECONDA SEZIONE CIVILE

nella persona dei giudici

Dott. Brescia Sergio – Presidente –

Dott. Tilocca Alberto – Consigliere –

Dott. Postiglione Andrea – Giudice relatore –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

A seguito dell’udienza del 10.10.12 ove ha trattenuto in decisione la causa d’appello n. 1605/2009 R.G., vertente tra:

Ge. S.p.A. quale società incorporante la Ge. S.p.A. con sede in Trieste, rappresentata e difesa in forza di procura a margine dell’atto di appello dall’avv. Da.Mo. di Roma, elettivamente domiciliata presso lo studio del legale in Roma Via (…);

appellante

e

Ma.Ci. rappresentata e difesa in forza di procura a margine dell’atto di citazione in appello notificato dall’avv. Ca.Ca. di Roma, elettivamente domiciliata presso lo studio legale in Roma Via (…);

appellata

In punto: assicurazione

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Roma con sentenza n. 6403/08, motivando in ordine alla natura vessatoria delle clausole contrattuali, condannava le Ge. S.p.A. ora As. S.p.A. a corrispondere a Ma.Ci. l’importo di Euro 1.134,22 quale maggior somma dovuta all’attrice a seguito del recesso dal contratto di “assicurazione vita” stipulato con la controparte anni addietro, applicando sulla somma erogata il tasso d’interesse legale dalla data del 25.09.03 al saldo. Avverso tale sentenza proponeva gravame la società, deducendo contraddittorietà della motivazione ed erronea valutazione delle risultanze istruttorie. La Ma. svolgeva mere difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello è infondato e le statuizioni della sentenza di primo grado vanno, con diversa motivazione, confermate.

  1. Pacifica fra le parti è la stipula in data 08.07.97 di un contratto di assicurazione per il capitale massimo di Lire 37.993.892 di durata di anni 16 contemplante il versamento da parte dell’assicurato di un premio annuale pari a Lire 1.250.000 cui è conseguita l’emissione della polizza n. 5.152.30.
  2. Pacifico appare altresì il versamento complessivo da parte della Ma. dell’importo capitale di Euro 3.873,43 (vedi lettera delle Ge. S.p.A. del 04.07.2000), l’intervenuto recesso da parte dell’appellata e l’offerta da parte della compagnia assicuratrice della restituzione del solo importo di Euro 2.559,25 atteso che l’art. 12 delle “condizioni di polizza” prevede che “il contratto che ha maturato il diritto al capitale (dopo tre anni) è riscattabile. R contraente può, in tal caso, e pervia dichiarazione scritta risolvere anticipatamente il contratto chiedendo la liquidazione del valore di riscatto, il cui importo si ottiene scontando al tasso del 4,5% il capitale ridotto, rivalutato fino alla data della richiesta per il periodo di tempo che intercorre tra la data di richiesta del riscatto e la data di scadenza del contratto (circa 10 anni)”.
  3. La Compagnia, facendo applicazione di tale clausola, ha quindi scontato sulla somma capitale un importo prossimo al 45% della somma versata.
  4. Ci.Ma. ha lamentato la illegittimità/abusività di tale clausola deducendo esserle stata data assicurazione da parte della società stipulante che, in caso di recesso, il capitale versato sarebbe stato integralmente salvaguardato.
  5. È noto come, ai sensi del primo comma dell’art. 1341 c.c., le clausole contrattuali incluse in moduli, formulari e prestampati predisposti da un solo contraente non siano efficaci se non vi è prova che il contraente “debole” le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle incombendo al predisponente quindi l’onere di una reale ed effettiva informazione della controparte.
  6. Risulta nel caso di specie la sottoscrizione da parte della Ma. di una dichiarazione in calce al contratto nella quale dichiara di avere ricevuto la “nota informativa” ma non risulta alcuna firma della Ma. sulle condizioni allegate agli atti.
  7. Precisa tuttavia il Supremo Collegio (Cass. 7763/2005) che “In tema di forma del contratto di assicurazione, ancorché il requisito della forma scritta “ad probationem”, di cui all’art. 1888 cod. civ. si debba intendere rispettato quando l’assicurato abbia sottoscritto una clausola di rinvio che richiami quanto sia contenuto in un distinto documento predisposto unilateralmente da una delle parti e non anche specificamente approvato per iscritto, è necessario, affinché tra la polizza e tale documento si realizzi una “relatio perfecta” agli effetti della sussistenza del requisito formale, che il suddetto richiamo sia effettuato dai contraenti sulla premessa della piena conoscenza del contenuto del documento ed allo scopo di integrare la disciplina negoziale nella parte in cui nella polizza sottoscritta manchi una diversa regolamentazione, di modo che possa dedursi l’esistenza dell’accordo dei contraenti per dare rilievo al suddetto contenuto”.
  8. Alfine della integrale applicazione delle clausole contentate nella nota allegata deve quindi risultare la prova che le clausole contrattuali, inclusa quella di cui l’appellante invoca oggi l’applicazione (e che rappresentano la vera disciplina del rapporto giuridico), atteso che il contratto firmato non è altro se non un modello, variamente barrato e compilato siano state effettivamente conosciute dalla contraente.
  9. Parte appellante non ha fornito la prova di avere consegnato l’allegato alla parte. Non è infatti chiaro se la nota informativa sia stata consegnata alla cliente e se contenesse l’intero assetto contrattuale. L’istruttoria espletata in primo grado ha confermato poi non solo che la compagnia assicuratrice non aveva correttamente ed adeguatamente informato la contraente sul contenuto del contratto (il promotore delle Ge. S.p.A. Mi.Ro. si è infatti limitato a riferire in giudizio ciò che aveva sottoscritto la parte senza nulla aggiungere in ordine al proprio dovere informativo sull’aspetto applicativo del contratto, dichiarando: “la parte ha firmato di avere ricevuto le condizioni generali di assicurazione, la nota informativa e ricevuto il contratto originale dove si evidenziava la tipologia del contratto scelto” e non ha quindi riferito né di averle consegnate né tantomeno di averle illustrare o chiarite alla contraente) ma che aveva addirittura garantito un contenuto del contratto del tutto diverso dalla sua portata letterale; la teste An.Ma. ha difatti dichiarato “Mi. riferiva alla sig.ra Ma. che poteva recedere in ogni momento dal contratto e che avrebbe ottenuto il capitale versato integralmente”.
  10. Non solo, le dichiarazioni della teste Ma. chiariscono anche che la tematica del recesso e del trattamento in caso di abbandono dell’investimento è stata oggetto di specifica domanda di chiarimenti da parte della contraente e che la risposta della società è stata se non fraudolenta perlomeno evasiva.
  11. Ne consegue necessariamente, alla luce dei sopra accennati principi, l’inapplicabilità per la Ma. della relativa clausola contrattuale, e l’obbligo restitutorio dell’intero capitale versato.
  12. L’esito processuale giustifica ai sensi dell’art. 91 c.p.c. la condanna dell’appellante alla rifusione nei confronti della controparte delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Roma, sezione seconda civile, definitivamente pronunciando nella causa d’appello in epigrafe:

– rigetta l’appello confermando con diversa motivazione la sentenza di primo grado.

– condanna le As. S.p.A. a rifondere alla controparte le spese processuali quantificate in Euro 1.000,00 (Euro 300,00 per la fase di studio, Euro 200,00 per la fase introduttiva ed Euro 500,00 per la fase decisoria).

Così deciso in Roma l’8 gennaio 2013.

Depositata in Cancelleria il 14 febbraio 2013.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.