Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 13 ottobre 2017, n. 24153

Secondo l’attuale orientamento di questa Corte, ai fini della prova del credito della Banca l'”assenza degli estratti conto per il periodo iniziale del rapporto non e’ astrattamente preclusiva di un’indagine contabile per il periodo successivo, potendo questa attestarsi sulla base di riferimento piu’ sfavorevole per il creditore istante, quale, a titolo esemplificativo, quella di un calcolo che preveda l’inesistenza di un saldo debitore alla data dell’estratto conto iniziale”: cosi’ ora Cass., 25 maggio 2017, n. 13258 (che si richiama espressamente a Cass. 26 gennaio 2011, n. 1842). Secondo quanto si ritiene avvenga pure nel caso in cui sull’andamento del conto abbia inciso l’applicazione, da parte della Banca, di clausole nulle.

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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 13 ottobre 2017, n. 24153

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7995/2013 proposto da:

(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. (OMISSIS) di Roma – Rep.n. 88.217 del 23.4.2013;

– controricorrente –

avverso la sentenza non definitiva n. 5167/08 e la sentenza definitiva n. 3575/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositate l’11/12/2008 e il 05/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/04/2017 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA (est.).

FATTO E DIRITTO

1. – (OMISSIS) ricorre per cassazione nei confronti della (OMISSIS), articolando cinque motivi avverso la sentenza parziale emessa dalla Corte di Appello di Roma l’11 dicembre 2008 e la sentenza definitiva emessa dalla stessa Corte il 5 luglio 2012.

2.- La vicenda processuale giunta all’esame di questa Corte prende tratto da un decreto ingiuntivo emesso, su ricorso della Banca, nel 1993 dal Presidente del Tribunale di Roma nei confronti di (OMISSIS), in qualita’ di fideiussore della s.p.a. (OMISSIS) e per debito da scoperto di conto corrente. Seguita tempestiva opposizione da parte dell’ingiunto, la sentenza n. 2700/2002 del Tribunale di Roma ha parzialmente accolto la medesima, in via correlata condannando l’attuale ricorrente al pagamento di una minor somma.

Nel giudizio di appello, promosso su iniziativa sempre dell’attuale ricorrente, la Corte romana ha dapprima accertato (con la sentenza parziale del 2008) l’invalidita’ delle “clausole che prevedevano il calcolo degli interessi in misura ultralegale e la capitalizzazione trimestrale”; successivamente, a mezzo di apposita CTU la Corte (con la sentenza definitiva del 2012) e’ giunta a quantificare la somma dovuta da (OMISSIS) alla Banca, cosi’ addivenendo a una ulteriore riduzione rispetto a quanto divisato nell’ambito del giudizio di primo grado.

3. – Nei confronti del ricorso proposto da (OMISSIS) resiste la (OMISSIS), che ha depositato apposito controricorso.

Entrambe le parti hanno pure depositato memoria ex articolo 380 bis c.p.c..

4. – I motivi di ricorso, che sono stati svolti da (OMISSIS), denunziano i vizi qui di seguito richiamati.

Il primo motivo denuncia, in specie, “violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli articoli 1339, 1419 e 1346 c.c., articolo 1418 c.c., comma 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il secondo motivo assume, poi, “violazione e falsa applicazione delle norme di cui all’articolo 1283 c.c., e articolo 1284 c.c., comma 2 e comma 3, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il terzo motivo a sua volta censura “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2797 c.c. e articolo 115 c.p.c.; articolo 360 c.p.c., n. 3”.

Il quarto motivo lamenta, inoltre, “carenza e contraddittorieta’ di motivazione su un fatto decisivo della controversia; articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Il quinto motivo rileva, infine, “violazione degli articoli 324 e 346 c.p.c. e articolo 2909 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

5.- Il primo motivo di doglianza rileva, in particolare, che la sentenza parziale della Corte romana – ravvisata la nullita’ per indeterminatezza della clausola contrattuale per cui “gli interessi dovuti dal correntista all’azienda di credito si intendono determinati alle condizioni usualmente praticate dall’azienda di credito sulla piazza” – non ha poi dichiarato la nullita’ delle clausole relative alla commissione di massimo scoperto e alle spese di tenuta conto. Pure queste clausole – riscontra il ricorrente – fanno riferimento allo stesso, identico criterio.

Il motivo e’ fondato.

