Tribunale Rimini, civile Sentenza 24 febbraio 2018, n. 207

la mancata prova in questo giudizio della fondatezza nel merito della pretesa di vedere ammesso il credito vantato al passivo del Fallimento S.p.A. non consente di addebitare alla condotta negligente dell’avvocato il danno conseguente la relativa esclusione.

 

Tribunale Rimini, civile Sentenza 24 febbraio 2018, n. 207

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI

SEZIONE UNICA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Susanna Zavaglia

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5767/2006 promossa da:

(…) S.P.A. GIA’ (…) SPA ORA (…) S.P.A. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. DI.AL. e dell’avv. NA.AN. ((…)) VIA (…) MILANO; PO.MA. ((…)) VIA (…) 20122 MILANO, elettivamente domiciliato in VIA (…) 47841 CATTOLICA presso il difensore avv. DI.AL.

ATTORE

contro

(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. CO.CA. e dell’avv. GA.SE. ((…)) VIA (…) 47921 RIMINI; elettivamente domiciliato in VIA (…) 47900 RIMINI presso il difensore avv. CO.CA.

CONVENUTA

(…) SPA (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. MO.QU. elettivamente domiciliato in VIA (…) 47900 RIMINI presso il difensore avv. MO.QU.

TERZA CHIAMATA

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato il 25.10.2006, (…) S.p.A. conveniva in giudizio l’Avv. (…) per sentirla condannare, a titolo di responsabilità professionale, al risarcimento del danno conseguente alla mancata ammissione al passivo del Fallimento (…) S.p.A. in liquidazione.

Il danno subito veniva quantificato in “un importo pari alla percentuale che verrà riservata ai creditori chirografari in sede di riparto, da parte del Fallimento (…) S.p.A. in liquidazione, da applicarsi sull’importo di Euro.1.792.595,65…”. In particolare parte attrice deduceva quanto segue:

– in data 09/05/2001 (…) S.p.A. chiedeva, con apposita domanda predisposta dagli Avvocati Vi.Na. e An.Na. di Milano e depositata presso la Cancelleria Fallimentare del Tribunale di Rimini, di essere ammessa in via chirografaria al passivo del Fallimento (…) S.p.A. in liquidazione per la complessiva somma di Euro 1.792.595,65;

– in data 24/07/2001 il Curatore del Fallimento (…) S.p.A., Dott.ssa (…), comunicava a (…) S.p.A. (domiciliata presso lo Studio dell’Avv. (…)), la decisione assunta in merito alla domanda presentata ovvero “non ammesso in quanto credito non sufficientemente documentato”;

– in data 22/11/2001 l’Avv. (…) trasmetteva a (…) S.p.A. copia della comunicazione pervenuta dalla Dott.ssa (…) precisando come “… a causa di un inspiegabile disguido, la lettera del Curatore Fallimentare, con la quale ci veniva peraltro comunicata la mancata ammissione del nostro credito, è stata inserita in altra pratica e quindi visionata oggi, per puro caso, dalla sottoscritta”;

– la tardività con la quale l’Avv. Mo. trasmetteva a (…) S.p.A. quanto ricevuto dal Curatore del Fallimento (…) S.p.A. in liquidazione, impediva alla parte attrice di proporre tempestivamente opposizione avverso la decisione assunta in merito al credito insinuato che, pertanto, rimaneva escluso dalla massa fallimentare.

In data 28/02/2007 l’Avv. (…) si costituiva in giudizio, contestando quanto affermato da parte attrice e chiedendo, in ogni caso, la chiamata in causa delle compagnie di assicurazione (…) S.p.A. e (…) S.p.A.

Con comparsa di costituzione e risposta del 14/07/2007 e del 10/09/2007 si costituivano rispettivamente (…) S.p.A. e (…) S.p.A. (oggi (…) S.p.A. stante la fusione delle due compagnie).

Con ordinanza 30/04/2008 il giudice disponeva C.T.U. contabile per la quantificazione del danno lamentato, sospendendo nel contempo il processo fino all’approvazione del piano di riparto finale del Fallimento (…) S.p.A. in liquidazione.

Intervenuto il decreto di esecutività del predetto riparto in data 20/04/2016, la causa veniva riassunta da (…) S.p.A. e il giudice disponeva darsi seguito alla C.T.U. disposta dal precedente magistrato prima della sospensione.

Espletato detto incombente, all’udienza del 20/10/2017 le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva discussa oralmente ai sensi dell’art. 281 quinquies c.p.c.

