in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non sia sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l’esistenza di un vantaggio per la societa’ controllante, dovendo invece l’interessato dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la societa’ depauperata
Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di diritto fallimentare, si consiglia di consultare la Raccolta di massime delle principali sentenze della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf
Per ulteriori approfondimenti in materia di diritto fallimentare si consiglia la lettura dei seguenti articoli:
La (nuova) revocatoria fallimentare delle rimesse in Conto Corrente: rilevanza o meno della natura solutoria della rimessa?
Revocatoria fallimentare: elementi rilevati ai fini dell’accertamento della scientia decoctionis.
Contratto di assicurazione e dichiarazione di fallimento, con particolare riferimento all’assicurazione R.C.A.
La sorte del contratto di affitto di azienda pendente al momento della dichiarazione di fallimento.
L’estensione di fallimento alle società a responsabilità limitata socie di una “società di fatto”
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUNO Paolo Antoni – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto – rel. Consigliere
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere
Dott. MICHELI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 02/02/2016 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/03/2017, la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCOTTI UMBERTO LUIGI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DI LEO Giovanni, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS), del Foro di Palermo, per (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 2/2/2016 la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del 19/1/2015 del Tribunale di Palermo, appellata dall’imputato, che aveva ritenuto (OMISSIS) colpevole del reato ascritto L. Fall., ex articolo 216 e, concesse le attenuanti generiche, ritenute equivalenti all’aggravante di cui alla L. Fall., articolo 219, lo aveva condannato alla pena di anni 3 di reclusione e lo aveva dichiarato interdetto dai pubblici uffici per anni 5 e inabilitato all’esercizio di un’impresa commerciale e incapace di assumere uffici direttivi per anni 10.
Al (OMISSIS) era stato contestato: a) di aver eliminato dal patrimonio della societa’ (OMISSIS) s.a.s., dichiarata fallita il (OMISSIS) un credito di circa 42.000 Euro, vantato dalla societa’ nei suoi confronti, prima svalutandolo nel bilancio (OMISSIS) per Euro 16.000, con la causale “utilizzo fondo rischi”, e poi eliminandolo dal bilancio (OMISSIS) per la residua somma di Euro 25.456 portandola in compensazione con corrispondente debito prescritto; b) di aver effettuato finanziamenti ad altre societa’ del (OMISSIS) senza adeguata contropartita e valide garanzie (488.000 Euro nel (OMISSIS) a (OMISSIS) s.p.a.; 224.000 Euro nel 2005, 126.000 Euro nel (OMISSIS) e 4.500 Euro nel (OMISSIS) a (OMISSIS) S.p.a.; 1.500 Euro nel (OMISSIS) a (OMISSIS)).
2. Ha proposto ricorso il difensore di fiducia dell’imputato, avv. (OMISSIS), con il supporto di due motivi.
2.1. Con il primo motivo proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio motivazionale, in relazione all’articolo 11 Cost., comma 7, e L. Fall., articolo 216, comma 1, articoli 42 e 43 c.p. e articolo 530 c.p.p..
Il ricorrente richiama innanzitutto l’accordo di consolidamento dei debiti contratti dalle societa’ del (OMISSIS) con il sistema bancario, in forza del quale il debito di tali societa’ venne considerato “massa unica” e garantito reciprocamente da fideiussioni omnibus pretese dalla societa’ capofila del pool bancario, (OMISSIS) di (OMISSIS), e il successivo accordo del 1992 che prevedeva la rinuncia agli interessi sui debiti sottoposto a condizione risolutiva ex tunc nel caso di recupero del credito in sede concorsuale.
Quanto alla prima accusa, sulla quale il Giudice di primo grado si era trincerato dietro al dato formale che l’accordo transattivo era intercorso fra il (OMISSIS) e altra societa’ del Gruppo, la (OMISSIS) s.r.l., il (OMISSIS) in appello aveva fatto valere la transazione intercorsa con la (OMISSIS) s.a.s. in data 23.7.1996 e la successiva attestazione di adempimento del 23/12/1999 (documenti esistenti in atti, non esaminati dai Giudici del merito e allegati al ricorso) e spiegato l’eliminazione della voce di debito con un errore della societa’ (OMISSIS), deputata alla tenuta delle scritture contabili.
Tali evidenze documentali erano state pero’ ignorate nella sentenza di secondo grado.
