La natura della responsabilità del direttore dei lavori nominato dal committente o dell’appaltatore – da valutare alla stregua della diligentia quam in concreto in relazione alla competenza professionale dallo stesso esigibile – per un fatto dannoso cagionato ad un terzo dall’esecuzione di essi, è di natura extracontrattuale e perciò può concorrere con quella di costoro se le rispettive azioni o omissioni, costituenti autonomi fatti illeciti, hanno contribuito causalmente a produrlo. In relazione poi al direttore dei lavori dell’appaltatore egli risponde del danno derivato al terzo se ha omesso di impartire le opportune direttive per evitarlo e di assicurarsi della loro osservanza, ovvero di manifestare il proprio dissenso alla prosecuzione dei lavori stessi astenendosi dal continuare a dirigerli in mancanza di adozione delle cautele disposte.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Tribunale Padova, Sezione 2 civile Sentenza 23 luglio 2018, n. 1562

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI PADOVA

SECONDA SEZIONE CIVILE

Il Giudice del Tribunale di Padova, Seconda Sezione civile, dott. Maddalena Saturni, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2578/2011 del R.A.C.C. in data 16.3.2011, iniziata con atto di citazione notificato in data 10.3.2011

da

– (…) (C.F. (…))

– (…) (C.F. (…))

– (…) in proprio ed IN QUALITA’ DI EREDE DI (…) (C.F. (…))

– (…) IN QUALITA’ DI EREDE DI (…) (C.F. (…))

– (…) IN QUALITA’ DI EREDE DI (…) (C.F. (…))

– (…) (C.F. (…))

– (…) (C.F. (…))

– (…) (C.F. (…))

– (…) (C.F. (…))

Tutti rappresentati e difesi dall’avv. PO.SE. (C.F. (…)) elettivamente domiciliati presso VIA (…) 35131 PADOVA

attori

contro

– C. S.R.L. (C.F. (…)) rappresentato e difeso dall’avv. PIROLO MARIO (C.F. (…)) e elettivamente domiciliato presso P.ZZA (…) TEOLO

– (…) (C.F. (…)) rappresentato e difeso dall’avv. MI.CL. (C.F. (…)) e elettivamente domiciliato presso P.LE (…) 35100 PADOVA

Convenuti

e contro

– (…) S.P.A. (C.F. (…)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell’avv. CI.NI. elettivamente domiciliato in VIA (…) 35136 PADOVA presso il difensore avv. CI.NI.

Terza chiamata

Avente per oggetto: Vendita di cose immobili.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione regolarmente notificato, gli attori – dando atto di essere proprietari di quattro villette a schiera, acquistate tra il dicembre 2006 ed il gennaio 2007 dalla società (…) S.r.l., quale proprietaria e costruttrice del complesso sito in (…), edificate con la collaborazione del progettista e direttore dei lavori geom. (…) – citavano a giudizio i predetti (…) e (…) per sentirli condannare in solido ai sensi dell’art. 1489 c.c. alla riduzione del prezzo di acquisto ed al risarcimento dei danni.

In subordine formulavano medesima domanda di condanna ai sensi dell’art. 1669 c.c.

Premesso che gli immobili di causa confinano a sud ovest (in corrispondenza dei giardini privati) con lo scolo consorziale “(…)” o “(…)”, le ragioni poste a fondamento delle domande risiedevano nel fatto che gli attori, dopo qualche anno dagli acquisti, hanno preso contezza (suffragata dalla relazione di un tecnico da loro incaricato dimessa sub doc. 24) delle seguenti difformità (rispetto alla documentazione di progetto ed alle prescrizioni impartite dal Comune e dal Consorzio di (…)), in particolare:

“1) in difformità rispetto alle prescrizioni impartite dal Comune e dal Consorzio di (…) che tutela lo scolo (…), confinante con le proprietà, durante la fase di costruzione dell’immobile;

2) in dispregio rispetto delle distanze previste dalla legge e richiamate dal Consorzio nell’Autorizzazione Idrica del 25.05.2005 di 5 metri misurati dal filo esterno del marciapiede e il ciglio dello scolo e di 4 metri quale fascia di rispetto idraulico;

3) realizzando un riporto non autorizzato di materiale che ha causato l’arretramento del fronte consortile;

4) in dispregio della disposizione sul mantenimento della fascia di rispetto libera da manufatti che impediscano la manutenzione dello scolo;

5) cagionando il pericolo di revoca dell’atto autorizzatorio del Consorzio in ogni momento in conseguenza dell’inosservanza delle prescrizioni impartite al costruttore;

6) e contravvenendo al dovere di informazione, sia da parte della società (…) S.r.l. che del direttore – progettista lavori Geom. (…), nei confronti degli acquirenti degli immobili, in sede di stipula dei preliminari di vendita che di rogito notarile, in merito alle difformità – abusi edilizi ed alle prescrizioni impartite dal Comune e dal Consorzio”.