I documenti 12 e 13 depositati dall’attrice dimostrano la sussistenza della legittimazione attiva di (…) S.p.a. (il cui nominativo, con delibera assembleare del 22.1.2008, è stato mutato in (…) S.p.a.) e del potere del dott. (…) di conferire il mandato ai relativi difensori (si legge nella procura notarile che sono attribuiti al (…) i seguenti poteri: “in caso di assenza o di impedimento del Direttore Generale, provvedere a fare quanto segue: in relazione ai rapporti di factoring deliberati dagli organi e dagli uffici competenti, promuovere azioni giudiziarie per la tutela dei diritti della società e resistere ad azioni promosse da terzi… con facoltà di nominare e revocare avvocati e procuratori per la rappresentanza e difesa in giudizio della società mandante…”), non essendo esigibile in questa sede la dimostrazione dell’assenza o impedimento del Direttore Generale che costituisce presupposto rilevante unicamente sul piano dell’organizzazione interna della società, e potendo farsi rientrare anche il presente giudizio tra le azioni relative ai “rapporti di factoring”, in quanto volta al recupero dell’equivalente del credito sorto da uno di detti rapporti.

E’ fondato l’addebito mosso nei confronti dell’Avv. (…), che ha omesso di comunicare tempestivamente all’odierna attrice di aver ricevuto la comunicazione inoltratale ex art. 97 R.D. n. 267 del 1942 dal curatore del Fallimento (…) S.p.a. in data 24.07.2001, in cui si dava notizia della mancata ammissione al passivo del credito di (…) S.p.A. in quanto non sufficientemente documentato, ciò che ha cagionato l’inammissibilità dell’opposizione proposta oltre i 15 giorni previsti dall’art. 98 del predetto R.D. n. 267 del 1942 (cfr. sentenza Tribunale Rimini 21.09.2005, doc. 9).

Sussiste indubbiamente la negligenza del legale, pacificamente ammessa nella comunicazione inviata via fax alla cliente il 22.11.2001, nella quale l’avv. (…) ha riferito: “Devo purtroppo comunicarvi che, a causa di un disguido, la lettera del curatore fallimentare, con la quale ci veniva peraltro comunicata la mancata ammissione del nostro credito, è stata inserita in altra pratica e quindi visionata oggi, per puro caso, dalla sottoscritta …” (doc. 5 allegato all’atto citazione di (…)).

Né può sostenersi, come vorrebbe la convenuta, l’erroneità della predetta sentenza nella parte in cui dichiara inammissibile l’opposizione in quanto tardiva; invero, da un lato il termine per proporre l’opposizione previsto dall’art. 98 R.D. n. 267 del 1942 è a tutti gli effetti termine processuale e dunque perentorio (Cass. 1990/4658), di talché alcun rilievo poteva avere la – dedotta – intempestività della costituzione in giudizio della Curatela; dall’altro del tutto correttamente il Tribunale ha ritenuto inapplicabile la disciplina di cui alla L. n. 890 del 1982 e al D.P.R. n. 655 del 1982 al caso di specie, attinente ad una comunicazione che non avviene a mezzo ufficiale giudiziario (così Cass. SS.UU. 6404/2004).

Nondimeno, non vi è prova che a detta negligenza sia causalmente riconducibile il danno lamentato dall’attrice.

In tema di responsabilità del prestatore d’opera intellettuale la Suprema Corte ha da tempo chiarito che: “quando il cliente pretende il risarcimento dal professionista, deve sempre dimostrare il danno e il nesso causale tra la condotta omissiva o negligente del mandatario e il pregiudizio patito. Se, poi, il professionista è un avvocato, o comunque un soggetto abilitato alla difesa in giudizio, l’affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita” (così di recente, ex multis, Cassazione civile, sez. III, 26/04/2010, n. 9917).

Nel caso di specie, detta valutazione prognostica positiva non può essere effettuata atteso che dalla documentazione depositata in sede di domanda di ammissione al passivo e successiva opposizione (doc. 10 fasc. att.) non può evincersi che il credito sarebbe stato ammesso e, dunque, che l’opposizione, qualora fosse stata tempestivamente proposta, sarebbe stata accolta.

Invero, l’unico documento prodotto da (…) a corredo della domanda di insinuazione al passivo del fallimento (…) S.p.A. il 20.4.2001 era il decreto ingiuntivo n. 57112/2000 del Tribunale di Milano privo di definitività.

Al riguardo, è appena il caso di ricordare che, secondo la costante giurisprudenza della Suprema Corte “In assenza di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell’art. 647 cod. proc. civ. Tale funzione si differenzia dalla verifica affidata al cancelliere dall’art. 124 o dall’art. 153 disp. att. cod. proc. civ. e consiste in una vera e propria attività giurisdizionale di verifica del contraddittorio che si pone come ultimo atto del giudice all’interno del processo d’ingiunzione e a cui non può surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo. Ne consegue che il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà non è passato in cosa giudicata formale e sostanziale e non è opponibile al fallimento, neppure nell’ipotesi in cui il decreto ex art. 647 cod. proc. civ. venga emesso successivamente, tenuto conto del fatto che, intervenuto il fallimento, ogni credito, deve essere accertato nel concorso dei creditori ai sensi dell’art.52 legge fall.” (Cass. Civ., sez. I, 27.01.2014 n. 1650).

