e’ nullo il patto con il quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; tale nullita’ “vitiatur sed non vitiat”, con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risultera’ insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione; la sanzione di nullita’ sancita dalla L. n. 392 del 1978, articolo 79, tradizionalmente intesa come volta a colpire le sole maggiorazioni del canone previste “in itinere” e diverse da quelle consentite “ex lege”, deve, invece, essere letta nel senso che il patto di maggiorazione del canone e’ nullo anche se la sua previsione attiene al momento genetico, e non soltanto funzionale, del rapporto.

 

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Per ulteriori approfondimenti in materia di locazioni si consiglia la lettura dei seguenti articoli:

Corte di Cassazione, Sezione 6 3 civile Ordinanza 19 giugno 2018, n. 16175

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11862/2017 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 576/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 03/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 08/05/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

(OMISSIS) convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Nocera Inferiore (OMISSIS) chiedendo la restituzione dei canoni di locazione versati in misura maggiore rispetto al canone convenuto nonche’ del deposito cauzionale. Il Tribunale adito rigetto’ la domanda, accogliendola nei limiti del deposito cauzionale. Avverso detta sentenza propose appello la (OMISSIS). Con sentenza di data 3 novembre 2016 la Corte d’appello di Salerno accolse l’appello, condannando l’appellato al pagamento della somma di Euro 50.921,24 oltre interessi.

Osservo’ la corte territoriale per quanto qui rileva, previo rigetto dell’eccezione di tardivita’ dell’appello ritenendo applicabile alle controversie locatizie la sospensione dei termini durante il periodo feriale, che il contratto dissimulato era privo di forma scritta, laddove trattandosi di contratto di durata decennale era prevista la forma scritta (articolo 1350 c.c., n. 8), nonche’ di registrazione, e che in mancanza di forma scritta non poteva ritenersi provata la convenzione dissimulata di maggiorazione del canone.

Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di due motivi e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

Considerato che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 742 del 1969, articolo 3, e Regio Decreto n. 12 del 1941, articolo 92. Osserva il ricorrente che nelle controversie locatizie non trova applicazione la sospensione feriale dei termini.

Il motivo e’ infondato. Nel procedimento di convalida di licenza per finita locazione o di sfratto, la sospensione dei termini durante il periodo feriale resta esclusa, in forza della deroga contenuta nella L. 7 ottobre 1969, n. 742, articolo 3, in relazione al Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, articolo 92, solo per la fase sommaria di esso, la quale si conclude, nel caso d’opposizione dell’intimato, con la pronuncia o il diniego dell’ordinanza di rilascio e che presenta per sua natura carattere d’urgenza, mentre trova applicazione, ai sensi del principio generale stabilito dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, articolo 1, per la successiva fase a rito ordinario (Cass. 12 novembre 2015, n. 23193; 27 maggio 2010, n. 12979).

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1414 c.c., e L. n. 392 del 1978, articolo 70. Osserva il ricorrente che, come affermato dal giudice di primo grado, l’articolo 1350 c.c. abilita le parti alla stipulazione di contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo in forma orale e che il contratto simulato non produce effetto fra le parti. Aggiunge che il giudice di appello ha erroneamente deciso in contrasto con le risultanze istruttorie.

Il motivo e’ infondato. Devono richiamarsi i principi di diritto enunciati da Cass. Sez. U. 9 ottobre 2017, n. 23601: e’ nullo il patto con il quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; tale nullita’ “vitiatur sed non vitiat”, con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risultera’ insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione; la sanzione di nullita’ sancita dalla L. n. 392 del 1978, articolo 79, tradizionalmente intesa come volta a colpire le sole maggiorazioni del canone previste “in itinere” e diverse da quelle consentite “ex lege”, deve, invece, essere letta nel senso che il patto di maggiorazione del canone e’ nullo anche se la sua previsione attiene al momento genetico, e non soltanto funzionale, del rapporto.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto l’articolo 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.