I convenuti si costituivano in giudizio negando ogni addebito; il convenuto geom. (…) chiedeva ed otteneva di chiamare in causa la propria compagnia assicuratrice (…) s.p.a.

La causa veniva istruita mediante CTU affidata all’arch. Fa.Fo., nonché con l’interpello del (…) e l’escussione di alcuni testi e passa ora in decisione sulla base delle conclusioni rassegnate in epigrafe.

1. Della fattispecie prevista dall’art. 1489 c.c.

1.1. Il primo parametro invocato da parte attrice è la responsabilità ex art. 1489 c.c..

La norma in esame prevede, al primo comma, il rimedio della riduzione del prezzo o della risoluzione del contratto, mentre, al secondo comma, rinvia alla generale disciplina della vendita richiamando il disposto degli articoli 1481, 1485, 1486, 1487 e 1488.

La duplicità dei rimedi (da un lato riduzione del prezzo ex primo comma, dall’altro risarcimento del danno ex secondo comma) e la loro diversa operatività è così chiarita in motivazione da Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 4786 del 2007:

“… il giudice di secondo grado, come anche quello precedente, ha applicato il generale principio, secondo cui da ogni azione od omissione di carattere colposo derivi un danno, il suo autore deve risarcirlo. Invero non v’ha dubbio che per l’espresso richiamo dell’art. 1480 cod. civ., contenuto nell’art. 1489 di esso, deve ritenersi concessa anche al compratore di cosa gravata da oneri, in quanto compresa nella speciale garanzia a lui spettante, l’azione risarcitoria che il citato art. 1480 accorda, in aggiunta a quella di riduzione del prezzo, al compratore di cosa parzialmente di altri, che non possa o non voglia chiedere la risoluzione del contratto. Al riguardo anche questa Corte più volte ha statuito che “nell’ipotesi di vendita di cosa gravata da diritti o da oneri ai sensi dell’art. 1489 cod. civ., il compratore ha diritto oltre alla risoluzione del contratto o alla riduzione del prezzo, secondo quanto stabilito dall’art. 1480 cod. civ., anche al risarcimento del danno, fondato sulle norme generali degli artt. 1218 e 1223 c.c., in base al richiamo di quest’ultima disposizione da parte dell’art. 1479, a sua volta richiamato dall’art. 1480, cui rinvia ancora il citato art. 1489 (Cfr. pure Massime: N. 1352 del 1996; N. 1104 del 1996; Sentenza n. 16053 del 15/11/2002)”.

La distinzione rileva al fine di valutare le diverse poste chieste da parte attrice (cfr. pagina 26 citazione) come oltre si preciserà.

1.2. Presupposti per l’applicazione della garanzia di cui al primo comma della norma in commento (quindi garanzia volta ad ottenere la riduzione del prezzo di acquisto) sono:

a) l’accertamento del diritto o dell’onere vantato dal terzo con sentenza, ovvero il riconoscimento di tale diritto od onere da parte del venditore (C. 9147/1993);

b) la ignoranza dell’acquirente al momento della conclusione del contratto del peso gravante sulla cosa, ovvero la non conoscibilità di tale peso cagionata dalla mancanza di opere visibili e permanenti idonee a costituire una situazione di apparenza (C. 2856/1995).

Il termine “oneri” non è qui utilizzato in senso tecnico (pur riferendosi alla categoria degli oneri reali), ma designa generalmente pesi o limitazioni del godimento della proprietà. La giurisprudenza ha distinto:

– oneri di natura privatistica, ricompresi nell’ambito di applicazione della norma in commento, tra cui gli oneri consortili, quelli condominiali (C. 10523/2003), gli usi civici, ecc.;

– oneri di natura pubblicistica, per i quali la garanzia in esame non è invece operante, ogni qual volta essi costituiscano imposizioni generali relative ad un’astratta categoria di beni, dovendo pertanto considerarsi ricompresi nel contenuto legale del diritto trasferito, come ad es. per gli oneri fiscali gravanti sul bene, per i limiti derivanti dai rapporti di vicinato, per la fissazione delle misure massime edilizie e per tutte quelle imposizioni pubbliche che rappresentano una normale limitazione della proprietà (C. 1240/1970).

In particolare la norma non è ritenuta invocabile dal compratore quando il limite della proprietà del bene deriva da norme imperative, in quanto tali assistite da una presunzione legale di conoscenza (cfr. C. 4977/2000, con riferimento al diritto reale di uso di aree destinate a parcheggio).

La possibilità di far valere la garanzia in esame è invece pacificamente riconosciuta pure in giurisprudenza quando i vincoli di inedificabilità o di destinazione (ad es. i vincoli paesistici) derivino da uno specifico provvedimento amministrativo (C. 2854/1983), stante il carattere particolare e non generale e normativo dell’atto impositivo (C. 19812/2004), ovvero da un piano particolareggiato (C. 3263/1983).

