Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 25 maggio 2017, n. 13152

riguardo all’azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, va tenuta ferma la distinzione tra il diritto di critica, con cui si manifesta la propria opinione, la quale non puo’ pertanto pretendersi assolutamente obiettiva (e puo’ essere esternata anche con l’uso di un linguaggio colorito e pungente), ed il diritto di cronaca, che e’ legittimamente esercitato purche’ sussista la continenza dei fatti narrati (intesa in senso sostanziale per cui i fatti debbono corrispondere alla verita’, sia pure non assoluta, ma soggettiva – e formale, con l’esposizione in modo misurato); con la conseguenza che i fatti ed i comportamenti cui la critica e’ riferita devono essere veri , ma solo nel senso che non debbono essere inventati od alterati nel loro nucleo essenziale o interpretati arbitrariamente; non e’ invece necessario che siano esposti con la completezza che si richiede quando si perseguono scopi informativi.

La pronuncia in oggetto affronta il tema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’onore e della reputazione, tema che può essere approfondito leggendo il seguente articolo: Diffamazione a mezzo stampa, profili risarcitori di natura civilistica.

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 25 maggio 2017, n. 13152

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13230/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) ARL, in persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante Dott. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SPA ( (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante Sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giuste procura in calce al controricorso;

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4056/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/03/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA.

RILEVATO IN FATTO

Che:

– con la sentenza qui impugnata, pubblicata il 17 novembre 2014, la Corte d’Appello di Milano ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Milano pubblicata il 4 febbraio 2014. Con questa era stata rigettata la domanda risarcitoria avanzata dagli attori, poi appellanti, nei confronti dei convenuti, poi appellati, di condanna, ognuno per il proprio titolo di responsabilita’, in quanto autori di affermazioni ritenute diffamatorie, ovvero editori delle testate giornalistiche che le avevano riportate;

– la Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo legittimamente esercitato dai convenuti il diritto di critica, in quanto le affermazioni contestate erano riferite a fatti oggettivamente veri, espresse con continenza formale e riguardanti una vicenda di pubblico interesse;

– rigettato il gravame, ha condannato gli appellanti alle spese del grado;

– il ricorso e’ proposto da (OMISSIS) con due motivi;

– il Gen. (OMISSIS), nonche’ congiuntamente la (OMISSIS) S.p.A., il Dott. (OMISSIS) e la (OMISSIS) a r.l. si difendono con distinti controricorsi;

– fissata la trattazione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi dall’articolo 375 c.p.c., comma 2, il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte; i controricorrenti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– va premesso che le dichiarazioni che il ricorrente, capitano dell’Esercito Italiano (OMISSIS), assume essere inveritiere, ingiuriose e diffamatorie nei confronti suoi, e dei marescialli (OMISSIS) e (OMISSIS) (non impugnanti la sentenza d’appello), oltre che di un quarto elicotterista (rimasto estraneo al giudizio), si riferiscono ad un episodio verificatosi tra la fine di novembre e l’inizio del dicembre 2003 in Iraq, presso la base operativa di (OMISSIS), quando i suddetti militari, impegnati nella missione “(OMISSIS)”, in qualita’ di piloti di elicotteri CH-47 dell’Esercito Italiano, avevano opposto un rifiuto ad operare (come affermavano, senza uno specifico addestramento e con velivoli non adeguatamente attrezzati a garantire l’efficienza dell’operazione e l’incolumita’ del personale trasportato); per tale presa di posizione, era stato disposto il loro anticipato rientro in Italia, l’irrogazione di sanzioni disciplinari ed il deferimento alla magistratura militare da parte del gen. (OMISSIS), comandante del Centro Aviazioni di (OMISSIS); sottoposti a procedimento penale per “violazione a causa di codardia dei doveri militari”, erano stati infine assolti, su conforme richiesta del P.M., perche’ il fatto non sussiste, con sentenza del 9 febbraio 2005, passata in giudicato;

