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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 30 agosto 2017, n. 20528
l’azione di arricchimento non possa essere esercitata in presenza del divieto posto dalla legge di esercizio di azioni tipiche in assenza di determinati presupposti; e tale divieto e’ da ravvisarsi nella subordinazione al requisito dell’urgenza di cui all’articolo 1134 c.c., per cui se la spesa non e’ urgente nessuna azione spetta, neanche quella di arricchimento, in quanto ammettere l’azione di arricchimento nel caso di spesa non urgente significherebbe contravvenire al divieto di rimborso stabilito dal legislatore. Cio’ a tacere ogni altra considerazione sia circa la ratio cui e’ ispirato l’articolo 1134 c.c. (norma significativamente estesa nello spettro applicativo dalla riforma di cui alla L. n. 220 del 2012, ora riferito alla “gestione di parti comuni”), volta ad evitare, come si esprime la relazione ministeriale, “dannose interferenze nell’amministrazione del condomino”, riservata all’amministratore e all’assemblea secondo le rispettive competenze, tenuto conto che se la spesa non e’ urgente ma e’ necessaria, il condomino interessato puo’ agire perche’ sia fatta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1133 (ricorso all’assemblea) e 1137 e 1105 c.c. (ricorso al giudice), dato questo idoneo, per altro verso e secondo alcune tesi che qui non mette conto esaminare, a escludere anche la stessa affermazione dell’indisponibilita’ di altre azioni.
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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 30 agosto 2017, n. 20528
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4516-2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1460/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 25/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/03/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;
udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega depositata in udienza dell’Avvocato (OMISSIS), difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore della resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno convenuto (OMISSIS) innanzi al tribunale di Vicenza con atto notificato il 20.6.2000 chiedendone la condanna – ai sensi dell’articolo 1110 c.c. o dell’articolo 1134 c.c. o in via subordinata dell’articolo 2041 c.c. – al pagamento della quota millesimale, pari a lire 66.393.321, del costo dell’intervento indifferibile e urgente da essi eseguito nel maggio 1996 sul tetto del fabbricato in (OMISSIS) e contra’ (OMISSIS), in cui i signori (OMISSIS) sono proprietari del secondo piano e sottotetto e la signora (OMISSIS) e’ proprietaria, con (OMISSIS), delle altre parti.
2. Costituitasi la signora (OMISSIS) eccependo la nullita’ della citazione e l’infondatezza della domanda, sentiti testimoni, con sentenza depositata il 17.1.2005 il tribunale ha accolto la domanda attrice.
3. Adita su impugnazione della signora (OMISSIS) e sulla resistenza dei signori (OMISSIS), la corte d’appello di Venezia ha disposto consulenza tecnica d’ufficio e, con sentenza depositata il 25 giugno 2012, ha accolto l’appello e per l’effetto rigettato la domanda degli attori.
3.1. A sostegno della decisione, la corte d’appello – per quanto qui rileva – ha ritenuto che:
– fosse “irricevibile… la deposizione del teste (OMISSIS) in quanto non contenente enunciazione di fatti, ma di giudizi, come tali inammissibili, sulla necessita’ e urgenza dei lavori”;
– “tali requisiti per l’applicabilita’ della disciplina dell’articolo 1134 c.c. sono stati esclusi dalla c.t.u. espletata in questo grado, le cui argomentate motivazioni appaiono del tutto condivisibili. Puntualizza infatti il c.t.u. che i lavori contabilizzati dall’impresa edile (OMISSIS) nella fattura n. (OMISSIS) sono riferiti al completo rifacimento della struttura di copertura del palazzo ovvero alla rimozione del vecchio manto di copertura di coppi in laterizio, delle sottostanti tavelle in cotto, della struttura portante in legno, dei vecchi abbaini e della lattoneria in rame, alla demolizione di parte della muratura interna e perimetrale in laterizio e nella successiva posa in opera di nuovi elementi di copertura in legno di abete, della nuove tavelle, di un idoneo pacchetto isolante/impermeabilizzante, di nuovi lucernai e abbaini, di un nuovo manto di copertura in coppi, di nuova grondaia e converse seguito dall’inserimento di alcune torrette per camini e del parziale rifacimento degli intonaci esterni della facciata ovest”;
– “appare evidente che il notevole intervento come descritto… lungi dal consistere in indifferibili opere urgenti… si e’ sostanziato in una notevole ristrutturazione dell’immobile, con tra l’altro recupero e trasformazione di alcuni locali accessori del sottotetto (destinati a lavanderia-stenditoio, stireria e ripostiglio) in un alloggio a tutti gli effetti”;
– nessuna rilevanza spiegasse la garanzia prestata dalla (OMISSIS) a un terzo acquirente in una compravendita di parte dell’edificio di assumere a suo carico gli oneri delle opere in corso, non potendo i terzi giovarsi di tale pattuizione.