Nello stesso senso, sono ricompresi nella garanzia in esame i vincoli di interesse storico e artistico (T. Messina 16.5.1981); i vincoli a tutela delle bellezze naturali, che vanno parimenti considerati come limitazioni particolari che colpiscono beni discrezionalmente scelti da specifici provvedimenti amministrativi (C. 1801/1976); le servitù militari (C. 3459/1972), i debiti per contributi di B. (C. 1448/1978).

2. la tipologia di “onere” gravante sugli immobili di causa

2.1. Applicando i predetti principi al presente giudizio, si ritiene pacificamente presente un “onere” sul compendio immobiliare acquistato dagli attori, considerato che i giardini delle quattro villette a schiera sono posti a ridosso del canale consortile.

Si fa riferimento a quanto previsto nel R.D. 8 maggio 1904, n. 368 (Regolamento sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi) all’art. 133 lettera a) prevede:

“Sono lavori, atti o fatti vietati in modo assoluto rispetto ai sopraindicati corsi d’acqua, strade, argini ed altre opere d’una bonificazione: a) le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, e lo smovimento del terreno dal piede interno ed esterno degli argini e loro accessori o dal ciglio delle sponde dei canali non muniti di argini o dalle scarpate delle strade, a distanza minore di metri 2 pei le piantagioni, di metri 1 a 2 per le siepi e smovimento del terreno, e di metri 4 a 10 per i fabbricati, secondo l’importanza del corso d’acqua (…)”.

Ancora, il R.D. 25 luglio 1904, n. 523 (Testo unico sulle opere idrauliche) all’art. 96 prevede il divieto di:

“f) Le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento del terreno e di metri dieci per le fabbriche e per gli scavi”.

2.2. Si tratta ora di individuare l’esatta natura e portata del predetto peso, tenendo in considerazione i principi di diritto sopra esposti, da cui si ricava che la “presunzione assoluta” di conoscenza del vincolo di inedificabilità gravante su un immobile ha efficacia erga omnes quando esso sia imposto dalla legge o da altro atto avente portata normativa (come ad esempio il PRG).

Si riporta la seguente giurisprudenza emessa in tema di vincolo di inedificabilità di cui al citato art. 133 lettera a) R.D. n. 368 del 1904:

“In virtù dell’art. 133, lett. a), del R.D. n. 368 del 1904, il vincolo di inedificabilità è assoluto – sia pure nell’intervallo da stabilirsi a cura dell’Autorità di bonifica – in quanto inderogabile da discipline locali, essendo orientato alla salvaguardia delle normali operazioni di ripulitura e di manutenzione e ad impedire le esondazioni delle acque; ne consegue, pertanto, che per le opere costruite a distanza inferiore a quella minima prescritta la sanatoria è impossibile e non è richiesta alcuna motivazione” Trib. Sup. Acque, 01-04-2015.

“Il vincolo d’inedificabilità posto dall’art. 133, lettera a), del R.D. 8 maggio 1904, n. 368 (“Regolamento per la esecuzione del t.u. della L. 22 marzo 1900, n. 195, e della L. 7 luglio 1902, n. 333, sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi”) sia pure nell’intervallo da stabilirsi a cura dell’Autorità di bonifica (da 4 a 10 metri), è assoluto, perché inderogabile da discipline locali, ed è orientato alla salvaguardia delle le normali operazioni di ripulitura e di manutenzione e ad impedire le esondazioni delle acque” (Cons. Stato Sez. IV, 16-02-2012, n. 816).

“In tema di tutela dei corpi idrici superficiali, l’art. 133 del R.D. n. 368 del 1904, che impone una fascia di rispetto lungo i canali, comprende il divieto di qualunque costruzione, allo scopo di consentire le normali operazioni di ripulitura e di manutenzione e di impedire le esondazioni delle acque. Tale previsione è ampia e generale e non consente neppure di dare rilievo alla conformazione del corpo superficiario, e cioè al fatto che esso si presenti con argini o sponde, atteso che, per il rispetto della fascia considerata, è vietata qualsiasi costruzione e persino qualunque deposito di terre o di altre materie, a distanza di metri dieci dal corso d’acqua (lett. e). (In applicazione di tale principio la Cassazione ha dichiarato inammissibile la doglianza del ricorrente tendente a escludere dall’area del divieto la costruzione, eseguita sul terreno di proprietà privata, di un muretto di sostegno dell’argine del canale)”. (Cass. civ. Sez. I, 22-04-2005, n. 8536).

Simili principi sono stati affermati anche per il vincolo posto dall’art. 96 T.U. 523/1904:

“in linea generale il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d’acqua, previsto dall’art. 96, lett. f), del Testo Unico 25 luglio 1904, n. 523, ha carattere legale, assoluto e inderogabile, ed è diretto al fine di assicurare non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche e soprattutto il libero deflusso delle acque scorrenti nei fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici” (Cassazione civile, sezioni unite, 30 luglio 2009, n. 17784).