A seguito di richiesta di integrazione del Giudice delegato, (…) ha trasmesso al Curatore ulteriore documentazione, tra cui il contratto di factoring del 26.11.1998, un elenco dei crediti insoluti e il conteggio degli interessi convenzionali redatto dal legale, documentazione ritenuta dal giudice delegato insufficiente a dar prova del credito (v. missiva del curatore 24.07.2001, doc. 6 fasc. att.).

Nel giudizio di opposizione allo stato passivo, conclusosi con la declaratoria di inammissibilità per sua tardiva proposizione, l’attrice ha riprodotto detto contratto nonché “copia delle cessioni di credito” (doc. 2 allegato all’opposizione). Non può tuttavia ritenersi che detta documentazione fosse idonea a costituire prova del diritto del creditore istante; invero, (…) ha dedotto nel ricorso per ingiunzione di vantare un credito nei confronti di (…) S.p.A. pari a Lire 3.370.822.094 quale “rimborso del prezzo anticipato delle cessioni di credito, nonché per commissioni, interessi e spese”. Non vi è alcuna prova tuttavia delle dedotte anticipazioni, previste nel contratto di factoring (volto a regolare le condizioni generali del rapporto) come meramente eventuali (cfr. art. 4), né per la verità delle cessioni dei crediti, essendosi l’odierna attrice limitata a depositare (almeno in questo fascicolo) fotocopie assai poco leggibili di solo alcune delle singole cessioni effettuate dal Fornitore, dalle quali è impossibile evincere l’importo ceduto e l’eventuale anticipazione dello stesso (la casella “Richiesta pagamento anticipato” non risulta mai barrata). Dette “cessioni”, inoltre, sono prive di data certa (atteso che la produzione in copia semplice neppure consente di ritenere ad esse riferibile la certificazione del notaio, a sua volta quasi illeggibile), e dunque per ciò solo inopponibili al fallimento.

In conclusione, la mancata prova in questo giudizio della fondatezza nel merito della pretesa di (…) di vedere ammesso il credito vantato al passivo del Fallimento (…) S.p.A. non consente di addebitare alla condotta negligente dell’avv. (…) il danno conseguente la relativa esclusione.

Neppure possono essere addebitati al legale convenuto le spese processuali cui (…) S.p.A. è stata condannata a fronte della soccombenza nella causa di opposizione allo stato passivo, considerato che l’odierna attrice era ben conscia che l’accoglimento dell’impugnazione era a dir poco improbabile ma ha inteso ugualmente “non lasciare nulla di intentato” effettuando detto tentativo (cfr. testualmente l’atto di citazione). La consapevolezza in capo all’opponente della (presumibile e comunque presunta, come si evince dalla corrispondenza intercorsa tra le parti – docc. 7 – 8) inammissibilità della domanda proposta, unitamente alla circostanza che l’azione è stata patrocinata da difensori diversi dall’odierna convenuta, mera domiciliataria (v. doc. 9), portano ad escludere che la soccombenza sia causalmente attribuibile a quest’ultima, che non può dunque rispondere delle relative conseguenze (i.e. condanna alle spese).

La domanda di parte attrice va dunque rigettata.

Le spese di lite vanno poste a carico dell’attrice soccombente, ivi comprese quelle sostenute dalle terze chiamate (divenute un unico soggetto a seguito di fusione per incorporazione in (…) di (…)), avendo la domanda della prima provocato e giustificato la chiamata in garanzia (Cass. Sez. 6 – 3, Sentenza n. 2492 del 08/02/2016). Esse vengono liquidate in dispositivo sulla base del D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto del valore della causa indeterminabile di particolare importanza (scaglione fino a 520.000 Euro), dell’espletamento nella fase istruttoria della sola CTU e della fase decisoria semplificata (con discussione orale ex art. 281 quinquies c.p.c.).

Le spese di CTU devono essere poste definitivamente a carico dell’attrice soccombente.

P.Q.M.

Il Giudice del Tribunale di Rimini in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla causa n. 5767/2006, così provvede:

a) rigetta la domanda di (…) S.p.A. nei confronti dell’Avv. (…);

b) condanna (…) S.p.A. alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalla convenuta che liquida in Euro. 18.000 a titolo di compenso ex M. n. 55 del 2014, oltre al 15% per spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge;

c) condanna (…) S.p.A. alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalle terze chiamate che liquida complessivamente in Euro. 30.000 (Euro. 15.000 per ciascuna delle chiamate) a titolo di compenso ex M. n. 55 del 2014, oltre al 15% per spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge;

d) pone le spese di CTU definitivamente a carico della parte attrice soccombente.

Così deciso in Rimini il 23 febbraio 2018.

Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2018.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.