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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 7 marzo 2017, n. 5603

In ogni caso, mette conto di rilevare che il conduttore puo’ agire per la determinazione dell’indennita’ e la condanna al suo pagamento, ancorche’ non abbia rilasciato l’immobile perche’ essa non gli sia stata corrisposta. In tal caso, ove al momento della decisione il rilascio non sia avvenuto, il giudice di merito puo’ e deve accogliere la richiesta di condanna al pagamento della somma determinata come dovuta, condizionando tale condanna al verificarsi del rilascio (e comunque alla liberazione con la tecnica della mora credendi dalla relativa obbligazione), atteso che la stessa previsione del comma 3 dell’articolo 34, la’ dove subordina l’esecuzione del rilascio alla corresponsione dell’indennita’, implicando che il concreto adempimento delle due obbligazioni (salvo che il conduttore non si voglia avvalere della previsione e rilasci in corso di giudizio) debba essere contemporaneo, giustifica la condanna al pagamento come condizionata al rilascio, cosi’ ammettendo implicitamente la condanna condizionale.

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 7 marzo 2017, n. 5603

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4049-2015 proposto da:

(OMISSIS), considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 2520/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 04/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/10/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto.

FATTI DELLA CAUSA

1. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, contro (OMISSIS) e nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), avverso la sentenza del 4 giugno 2014, corretta con ordinanza del 14 ottobre successivo, con la quale la Corte d’Appello di Napoli ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata dell’aprile del 2013.

2. Con tale sentenza quel tribunale provvedeva sulla domanda del (OMISSIS), intesa ad ottenere dai (OMISSIS) la corresponsione dell’indennita’ per la perdita dell’avviamento commerciale riguardo alla locazione di un immobile ad uso diverso da quello abitativo, nonche’ sulla domanda riconvenzionale dei locatori, i quali, assumevano che essa fosse dovuta in minor misura rispetto a quella richiesta dal locatore e, deducendo di avere offerto inutilmente l’indennita’ in tale minor misura, chiedevano che, ai sensi della clausola contrattuale di cui articolo 14 il medesimo fosse condannato alla penale da essa prevista per il ritardo nella consegna dell’immobile.

Il tribunale partenopeo accoglieva parzialmente la domanda principale, sebbene in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal (OMISSIS), accoglieva anche la domanda riconvenzionale fondata sulla clausola contrattuale, rilevando che il conduttore non risultava averne eccepito la nullita’ in modo rituale, e condannava il conduttore al pagamento della differenza fra i due importi rispettivamente dovuti.

3. La Corte napoletana, invece, ha accolto l’appello del (OMISSIS) ed ha rigettato la domanda riconvenzionale dei locatori.

4. Al ricorso della (OMISSIS), che prospetta cinque motivi, ha resistito con controricorso il (OMISSIS).

5. La ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce “nullita’ della sentenza e del procedimento per violazione dell’articolo 112 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4”.

Vi si lamenta che, in violazione dell’articolo 112 c.p.c., la corte territoriale avrebbe omesso di pronunciare sulla controeccezione, che le parti locatrici avevano proposto, riguardo alla irritualita’ della proposizione da parte del (OMISSIS) dell’eccezione di nullita’ della clausola, di cui all’articolo 14 del contratto di locazione, che dette parti avevano invocato a fondamento della loro riconvenzionale. Irritualita’ che era stata ritenuta dal primo giudice, in quanto la “comparsa di replica”, nella quale (come si legge, a riscontro della deduzione del motivo, nella riproduzione della sentenza di primo grado, presente nell’esposizione del fatto) detta eccezione era stata prospettata, “pur risultando dal foliario” del (OMISSIS) “non reca(va) alcun timbro depositato (ed analogamente, le copie per l’Ufficio e per la controparte)”.

1.1. Il motivo e’ manifestamente inammissibile, in quanto ignora che la Corte d’Appello non ha omesso, nel suo decisum, di decidere sulla controeccezione, ma l’ha ritenuta assorbita, poiche’ ha ritenuto assorbita la questione della validita’ della clausola, in quanto ha reputato fondato il primo motivo di appello del conduttore, con cui egli aveva rivendicato di avere legittimamente rifiutato la restituzione dell’immobile, restando obbligato al solo pagamento della somma corrispondente al canone, cosi’ rilevando per questa ragione l’infondatezza della riconvenzionale delle parti locatrici di risarcimento del maggior danno e di corresponsione delle somme dovute in forza della clausola penale.

L’assorbimento della questione relativa alla validita’ della clausola e, dunque, anche della relativa controeccezione, e’ enunciato expressis verbis a pagina 12 dalla sentenza impugnata, dopo che a pagina 11 essa, con la seconda proposizione, ha enunciato l’infondatezza della riconvenzionale a conclusione di un iter motivazionale iniziato a pagina 6.

