Indice dei contenuti
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 27 aprile 2017, n. 10447
Il Collegio reputa opportuno rimettere la causa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, ai sensi dell’articolo 374 c.p.c., comma 3, costituendo questione di massima di particolare importanza se, a norma del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23 il requisito della forma scritta del contratto di investimento esiga, accanto a quella dell’investitore, anche la sottoscrizione ad substantiam dell’intermediario.
Per ulteriori approfondimenti in materia di diritto bancario si consiglia la lettura dei seguenti articoli:
La fideiussione tra accessorietà e clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni
Il contratto autonomo di garanzia: un nuova forma di garanzia personale atipica
Il contratto di leasing o locazione finanziaria
Mutuo fondiario e superamento dei limiti di finanziabilità.
Il contratto di mutuo: aspetti generali.
Per approfondire la tematica degli interessi usurari e del superamento del tasso soglia si consiglia la lettura del seguente articolo: Interessi usurari pattuiti nei contatti di mutuo
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 27 aprile 2017, n. 10447
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25840/2013 proposto da:
(OMISSIS), (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 678/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 26/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/04/2017 dal cons. NAZZICONE LOREDANA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. CERONI Francesca, che ha concluso per la trasmissione atti alle Sezioni Unite o in subordine rigetto del ricorso;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto la trasmissione alle SS.UU. o il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Torino con sentenza del 26 marzo 2013 ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto tutte le domande proposte da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e quali eredi di (OMISSIS), volte all’accertamento della nullita’, o, in subordine, all’annullamento o alla risoluzione per inadempimento, nonche’ alla condanna alle restituzioni sia del capitale inizialmente versato di Euro 2.652.186,81, sia del saldo negativo del rapporto di gestione patrimoniale di Euro 494.691,61 oltre accessori, con riguardo ai contratti di gestione patrimoniale, investimento e finanziamento conclusi con (OMISSIS) s.p.a. sin dal 1997.
La corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che: a) pur essendo stato il contratto-quadro di gestione, consulenza ed amministrazione di portafogli in data 20 aprile 1998 sottoscritto solo dai clienti, e non anche da un funzionario della banca, nondimeno non sussiste nullita’ per difetto di forma scritta: osservando, da un lato, che il contratto reca la dichiarazione espressa degli investitori circa la consegna di un esemplare del contratto “sottoscritto per accettazione dai soggetti abilitati a rappresentarvi”, ossia la banca, onde risulta che ogni parte abbia consegnato all’altra copia da essa sottoscritta; e, dall’altro lato, che ne’ le fonti comunitarie, ne’ il precedente storico di cui alla L. 2 gennaio 1991, n. 1, articolo 6 postulano il requisito della forma scritta contrattuale, ma piuttosto il requisito sostanziale della idonea informazione, e che il requisito previsto dal Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 23 e’ soddisfatto dalla firma dell’investitore, quale precetto di protezione del medesimo, volto essenzialmente a superare le asimmetrie informative; b) sebbene il predetto contratto-quadro sia intervenuto alcuni mesi dopo l’inizio del rapporto di gestione patrimoniale, le precedenti operazioni non sono state mai contestate dai clienti, ne’ sono state individuate specificamente le operazioni anteriori al 20 aprile 1998, di cui si voglia far valere la nullita’; c) detto contratto contiene tutti gli elementi prescritti dal legislatore, ne’ i clienti hanno precisato di quali elementi essenziali difetterebbe; d) non sono nulli i singoli ordini di investimento, perche’ la loro materiale esecuzione rientrava nella gestione discrezionale della banca non presupponente una veste contrattuale formale, mentre le parti ebbero a pattuire non la forma scritta degli ordini, ma quella telefonica; e) nessuna operazione estranea al mandato ricevuto la banca ha posto in essere, ne’ vi era necessita’ di una diversa fonte contrattuale sovraordinata al contratto di gestione; f) la banca ha provato di avere pienamente assolto ai propri obblighi informativi, in quanto i clienti hanno piu’ volte ricevuto informazioni circa l’assenza di “alcuna garanzia di mantenere invariato il valore del patrimonio affidato in gestione” e “cio’ in particolar modo nei casi in cui la leva finanziaria sia superiore all’unita’”, prendendo atto “che il valore di mercato di tali investimenti e’, per sua natura, soggetto a notevoli variazioni” con “elevati rischi perdite di dimensione anche eccedenti l’esborso originario”, e l’asimmetria informativa e’ stata colmata costantemente nel corso di aggiornamento del rapporto, anche in ordine alla propensione al rischio ed obiettivi di investimento; i clienti, del resto, hanno mantenuto un profilo di alta speculativita’ per ben otto anni, dimostrando in ogni occasione, anche mediante le numerose telefonate trascritte, una notevolissima competenza finanziaria e realizzando quindi sempre operazioni ad essi adeguate; non esisteva, infine, conflitto di interessi nelle negoziazioni in contropartita diretta, che non ebbero mai a traslare il rischio sui clienti ma, al contrario, furono poste in essere proprio per eseguire il mandato; i clienti furono posti in condizione di immediatamente rilevare le perdite, ricevendo ogni opportuna informazione; ne’ infine, gli investitori hanno provato il nesso causale tra tutti i pretesi inadempimenti e le perdite da essi subite.
