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la regolamentazione generale sulle distanze e’ applicabile quando lo spazio su cui si apre la veduta sia comune, in quanto in comproprieta’ tra le parti in causa o in condominio, soltanto se compatibile con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, dovendo prevalere in caso di contrasto la fondamentale regola di cui all’articolo 1102 c.c., in ragione della sua specialita’, a termini della quale ciascun partecipante puo’ servirsi della cosa comune, senza alterarne la destinazione o impedire agli altri partecipanti di farne pari uso.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 27 giugno 2018, n. 17002

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. GRASSO Gianluca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11239/2014 proposto da:

(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentati e difesi in forza di procura speciale rilasciata a margine del ricorso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso in forza di procura speciale rilasciata in calce al controricorso dall’avvocato (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1976/2013 della Corte d’appello di Milano, depositata il 15 maggio 2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 aprile 2018 dal Consigliere Gianluca Grasso;

viste le memorie difensive depositate dalle parti ex articolo 380 bis c.p.c., comma 1.

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che con atto di citazione notificato in data 11 marzo 2005 (OMISSIS) conveniva in giudizio, avanti al Tribunale di Sondrio, (OMISSIS) e (OMISSIS) chiedendo che le opere da questi eseguite sul fabbricato sito nel Comune di (OMISSIS) (f. (OMISSIS), mapp. (OMISSIS)) contiguo alla propria casa (f. (OMISSIS), mapp. (OMISSIS) ora (OMISSIS)) e alla corte comune (f. (OMISSIS) mapp. (OMISSIS)), realizzate in sopraelevazione dell’edificio in violazione delle vigenti N.T.A. e del P.R.G., con apertura di vedute, luci e balconi sulla corte comune senza il rispetto delle relative distanze o senza i requisiti di legge, venissero demolite o riportate nei limiti della legalita’;

che si costituivano i convenuti chiedendo il rigetto delle domande proposte, deducendo che l’intervento effettuato era da considerarsi legittimo in quanto “opera di ristrutturazione”;

che istruita la causa con acquisizione documentale e consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza depositata il 24 agosto 2009, il Tribunale di Sondrio, respinta ogni altra domanda ed eccezione, condannava i convenuti alla eliminazione delle nuove vedute dirette e dei balconi realizzati sulla corte comune, mapp. (OMISSIS), nonche’ alla regolarizzazione delle luci aperte sulla medesima corte, sulla scorta del dettato di cui gli articoli 901 e 902 c.c., compensando tra le parti le spese di lite;

che (OMISSIS) impugnava la sentenza chiedendone la riforma parziale nella parte in cui non aveva accolto la domanda relativa alla demolizione o all’arretramento della nuova costruzione in sopraelevazione e dei corpi aggettanti (corpo scala e pilastro prospicienti i mappali (OMISSIS)) e nella parte in cui non aveva provveduto sulla richiesta di risarcimento del danno;

che (OMISSIS) e (OMISSIS) si costituivano contestando l’impugnazione e proponevano appello incidentale al fine di accertare la conformita’ delle luci e delle vedute alle prescrizioni di legge;

che, con sentenza depositata il 15 maggio 2013, la Corte d’appello di Milano rigettava entrambi gli appelli e confermava la sentenza del Tribunale di Sondrio;

che avverso la sentenza della Corte d’appello (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione con un unico motivo; e illustrato da memoria;

che (OMISSIS) ha resistito in giudizio proponendo ricorso incidentale (contrastato, a sua volta, da controricorso) e memoria;

Considerato che, in via preliminare, va dichiarata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilita’ del ricorso incidentale sul presupposto della sua tardivita’, poiche’ la notificazione a mezzo posta eseguita mediante consegna dell’atto a persona diversa dal suo destinatario si perfeziona, dopo l’entrata in vigore della L. n. 890 del 1982, articolo 7, comma 6, (introdotto dal Decreto Legge n. 248 del 2007, articolo 36, comma 2 quater, conv., con modif., dalla L. n. 31 del 2008), con la spedizione, al destinatario medesimo, della lettera raccomandata con cui l’agente postale lo informa dell’avvenuto recapito dell’atto al terzo estraneo, pur abilitato a riceverlo (Cass. 3 ottobre 2016, n. 19730);

che nel caso di specie la consegna del plico al portiere e’ avvenuta il 30 aprile 2014, mentre l’avviso al destinatario e’ stato comunicato il 15 maggio 2014 e la consegna del controricorso all’ufficiale giudiziario e’ avvenuta il 12 giugno 2014;