A pagina 12 e’ detto, infatti, che “l’accoglimento del motivo di appello fondato sull’impossibilita’ di invocare l’articolo 1591 c.c., nell’ipotesi in cui il conduttore rifiuti legittimamente la restituzione del bene per il mancato pagamento dell’indennita’ di avviamento, determina l’assorbimento dei motivi di gravame volti a contestare la legittimita’ della clausola penale nonche’ a chiederne la riduzione in quanto manifesta mente eccessiva”.

Ne discende appunto che, avendo la corte partenopea ritenuto assorbito il gravame del conduttore sulla nullita’ della clausola penale, assorbita e’ rimasta anche la controeccezione di irrituale deduzione di detta nullita’, di modo che nessuna omissione di pronuncia vi e’ stata.

Il motivo e’ allora inammissibile perche’ non si correla alla motivazione della sentenza impugnata (Cass. n. 359 del 2005, seguita da numerose conformi).

2. Con il secondo motivo si denuncia “violazione della L. n. 392 del 1978, con particolare riferimento agli articoli 27 e 34, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.

Il motivo, come emerge dalla parte finale della sua illustrazione, che sola consente di evidenziarne il senso, prospetta – evocando Cass. n. 4443 del 2014 e n. 3448 del 2014 – che “non emergendo dagli atti che l’appellante mise a disposizione dei locatori – una volta scaduto, il 1 agosto 2008, il contratto – l’immobile de quo, ne’ che cio’ fece al 30/10/2009, data fissata per l’esecuzione dello sfratto, non poteva agire (con ricorso del 20/01/2011) per ottenere il pagamento dell’indennita’ suddetta (….), ponendosi il rilascio, sul piano processuale, come un prius dell’azione promossa dal conduttore (essa) percio’, andava dichiarata inammissibile per mancanza della condizione della sua proponibilita’.”. Mancanza, che, “trattandosi di questione attinente la procedura”, sarebbe stata rilevabile anche d’ufficio e, quindi, anche in secondo grado.

2.1. L’assunto e’ palesemente privo di fondamento, la’ dove lo si dovesse intendere, come parrebbe dalle espressioni usate, quando si allude al “prius”, nel senso che il conduttore non potrebbe proporre la domanda di determinazione dell’indennita’ per la perdita di avviamento commerciale se non dopo avere rilasciato: e’ sufficiente osservare che cio’ contraddice la L. n. 392 del 1978, articolo 34, comma 3.

2.2. Se, invece, l’assunto si dovesse intendere (valorizzando l’espressione “mise a disposizione”), come volto a prospettare che il conduttore non potesse agire non tanto per la determinazione dell’indennita’, bensi’ per la condanna alla sua corresponsione, perche’ non aveva offerto il rilascio, sebbene subordinatamente alla corresponsione dell’indennita’, si dovrebbe rilevare che la sentenza, una volta determinata la misura dell’indennita’, ha condannato al suo pagamento i locatori quando il rilascio dell’immobile era avvenuto e con gli interessi dalla data di esso. Data che risulta essere il (OMISSIS), come emerge dalla sentenza di primo grado, riprodotta nell’esposizione del fatto.

Sicche’, la pretesa condizione di proponibilita’, riferita alla condanna, carente al momento dell’introduzione del giudizio di primo grado, sarebbe comunque sopravvenuta nel corso del giudizio di primo grado, di modo che gia’ il primo giudice ed a maggior ragione il secondo, in riforma del decisum di primo grado, avrebbe dovuto e potuto prenderne atto.

E cio’, giusta il principio, secondo cui le condizioni di fondatezza della domanda nel merito possono verificarsi anche nel corso del giudizio e non debbono necessariamente sussistere al momento dell’insorgenza della lite.

In ogni caso, mette conto di rilevare che il conduttore puo’ agire per la determinazione dell’indennita’ e la condanna al suo pagamento, ancorche’ non abbia rilasciato l’immobile perche’ essa non gli sia stata corrisposta. In tal caso, ove al momento della decisione il rilascio non sia avvenuto, il giudice di merito puo’ e deve accogliere la richiesta di condanna al pagamento della somma determinata come dovuta, condizionando tale condanna al verificarsi del rilascio (e comunque alla liberazione con la tecnica della mora credendi dalla relativa obbligazione), atteso che la stessa previsione del comma 3 dell’articolo 34, la’ dove subordina l’esecuzione del rilascio alla corresponsione dell’indennita’, implicando che il concreto adempimento delle due obbligazioni (salvo che il conduttore non si voglia avvalere della previsione e rilasci in corso di giudizio) debba essere contemporaneo, giustifica la condanna al pagamento come condizionata al rilascio, cosi’ ammettendo implicitamente la condanna condizionale.

Il motivo e’ dunque rigettato.

3. Il terzo motivo deduce “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5”.

Tale fatto sarebbe rappresentato dall’avere il conduttore chiesto la determinazione ad opera del giudice dell’indennita’ il che equivaleva a subordinare il rilascio al calcolo della stessa.