Avverso questa sentenza propongono ricorso gli investitori, affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso la (OMISSIS) s.p.a., depositando altresi’ la memoria ex articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – I motivi del ricorso censurano la sentenza impugnata per:
1) violazione e falsa applicazione degli articoli 1321, 1325, 1350, 1418 c.c., Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23 e articolo 30 reg. Consob n. 11522 del 1998, avendo la corte del merito ritenuto irrilevante la mancata sottoscrizione del contratto-quadro di gestione da parte della banca, mentre non puo’ ritenersi applicabile il principio di equipollenza della produzione del documento in giudizio, questione peraltro non riproposta in appello;
2) violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363 e 1366 c.c., Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articoli 23 e 24, e articoli 30, 32-37 ss., 47 reg. Consob n. 11522 del 1998, per avere la corte del merito ritenuto il contratto del 20 aprile 1998 come il contratto-quadro, mentre un simile contratto non fu mai concluso tra le parti;
3) violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articoli 21 e 23, articoli 29-29 reg. Consob n. 11522 del 1998, per avere la corte del merito ritenuto infondatamente provato l’adempimento, da parte della banca, dei propri obblighi informativi, fondandosi su documenti del 1997 e del 1998, che tuttavia erano all’uopo inidonei;
4) violazione e falsa applicazione degli articoli 1222 e 2697 c.c., Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23 per non avere la corte del merito ritenuto che la prova del nesso eziologico tra gli inadempimenti della banca e il danno agli investitori fosse in re ipsa, avendo per forza di cose quegli inadempimenti agli obblighi informativi inciso sulla volonta’ dei clienti.
2. – Il primo motivo del ricorso pone la questione se, a norma del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23 la sottoscrizione della banca sia necessaria ad substantiam anch’essa – accanto a quella dell’investitore – al fine della valida conclusione del contratto di gestione su base individualizzata di portafogli di investimento, che trova la sua fonte normativa nel Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 24 (ma identico dubbio interpretativo sorge in casi analoghi, ovvero in tutti i contratti di prestazione di servizi di investimento, ai sensi dell’articolo 23 cit., e nei contratti bancari, ai sensi del Decreto Legislativo 24 settembre 1993, n. 385, articolo 117).
La questione sopra riassunta si pone in quanto, secondo la prassi del settore bancario, la conclusione del contratto-quadro si attua, al fine di rispettare i requisiti della forma e della consegna dello stesso al cliente, con la sottoscrizione di quest’ultimo del contratto, che resta in possesso della banca, seguita dalla consegna al cliente di un altro documento identico al primo, stavolta a firma dell’istituto di credito: in tal modo, allo scambio documentale segue la disponibilita’, in capo a ciascuna parte, dell’originale sottoscritto dall’altra.
3. – In ordine al quadro normativo di riferimento, il Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23 prevede che “i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento (…) sono redatti per iscritto e un esemplare e’ consegnato ai clienti (…) Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto e’ nullo”; aggiunge il terzo comma che “la nullita’ puo’ essere fatta valere solo dal cliente”.
La L. 2 gennaio 1991, n. 1, articolo 6, lettera c), prevedeva gia’ il medesimo requisito di forma per la stipulazione del contratto-quadro di investimento (al riguardo, cfr. Cass. 19 maggio 2005, n. 10598; 9 gennaio 2004, n. 111; 7 settembre 2001, n. 11495).