che con l’unico motivo di ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) eccepiscono la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 1102 c.c. con riferimento agli articoli 905 e 906 c.c.). Secondo i ricorrenti, l’apertura di una finestra in un immobile di proprieta’ esclusiva di uno dei comproprietari verso un’area di proprieta’ comune e indivisa tra le parti o la realizzazione di un balcone in prossimita’ di essa non costituirebbero opere idonee a un suo asservimento, bensi’ esercizio del diritto di proprieta’. A tal fine deducono che l’apertura di luci, vedute e balconi realizzata nel caso di specie deve ritenersi legittima essendo comproprietari pro indiviso della corte comune sulla quale affaccia sia la porzione di loro esclusiva proprieta’ sia la porzione di proprieta’ del (OMISSIS). Tale corte comune da’ accesso alle diverse proprieta’ fornendo luce e aria alle stesse e non e’ ravvisabile alcuna servitu’ a carico del cortile comune in seguito alla realizzazione delle aperture in oggetto, che non alterano la destinazione del fondo in comproprieta’;

che il motivo e’ fondato;

che, secondo la prevalente e piu’ recente giurisprudenza di questa Corte, la regolamentazione generale sulle distanze e’ applicabile quando lo spazio su cui si apre la veduta sia comune, in quanto in comproprieta’ tra le parti in causa o in condominio, soltanto se compatibile con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, dovendo prevalere in caso di contrasto la fondamentale regola di cui all’articolo 1102 c.c., in ragione della sua specialita’, a termini della quale ciascun partecipante puo’ servirsi della cosa comune, senza alterarne la destinazione o impedire agli altri partecipanti di farne pari uso (Cass. 19 dicembre 2017, n. 30528; Cass. 9 giugno 2010, n. 13874; Cass. 19 ottobre 2005, n. 20200, risultando superato l’orientamento risalente a Cass. 21 maggio 2008, n. 12989, secondo cui la qualita’ comune del bene su cui ricade 13 veduta non esclude il rispetto delle distanze predette);

che sulla base del principio nemini res sua servit e della considerazione che i cortili condominiali o, comunque, comuni, assolvendo alla precipua finalita’ di dare aria e luce agli immobili circostanti, sono ben fruibili a tale scopo, dai proprietari del bene comune o dai condomini, tenuti solo al rispetto dell’articolo 1102 c.c. (Cass. n. 20200/2005);

che, pertanto, nell’ambito delle facolta’ riconosciute rientra anche quella di praticare aperture che consentano di ricevere aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte dagli articoli 901 – 907 c.c., a garanzia della liberta’ dei fondi confinanti di proprieta’ esclusiva, Mila riservatezza e sicurezza dei rispettivi titolari, considerato che tali modalita’ di fruizione del bene comune ordinariamente non comportano ostacoli al godimento dello stesso da parte dei compartecipi, ne’ pregiudizi agli immobili di proprieta’ esclusiva;

che, pertanto, erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che la deroga alla normativa sulle vedute, sui balconi e sulle luci riguardi soltanto i fabbricati condominiali, ovvero i casi in cui gia’ sussisteva un’analoga servitu’ di veduta, trovando applicazione i principi richiamati anche nell’ipotesi di proprieta’ comune di un cortile non condominiale, essendo l’articolo 1102 c.c., dettato per regolare il godimento del bene in comunione;

che con il ricorso incidentale (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione degli articolo 873 c.c., Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968, articolo 9, articolo 6.3/1 N.T.A. del P.R.G. vigente nel Comune di (OMISSIS) al tempo dell’intervento, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo quanto argomentato, contrariamente alla motivazione della sentenza, le dimensioni dell’edificio realizzato eccedono quelle dell’originario manufatto (vengono in rilievo in particolare: il sopralzo sui lati nord ed ovest, i nuovi terrazzi sul lato nord, il nuovo pilastro e una parte del corpo scale sul lato ovest), che non puo’ quindi costituire un’opera di recupero e di ristrutturazione del preesistente ma una nuova costruzione, con la conseguenza della necessita’ di rispettare le distanze previste dalla legge e dal regolamento;

che il motivo e’ fondato;

che nell’ambito delle opere edilizie la semplice “ristrutturazione” si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre e’ ravvisabile la “ricostruzione” allorche’ dell’edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria (Cass., Sez. Un., 19 ottobre 2011, n. 21578);

che in presenza di tali aumenti – a prescindere dalla loro ampiezza – si verte, invece, in ipotesi di “nuova costruzione”, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima (Cass., 20 agosto 2015, n. 17043);

che, nel caso di specie, come accertato nella pronuncia impugnata, vi e’ stato un aumento di volumetria pari al 6% del totale, che ha determinato altresi’ l’incremento dell’altezza del fabbricato, per cui la fattispecie, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello di Milano, ricade senz’altro nella nozione di “nuova costruzione”. E’ necessario, pertanto, verificare il rispetto delle distanze, sulla base delle disposizioni applicabili, tenendo conto di tale qualificazione del manufatto;

che la sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata sia in relazione al ricorso principale sia a quello incidentale, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e quello incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.