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la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 51 c.p.c., n. 4 e L. Fall., articolo 18, nella parte in cui non escludono il giudice delegato dalla composizione del tribunale nel giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa del fallimento dopo che lo stesso giudice delegato abbia reso manifesta, attraverso l’autorizzazione data al curatore per resistere nel giudizio, la sua opinione contraria alle ragioni dell’opposizione stessa, e’ irrilevante, nel giudizio di impugnazione della sentenza emessa in sede di opposizione, quando la pretesa violazione dell’obbligo di astensione non sia stata fatta valere attraverso una tempestiva e rituale istanza di ricusazione, atteso che la mancata proposizione di tale istanza preclude la possibilita’ di far valere quel vizio quale motivo di nullita’ derivante dalla costituzione del giudice, ai sensi dell’articolo 158 c.p.c., della sentenza impugnata, onde l’eventuale declaratoria di illegittimita’ costituzionale non potrebbe comunque comportare la nullita’ della sentenza stessa
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23496-2014 proposto da
(OMISSIS), (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dagli avv.ti (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio degli avv.ti (OMISSIS);
– ricorrente –
e da:
(OMISSIS), (C.F. (OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. (OMISSIS) in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DI (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)) della SOCIETA’ DI FATTO TRA (OMISSIS), (OMISSIS) E (OMISSIS), nonche’ dei soci (OMISSIS) E (OMISSIS), (C.F. (OMISSIS)), in persona del curatore pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI REGGIO CALABRIA, in persona del procuratore generale pro tempore.
(OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)).
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria, depositata il giorno 27 marzo 2014, nel giudizio iscritto al n.r.g. 374/2012;
Sentita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 14 settembre 2016 dal Consigliere relatore dott. Antonio Didone;
udito l’avv. (OMISSIS) per il ricorrente, l’avv. (OMISSIS) per la controricorrente (OMISSIS) e l’avv. (OMISSIS) per il fallimento controricorrente;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi principali l’accoglimento del primo e del secondo motivo del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 5.1.2006, (OMISSIS) ha proposto opposizione ai sensi della L. Fall., articolo 18 avverso la sentenza emessa il 19.12.2005 con la quale il Tribunale di Reggio Calabria, accertata la sussistenza dei presupposti di legge, aveva dichiarato il fallimento di ” (OMISSIS)”, gia’ titolare dell’omonima impresa individuale operante in (OMISSIS), con l’insegna “(OMISSIS)”.
Nell’ambito della procedura fallimentare, il curatore e la Procura della Repubblica, con distinte istanze, hanno chiesto l’estensione del fallimento alla societa’ di fatto ” (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS)”, nonche’ personalmente ai soci (OMISSIS) e (OMISSIS). Disposta la comparizione delle parti e depositate memorie difensive, il Tribunale, con decreto del 27.05.2006, ha rigettato la domanda di estensione.
Il curatore e l’Ufficio della Procura della Repubblica, hanno proposto reclamo innanzi la Corte d’Appello che, con provvedimento n. 123/06 del 14.12.2006, ha accolto il gravame proposto dal curatore dichiarando improponibile l’impugnazione del P.M. – e ha rimesso gli atti al Tribunale per la dichiarazione di fallimento della societa’ di fatto e dei soci sopraindicati.
Il Tribunale, con sentenza del 21.12.2006 ha dichiarato il fallimento in estensione della Societa’ di fatto ” (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS)”, nonche’ dei soci personalmente (OMISSIS) e (OMISSIS) quali hanno proposto opposizione con distinti atti. I tre procedimenti sono stati successivamente riuniti e definiti con sentenza di rigetto del tribunale, confermata dalla Corte di appello con sentenza impugnata dal (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) con distinti ricorsi successivamente riuniti.
Ha resistito con controricorsi il curatore del fallimento il quale ha altresi’ proposto ricorso incidentale affidato a tre motivi.
Nel termine di cui all’articolo 378 c.p.c le difese di (OMISSIS) e del fallimento hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- L’eccezione di tardivita’ del ricorso e’ infondata perche’ il termine lungo di sei mesi in luogo di un anno e’ applicabile solo ai giudizi iniziati dopo il 2009.
2.- Ricorso (OMISSIS).