Dal suo canto, l’articolo 30, comma 1 reg. Consob n. 11522 del 1998 prevedeva che gli intermediari non potessero “fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto” e che “una copia di tale contratto e’ consegnata all’investitore”.
Ora, l’articolo 37 del reg. Consob n. 16190 del 2007, sostitutivo del precedente – che resta, peraltro, applicabile ratione temporis al caso in esame – a sua volta prevede che gli intermediari “forniscono a clienti al dettaglio i propri servizi di investimento, diversi dalla consulenza in materia di investimenti, sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di tale contratto e’ consegnata al cliente”, nonche’ specifici requisiti di contenuto.
4. – Per quanto riguarda la sottoscrizione del cliente, questa Corte ha gia’ condivisibilmente affermato che la mancanza del “contratto d’investimento (c. d. contratto-quadro) sottoscritto (dai coniugi)” determina “la nullita’ delle operazioni d’investimento successivamente compiute dalla banca, stante la previsione dell’articolo 23 tuf (Decreto Legislativo n. 58 del 1998); e se tali operazioni sono da considerarsi nulle, per difetto di un indispensabile requisito di forma richiesto dalla legge a protezione dell’investitore, e’ evidentemente da escludere che se ne possa predicare la ratifica tacita. Quando il legislatore richiede la forma scritta per meglio tutelare una delle parti del contratto, sarebbe manifestamente contraddittorio ammettere che quel difetto di forma sia rimediabile mediante atti privi anch’essi di forma scritta” (cosi’ Cass. 22 marzo 2013, n. 7283, in motivazione, vicenda in cui i clienti avevano efficacemente disconosciuto le sottoscrizioni apposte in calce al contratto-quadro; nello stesso senso, Cass. 22 dicembre 2011, n. 28432).
In relazione alla previsione in discorso, specificamente dettata per i contratti finanziari – laddove il comune regime codicistico dei contratti avrebbe lasciato liberta’ di forma – la menzionata decisione, come altre analoghe, ha dunque sottolineato che e’ indispensabile la sottoscrizione ad opera del cliente al contratto-quadro, essendo il requisito di forma posto a protezione esclusiva del medesimo, e che la mancanza della sua sottoscrizione non puo’ essere superata con l’omessa contestazione dei rendiconti periodici.
Ancora, si e’ ribadito come il contratto-quadro, che disciplina lo svolgimento del rapporto volto alla prestazione del servizio di negoziazione di strumenti finanziari, va redatto per iscritto a pena di nullita’, deducibile solo dal cliente, secondo la prescrizione del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 28 (Cass. 31 dicembre 2013, n. 28810); che, parimenti, il contratto di gestione di portafoglio di investimento stipulato con un intermediario finanziario deve essere redatto per iscritto a pena di nullita’, forma scritta prevista dalla legge a protezione dell’investitore, la quale non ammette equipollenti o ratifiche (Cass. 24 febbraio 2016, n. 3623), cosicche’ non e’ idonea ad integrare il requisito formale la sottoscrizione del documento sui rischi generali, di cui all’articolo 28 reg. Consob n. 11522 del 1998, il quale assolve unicamente ad una funzione strumentale e propedeutica alla stipulazione del contratto di gestione e serve a rendere l’investitore piu’ consapevole rispetto ai rischi dell’investimento e del mandato gestorio conferito all’intermediario (Cass. 19 febbraio 2014, n. 3889, fattispecie in cui la banca aveva consegnato al cliente un modulo contrattuale di gestione del patrimonio mobiliare affinche’ fosse sottoscritto e restituito, ma cio’ non era avvenuto).
5. – Quanto al profilo riguardante la sottoscrizione anche della banca, ovvero la questione specifica in esame, recenti decisioni di questa Sezione, hanno affermato i seguenti principi di diritto: a) l’articolo 23 cit. impone una forma bilaterale ad substantiam; b) la produzione in giudizio, da parte della banca, del contratto-quadro da essa non sottoscritto non e’ idoneo equipollente della sua sottoscrizione.
Tanto si legge nelle piu’ recenti decisioni della Corte (v. Cass. 24 marzo 2016, n. 5919 e 11 aprile 2016, n. 7068, assunte alle udienze del 9 e 10 febbraio 2016; nello stesso senso, anche Cass. 27 aprile 2016, n. 8395, 27 aprile 2016, n. 8396, 19 maggio 2016, n. 10331 e 3 gennaio 2017, n. 36).