– in riferimento a detta vicenda, gli episodi oggetto del presente giudizio sono i seguenti:

a) quanto al gen. (OMISSIS), avere rilasciato alla stampa affermazioni (riportate tutte in ricorso, oltre che in sentenza) riferite ai quattro piloti e riprese da varie testate giornalistiche nelle date del 6 e 8 marzo, aprile e maggio 2004 (“sono ottimi piloti, ma pessimi soldati”, “hanno avuto paura e si sono arrampicati sugli specchi, non avrebbero dovuto alzare il polverone”, “hanno avuto un atteggiamento di cortina fumogena, arrampicandosi sugli specchi”); quindi, nell’ottobre 2004, dopo la richiesta di archiviazione del P.M. del 30 settembre 2004, respinta dal g.i.p. (“le modifiche (agli elicotteri) sono state apportate, ma non era nulla di grave (…) carenze assolutamente secondarie”, “il mio giudizio non cambia, questo lo ribadisco, per me rimangono pessimi soldati”); infine, il giorno dopo la sentenza di proscioglimento, in data 10 febbraio 2005 (“sono ottimi piloti, ma pessimi soldati”, “rimango della mia opinione, sono ottimi piloti, ma pessimi soldati, anche se nel loro comportamento non sono stati riscontrati fatti di rilevanza penale”);

b) quanto al giornalista (OMISSIS) ed alle societa’ editoriali, avere il primo scritto e le seconde pubblicato l’editoriale “(OMISSIS)” sulla rivista (OMISSIS) dell'(OMISSIS) e l’articolo “(OMISSIS)” sul quotidiano “(OMISSIS)” del (OMISSIS), contenenti le affermazioni riportate in ricorso (cfr. pag. 3) oltre che in sentenza;

col primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 51 e 595 c.p., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, argomenta in merito alle tre condizioni per l’efficacia scriminante dell’esercizio dei diritti di cronaca e di critica (rispetto dei limiti della verita’, della pertinenza e della continenza), al fine di sostenere che, nel caso di specie, il fatto oggetto delle critiche del gen. (OMISSIS) e del giornalista (OMISSIS) non era vero (in quanto il giudice avrebbe errato nell’individuare questo fatto, riferendosi al “rifiuto di proseguire la missione”; secondo il ricorrente, i predetti si sarebbero riferiti invece al reato di codardia – per di piu’ travisando il fatto e tacendo altri fatti, tanto strettamente collegati al primo da mutarne il significato- privo del requisito della verita’, perche’ ritenuto insussistente dal giudice penale);

– col secondo motivo, deducendo insufficiente motivazione circa un fatto controverso nel giudizio, in relazione all’articolo 51 c.p. e articolo 360 c.p.c., n. 5, formula la censura di cui sopra sotto il profilo del vizio di insufficiente motivazione; riferisce, inoltre, quest’ultima al requisito della continenza formale;

– il primo motivo e’ in parte infondato, in parte inammissibile; il secondo e’ inammissibile;

– i motivi sono inammissibili per la parte in cui addebitano al giudice la non corretta individuazione del “fatto” oggetto di critica. La Corte d’appello ha escluso che questo consistesse nel procedimento disciplinare, e men che meno nel procedimento penale e nella relativa imputazione (come sembra sostenere il ricorrente); piuttosto, il giudice ha ritenuto che sottostante alle critiche -espresse sia dal gen. (OMISSIS) che dal giornalista (OMISSIS) – fosse la vicenda oggettivamente ricostruita (“rifiuto da parte dei tre militari a proseguire nella missione in territorio iracheno, come motivato e condizionato dall’inadeguatezza dei sistemi di autodifesa degli elicotteri e dall’insufficiente addestramento dei piloti” pag. 13 della sentenza);

– rispetto a questa ricostruzione della portata delle dichiarazioni critiche (con la quale si e’ escluso che i giudizi presupponessero l’attribuzione ai militari, direttamente da parte dei dichiaranti, del reato militare di codardia, ma piuttosto tendessero a criticarne la condotta, in se’ considerata, documentata come da fonti citate in sentenza, e fedelmente riferita), le censure del ricorrente sono inammissibili perche’ attinenti appunto all’individuazione del significato delle dichiarazioni asseritamente diffamatorie, che e’ questione di merito (cfr., tra le tante, nel senso dell’insindacabilita’, in cassazione, della valutazione del contenuto degli scritti e dell’accertamento in concreto dell’attitudine offensiva delle espressioni adoperate, Cass. 18 ottobre 2005, n. 20140);

– il primo motivo e’, peraltro, infondato, nella parte in cui si sostiene che il diritto di critica non sarebbe stato legittimamente esercitato perche’ i dichiaranti avrebbero taciuto fatti rilevanti e comunque perche’ i giudizi critici sarebbero stati espressi nel presupposto dell’esistenza del reato di codardia, non corrispondente a verita’, come dimostrato dall’assoluzione in sede penale;