Quanto alla seconda accusa, il ricorrente aveva spiegato la situazione complessiva del Gruppo, il nesso inscindibile che avvinceva tutte le societa’ del gruppo verso il sistema bancario, sicche’ solo sostenendo le altre societa’ sarebbero state tutelare anche le ragioni della societa’ rappresentata, corresponsabile verso il sistema bancario, e aveva segnalato la previsione nello statuto sociale della possibilita’ di operazioni di finanziamento a favore delle consorelle. In particolare l’eventuale esperimento di azioni esecutive verso le societa’ finanziate avrebbe provocato il loro fallimento e reso vana qualsiasi operazione di recupero anche in capo a creditori diversi da (OMISSIS); vi era pertanto un evidente interesse di (OMISSIS) a fornire sostegno alle societa’ del gruppo, corrispondente peraltro all’interesse degli altri creditori..
La Corte aveva ignorato tali recriminazioni e pure la deposizione resa dal teste Dott. (OMISSIS), da cui emergeva che il (OMISSIS) aveva parzialmente recuperato gli importi finanziati a (OMISSIS) e (OMISSIS) e incassato parte delle somme vantate.
Era stata altresi’ trascurata la contestazione circa l’esatta quantificazione delle somme erogate a (OMISSIS) nel (OMISSIS), poiche’ l’incremento di Euro 456.597,74= annotato in data 5/11/2001 era solo l’accredito nella contabilita’ (OMISSIS) degli interessi maturati sul credito pregresso fino a quella data.
2.2. Con il secondo motivo proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) il ricorrente lamenta vizio motivazionale in ordine alla comparazione valutativa delle circostanze, attuata con mere formule di stile con un inadeguato giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche con le circostanze aggravanti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo, con cui il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio motivazionale, si articola in una serie di sub-censure.
1.1. Quanto alla prima imputazione, legata all’eliminazione dal patrimonio della (OMISSIS) s.a.s. del credito vantato dalla societa’ nei suoi personali confronti per Euro 42.136,32=, il ricorrente osserva che il Giudice di primo grado si era trincerato dietro al dato formale che l’accordo transattivo era intercorso fra il (OMISSIS) e altra societa’ del Gruppo, la (OMISSIS) s.r.l..
Il ricorrente sostiene pero’ di aver fatto valere in appello la transazione intercorsa proprio con la (OMISSIS) s.a.s. in data 23/7/1996 e la successiva attestazione di adempimento della transazione stessa del 23/12/1999 e ha spiegato l’eliminazione della voce di debito con un errore della societa’ (OMISSIS), deputata alla tenuta delle scritture contabili.
Tali documenti sono stati allegati al ricorso ma vengono qualificati come pacificamente esistenti in atti e non esaminati dai Giudici del merito, senza tuttavia indicare, come sarebbe stato ineludibile onere del ricorrente, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), sanzionato con l’inammissibilita’ per a-specificita’, il momento della produzione e la loro collocazione nel fascicolo.
La Suprema Corte di Cassazione non e’ giudice del fatto (se non di quello processuale) ma solo della correttezza logico-giuridica della decisione assunta dal giudice del merito e non e’ ovviamente consentito in questa sede l’ampliamento del materiale istruttorio.
La Corte territoriale, dopo aver ricordato le ragioni opposte dalla descrizione di primo grado, alla pagina 9 della sentenza impugnata ha affermato che nessuna traccia vi era delle giustificazioni offerte dalla difesa e ribadite con il proposto appello circa l’esistenza di un pregresso accordo transattivo fra il (OMISSIS) e proprio la societa’ fallita, ritenuto indimostrato ed anzi contraddetto dalle risultanze contabili.
In ogni caso, l’argomentazione proposta dal ricorrente sconta un vizio logico che la rende di per se’ non convincente: per eliminare, attraverso compensazione, un credito di (OMISSIS) verso il (OMISSIS) (iscritto a bilancio) occorrerebbe un controcredito di (OMISSIS) verso (OMISSIS); i due documenti citati (transazione 23/7/1996 e atto di quietanza 23/12/1999) trattano di un credito, peraltro piuttosto generico del (OMISSIS) verso la societa’, scaturente da eventuali pretese derivanti dal pregresso rapporto di lavoro e di un debito di (OMISSIS) verso alcune banche ( (OMISSIS) e (OMISSIS)); (OMISSIS) si era quindi impegnata – e aveva poi adempiuto l’impegno – a versare alle banche la somma di cui esse erano creditrici verso il (OMISSIS), cosi’ estinguendo il proprio (eventuale) debito verso costui.
Non si scorge quindi come questo credito, in tal guisa estinto, possa anche giustificare, una seconda volta, l’estinzione per compensazione con il credito verso il (OMISSIS) iscritto a bilancio di cui all’imputazione.