Orbene, si puo’ senz’altro convenire, con le citate decisioni, su quest’ultima affermazione: ed invero, ove la norma richiedesse la forma scritta bilaterale ad substantiam, non sarebbe possibile ritenere soddisfatto il requisito per equipollente mediante la produzione del documento non firmato in giudizio, o mediante altri comportamenti concludenti posti in essere dalla banca e documentati per iscritto.
Invero, questa tesi (affermata dalla meno recente Cass. 22 marzo 2012, n. 4564) non regge, perche’ il costante principio, secondo cui la mancata sottoscrizione di una scrittura privata e’ supplita dalla produzione in giudizio del documento stesso da parte del contraente non firmatario che ne intende avvalersene (fra le tante, Cass. 5 giugno 2014, n. 12711; 17 ottobre 2006, n. 22223; 5 giugno 2003, n. 8983) comporterebbe comunque – nelle vicende come quella in esame – il perfezionamento ex nunc del contratto-quadro: che, dunque, non varrebbe a rendere validi ordini di acquisto di strumenti finanziari precedentemente impartiti; ne’ si da’ convalida del contratto nullo, per l’articolo 1423 c.c.).
Sotto questo profilo, dunque, le decisioni sopra ricordate vanno senz’altro condivise.
6. – L’affermazione sub a), relativa alla necessita’ della sottoscrizione dell’intermediario, a fini di validita’ del contratto di investimento, richiede, invece, qualche ulteriore riflessione.
La giurisprudenza di merito e la dottrina non risolvono, infatti, univocamente il punto controverso se, per la validita’ del contratto concluso con la banca, sia necessaria anche la sottoscrizione della medesima, pur quando comunque sussista la firma del cliente.
Invero, accanto ad orientamenti conformi a quello di recente accolto dalla S.C., diverse sono le conclusioni di quella parte degli interpreti che movendo dalla ratio della norma, finalizzata alla protezione del contraente debole e alla valorizzazione delle esigenze di chiarezza e di trasparenza informativa – escludono, invece, per la validita’ del contratto la necessita’ della sottoscrizione della banca, laddove risulti la predisposizione da parte della stessa e la firma del cliente.
7. – Da tempo, la dottrina ha convincentemente chiarito, nell’ambito della piu’ generale teorica della forma, che non tutte le prescrizioni di forma sono uguali. Se la forma ad substantiam, nella sua solennita’ propria degli scambi immobiliari tipici dell’economia fondiaria, funge, nell’ambito dei rapporti paritari, da criterio d’imputazione della dichiarazione, oltre che servire a favorire – a tutela di entrambi contraenti – i “beni” della chiarezza nei contenuti, della ponderazione per l’impegno assunto e della serieta’ dell’accordo, nonche’ a distinguere le mere trattative dall’atto definitivo, occorre poi pur riflettere sul fatto che, invece, laddove le parti non si trovino su di un piano di parita’ perche’ si ravvisa una “parte debole” del rapporto, a scongiurare il rischio della insufficiente riflessione o dell’approfittamento ad opera dell’altro contraente interviene, allora, la forma, o formalita’ “di protezione”: il cui fine precipuo e’ proprio quello di proteggere lo specifico interesse del contraente “debole” a comprendere ed essere puntualmente e compiutamente informato su tutti gli aspetti della vicenda contrattuale.
Onde si discorre di “forma informativa”, ponendosi l’accento sui caratteri che valgono piuttosto a differenziarla dalle regole tradizionali delle patologie civilistiche del negozio.
Proprio con riferimento ai nuovi fenomeni contrattuali, derivanti dallo sviluppo dei mercati – nel trascorrere da un’economia rurale alle dinamiche del mercato finanziario e digitale – si parla, invero, di un ritorno al “formalismo negoziale”, o “neoformalismo”, cui sempre piu’ il legislatore sembra far ricorso (e non solo per l’atto, ma piu’ genericamente per l’attivita’): stavolta a tutela, tuttavia, non di entrambi i contraenti posti su di un piano di parita’, ma specificamente di uno di essi, all’evidenza reputato “debole” (sebbene, poi, in una visione macroeconomica, non si possa trascurare che detta tutela, eliminando o riducendo le inefficienze derivate dagli abusi delle imprese, giovi ancora alla sicurezza dei traffici dei capitali e degli investimenti, la quale trae com’e’ noto benefici dal buon funzionamento del mercato finanziario e dalla prevedibilita’ delle condotte dei suoi operatori).
