La Corte ha ritenuto giustificato il comportamento dell’assicuratore che aveva ritenuto di non dover corrispondere l’indennizzo, avendo accertato che il ritardo nell’adempimento dell’obbligo di avviso era dovuto a dolo dell’assicurato.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di assicurazione si cosiglia la lettura dei seguenti articoli:

Il contratto di assicurazione principi generali

L’assicurazione contro i danni e l’assicurazione per la responsabilità civile.

L’assicurazione sulla vita

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 11 marzo 2005, n. 5435

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Michele Varrone – Presidente

Dott. Italo Purcaro – Consigliere

Dott. Michele Lo Piano – Consigliere Relatore

Dott. Bruno Durante – Consigliere

Dott. Giulio Levi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Gi. Ca., elettivamente domiciliato in Ro., Via Ge. 184, presso lo studio dell’Avvocato Sa. Gr., che lo difende, giusta delega in atti.

ricorrente

contro

As. S.p.A. – le Assicurazioni d’I. S.p.A. – in persona dell’amministratore delegato Dott. Gi. Br., elettivamente domiciliata in Ro., Via Sa. 46, presso lo studio dell’Avvocato Pa. Pr., che la difende giusta delega in atti.

controricorrente

avverso la sentenza n. 30018/00 del Tribunale di Roma, emessa il 18.09.2000 e depositata il 04.10.2000 (R.G. 36451/95);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24.01.2005 dal Consigliere Relatore Dott. Michele Lo Piano;

udito il P.M., nella persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Antonietta Carestia, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Gi. Ca. convenne in giudizio l’As. S.p.A. e chiese che fosse dichiarata la risoluzione, per inadempimento di quest’ultima, di un contratto di assicurazione contro gli infortuni.

Dedusse che l’As. S.p.A. era inadempiente perché aveva rifiutato di corrispondergli un indennizzo per un infortunio da lui subito.

L’As. S.p.A. chiese il rigetto della domanda.

Dedusse:

– che l’indennizzo era stato legittimamente rifiutato perché il sinistro era stato denunciato tardivamente;

– che il diritto all’indennizzo era comunque prescritto.

Il Pretore rigettò l’eccezione di prescrizione e respinse la domanda per il rilievo che l’assicuratore non era tenuto al pagamento dell’indennizzo giacché il sinistro era stato tardivamente denunciato.

Gi. Ca. propose appello.

L’As. S.p.A. resistette all’appello e propose appello incidentale in ordine al rigetto dell’eccezione di prescrizione e alla compensazione delle spese del giudizio.

Il Tribunale respinse l’appello principale e ritenne “superfluo” l’esame di quello incidentale.

Gi. Ca. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza del Tribunale.

L’As. S.p.A. ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1913 e 1915 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c..

Deduce:

– che il solo ritardo nella denuncia del sinistro non può integrare l’estremo del comportamento doloso che ai sensi dell’art. 1915 c.c. comporta la perdita del diritto all’indennizzo;

– che il dolo deve essere provato dall’assicuratore;

– che in mancanza della prova del dolo, il ritardo può, al più essere qualificato come colposo, con la conseguenza che deve essere riconosciuto il diritto dell’assicurato all’indennizzo, ancorché in misura ridotta.

La censura è infondata.

Il primo comma dell’art. 1913 c.c. dispone che “l’assicurato deve dare avviso del sinistro all’assicuratore … entro tre giorni da quello in cui il sinistro si è verificato o l’assicurato ne ha avuto conoscenza”.

L’art. 1915 c.c. dispone al primo comma che “l’assicurato che dolosamente non adempie l’obbligo dell’avviso … perde il diritto all’indennità” e, al secondo comma, che “se l’assicurato omette colposamente di adempiere tale obbligo, l’assicuratore ha diritto di ridurre l’indennità in ragione del pregiudizio sofferto”.

Va in primo luogo affermato che le predette norme, seppure dettate in materia di assicurazione contro i danni, si applicano anche all’assicurazione contro gli infortuni non mortali, in applicazione dei principi generali ricavabili dalla sentenza n. 5119/02 delle sezioni unite di questa Corte.

Il problema posto dal ricorso consiste nello stabilire cosa debba intendersi per inadempimento doloso dell’obbligo di avviso da parte dell’assicurato.

In particolare deve essere stabilito se doloso possa essere qualificato l’inadempimento volontario ovvero se per doloso debba essere inteso l’inadempimento dettato dal fine di recare pregiudizio all’assicuratore o di procurarsi un vantaggio in danno di questi.

Il problema non incide sulla questione relativa all’individuazione del soggetto tenuto all’onere della prova, perché quale delle due tesi si segua, è indubbio, in base ai principi generali, che l’onere di provare che l’inadempimento è doloso spetta all’assicuratore.

Nel primo caso l’assicuratore dovrà provare che l’assicurato volontariamente non ha adempiuto all’obbligo di dare l’avviso, mentre nel secondo caso dovrà anche provare il fine fraudolento dell’assicurato.