Ritiene il tribunale che quelli in esame siano oneri di natura pubblicistica, quali vincoli di inedificabilità di durata illimitata, aventi natura ricognitiva (cfr. in motivazione Cassazione sez. 2, Sentenza n. 23963 del 2013) derivanti dalle citate norme imperative.

Per i motivi esposti, la tutela invocata dagli attori e fondata sull’art. 1489 primo comma c.c., sotto il profilo della riduzione di prezzo per la presenza di un “onere” non dichiarato, non è applicabile al caso di specie considerata:

– la presunzione legale di conoscenza che accompagna la normativa citata;

– la presenza del canale (…) e la vicinanza del giardino allo stesso scolo, circostanze di fatto pacificamente note agli attori che, da sole, consentono di inferire l’applicazione dei limiti di inedificabilità citati;

– la chiara visibilità del canale consortile fin dalle fotografie allegate e riferite alla fase di costruzione degli edifici (canale che non essendo tombinato o altrimenti “nascosto” o lontano era di immediata percezione).

Quanto alla “Autorizzazione idraulica” emessa dal Consorzio di (…) di cui al documento 6 di parte attrice, la presenza di simile atto non inficia le conclusioni appena raggiunte.

Difatti il predetto Consorzio – lungi dall’aver imposto, creandoli, dei vincoli di inedificabilità o di destinazione con uno specifico provvedimento amministrativo di carattere particolare e non generale, circostanza che, sola, potrebbe fondare l’applicabilità dell’art. 1489 c.c. – al contrario, ha valutato la minima consistenza del predetto scolo (…) ed ha concretamente ridotto l’intervallo di inedificabilità previsto dalla citata normativa (da 4 a 10 metri), autorizzando la costruzione “ravvicinata” in virtù della limitata portata del canale.

Per le ragioni appena esposte, il Tribunale non riconosce in favore degli attori alcun importo a titolo di “minusvalenza” delle unità immobiliari, nel senso indicato alla pagina 27 della CTU (ove il consulente ha valutato l’esistenza del predetto vincolo e l’incidenza, sul godimento dei giardini attorei, dell’attività di manutenzione dello scolo che nel corso degli anni dovrebbe essere effettuata dal Consorzio, nonché il minor valore per non poter piantumare lo spazio in questione, dovendolo lasciare libero, conseguentemente indicando dei parametri economici per determinare la minusvalenza).

In proposito va precisato che il rigetto della domanda di riduzione del prezzo ex art. 1489 primo comma c.c. comporta l’impossibilità di liquidare somme a titolo di minusvalenza, secondo il seguente principio di diritto (ove si conferma la sostanziale coincidenza tra l’importo liquidabile per la riduzione del prezzo e l’importo del minor valore del bene gravato da peso):

“Ai fini della riduzione del prezzo per il motivo di cui all’art. 1489 cod. civ. (cosa gravata da oneri non dichiarati nel contratto), la differenza di valore conseguente all’onere va stabilita con riguardo non al valore di mercato della cosa, ma al valore contrattuale e cioè, al prezzo complessivo originariamente convenuto fra le parti. La riduzione e rappresentata dal minor godimento o minor pregio o minor qualità o produttività del bene per effetto della servitù od altro onere non prima conosciuti, e da determinarsi con rapporto e proporzione al valore complessivo dalle parti attribuito al bene considerato esente dall’onere” Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 2835 del 27/11/1967.

3. della domanda di risarcimento del danno.

Diversamente, invece, va valutata la domanda di “risarcimento del danno” proposta da parte attrice sempre ai sensi dell’art. 1489 c.c., in particolare del secondo comma.

Difatti, oltre alla questione della presenza dell’onere consortile sui fondi, parte attrice contesta che la “sistemazione” delle pertinenze esterne non sia conforme al titolo abilitativo (si veda peraltro il documento n. 27 dimesso dagli attori).

Le lagnanze attoree sono risultate fondate.

In particolare a seguito dell’indagine del CTU è emersa una situazione di non conformità tra stato di fatto e titolo abilitativo, ossia:

– presenza di tettoia sul fronte meridionale del fabbricato realizzata in legno;

– negli elaborati grafici vi è indicazione della distanza dal fabbricato al ciglio dello scolo consortile pari a cinque metri, ma nello stato di fatto tale distanza risulta sempre inferiore;

– negli elaborato grafici vi è indicazione di recinzione mobile sulla linea del ciglio superiore dello scolo e di pannelli di recinzione mobile tra i confini di proprietà delle unità a schiera, mentre, nello stato di fatto, le recinzioni non sono amovibili.