Peraltro, il “ritorno al formalismo”, con i relativi costi transattivi, si giustifica solo ove il contratto sia davvero “asimmetrico” e sussista l’esigenza di protezione in ragione della rischiosita’ del negozio stesso: onde, ad esempio, la forma scritta non e’ prevista per il contratto di mera consulenza finanziaria.
La nullita’ che ne deriva, a sua volta, persegue prettamente finalita’ di protezione del contraente debole, nel cui interesse essa viene conformata come invalidita’ relativa (cfr. pure Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 117; Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 36).
La nullita’ di protezione e’, nel contempo, strumento di governo degli scambi e mezzo di tutela degli interessi di una delle parti del contratto rispetto a situazioni di “irrazionalita’” – la quale, nei contratti di investimento o in generale del mercato finanziario, viene identificata con la disinformazione – che ne compromettono la liberta’ di scelta.
Al fine di comprendere la realta’ economica e giuridica descritta, la visuale del formalismo negoziale rigidamente “di struttura” e’ stata ritenuta inadeguata, lasciando il campo a quella “di funzione”.
Se tale nullita’, dunque, e’ funzionale in primis alla tutela della piu’ ampia informazione dell’investitore (sebbene permanga il ricordato interesse generale all’efficienza del mercato del credito), tanto da presentare rilevanti differenze di disciplina rispetto alla nullita’ del codice civile, tutte le prescrizioni da essa presidiate vanno intese in tale logica: la quale deve guidare, dunque, anche la valutazione sul punto se il cliente sarebbe pregiudicato, nella sua completa e consapevole autodeterminazione, dalla mancanza di firma della banca sul contratto-quadro.
Si noti che il contratto ben potrebbe contenere anche condizioni individuali, concordate con il singolo cliente: cosi’ come sara’ consentito che, nell’esercizio della propria autonomia negoziale, sia richiesta dall’investitore all’intermediario una specifica approvazione scritta del contratto.
8. – In particolare, la previsione formale del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23 e’ dettata a fini esclusivi di tutela dell’investitore: e cio’, invero, riconoscono anche tutte le recenti sentenze di questa Corte, sopra menzionate (§ 5).
Puo’ parlarsi, in definitiva, di cd. forma di protezione: la quale, al pari della cd. nullita’ di protezione, cui la violazione della stessa conduce, e’ volta specificamente a portare all’attenzione dell’investitore – la parte “debole” del rapporto (non per ragioni socio-economiche, ma) in quanto sprovvisto delle informazioni professionali sul titolo e, piu’ in generale, sugli andamenti del mercato finanziario – l’importanza del negozio che si accinge a compiere e tutte le clausole del medesimo.
La prescrizione formale trova la sua ratio nel fine di assicurare la piena e corretta trasmissione delle informazioni al cliente, nell’obiettivo della raccolta di un consenso consapevole alla stipula del contratto (il consenso informato). Per tale ragione, la nullita’ di protezione puo’ essere fatta valere solo dal cliente, oltre che rilevata d’ufficio dal giudice, sempre nell’esclusivo interesse e vantaggio del primo.
Come la nullita’ di protezione palesa caratteri affatto speciali – sopra tutte, appunto, la facolta’ di farla valere solo da parte del contraente a cui favore e’ dettata, con l’eventualita’, quindi, di una sanatoria “di fatto” del negozio (come non ha mancato di rilevare gia’ la Corte di giustizia dell’Unione europea, sent. 4 giugno 2009, C-243/08, Pannon, punti 31 e 32, secondo cui il giudice deve non applicare una clausola abusiva, salvo che il consumatore vi si opponga; nonche’ Corte di giustizia dell’Unione europea, 14 giugno 2012, C-618/10, Banco Espahol de Credito SA, punti 42 e 43; onde non convincono del tutto alcuni tentativi degli interpreti di ricondurre la categoria della nullita’ speciale ad unita’ con il regime generale) – allo stesso modo la forma ivi prevista non e’ la stessa prescritta dall’articolo 1350 c.c. per i contratti immobiliari ad equilibrio simmetrico.