3.1. Il motivo non denuncia l’omesso esame di un fatto storico e, dunque, non ha, nemmeno in thesi, la struttura del motivo ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.

Pone una quaestio iuris, ma essa risulta manifestamente priva di fondamento per la semplice, se non semplicistica, ragione, che il creditore di una somma di danaro, sebbene siano indicate dalla legge (come nel caso d specie) o da altra fonte le modalita’ di determinazione, puo’ sempre agire in accertamento per ottenere la concreta determinazione della somma dovuta, se ne abbia l’interesse.

Il motivo tace sul perche’ tale interesse difettasse in capo al conduttore.

4. Il quarto motivo fa valere “violazione degli articoli 1587 e 1581 cod. civ., i relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.

L’illustrazione esordisce dicendo che “secondo la Corte d’Appello, non essendo intervenuta una seria offerta di versamento del’indennita’ di avviamento, il conduttore ha legittimamente rifiutato la restituzione del bene, che, invero, ha continuato ad utilizzare secondo la sua destinazione commerciale, rimanendo unicamente obbligato al pagamento della somma corrispondente a canone mensile, senza che la parte locatrice potesse pretendere il diritto al risarcimento del danno, ovvero alla corresponsione delle somme dovute a titolo di penale”.

La motivazione che si intende criticare viene, dunque, cosi’ riassunta e, di seguito, la si dice illegittima adducendo che l’offerta dell’indennita’ era documentata “in almeno due atti depositati nel fascicolo dell’odierna ricorrente, relativo ai precedenti gradi di giudizio” e rappresentati da due lettere raccomandate con a r., la prima del 3 febbraio 2007, con cui era stata data disdetta (e che si riproduce), la seconda del 20 marzo successivo (che non si riproduce e si dice dichiarativa della disponibilita’ a versare diciotto mensilita’ del canone).

Entrambi i documenti non vengono pero’ specificamente localizzati, siccome imponeva l’articolo 366 c.p.c., n. 6 (Cass. sez. un. nn. 28547 de 2008 e 7161 del 2010), ne’ quanto alla precisa sede e produzione nel giudizio di merito, ne’ quanto alla sede di produzione in questo giudizio di legittimita’, e cio’ nemmeno nell’esposizione del fatto, dove anzi si allude ad una lettera del 31 marzo 2007.

Tanto rende inammissibile il motivo.

4.1. In ogni caso, il motivo sarebbe inammissibile anche perche’ non si correla all’effettiva motivazione della sentenza impugnata e, dunque, non la critica efficacemente.

La sentenza, infatti, dopo che a pagina 10 ha fatto riferimento ad una lettera a data, fra l’altro, 29 marzo 2007, a pagina 11, dice che non risultava che la parte locatrice avesse fatto offerta formale dell’indennita’ e, quindi, soggiunge che “in ogni caso alla suddetta missiva non appare in ogni caso possibile attribuire il valore di un’offerta, ancorche’ informale, idonea a porre il conduttore in mora, trattandosi di una missiva inviata oltre un anno prima della scadenza contrattuale, priva della precisa indicazione della somma dovuta a tale titolo, ed alla quale, nemmeno nel corso del giudizio, ha fatto seguito una messa a disposizione di quanto dovuto al conduttore, con modalita’ tali da manifestare la seria e concreta intenzione del debitore di offrire quanto dovuto al fine di estinguere la propria obbligazione”.

Sulla base di tale motivazione, che e’ ben piu’ articolata di quanto indica il motivo nell’esordio della sua illustrazione, la corte napoletana ha ritenuto che il rifiuto di restituzione dell’immobile fosse giustificato.

I termini specifici di tale motivazione non risultano criticati.

5. Con il quinto motivo si deduce “violazione dell’articolo 1591 c.c. e articolo 1382 c.c., comma 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.

Il motivo e’ inammissibile, in quanto, la’ dove rivendica la piena operativita’ della clausola penale di cui all’articolo 14, pretende di discutere di una questione che, come s’e’ veduto, la sentenza impugnata ha ritenuto assorbita, dopo avere escluso che il conduttore avesse rifiutato illegittimamente di restituire l’immobile.

Non essendo stata decisa la questione della validita’ della clausola e’ palese che il motivo non si duole di una statuizione che la sentenza abbia reso su di essa.

Semmai, una ragione di impugnazione avrebbe potuto prospettarsi per la valutazione di assorbimento, ma non lo e’ stata e, d’altro canto, nemmeno avrebbe potuto esserlo, atteso che la detta valutazione fu pure corretta, supponendo l’operativita’ della clausola, ove valida, l’inadempienza del conduttore all’obbligazione di restituzione.

6. Il ricorso e’, conclusivamente, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza nei confronti del resistente e si liquidano ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014. Nulla nel rapporto fra le parti costituite e le intimate.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato articolo 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro quattromila, oltre duecento per esborsi ed oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato articolo 13.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.