4. (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono affidandosi a cinque motivi – per la cassazione di detta sentenza. Resiste (OMISSIS) con controricorso. Entrambe le parti depositano memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono nullita’ della sentenza e del procedimento ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione di norme di diritto sostanziale ex n. 3 della stessa disposizione (indicando poi genericamente – p. 23 del ricorso – tali norme in quelle, evidentemente processuali, “che disciplinano l’acquisizione della prova nel processo di secondo grado”), nonche’ omesso esame e omessa motivazione ai sensi del n. 5 sempre della citata disposizione. In sintesi, i ricorrenti lamentano che, avendo la corte d’appello errato nel trascrivere le conclusioni con cui gli odierni ricorrenti deducevano la nullita’ della c.t.u. disposta in appello in quanto esorbitante dal quesito, limitato alla sola individuazione delle opere descritte nella fattura prodotta da essi ricorrenti, e basata su documenti irritualmente prodotti dalla signora (OMISSIS), l’eccezione stessa non sarebbe stata esaminata, per cui la sentenza sarebbe nulla e sarebbe stata omessa la motivazione su tali questioni; peraltro, la (OMISSIS) sarebbe decaduta dalla produzione di documenti, essendo stata validamente convenuta in primo grado ed essendo vietate nuove acquisizioni documentali in appello.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, per non aver argomentato sulla predetta eccezione di nullita’ della c.t.u. (basata su fotografie e altri documenti irritualmente prodotti), omettendo di considerare che al c.t.u. non era stato chiesto di verificare lo stato pregresso, non mettendo il quesito in discussione l’esistenza della necessita’ degli interventi, attestata dal teste (OMISSIS).
3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano omesso esame e omessa motivazione su un fatto decisivo, costituito dall’avvenuto rifacimento anche del comignolo in proprieta’ della signora (OMISSIS), senza sua opposizione, su cui la motivazione della sentenza impugnata nulla ha esposto.
4. Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano insufficiente motivazione su un punto decisivo, costituito dalla dichiarazione resa dalla signora (OMISSIS) nell’atto di compravendita del 12.7.1996 con cui ha ceduto la sua porzione di immobile garantendo il completamento dei lavori senza oneri per l’acquirente.