Ogni contestazione in merito alla esatta distanza tra fabbricato e ciglio dello scolo e sulle sue modalità di calcolo si ritiene definitivamente risolta dall’indagine tecnica cui si rimanda anche in risposta alle ripetute deduzioni in sede di comparse conclusionali.

Il consulente con ragionamento logico e congruamente motivato che in questa sede integralmente si condivide, ha indicato le opere da eseguire per regolarizzare la predetta situazione ed ha stimato che i costi per procedere con la sanatoria delle tettoie esistenti e per realizzare una sponda artificiale del canale (…), nonché per porre in opera le recinzioni amovibili (sia sul ciglio che tra i giardini) comprensivi di spese tecniche, ammontano ad Euro 91.000,00 (cioè Euro 10.000,00 per sanatoria tettoie ed Euro 81.000,00 per ampliamento distanze mediante nuova sponda del canale).

Va precisato che il fatto che gli attori non potessero ignorare l’esistenza del vincolo di inedificabilità (con conseguente rigetto della domanda di riduzione del prezzo come sopra esposto) non implica, automaticamente, anche il rigetto della domanda di risarcimento del danno formulata ai sensi del secondo comma (danno indicato nel costo delle opere necessarie per riportare piena corrispondenza e regolarità tra la condizione dei luoghi esistente e quanto indicato nel titolo abilitativo).

Ciò in quanto, in questo caso, ricordato che la garanzia dell’art. 1489 c.c. è stata invocata dagli attori per due distinti profili di responsabilità (si ribadisce, un profilo di inadempimento attiene alla presenza del peso, altro profilo di inadempimento si fonda sulla non conformità urbanistica):

– il danno che deriva agli attori (spese per sistemare l’area scoperta) è direttamente riconducibile alla non corrispondenza tra stato di fatto e titolo abilitativo (mentre per la riduzione del prezzo il minor valore del bene era fondato unicamente sulla presenza del vincolo di rispetto idraulico);

– il vincolo di inedificabilità riposa su una norma imperativa di legge che si reputa nota a tutti i consociati, mentre la difformità in esame prende le mosse dal provvedimento autorizzativo del comune di Mestrino;

– le descritte difformità non sono state dichiarate nel contratto e comunque i convenuti non ne hanno dimostrato la conoscenza da parte dei compratori al tempo dell’acquisto (non essendo sufficiente a tal fin l’indicazione nel rogito degli estremi titolo abilitativo).

Pertanto, è fondata la domanda attorea per quel che riguarda le voci di danno descritte.

La quantificazione dei danni deve però tenere conto che a seguito dell’esecuzione delle opere le unità abitative otterranno, oltre alla sanatoria, anche una maggior superficie di scoperto rispetto a quella attualmente in uso (grazie alla realizzazione di una sponda artificiale di risezionamento idraulico, senza modifica delle condizioni di quota del giardino rispetto al piano di calpestio interno alle unità), con conseguente aumento di valore dei beni in esame.

Il consulente in proposito ha quantificato le singole plusvalenze (cfr. pagina 35 CTU).

Procedendo con la quantificazione dei danni essi prevedono l’importo di Euro 91.000,00 calcolato in favore degli attori in solido tra loro (in quanto il CTU che ha valutato la necessità di realizzazione congiunta della sponda artificiale che insisterà sui margini dei quattro giardini, così come congiuntamente ha valutato le spese per la sanatoria della tettoia, anche al fine di ridurre i costi tecnici).

Per ogni unità, quindi, il valore delle opere da eseguire ammonta ad Euro 22.750,00 (cioè Euro 91.000,00 diviso quattro) somma da intendersi già rivalutata all’attualità.

Sottraendo da tale importo la plusvalenza che ciascuna villetta potrà vantare ad esito dei lavori, si hanno i seguenti importi, che si liquidano come da dispositivo in aggiunta degli interessi al saggio legale da giorno della domanda al saldo:

– (…) e (…) (Unità B con plusvalenza Euro 2.200,00) totale risarcibile: Euro 20.550,00;

– (…) e (…) (Unità C con plusvalenza Euro 2.500,00) totale risarcibile: Euro 20.250,00;

– (…) e (…) (Unità D con plusvalenza Euro 2.400,00) totale risarcibile: Euro 20.350,00;

– (…) e (…) (Unità E con plusvalenza Euro 3.800,00) totale risarcibile: Euro 18.950,00.

Un’ultima questione, relativa alla quantificazione dei danni, riguarda la richiesta liquidazione di importi per la perdita di chance di vendita dei beni immobili.

La documentazione in proposito dimessa da parte attrice (a sostegno della tesi per cui sarebbero sfumate valide occasioni di vendita a causa della situazione di cui è giudizio) non è valorizzabile ai fini del decidere.