Pertanto, non rilevano ai fini del presente giudizio, quelle pronunce le quali affermano che all’infuori dell’ipotesi in cui venga dedotto e dimostrato il carattere doloso dell’inadempimento dell’assicurato, implicante la perdita del diritto all’indennità, l’inadempimento stesso deve presumersi colposo (v. Cass. n. 1196/89, Cass. S.U. n. 3749/80.

Posto così il problema si osserva che questa Corte, con sentenza n. 3044/97 ha affermato che affinché l’assicurato possa ritenersi dolosamente inadempiente – con conseguente perdita del diritto all’indennità ai sensi dell’art. 1915 c.p.c. – all’obbligo imposto dall’art. 1913 c.c. di dare avviso del sinistro all’assicuratore – la cui ratio risiede nell’esigenza di portare l’assicuratore in condizioni di accertare tempestivamente le cause del sinistro e l’entità del danno, prima che possano disperdersi eventuali prove e indizi – non occorre lo specifico e fraudolento intento di creare danno all’assicuratore, ma è sufficiente la consapevolezza dell’indicato obbligo e la cosciente volontà di non osservarlo (Nello stesso senso v. Cass. n. 4203/77).

Al suddetto orientamento va data continuità.

Ciò premesso si osserva che nella specie la Corte d’Appello ha accertato:

– che il sinistro, secondo l’assunto dell’assicurato, si era verificato il 20.04.1990, mentre era stato denunciato soltanto il 09.01.1991;

– che secondo l’art. 9 delle condizioni generali del contratto la denuncia avrebbe dovuto essere effettuata entro tre giorni dal sinistro;

– che l’assicurato non aveva dedotto alcunché per giustificare il ritardo nella denuncia del sinistro;

– che nella specie la consapevolezza e la volontarietà della omissione era desumibile, sia dal rilievo che la polizza stipulata dall’assicurato era di carattere individuale e non collettivo, sia dall’ingiustificato ritardo nell’adempimento, protrattosi per quasi nove mesi.

Da quanto sopra deriva che il Giudice d’appello ha ritenuto il dolo dell’assicurato non in base al rilievo del mero ritardo nell’adempimento dell’obbligo di avviso, ma in base all’accertamento dell’atteggiamento soggettivo dell’assicurato, connotato da volontà di non adempiere all’obbligo contrattuale e quindi qualificabile come doloso alla stregua della ricordata giurisprudenza di questa Corte.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1341 c.c. in relazione e all’art. 360 n. 3 c.p.c..

Deduce che la clausola n. 9 del contratto – che prevedeva l’onere di denunciare il sinistro entro tre giorni – era da considerare vessatoria e pertanto avrebbe dovuto essere specificamente approvata per iscritto.

A sostegno della sua tesi cita la sentenza n. 4898/98 di questa Corte, secondo cui “L’inserzione in un contratto di assicurazione, concluso mediante un modulo o formulario, di una clausola che preveda l’onere (a carico dell’assicurato) del tempestivo avviso del sinistro entro un termine di decadenza (convenzionale) – clausola che è valida ove contempli un termine più lungo di quello (di tre giorni) stabilito dalla legge e sanzionato solo con la possibile riduzione dell’indennizzo, bilanciando così in favore dello stesso assicurato l’introduzione del termine decadenziale, in modo da non dover essere ricondotta al disposto dell’art. 1932 comma 1, c.c. – deve essere specificamente approvata per iscritto ai sensi dell’art. 1342 comma 2, c.c., salvo che sia il risultato di trattative specifiche o che sia trascritta da un contratto collettivo”.

La censura è infondata.

Dalla motivazione della sentenza indicata dal ricorrente si evince che essa non si attaglia alla fattispecie.

Nel caso esaminato dalla Corte v’era una clausola che importava l’automatica decadenza in caso di ritardo, con riferimento ad un termine che era però di sessanta giorni. Quest’ultimo fatto rendeva lecita – in relazione al complessivo contemperamento degli interessi delle parti – la clausola di decadenza automatica, ancorché essa derogasse alla disciplina dell’art. 1915, tuttavia secondo la Corte essa avrebbe dovuto essere approvata per iscritto.

Nel caso sottoposto all’esame di questa Corte il Giudice di merito ha invece ritenuto – e così è in effetti – che la clausola inserita nel contratto fosse meramente riproduttiva del disposto dell’art. 1915.

Pertanto nessuna approvazione specifica della clausola era necessaria.

Anche se la clausola non fosse stata inserita nel contratto avrebbe comunque operato il principio di cui al citato articolo, con riferimento alla cui disciplina la Corte di merito ha ritenuto giustificato il comportamento dell’assicuratore che aveva ritenuto di non dover corrispondere l’indennizzo, avendo accertato che il ritardo nell’adempimento dell’obbligo di avviso era dovuto a dolo dell’assicurato.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna di Gi. Ca. alla rifusione delle spese del giudizio in favore della resistente.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione, sezione terza civile, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla resistente le spese di questo grado del giudizio liquidate in € 1.100,00, ivi compresi € 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.