5. I motivi anzidetti sono strettamente connessi tra loro e vanno esaminati congiuntamente. Essi sono inammissibili.
5.1. In primo luogo, essi difettano di pertinenza rispetto alla ratio decidendi, costituita – come sopra testualmente riportato – dal rilievo della corte per cui i lavori non potevano in alcun modo considerarsi limitati a quelli imposti dall’urgenza connessa alla limitazione di infiltrazioni e, eventualmente, alla prevenzione di asseriti pericoli di crollo: come indicato nella sentenza, il c.t.u. aveva riferito “che i lavori contabilizzati dall’impresa edile (OMISSIS) nella fattura n. (OMISSIS) sono riferiti al completo rifacimento della struttura di copertura del palazzo”. In tale contesto, ne’ l’erronea o mancata considerazione delle conclusioni nel giudizio di appello nell’interesse dei signori (OMISSIS) circa la presunta ultroneita’ dell’attivita’ del c.t.u., ne’ l’eventuale produzione in grado di appello di documenti contestati in quanto tardivi appaiono influire sulla parte della relazione peritale effettivamente utilizzata dalla corte giudicante. Invero, il quesito riguardava l’accertamento delle opere contabilizzate con la fattura ritualmente prodotta dagli stessi odierni ricorrenti, emersa come relativa – secondo l’apprezzamento della corte ampiamente e congruamente motivato – a opere sicuramente non riconducibili a fronteggiare un’urgenza (quali sarebbero state coperture temporanee o puntellature, o anche demolizioni parziali). In tal senso, il fatto che la corte abbia utilizzato la sola parte degli accertamenti peritali certamente riconducibile al mandato e basata sulla documentazione ritualmente in atti avrebbe imposto ai ricorrenti di specificare – cio’ che non e’ avvenuto – in qual modo i rilevati presunti vizi, eventualmente indirettamente, incidessero su detta ratio decidendi che, altrimenti, resta rispetto ad essi palesemente estranea. La circostanza, poi, che il c.t.u. si sia se del caso spinto oltre l’incarico affidato, usando documentazione la cui produzione era preclusa, avrebbe potuto incidere sicuramente sull’inutilizzabilita’ parziale degli accertamenti (cfr. Cass. 19/01/2006, n. 1020), senza che pero’ da cio’ si possa far discendere tout court la nullita’ dell’intero subprocedimento di accertamento tecnico. Peraltro, la stessa circostanza che il giudice abbia fatto affidamento sulla sola parte di accertamenti rientrante nel quesito garantisce la validita’ del procedimento e della sentenza, come da orientamento giurisprudenziale non contraddetto (v. Cass. 18/10/1991, n. 11048; 08/01/2000 n. 117; 14/06/2002, n. 8579 oltre altre) secondo cui la censura inerente all’esorbitanza del consulente d’ufficio, rispetto ai quesiti formulati, resta ininfluente ove le risposte del consulente stesso siano comunque attinenti alla materia in discussione, essendo in tal caso utilizzabili dal giudice per il proprio convincimento, indipendentemente dall’eventuale sconfinamento dal mandato.
5.2. Per altra via sia la deposizione del teste asseverativa del pericolo di crollo, sia la consapevolezza della (OMISSIS) circa la realizzazione delle opere, sino al punto da garantire al proprio avente causa l’esenzione da eventuali oneri conseguenziali, sono fatti che non pertengono neanch’essi all’iter decisorio seguito dalla corte territoriale, arrestatasi come detto a prendere atto della estraneita’ oggettiva delle opere all’ambito di cui all’articolo 1134 c.c., delimitato dalla nozione di urgenza (per la quale v. ad es. recentemente Cass. 23/09/2016, n. 18759 che ha richiamato come debba trattarsi di opere da eseguire senza ritardo e senza possibilita’ di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini per evitare un possibile nocumento a se’, a terzi od alla cosa comune, cassando la sentenza di merito che aveva riconosciuto ammissibili opere di tinteggiatura e di intervento sugli impianti tecnologici). Anche in tal senso i motivi (in particolare il terzo e il quarto) sono inammissibili.
6. Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano avere la corte territoriale omesso la pronuncia – in relazione al n. 4 e ove occorra nn. 3 e 5 dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, – sulla domanda, in quanto formulata, in via principale, ai sensi dell’articolo 1110 c.c.; essendosi invece limitata la corte alla valutazione in base all’articolo 1134 c.c., titolo dedotto in secondo luogo; ed avere altresi’ omesso di esaminare sempre la domanda sulla base della subordinata istanza ex articolo 2041 c.c..