1.2. Quanto alla seconda accusa, inerente ai finanziamenti erogati alle altre societa’ del gruppo ( (OMISSIS) s.p.a.; (OMISSIS) s.p.a.; (OMISSIS)), il ricorrente ricorda innanzitutto l’accordo di consolidamento dei debiti contratti dalle societa’ del (OMISSIS) con il sistema bancario, in forza del quale il debito di tali societa’ era stato considerato “massa unica” e garantito reciprocamente da fideiussioni omnibus pretese dalla societa’ capofila del pool bancario, (OMISSIS) di (OMISSIS), e il successivo accordo del 1992 che prevedeva la rinuncia agli interessi sui debiti, sottoposto pero’ a condizione risolutiva ex tunc nel caso di recupero del credito in sede concorsuale.
Tali circostanze che delineano il contesto operativo del (OMISSIS), i suoi rapporti con il sistema bancario e le relazioni di inscindibile interdipendenza economico finanziaria fra la (OMISSIS) e le altre societa’ sono invero pacifiche e riconosciute dalla sentenza di primo grado sul punto richiamata dalla sentenza impugnata. La validita’ civilistica degli strumenti giuridici che hanno determinato il contesto cosi’ descritto (che realizza in via indiretta un risultato finale pratico in termini di interdipendenza economico-finanziaria non troppo diverso da una fusione) non e’ in contestazione; comunque la situazione illustrata assume rilievo quale complesso di circostanze storiche e fattuali nell’ambito del quale la condotta dell’imputato e’ stata posta in essere e in relazione al quale deve essere giudicata.
Il ricorrente osserva che tale situazione complessiva e il nesso inscindibile che avvinceva tutte le societa’ del gruppo verso il sistema bancario, faceva si’ che il sostegno delle altre societa’ tutelava anche le ragioni della societa’ rappresentata, corresponsabile verso il sistema bancario, e segnala la previsione nello statuto sociale della possibilita’ di operazioni di finanziamento a favore delle consorelle. In particolare aggiunge che l’eventuale esperimento di azioni esecutive verso le societa’ finanziate avrebbe provocato il loro fallimento e reso vana qualsiasi operazione di recupero anche in capo a creditori diversi da (OMISSIS); vi era pertanto un evidente interesse di (OMISSIS) a fornire sostegno alle societa’ del gruppo, corrispondente peraltro all’interesse degli altri creditori.
La decisione impugnata appare sul punto gravemente illogica e contraddittoria. La sentenza infatti, quando afferma la mancanza di qualsiasi causa giustificatrice, economica e giuridica, dei finanziamenti, ignora totalmente il pacifico contesto sopra ricostruito e in particolare il nesso inscindibile che avvinceva le societa’ del gruppo verso il sistema bancario, attraverso le reciproche fideiussioni omnibus, la neutralizzazione, solo condizionata, della decorrenza degli interessi e soprattutto la realizzazione di una “massa unica” dei patrimoni costituenti la garanzia esterna delle societa’ consorelle, tale da legarle in una inestricabile condizione per cosi’ dire “simul stabunt, simul cadent”.
Non e’ neppur accettabile sotto il profilo strettamente giuridico qualificare un finanziamento, infra-gruppo per giunta, come privo di valida causa giuridica. Si tratta infatti di una attribuzione economica che puo’ atteggiarsi in forme differenti e con differenti finalita’, che oscillano dallo schema del mutuo sino ai flussi finanziari in funzione di un successivo aumento di capitale, si’ da presentare anche una causa di conferimento, e che a certe condizioni puo’ essere considerata soggetto a postergazione ex articolo 2467 c.c., nell’interesse degli altri creditori della societa’ finanziata.
La giurisprudenza della Corte e’ ferma nel ritenere, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, che per escludere la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non sia sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l’esistenza di un vantaggio per la societa’ controllante, dovendo invece l’interessato dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la societa’ depauperata. (Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, P.G. e altro in proc. Coatti e altri, Rv. 26867501).
Il reato puo’ ritenersi insussistente solo se, operando una valutazione ex ante, i benefici indiretti per la societa’ fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi e siano tali da rendere il fatto incapace di incidere sulle ragioni dei creditori della societa’. (Sez. 5, n. 30333 del 12/01/2016, Falciola e altro, Rv. 26788301; Sez. 5, n. 20039 del 21/02/2013, Turchi, Rv. 25564601).
Tale orientamento giurisprudenziale si fonda, da un lato, sul limite apprestato alla configurabilita’ del reato di infedelta’ patrimoniale dall’articolo 2634 c.c., comma 3, che esclude l’ingiustizia del profitto della societa’ collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall’appartenenza al gruppo; dall’altro, sul principio, stabilito in tema di direzione e coordinamento societario dall’articolo 2497 c.c., che analogamente esclude la responsabilita’ se il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’operazione.