Al riguardo, si e’ constatato come l’ordinamento europeo non mostri di ritenere rilevante una forma scritta per i contratti bancari e finanziari, sottintendendo che gli obiettivi della normativa di trasparenza – funzione preminente del vincolo formale in tale ambito – possano essere raggiunti anche con altri strumenti, quali i supporti cartacei o le bozze del documento.
Si vedano, in tal senso, la direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento nel mercato interno, attuata con il Decreto Legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, che ha introdotto nel t.u.b. il Capo 2-bis sui “Servizi di pagamento” (articolo 126-bis-126-octies) e la direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, recepita dal Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 141, che ha modificato il capo 1 sulle disposizioni generali in tema di operazioni bancarie ed il capo 2 del t.u.b. sul “Credito ai consumatori”, dalle quali si traggono indicazioni piuttosto nel senso di una riduzione del peso assegnato al formalismo negoziale.
9. – Secondo una prima tesi, dunque, potrebbe reputarsi adempiere al requisito della forma scritta, prevista a pena di nullita’ dall’articolo 23 cit., la sottoscrizione, da parte del cliente, del modulo contrattuale contenente il contratto-quadro. La cd. forma informativa sarebbe quindi rispettata, perche’ soddisfatto e’ l’interesse alla conoscenza ed alla trasparenza, o scopo informativo, cui essa e’ preordinata.
L’altra parte del rapporto, ovvero l’intermediario finanziario, e’ il soggetto predisponente le condizioni generali di contratto, cui l’investitore aderisce: intermediario per il quale nessuna di dette esigenze si rinviene.
Di qui, il rilievo che la sottoscrizione della banca, a differenza di quella dell’investitore, non occorra, affinche’ il contratto sia perfetto: l’una volonta’ deve essere manifestata per iscritto ad substantiam, l’altra in ogni forma consentita dall’ordinamento.
La predisposizione del modulo ad opera della banca potrebbe dirsi rendere non piu’ necessaria, cioe’, l’ulteriore formale approvazione del predisponente: considerato che l’adeguata ponderazione e la rispondenza dell’accordo ai propri interessi e’ stata gia’ valutata con la redazione del documento medesimo, nonche’ la sua approvazione ad opera delle autorita’ indipendenti cui e’ demandata la vigilanza del settore; e, soprattutto, non e’ la banca il soggetto a cui tutela il requisito formale e’ posto.
La sottoscrizione da parte del delegato dell’istituto di credito non sembra perseguire, infatti, i fini sottesi alla disposizione; anzi, esigere tale firma pare porsi in senso contrario al dinamismo nella conclusione dei contratti finanziari (tenuto conto che, di regola, il funzionario bancario che lo cura non ha poteri di rappresentanza), e, dunque, all’efficienza dei mercati, cui in definitiva anche le nullita’ di protezione mirano. Ne’ la carenza della sottoscrizione da parte dell’intermediario potrebbe reputarsi legittimare lo stesso a sottrarsi alle regole sancite dal negozio: perche’ la nullita’ di protezione puo’ farsi valere solo dal cliente.
Onde pure la forma di protezione solo la firma del medesimo esige.
Il consenso della banca, pur necessario trattandosi di un contratto, potrebbe dunque rivestire anche altre forme di manifestazione della volonta’: di cui talune – quali la predisposizione del testo contrattuale, la raccolta della sottoscrizione del cliente, la consegna del documento negoziale o l’esecuzione del contratto medesimo ex articolo 1327 c.c. – a valere quali comportamenti concludenti, idonei a rivelare, anche in via presuntiva, l’esistenza dell’originario consenso.
La firma (del funzionario) della banca non sarebbe dunque certo preclusa, ma resterebbe irrilevante per il perfezionamento e per l’efficacia del negozio; sarebbe parimenti irrilevante che il contratto fosse stato richiesto dal cliente, o provenisse direttamente dall’intermediario.
10. – Occorre ancora considerare come la medesima esigenza di protezione sia sottesa alla distinta previsione, contenuta nel Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, comma 1, dell’obbligo di consegnare una copia del contratto al cliente, o, come si esprime la disposizione, “un esemplare”: anche tale previsione va interpretata, dunque, in una prospettiva di tutela dell’investitore, il quale, ove non fosse in possesso di un modello del contratto da lui sottoscritto, potrebbe non riuscire a conoscere in pieno la sua posizione soggettiva verso la banca.