2.1.- Con il primo motivo denuncia nullita’ della sentenza per omesso esame del motivo di appello con il quale era stato dedotto che il giudice delegato pur avendo autorizzato il curatore a presentare l’istanza di estensione del fallimento ai soci occulti aveva preso parte alla decisione, componendo il collegio del tribunale.
Si tratta di vizio inesistente, peraltro trattandosi di dichiarazione di fallimento regolata dalla disciplina previgente ed essendo applicabile il principio per il quale la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 51 c.p.c., n. 4 e L. Fall., articolo 18, nella parte in cui non escludono il giudice delegato dalla composizione del tribunale nel giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa del fallimento dopo che lo stesso giudice delegato abbia reso manifesta, attraverso l’autorizzazione data al curatore per resistere nel giudizio, la sua opinione contraria alle ragioni dell’opposizione stessa, e’ irrilevante, nel giudizio di impugnazione della sentenza emessa in sede di opposizione, quando la pretesa violazione dell’obbligo di astensione non sia stata fatta valere attraverso una tempestiva e rituale istanza di ricusazione, atteso che la mancata proposizione di tale istanza preclude la possibilita’ di far valere quel vizio quale motivo di nullita’ derivante dalla costituzione del giudice, ai sensi dell’articolo 158 c.p.c., della sentenza impugnata, onde l’eventuale declaratoria di illegittimita’ costituzionale non potrebbe comunque comportare la nullita’ della sentenza stessa (Cass. 1 luglio 2004, n. 12029).
Peraltro, dalla sentenza impugnata non risulta proposto il corrispondente motivo di appello e la ricorrente non trascrive – in parte qua – l’atto di appello.
Si’ che il motivo e’ inammissibile.
3.- Con il secondo motivo denuncia nullita’ della sentenza di estensione del fallimento per omessa convocazione dei soci occulti dopo il decreto della Corte di appello di accoglimento del reclamo contro il rigetto dell’istanza di estensione.
Il motivo e’ manifestamente infondato perche’ la Corte di appello ha correttamente applicato il principio per il quale nel procedimento camerale e sommario che precede la dichiarazione di fallimento, il principio del contraddittorio ed il diritto di difesa del debitore restano assicurati quando questi sia informato dell’iniziativa in corso e dei fatti rilevanti per la configurazione dei requisiti oggettivi e soggettivi di detta declaratoria; in particolare il diritto di difesa del debitore e’ garantito allorche’ il medesimo lo abbia esercitato dinanzi alla Corte di Appello in sede di reclamo L. Fall., ex articolo 22, senza necessita’ di ulteriore convocazione da parte del Tribunale, cui gli atti siano stati rimessi per la dichiarazione di fallimento. (Cass. 1 aprile 1993, n. 3912; Cass. 7 aprile 1978, n. 1600).
4.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. Fall., articolo 10, lamentando che sia stato respinto il motivo di appello con il quale deduceva che il fallimento non poteva essere dichiarato essendo trascorso un anno dall’acquisto della farmacia da parte della ricorrente con l’acquisizione delle quote del (OMISSIS) per il tramite della s.r.l. (OMISSIS).
Il motivo e’ infondato perche’ la Corte di merito ha correttamente applicato il principio per il quale la L. Fall., articolo 10, comma 1, il quale – a seguito delle modifiche apportate con le riforme del 2006 e del 2007 – prevede che gli imprenditori individuali e collettivi possano essere dichiarati falliti entro il termine di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, cosi’ realizzando un bilanciamento di valori tra il principio dell’affidamento dei terzi tutelato dalle iscrizioni nel registro dell’imprese e quelli della certezza delle situazioni giuridiche e della tutela dell’imprenditore, non e’ applicabile al socio occulto, che, per sua scelta, non e’ iscritto nel registro delle imprese e che conseguentemente non puo’ pretendere l’osservanza del limite annuale per la sua dichiarazione di fallimento (Cass. 20 giugno 2013, n. 15488).
5.- Il quarto motivo, rubricato come “illegittimita’ della sentenza impugnata per omessa pronuncia sulla esistenza della s.r.l. (OMISSIS) associazione in compartecipazione che dal 17.09.2001 gestiva la farmacia in questione in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4”, veicola, sostanzialmente, la denuncia di un vizio di motivazione avverso la ricostruzione in fatto operata dalla Corte di appello (il relativo motivo di appello risulta esaminato e disatteso a pag. 10 e s. della sentenza impugnata). Talche’ la censura, cosi’ come le rimanenti (quinto e sesto motivo) inammissibile.