– ed invero, riguardo all’azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, va tenuta ferma la distinzione tra il diritto di critica, con cui si manifesta la propria opinione, la quale non puo’ pertanto pretendersi assolutamente obiettiva (e puo’ essere esternata anche con l’uso di un linguaggio colorito e pungente), ed il diritto di cronaca, che e’ legittimamente esercitato purche’ sussista la continenza dei fatti narrati (intesa in senso sostanziale per cui i fatti debbono corrispondere alla verita’, sia pure non assoluta, ma soggettiva – e formale, con l’esposizione in modo misurato); con la conseguenza che i fatti ed i comportamenti cui la critica e’ riferita devono essere veri (cfr. Cass. n. 17172/07 e Cass. n. 7847/11, tra le altre), ma solo nel senso che non debbono essere inventati od alterati nel loro nucleo essenziale o interpretati arbitrariamente (in modo che l’opinione finisca per essere del tutto sganciata da quei fatti e comportamenti, cosi’ esorbitando da una critica legittima: cfr. Cass. n. 12420/08, n. 7274/13, n. 15112/13, n. 839/15); non e’ invece necessario che siano esposti con la completezza che si richiede quando si perseguono scopi informativi;

– la distinzione di cui sopra e’ stata fatta propria dalla Corte milanese, quando ha ritenuto legittimo l’esercizio del diritto di critica, riscontrando:

– per il generale (OMISSIS) – il quale rese le dichiarazioni contestate in conferenze stampa, nell’esercizio delle sue funzioni e come superiore gerarchico (comandante dell’Aviazione dell’Esercito – (OMISSIS))-, che si tratto’ di giudizi critici sull’operato dei militari, strettamente connessi alla loro condizione di soldati, per nulla sganciati dai comportamenti denunciati;

– per il giornalista (OMISSIS) – il quale firmo’ l’articolo su “(OMISSIS)”, in cui si riportavano i giudizi degli ambienti militari, accompagnati dal commento critico dell’autore, e firmo’ l’editoriale sulla rivista (OMISSIS), riferito sempre alla conferenza stampa del generale (OMISSIS), che vennero pubblicati, non solo il “nucleo” dei fatti ascritti ai militari, ma i fatti stessi “esattamente riportati nelle pubblicazioni censurate” (cfr. pag. 13 della sentenza);

parimenti corretta in diritto e’ l’ulteriore affermazione del giudice secondo cui comunque questi fatti “ben potevano costituire premessa implicita delle critiche” in quanto gia’ noti alla pubblica opinione (cfr., in tema di diritto di critica su fatti di cronaca, da ultimo, Cass. n. 5005/17);

– quanto agli argomenti difensivi del ricorrente, e’ sufficiente osservare che i fatti indicati in ricorso come colpevolmente taciuti dai dichiaranti (attinenti alle carenze tecniche dei velivoli ed alle modifiche apportate dopo la denuncia dei piloti: cfr. pag. 8 del ricorso) non attengono affatto al nucleo essenziale delle condotte criticate ne’, se riferiti, ne avrebbero cambiato la portata;

– il post factum dell’assoluzione in sede penale, infine, e’ stato espressamente esaminato dal giudice (sicche’, rispetto a questo fatto, nemmeno astrattamente e’ configurabile la censura del n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., di cui al secondo profilo, sui infra);

– ne e’ stata quindi esclusa la rilevanza, avendo il giudice accertato che, anzi, una volta sopravvenuta l’assoluzione, il generale (OMISSIS), nelle dichiarazioni rese in una conferenza stampa successiva, non solo non l’aveva taciuta ma da essa si era legittimamente “discostato” (cfr. pagg. 13-14);

– questa conclusione e’ corretta in diritto, ben potendo la critica essere legittimamente esercitata anche in presenza di (o rispetto a) provvedimenti giurisdizionali definitivi, purche’ del loro contenuto e della loro definitivita’ si dia conto e siano rispettati i limiti della continenza, come il giudice ha accertato essere accaduto nella specie;

– infine, e’ inammissibile il secondo motivo quanto al dedotto vizio di insufficienza della motivazione (oltre che sui fatti di cui sopra, anche sulla continenza formale), perche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, e’ denunciabile in cassazione soltanto l’anomalia motivazionale che si esaurisca nella mancanza assoluta della motivazione, nella motivazione perplessa od apparente o contenente affermazioni irriducibilmente contrastanti (cfr. Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053);

il ricorso va percio’ rigettato, con le statuizioni consequenziali di cui al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida, in Euro 3.300,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge in favore del controricorrente (OMISSIS), nonche’ in Euro 3.300,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, in favore degli altri controricorrenti, in solido tra loro.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.