Fattispecie simili sono contemplate in altre disposizioni: oltre al Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 117 si ricorda il Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 35 secondo cui, quando alcune clausole del contratto siano proposte al consumatore per iscritto, esse “devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile”; per il Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 50 al consumatore vanno fornite le dovute informazioni “su supporto cartaceo o, se il consumatore e’ d’accordo, su un altro mezzo durevole. Dette informazioni devono essere leggibili e presentate in un linguaggio semplice e comprensibile”; sempre per il Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 50, comma 2, il professionista “fornisce al consumatore una copia del contratto firmato o la conferma del contratto su supporto cartaceo o, se il consumatore e’ d’accordo, su un altro mezzo durevole”; per il Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 67-undecies nei contratti finanziari a distanza il fornitore comunica al consumatore tutte le condizioni contrattuali e le necessarie informazioni “su supporto cartaceo o su un altro supporto durevole, disponibile e accessibile per il consumatore in tempo utile”, prima della stipula; analoga disposizione, in tema di multiproprieta’, reca il Decreto Legislativo n. 206 cit., articolo 71; parimenti, il Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 124 come modificato nel 2010, prevede tra gli obblighi precontrattuali che siano fornite informazioni sul contratto di credito “su supporto cartaceo o su altro supporto durevole attraverso il modulo contenente le “Informazioni europee di base sul credito ai consumatori”” e, su richiesta, “e’ fornita gratuitamente copia della bozza del contratto di credito”.
Insomma, requisiti “formali” come strumento non solo di manifestazione della volonta’, ma di trasmissione di informazioni, dati e notizie sull’operazione.
Peraltro, qui si esclude che si tratti di obbligo di forma in senso tecnico, trattandosi di mero supporto per l’immagazzinamento dei dati” e di comportamenti imposti relativi alla documentazione (che, nell’ultima ipotesi indicata, sono richiesti espressamente prima del formarsi del vincolo, secondo una ratio che potrebbe essere estesa anche al Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23: ed, infatti, in entrambe le fattispecie si tratta di offrire informazioni e trasparenza al cliente, perche’ sia rispettata la sua liberta’ di autodeterminazione nelle scelte negoziali).
Dalla previsione dell’obbligo di consegna di un esemplare del documento negoziale, di cui al Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, comma 1, e articolo 30 Reg. Consob n. 11522 del 1998 (ora, articolo 37 del Reg. Consob n. 16190 del 2007), non e’ dato poi trarre elementi in contrario, con riguardo al tema in discorso, nel senso della necessaria sottoscrizione della banca: si apprezza, invero, al riguardo la differenza con le diverse indicazioni degli articoli 1742 e 1888 cod. civ. sulla forma scritta ad probationem nei contratti di agenzia e di assicurazione, ove ciascuna parte “ha diritto di ottenere dall’altra un documento dalla stessa sottoscritto” e l’assicuratore “e’ obbligato a rilasciare al contraente la polizza di assicurazione o altro documento da lui sottoscritto”.
Si e’ parlato cosi’ di “pluralismo di formalismi”, in dipendenza delle diverse funzioni ad essi assegnate dall’ordinamento e delle conseguenze che ne derivano (solo in taluni limitati casi afferenti l’idoneita’ dell’atto di autonomia privata a produrre effetti), sovente di legislazione speciale o di provenienza comunitaria.
11. – Secondo la tesi che si va esponendo, la conclusione della irrilevanza della firma della banca deriva pure dalla necessita’, nel rispetto della ratio della norma, di evitare una lettura dell’articolo 23 cit. affatto disfunzionale ed inefficiente per il mercato finanziario, anche a fini di prevenzione di un facile uso opportunistico dello strumento formale.
Come potrebbe avvenire, alla stregua di quanto nella pratica non di rado e’ dato riscontrare, qualora il contratto sia, dapprima, a lungo e fruttuosamente eseguito con vantaggio per il cliente, il quale, a fronte di una perdita marginale successiva, si risolva ad impugnarlo per nullita’, in ragione della mancata sottoscrizione della banca, senza che a quel punto ove si segua la tesi della natura ad substantiam della sottoscrizione dell’intermediario medesimo – possa rilevare l’avvenuta proficua esecuzione del contratto, ove pure protratta per molti anni con reciproca soddisfazione delle parti.