Invero, in relazione ai denunciati vizi motivazionali va rilevato che i motivi veicolano inammissibili censure in fatto. E’ qui applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 la cui riformulazione, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053).
Nella vicenda all’esame, come detto, la corte d’appello ha motivato in ordine a tutti i singoli fatti storici dedotti dalle parti ai fini dell’accertamento dell’esistenza di una societa’ di fatto per la gestione di una farmacia, cui comunque rimasta estranea la (OMISSIS) s.r.l., dovendosi escludere in radice l’ammissibilita’ del denunciato vizio di omessa motivazione.
6.- Ricorso (OMISSIS).
6.1.- Il primo motivo di ricorso ricalca quello gia’ esaminato in relazione all’altra ricorrente ed e’ infondato per le stesse ragioni (la partecipazione del giudice delegato alla decisione non e’ stata neppure dedotta in appello).
7.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione della L. Fall., articolo 22, nonche’ omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 lamentando che la Corte di merito abbia dichiarato inammissibile il motivo di appello rubricato come “rilevanza esclusiva dei fatti esistenti al momento della dichiarazione di fallimento” senza rilevare che nel caso di specie il tribunale non aveva tenuto conto che al momento di decidere il fallimento dell’imprenditore individuale era stato chiuso.
Osserva la Corte che – oltre ad essere inammissibile nella parte in cui denuncia vizio di motivazione per le ragioni gia’ esposte sopra (v. § 2.4) – la censura e’ inammissibile (come eccepito dal curatore) per la novita’ della questione dedotta, non risultando formulata in quei termini dalla sentenza impugnata senza che il ricorrente abbia trascritto in quale modo abbia invece dedotto dinanzi alla Corte di appello la questione di diritto medesima.
8.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione della L. Fall., articoli 10 e 147 lamentando che il fallimento in estensione sia stato dichiarato oltre l’anno dallo scioglimento del rapporto sociale.
Il motivo e’ manifestamente infondato alla luce del principio enunciato da Cass. n. 15488/2013, gia’ richiamato a proposito del ricorso (OMISSIS) (v. § 2.3).
9.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 2549 c.c. lamentando che la Corte di merito non abbia valorizzato il contratto di associazione in partecipazione erroneamente attribuendogli la veste di socio occulto.
La censura e’ inammissibile perche’, in sintesi, si limita a negare che le condotte individuate nella sentenza impugnata siano idonee a configurare un’attivita’ riconducibile ad un socio di fatto e non ad un associato in partecipazione. Il motivo, dunque, veicola una inammissibile censura motivazionale (per le ragioni esposte sub § 2).
Nessuna falsa applicazione di norma di diritto e’ imputabile alla Corte di merito, la quale ha evidenziato che l’istruttoria svolta in sede pre-fallimentare aveva consentito di accertare che il ricorrente aveva operato in proprio (e non quale rappresentante della s.r.l. (OMISSIS)) e in tale qualita’ aveva conferito all’azienda ingenti capitali al momento dell’acquisto della farmacia, aveva prestato una garanzia personale sui conti correnti intestati alla farmacia e contratto una fideiussione al momento della erogazione di un finanziamento di due miliardi di Lire da parte della (OMISSIS), aveva operato con delega su tutti i conti della farmacia, aveva pattuito condizioni di fido ed apertura dei conti, aveva effettuato pagamenti anche di debiti personali con assegni tratti sui conti della farmacia, ammettendo di avere instaurato delle trattative con le banche creditrici ed i fornitori e concluso transazioni per la definizione dei rapporti pendenti riferibili alla gestione del precedente proprietario, pagando i debiti della farmacia attraverso i propri conti personali.
Entrambi i ricorsi principali, dunque, devono essere rigettati.
10.- Il ricorso incidentale del curatore concerne la liquidazione delle spese (primi due motivi) e l’omessa pronuncia sulla richiesta di cancellazione di frasi ritenute offensive con condanna ai danni (terzo motivo).