6.1. La censura e’ infondata. Per quanto attiene alla prima parte di essa, con cui si lamenta la mancata trattazione della domanda sub specie dell’applicazione dell’articolo 1110 c.c., non puo’ ravvisarsi nella sentenza impugnata alcuna omissione di pronuncia, atteso che avendo la corte territoriale rettamente esaminato l’istanza giudiziale sotto il profilo dell’articolo 1134 c.c., quale norma applicabile al condominio, implicitamente e’ restata esclusa l’applicabilita’ dell’articolo 1110 c.c., norma dettata per le comunioni diverse dai condomini negli edifici. Va dunque richiamato l’orientamento (v. ad es. Cass. 26/01/2016, n. 1360; n. 3417 del 20/02/2015) secondo cui il vizio di omessa pronuncia deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza.
6.2. Per quanto attiene alla seconda parte della censura, sarebbe stata invece effettivamente necessaria una pronuncia espressa da parte della corte d’appello circa l’infondatezza della domanda subordinata ex articolo 2041 c.c., una volta ritenuta ammissibile seppure poi infondata nel merito – l’azione tipica ex articolo 1134 c.c..
La lacuna puo’ peraltro essere colmata, procedendosi a integrazione della motivazione della sentenza impugnata, senza che il motivo possa peraltro essere accolto. Al riguardo, va infatti chiarito al di la’ di qualche diversa pronuncia emersa in giurisprudenza – che:
– in generale, tenuto conto della nozione di sussidiarieta’ – come esplicata dalla giurisprudenza di questa corte (Cass., Sez. U, 25/11/2008, n. 28042, e tra le altre Cass. n. 29916 del 29/12/2011) – dell’azione di arricchimento senza causa ai sensi degli articoli 2041 e 2042 c.c., quest’ultima e’ disponibile solo allorche’ chi la eserciti, secondo una valutazione da compiersi in astratto e percio’ prescindendo dalla previsione del suo esito, non possa esercitare un’altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio subito; nel caso di specie, invece, e’ disponibile appunto l’azione ex articolo 1134 c.c., salvo quanto in appresso circa altre attivita’ processuali disponibili;
– in particolare, non e’ a ritenersi che, essendo negato l’utile esperimento dell’azione ex articolo 1134 c.c. in carenza del presupposto dell’urgenza, debba dunque ammettersi l’azione sussidiaria ex articolo 2041 c.c.; al contrario, la giurisprudenza di questa corte (Cass. n. 9629 del 15/11/1994), cui va nella presente sede data continuita’, ha chiarito che l’azione di arricchimento non possa essere esercitata in presenza del divieto posto dalla legge di esercizio di azioni tipiche in assenza di determinati presupposti; e tale divieto e’ da ravvisarsi nella subordinazione al requisito dell’urgenza di cui all’articolo 1134 c.c., per cui se la spesa non e’ urgente – come afferma il citato precedente del 1994 – nessuna azione spetta, neanche quella di arricchimento, in quanto ammettere l’azione di arricchimento nel caso di spesa non urgente significherebbe contravvenire al divieto di rimborso stabilito dal legislatore. Cio’ a tacere – come rileva altresi’ il predetto precedente del 1994 – ogni altra considerazione sia circa la ratio cui e’ ispirato l’articolo 1134 c.c. (norma significativamente estesa nello spettro applicativo dalla riforma di cui alla L. n. 220 del 2012, ora riferito alla “gestione di parti comuni”), volta ad evitare, come si esprime la relazione ministeriale, “dannose interferenze nell’amministrazione del condomino”, riservata all’amministratore e all’assemblea secondo le rispettive competenze, tenuto conto che se la spesa non e’ urgente ma e’ necessaria, il condomino interessato puo’ agire perche’ sia fatta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1133 (ricorso all’assemblea) e 1137 e 1105 c.c. (ricorso al giudice), dato questo idoneo, per altro verso e secondo alcune tesi che qui non mette conto esaminare, a escludere anche la stessa affermazione dell’indisponibilita’ di altre azioni.
4. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, si deve dar atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dell’articolo 13 cit..
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 5.500 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 % e oltre accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater si da’ atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dell’articolo 13 cit..