Difatti, considerato che il CTP attoreo Basso Daniele ha ricevuto incarico di redigere la perizia doc. 24 (su cui si fonda la citazione) in data 27 aprile 2010, considerato che i documenti nn. 32, 33 sono apparentemente redatti nelle date del 24 marzo 2010 e 18 gennaio 2011, si ritiene che gli stessi, per la coincidenza temporale della loro formazione, non possano essere valorizzati.

4. della posizione del convenuto (…).

Le somme sopra individuate vanno poste a carico della convenuta venditrice (…) S.r.l. ai sensi dell’art. 1489 c.c..

Quanto alle medesime pretese rivolte verso il convenuto (…) progettista e direttore dei lavori si rileva quanto segue.

Le domande di garanzia e di risarcimento del danno avanzate ex art. 1489 primo e secondo comma c.c. configurano azioni di natura contrattuale, pacificamente fondate sul contratto di vendita intercorso con la sola (…); gli attori non possono quindi avanzare alcuna pretesa ex art. 1489 c.c. contro il convenuto (…) (soggetto estraneo alle compravendite) attesa l’evidente mancanza di titolo nei suoi confronti.

Il rigetto della prima domanda per inapplicabilità della fattispecie consente il vaglio delle domande proposte in via subordinata.

Quanto alle domande subordinate ex art. 1669 c.c. (che prevedendo ipotesi di responsabilità extracontrattuale potrebbe astrattamente applicarsi alla domanda di risarcimento del danno rivolta dall’acquirente contro il d.l.) le stesse vanno pure rigettate.

Secondo la CTU il terreno dei giardini confinanti con lo scolo (…) non presente alcun pericolo di crollo o rovina (dal punto di vista idrogeologico).

Inoltre le residue contestazioni riguardano aspetti che non costituiscono “gravi difetti” nel senso indicato dall’art. 1669 c.c., non limitando affatto il godimento dell’immobile (trattandosi di presenza di tettoia in legno e della presenza di recinzione non amovibile): la norma in esame non è applicabile nei confronti del (…) per difetto di ricorrenza dei relativi presupposti di fatto.

A ben vedere, il limitato godimento dell’immobile deriva dalla presenza del ricordato peso consortile come sopra esposto (che di certo non può qualificarsi come vizio dell’edificio), sicché la tutela in esame è pure inapplicabile.

Quanto all’ultima domanda, proposta in via ulteriormente subordinata “per avere venduto agli attori gli immobili in questione difformi rispetto al permesso di costruire e taciuto nella fase precontrattuale e contrattuale dette difformità ed abusi edilizi e per aver concorso entrambe nella violazione delle norme imperative imposte dagli enti preposti cagionando così un danno grave agli acquirenti come sopra indicato”, si ritiene che il (…) non possa rispondere di alcuna violazione relativa alla vendita ed alla fase precontrattuale, non avendo ricoperto alcun ruolo in occasione delle cessioni né avendo l’attrice indicato e provato quale sarebbe il titolo contrattuale fondante la domanda in esame.

Quanto all’aver “concorso nella violazione delle norme imperative imposte dagli enti preposti” con conseguente produzione di danno a carico degli attori, si rileva che la generica forma di responsabilità verso il d.l. (…) invocata nello specifico appare di natura extracontrattuale.

Al fine di chiarire la possibilità di citare in causa il d.l. da parte di un soggetto “terzo” che non lo ha nominato (con cui quindi non sussiste alcun vincolo contrattuale) al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni è sufficiente ricordare il seguente principio di diritto:

“La natura della responsabilità del direttore dei lavori nominato dal committente o dell’appaltatore – da valutare alla stregua della diligentia quam in concreto in relazione alla competenza professionale dallo stesso esigibile – per un fatto dannoso cagionato ad un terzo dall’esecuzione di essi, è di natura extracontrattuale e perciò può concorrere con quella di costoro se le rispettive azioni o omissioni, costituenti autonomi fatti illeciti, hanno contribuito causalmente a produrlo. In relazione poi al direttore dei lavori dell’appaltatore egli risponde del danno derivato al terzo se ha omesso di impartire le opportune direttive per evitarlo e di assicurarsi della loro osservanza, ovvero di manifestare il proprio dissenso alla prosecuzione dei lavori stessi astenendosi dal continuare a dirigerli in mancanza di adozione delle cautele disposte” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15789 del 22/10/2003).

Orbene se è pacificamente possibile configurare la responsabilità del direttore di lavori verso un soggetto “terzo” (nel caso esaminato dalla Cassazione i proprietari di un immobile confinante lesi dalle opere dirette dal professionista convenuto) tanto più si deve ritenere proponibile la medesima domanda ex art. 2043 c.c. dal “terzo” proprietario dell’immobile edificato con il contributo del d.l.: in questo casi, il requisito di terzietà va inteso come assenza di legami di natura contrattuale che potrebbero fondare diverse tipologie di azioni contro il professionista direttore dei lavori e progettista il quale, con le sue azioni colpose, abbia direttamente cagionato un danno al terzo predetto.