Si offrirebbe, cosi’, tutela a quel contraente che, maliziosamente abusando di una posizione di vantaggio conferita dalla legge ad altri fini, deducesse la nullita’ del contratto pur eseguito senza contestazioni da entrambe le parti.
Si aggiunga altresi’ che, qualora la banca avesse sottoscritto la sua copia e consegnato la stessa al cliente, conservando la copia firmata da quest’ultimo, sarebbe non difficile, per il cliente scorretto, non produrre comunque in giudizio detto esemplare in suo possesso e negare sia mai stato firmato: si apprezza qui la differenza “sociologica” con la nullita’ della tradizione codicistica, tipica dei contratti aventi ad oggetto beni immobili, di cui all’articolo 1350 c.c., dove la prassi appena descritta viene posta in essere nella realta’ degli affari proprio sul presupposto – secondo l’id quod plerumque accidit – di un interesse dell’altro contraente a dedurre non la nullita’, ma, al contrario, l’esistenza e la validita’ del contratto, chiedendone l’esecuzione.
Per tali ragioni, non lascia soddisfatti l’esplicita affermazione dell’attribuzione all’investitore della facolta’ di far valere la nullita’ del contratto-quadro solo rispetto ad alcuni ordini, in quanto l’investitore potrebbe selezionare il rilievo della nullita’ e rivolgerlo ai soli acquisti che desideri caducare, ma non ad altri, pur attuativi del medesimo contratto quadro (v. Cass. 27 aprile 2016, n. 8395): ossia, il cd. uso selettivo della nullita’ del contratto-quadro, in quanto rivolta esclusivamente a produrre effetti nei confronti di alcuni acquisti di prodotti finanziari, soluzione che potrebbe avallare senz’altro l’uso abusivo del diritto, da altre decisioni di questa S.C. tuttavia ampiamente stigmatizzato (e multis: Cass. 13 settembre 2016, n. 17968, sulle assenze dal lavoro; 5 aprile 2016, n. 6533, sull’iscrizione di ipoteca; 21 ottobre 2015, n. 21318, sull’azione risarcitoria extracontrattuale; 12 giugno 2015, n. 12263, sul contratto di fideiussione e mancato tempestivo adempimento imputabile; 15 ottobre 2012, n. 17642, ancora in tema di fideiussione; accanto a tutta la giurisprudenza tributaria in tema), o, se si vuole, la condotta contraria a buona fede, secolare portato di civilta’ giuridica ex articolo 1375 c.c..
12. – Per l’opposta ricostruzione, secondo cui anche la sottoscrizione della banca e’ requisito di forma ad substantiam, deve porsi la questione se, avendo la nullita’ effetti ex tunc, a sua volta la banca sia legittimata o no a ripetere quanto versato a favore del cliente; o se, a fronte di un uso “selettivo” della nullita’, l’intermediario possa eccepire la violazione della buona fede contrattuale, e con quali conseguenze.
Ancora, occorrera’ domandarsi se sia ipotizzabile la convalida del contratto nullo, proprio per essere la nullita’ di tipo relativo, onde in cio’ debba ravvisarsi uno di quei casi in cui la legge “dispone diversamente”, ai sensi dell’articolo 1423 c.c.. Secondo la tesi che reputa la forma scritta prevista ad substantiam anche quanto alla sottoscrizione del funzionario bancario, infatti, dovrebbe vagliarsi la possibilita’ giuridica se, cosi’ come l’investitore puo’ opporsi alla declaratoria di nullita’ (come ribadito dalle citate Cass., sez. un., n. 26242 e n. 26243), specularmente egli possa gia’ provvedere, consapevole di quella nullita’, a convalidare il contratto mediante i comportamenti concretamente tenuti.
13. – In conclusione, il Collegio reputa opportuno rimettere la causa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, ai sensi dell’articolo 374 c.p.c., comma 3, costituendo questione di massima di particolare importanza se, a norma del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23 il requisito della forma scritta del contratto di investimento esiga, accanto a quella dell’investitore, anche la sottoscrizione ad substantiam dell’intermediario.
P.Q.M.
La Corte rimette la causa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, in ordine alla questione or ora precisata in motivazione.