10.1.- Il primo motivo e’ manifestamente fondato, in quanto la corte d’appello dopo avere accolto l’appello incidentale proposto dal curatore, concernente la liquidazione delle spese nel giudizio di primo grado, ha errato nella quantificazione degli importi dovuti per diritti ed onorari di avvocato secondo la tariffa prevista dal Decreto Ministeriale 8 aprile 2004, n. 127, applicabile per il detto giudizio, considerato che in ordine a talune voci del tariffario (la partecipazione alle udienze, l’esame dei provvedimenti resi dal giudice, la collazione degli atti, etc.) il compenso spetta per ciascuna delle singole prestazioni rese.
10.2. – Anche il secondo motivo e’ sia pure solo parzialmente fondato; invero, nella liquidazione dei compensi spettanti per il giudizio di secondo grado, la corte d’appello ha ingiustificatamente omesso di considerare le spese vive per contributo unificato e notifica degli atti pure documentate dal fallimento, trattandosi di parte appellante incidentale.
Non merita accoglimento, invece, il motivo in esame nella parte in cui censura la violazione del Decreto Ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, articolo 4, comma 4, – applicabile ratione temporis per la liquidazione del giudizio di appello -, nella parte in cui prevede, qualora l’avvocato difenda una parte contro piu’ parti, che “il compenso unico puo’ essere aumentato fino al doppio”, dovendosi dare continuita’ all’orientamento di questa Corte, gia’ applicato nella vigenza dell’abrogato comma 4 del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 5 a tenore del quale con riguardo alla liquidazione degli onorari a carico della parte soccombente, il riconoscimento della maggiorazione del venti per cento della parcella unica nel caso di assistenza e difesa di piu’ parti aventi la stessa posizione processuale non comporta l’introduzione di un minimo inderogabile della tariffa, bensi’ importa l’esercizio di un potere discrezionale del giudice, non sindacabile in sede di legittimita’ (Cass. 21 luglio 2011, n. 16040; Cass. 2 febbraio 2007, n. 2254).
10.3. – Il terzo motivo e’ inammissibile alla luce del principio per il quale poiche’ la cancellazione di frasi o parole ingiuriose contenute negli scritti difensivi e’ rimessa al potere discrezionale del giudice di merito, che puo’ disporla anche d’ufficio a norma dell’articolo 89 c.p.c., l’istanza di cancellazione costituisce una mera sollecitazione per l’esercizio dell’anzidetto potere discrezionale, di guisa che non puo’ formare oggetto di impugnazione l’omesso esame di essa ne’ l’omesso esercizio del suddetto potere (Cass. 20 ottobre 2009, n. 22186).
11. – In definitiva, respinti i due ricorsi principali riuniti e dichiarato inammissibile il terzo motivo del ricorso incidentale, vanno accolti il primo e, per quanto di ragione, il secondo motivo del detto ricorso riferiti, rispettivamente, alla liquidazione delle spese del giudizio di primo e di secondo grado.
Non essendo poi necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 2, decidendo nel merito si liquidano in favore del fallimento, per il giudizio innanzi al Tribunale di Reggio Calabria, nella fase successiva alla riunione dei ricorsi, Euro 9.897,00 per diritti ed Euro 13.741,00 per onorari di avvocati, comprensivi della maggiorazione prevista dal Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 5 avuto riguardo alla sicura circostanza che per la voce “redazione di comparsa conclusionale e memoria di replica”, compete al difensore un’unica voce della detta tariffa; per il giudizio innanzi alla Corte d’appello di Reggio Calabria, ai sensi del Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, si liquidano 3.960,00 per compensi ed 1.036,56 per spese vive.
6. – Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza, liquidate in osservanza del vigente Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55. Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 -Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, che ha aggiunto il comma 1-quater al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta i ricorsi principali e dichiara inammissibile il terzo motivo del ricorso incidentale. Accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale e decidendo nel merito liquida in favore del fallimento controricorrente per il giudizio innanzi al Tribunale di Reggio Calabria, nella fase successiva alla riunione dei ricorsi, Euro 9.897,00 per diritti ed 13.741,00 per onorari di avvocato, oltre spese generali nella misura del 12,50% ed accessori di legge e, per il giudizio innanzi alla Corte d’appello di Reggio Calabria, Euro 3.960,00 per compensi ed Euro 1.036,56 per spese vive, oltre accessori di legge.
Condanna le parti ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali in favore del fallimento controricorrente, liquidate in complessivi in Euro 7.474,00, in essi compresi Euro 747,00 per spese vive, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.