Il relativo regime probatorio onerava quindi la parte attrice di dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, per l’affermazione di simile responsabilità.

Tale prova non è stata raggiunta in corso di causa per quanto riguarda la riconducibilità al convenuto (…) della realizzazione delle tettoie in legno di cui si è detto (le quali non trovano corrispondenza nei progetti del geom. (…) né risultano assentite dal titolo abilitativo del Comune di Mestrino).

In proposito si rileva che i testi del convenuto (…), in risposta al cap. 17 hanno dichiarato che le “pensiline” sono state eseguite dopo il rilascio della abitabilità/agibilità ossia in un momento successivo al termine dell’incarico del geometra (momento che fin dalla comparsa di costituzione il convenuto ha identificato nella data di rilascio della agibilità nel settembre del 2007 circostanza questa non contestata dagli attori).

Quindi, l’importo di Euro 10.000,00 individuato dal CTU per tale voce non può essere posto a carico del convenuto (…) non sussistendo prova della riconducibilità al medesimo professionista della realizzazione delle predette tettoie in legno.

Per la questione delle distanze tra edificio e ciglio delle sponde del canale (con il mancato rispetto delle distanze previste dal Consorzio di (…) con l’autorizzazione doc. 6 attrice, sicuramente nota al convenuto atteso che costui era il professionista incaricato dal precedente proprietario per l’espletamento di pratiche amministrative), nonché per la posa in opera di una recinzione non amovibile (tipologia specifica pure richiesta dal Consorzio) si ritiene sussistente la responsabilità extracontrattuale del geom. (…) in concorso con quella contrattuale della (…) per la produzione dei danni sopra esposti (necessità di modificare i giardini per regolarizzare la situazione con i competenti organi amministrativi).

Da un lato si richiamo nuovamente le conclusioni raggiunte sul punto dal CTU Fontana con motivazioni logiche e condivisibili (avendo risposto peraltro più volte alle osservazioni del CTP del convenuto (…)) che si intendono qui ritrascritte.

D’altra parte, una volta dimostrato che le distanze tra gli edifici ed il canale di scolo, valutate secondo il progetto redatto dal (…), contrastano con le prescrizioni del Consorzio di (…), così come una volta accertato, mediante testi, che il convenuto ha costantemente vigilato sul cantiere oggetto di causa, si ritiene di applicare il principio che la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare in occasione simile: “sussiste il diritto di rivalsa del committente nei confronti del progettista direttore dei lavori, qualora l’irregolare ubicazione della costruzione sia conforme al progetto e non sia stata impedita dal professionista medesimo in sede di esecuzione dei lavori, in quanto il fatto illecito, consistente nella realizzazione di un edificio in violazione della distanze legali rispetto al fondo del vicino, è legato da un nesso causale con il comportamento del professionista che ha predisposto il progetto e diretto i lavori” (Cass., n. 1531/03).

La pronuncia da ultimo citata concerne la fattispecie del regresso tra coobbligati a titolo di responsabilità extracontrattuale (verso il terzo), ma si fonda evidentemente sul riconoscimento della colpa del professionista (che, nella prospettiva extracontrattuale, rileva quale presupposto della responsabilità del (…)).

Per quanto riguarda poi la prova della responsabilità del d.l. nella posa della recinzione non amovibile si richiamano le testimonianze rese dai testi (…) e (…).

Quindi, il convenuto (…) va condannato in solido con la (…) per il risarcimento dei danni sopra individuati (seppure a titolo contrattuale la società ed extracontrattuale il d.l.), esclusa la quota parte relativa alla tettoia in legno, ossia le seguenti somme (ottenute sottraendo da ciascuna unità l’importo di Euro 2.500,00 liquidato dal CTU per la sanatoria delle tettoie, con la precisazione che anche il convenuto (…) non risponde della plusvalenza derivante dalle opere che saranno eseguite sulle sponde con conseguente ampliamento dei giardini):

– in favore di (…) e (…) Euro 18.050,00;

– in favore di (…) e (…) Euro 17.750,00;

– in favore di (…) e (…): Euro 17.850,00;

– in favore di (…) e (…): Euro 16.450,00.

5. La domanda di manleva verso l’assicurazione

La condanna del (…) comporta lo scrutinio della domanda di manleva formulata verso (…).

Costituendosi in giudizio la compagnia ha negato l’operatività della polizza sotto svariati profili.

L’art. 1, in particolare, non è rilevante nel caso in esame, in quanto non si tratta di vertenza avente a riguardo il risarcimento di danneggiamenti materiali a cose o danni corporali a persone.