E’ proprio ragionando su tali presupposti che questa Sezione (Sez. 5, n. 49787 del 05/06/2013, Bellemans, Rv. 25756201) ha affermato che “In tema di reati fallimentari, la previsione di cui all’articolo 2634 c.c. – che esclude, relativamente alla fattispecie incriminatrice dell’infedelta’ patrimoniale degli amministratori, la rilevanza penale dell’atto depauperatorio in presenza dei c.d. vantaggi compensativi dei quali la societa’ apparentemente danneggiata abbia fruito o sia in grado di fruire in ragione della sua appartenenza a un piu’ ampio gruppo di societa’ – conferisce valenza normativa a principi – gia’ desumibili dal sistema, in punto di necessaria considerazione della reale offensivita’ – applicabili anche alle condotte sanzionate dalle norme fallimentari e, segnatamente, a fatti di disposizione patrimoniale contestati come distrattivi o dissipativi. Pertanto, ove si accerti che l’atto compiuto dall’amministratore non risponda all’interesse della societa’ ed abbia determinato un danno al patrimonio sociale, e’ onere dello stesso amministratore dimostrare l’esistenza di una realta’ di gruppo, alla luce della quale quell’atto assuma un significato diverso, si che i benefici indiretti della societa’ fallita risultino non solo effettivamente connessi ad un vantaggio complessivo del gruppo, ma altresi’ idonei a compensare efficacemente gli effetti immediati negativi dell’operazione compiuta, di guisa che nella ragionevole previsione dell’agente non sia capace di incidere sulle ragioni dei creditori della societa’. In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un’operazione infragruppo non e’ sufficiente allegare tale natura intrinseca, dovendo invece l’interessato fornire l’ulteriore dimostrazione del vantaggio compensativo ritratto dalla societa’ che subisce il depauperamento in favore degli interessi complessivi del gruppo societario cui essa appartiene” (Sez. 5, n. 48518 del 06/10/2011, Plebani, Rv. 25153601).
Occorre quindi far capo al principio, piu’ volte ribadito, che l’influenza dei collegamenti della societa’ fallita nell’ambito del gruppo sulla configurabilita’ dei reati in esame deve essere esaminata nel rispetto dell’autonoma tutela delle ragioni creditorie specificamente riferibili alla societa’ fallita; di conseguenza deve essere allegata dall’imputato, a fronte della natura oggettivamente distrattiva dell’operazione, l’esistenza di uno specifico vantaggio derivante dall’atto di disposizione patrimoniale, complessivamente riferibile al gruppo ma altresi’ produttivo per la fallita di benefici, sia pure indiretti, i quali si rivelino concretamente idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell’operazione stessa che derivi anche in favore della fallita (Sez. 5, n. 1137 del 17/12/2008, Vianello, Rv. 242546; Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, Bevilacqua, Rv.234606; Sez. 5, n. 41293 del 25/09/2008, Mosca, Rv. 241599; Sez. 5, Sentenza n. 48518 del 06/10/2011, Plebani, Rv. 251536; Sez. 5, n. 29036 del 09/05/2012, Cecchi Gori, Rv. 253031).
Quanto sopra premesso in linea generale, nel caso concreto a giudizio la Corte territoriale ha ignorato la prospettazione di un evidente vantaggio compensativo anche per i creditori di (OMISSIS) dal trasferimento di risorse infra-gruppo, specificamente dedotto dall’imputato e contraddittoriamente riconosciuto dalla stessa decisione.
(OMISSIS) e le altre societa’ del (OMISSIS) erano debitrici solidali verso i medesimi creditori, ossia in primis verso il sistema bancario, e avevano interessi del tutto convergenti, ulteriormente influenzati dalla sospensione solo temporanea e condizionata del decorso degli interessi; ciascuna societa’ era garante del debito delle altre e il fallimento di una di esse avrebbe travolto le altre con l’aggravio di pesantissimi interessi, altrimenti congelati; la possibilita’ di rilascio di fideiussioni a favore delle altre societa’ del gruppo era espressamente stato inserito negli statuti; i creditori individuali delle societa’, diversi dagli aderenti al pool bancario, avevano comunque interesse ad evitare il tracollo di una qualsiasi societa’ del gruppo che avrebbe comportato l’attivazione della responsabilita’ solidale di (OMISSIS) e l’esplosione del debito da interessi passivi.
La Corte di appello e’ quindi incorsa nei vizi di carenza e contraddittorieta’ della motivazione in punto sussistenza della bancarotta distrattiva con riferimento ai predetti finanziamenti infra-gruppo.
Le altre argomentazioni restano assorbite.
3. Si rende quindi necessario l’annullamento sul punto della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo per nuovo esame.