In effetti, il radicale difetto di determinatezza che connota – per gli interessi – la clausola di rinvio agli usi praticati su piazza e che comporta, ai sensi dell’articolo 1346 c.c., la nullita’ della stessa non puo’ non valere, e in modo identico, quando la clausola venga riferita alla materia della commissione di massimo scoperto o a quella delle spese di tenuta conto.

La constatazione della nullita’ della ridetta clausola risponde, d’altro canto, a un orientamento del tutto consolidato di questa Corte (cfr., tra le piu’ recenti pronunzie, Cass., 30 ottobre 2015, n. 22179).

6. – Con il secondo motivo, il ricorrente rileva che la sentenza parziale della Corte romana – dichiarata la nullita’ della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi – ha fissato un criterio di rideterminazione del computo anatocistico, individuandolo nel periodo annuale. Questa statuizione – riscontra il ricorrente – e’ errata, perche’, una volta dichiarata la nullita’ della clausola anatocistica per contrasto con la norma imperativa dell’articolo 1283 c.c., comunque “resta esclusa la capitalizzazione tout court, prescindendo dalla sua periodicita’”.

Il motivo e’ fondato.

Risponde infatti a un consolidato orientamento di questa Corte la rilevazione che, constatata la nullita’ della clausola di capitalizzazione predisposta dalla Banca, gli interessi a debito debbano essere calcolati senza procedere a nessuna capitalizzazione (cfr., in particolare, la pronuncia di Cass. SS.UU., 2 dicembre 2010, n. 24418).

7. – Il terzo motivo muove dalla constatazione che la Banca – onerata della prova del credito avanzato in sede di ricorso per decreto ingiuntivo – ha prodotto gli estratti conto non gia’ dal tempo di inizio del rapporto, bensi’ solo da un dato momento di svolgimento del medesimo. Ed assume che – attesa una simile situazione (di mancata produzione integrale degli estratti conto) e considerato pure che, nel concreto, sul conto incidevano anche poste derivanti dall’applicazione di clausole nulle -, la sentenza definitiva della Corte romana avrebbe dovuto respingere senz’altro la pretesa della Banca e non gia’ limitarsi a “portare” a zero il saldo del conto al tempo del primo estratto prodotto (come poi seguito senza interruzioni da tutti quelli temporalmente successivi).

Ad avviso del Collegio, questo motivo e’ infondato.

Secondo l’attuale orientamento di questa Corte, ai fini della prova del credito della Banca l'”assenza degli estratti conto per il periodo iniziale del rapporto non e’ astrattamente preclusiva di un’indagine contabile per il periodo successivo, potendo questa attestarsi sulla base di riferimento piu’ sfavorevole per il creditore istante, quale, a titolo esemplificativo, quella di un calcolo che preveda l’inesistenza di un saldo debitore alla data dell’estratto conto iniziale”: cosi’ ora Cass., 25 maggio 2017, n. 13258 (che si richiama espressamente a Cass. 26 gennaio 2011, n. 1842). Secondo quanto si ritiene avvenga pure nel caso in cui sull’andamento del conto abbia inciso l’applicazione, da parte della Banca, di clausole nulle.

Il riposizionamento a zero del saldo al primo degli estratti conto prodotti (senza successive interruzioni) mostra con sicurezza che le annotazioni a debito del correntista, che si trovino appostate successivamente sul conto (e non conseguano all’applicazione di clausole nulle), esprimono la sussistenza di un credito della Banca. Salva comunque restando, naturalmente, la possibilita’ per il correntista di dare prova – pure ricorrendo alle facolta’ di cui alla norma dell’articolo 119, comma 4 del testo unico bancario – di avere effettuato, in epoca precedente al primo degli estratti conto prodotti, dei versamenti indebiti.

8. – Il quarto motivo e il quinto motivo di ricorso risultano assorbiti dall’accoglimento dei primi due motivi.

9. – In conclusione, vanno accolti il primo e il secondo motivo, assorbiti il quarto e il quinto, respinto il terzo. Le sentenze della Corte territoriale, che sono state impugnate, vanno quindi cassate e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Roma che, in diversa composizione, giudichera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accogli il ricorso nei termini di cui in motivazione e cassa le sentenze impugnate con rinvio della controversia alla Corte di Appello di Roma che, in diversa composizione, decidera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

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Avv. Umberto Davide

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