Piuttosto, l’art. 2 conferma che il contenzioso rientra nell’astratta operatività di polizza considerato che si discute di un risarcimento “per perdite patrimoniali che non siano la conseguenza (diretta od indiretta) di danni materiali o danni corporali, involontariamente e direttamente cagionate a terzi in conseguenza di errori commessi nello svolgimento delle seguenti attività: … altre attività professionali rientranti nelle competenze del geometra”.

Quanto alla esclusione di operatività per la condotta dolosa del (…) che avrebbe “volontariamente” cagionato i danni agli attori si rileva che la controversa questione delle distanze tra edificio e ciglio del canale consentiva diverse letture ed interpretazioni, come emerge dalle osservazioni tecniche alla CTU: l’operato del geometra quindi, pur potendo definirsi colposo (nel senso sopra indicato di violazione della diligenza specifica concretamente esigibile dal professionista) non pare affatto doloso.

Ad ogni modo spettava alla terza chiamata dare la prova del predetto elemento soggettivo (secondo il noto principio per cui la buona fede si presume) e tale prova in corso di causa non è stata raggiunta.

Quanto alla “indebita utilità” percepita dall’assicurato ex art. 5 lettera b) la contestazione della Compagnia non è specifica e tantomeno pare fondata. Sul punto si rileva che la percezione dell’utilità da parte di (…) (indicata, par di capire, come il prezzo incassato per la vendita degli immobili) non pare affatto indebita e tantomeno direttamente correlata all’errore del (…).

Quanto al periodo temporale di efficacia della polizza la stessa aveva decorrenza dal 10.7.2009 e copriva richieste di risarcimento relative a fatti posti in essere dall’assicurato nei tre anni antecedenti la data di effetto dell’assicurazione.

In proposito, considerato che l’incarico di direttore dei lavori si è concluso nel settembre del 2007, il termine di retroattività appena ricordato consente di ritenere operante, anche sotto questo profilo, la garanzia invocata.

Vanno rigettate anche le ulteriori eccezioni di inoperatività per evidente difetto di prova e di fondatezza e, in conclusione, la compagnia va condannata a tenere indenne l’assicurato dagli effetti pregiudizievoli della presente sentenza, salva l’applicazione dell’invocata franchigia.

Le spese

Le spese per la CTU vanno definitivamente poste a carico di (…) s.r.l. e del convenuto (…) in via solidale.

Le spese del presente procedimento seguono la soccombenza: (…) e (…) vengono condannati a rimborsarle in favore degli attori.

(…) va condannata al rimborso delle spese in favore dell’assicurato (…).

Le spese vengono liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, scaglione di valore individuato secondo il decisum evidenziando in particolare che nella presente causa non si rinvengono specifici elementi di personalizzazione che giustifichino il discostarsi dai valori medi (il fatto che il patrocinio attoreo assista più soggetti è ininfluente atteso che le posizioni dei quattro nuclei familiari vengono trattate unitariamente senza distinzione alcuna).

P.Q.M.

Il Giudice, ogni diversa domanda ed eccezione reiette ed ogni ulteriore deduzione disattesa, definitivamente pronunciando,

1) condanna in solido C. s.r.l. e (…) a pagare le seguenti somme:

– in favore di (…) e (…) Euro 20.550,00 (limitando la condanna solidale del co-obbligato (…) alla minor somma di Euro 18.050,00);

– in favore di Eredi (…) e (…) Euro 20.250,00 (limitando la condanna solidale del co-obbligato (…) alla minor somma di Euro 17.750,00);

– in favore di (…) e (…): Euro 20.350,00 (limitando la condanna solidale del co-obbligato (…) alla minor somma di Euro 17.850,00);

– in favore di (…) e (…): Euro 18.950,00 limitando la condanna solidale del co-obbligato (…) alla minor somma di Euro 16.450,00);

somme tutte da maggiorarsi con gli interessi al saggio legale dal giorno della domanda al saldo;

2) pone in via definitiva le spese di C.T.U. a carico di (…) s.r.l. e di (…) in via solidale;

3) condanna (…) s.r.l. e (…) in via solidale a rifondere in favore degli attori le spese legali del presente procedimento che si liquidano in Euro 888,00 per esborsi ed Euro 13.430,00 per compenso, oltre I.V.A. e C.N.P.A., 15% rimborso forfetario;

4) condanna (…) s.p.a. a tenere manlevato ed indenne (…) da ogni conseguenza sfavorevole dovesse derivargli dalla presente sentenza e, in particolare, da qualsiasi esborso dovesse sostenere in ottemperanza ai precedenti punti di dispositivo nn. 1), 2) e 3) limitando la manleva secondo l’operatività dell’art. 17, con franchigia di Euro 500,00;

5) condanna (…) s.p.a. a rimborsare in favore del convenuto (…) le spese di lite che si liquidano in Euro 13.430,00 per compenso, oltre I.V.A. e C.N.P.A., 15% rimborso forfetario;

Così deciso in Padova il 20 luglio 2018.

Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.