La pronuncia in oggetto affronta il tema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’onore e della reputazione, tema che può essere approfondito leggendo il seguente articolo:

Diffamazione a mezzo stampa, profili risarcitori di natura civilistica.

Corte di Cassazione, Sezione 5 penale Sentenza 30 marzo 2017, n. 16108

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente

Dott. MAZZITELLI Caterina – Consigliere

Dott. MORELLI Francesc – rel. Consigliere

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere

Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 23/06/2015 del TRIBUNALE di TIVOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/02/2017, la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA MORELLI;

Udito il Procuratore Generale in persona del PAOLA FILIPPI che ha concluso per e il rigetto del ricorso;

E’ presente l’Avv. (OMISSIS) difensore di fiducia dell’imputata, che si riporta al ricorso e ne chiede l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, il Tribunale di Tivoli ha riformato la sentenza del Giudice di Pace di Tivoli del 16.1.14, appellata dalla parte civile, dichiarando (OMISSIS) colpevole del reato di diffamazione in danno di (OMISSIS) e condannandola al risarcimento dei danni in suo favore, da liquidarsi in separato giudizio.

1.1. L’imputata e’ accusata di avere offeso, comunicando con piu’ persone, l’onore e il decoro della parte offesa, vedova di suo figlio, accusandola di essere stata la causa della morte del marito e di essere una donna poco seria, definendola altresi’ con epiteti ingiuriosi.

1.2. La motivazione della sentenza del Tribunale si sofferma sul problema se la circostanza che le frasi offensive nei riguardi della (OMISSIS) siano state pronunciate alla presenza di un adulto e due bambini in tenerissima eta’ (due e quattro anni) integri o meno il requisito della comunicazione con piu’ persone, attesa l’incapacita’ dei due minori di percepire il contenuto del messaggio verbale.

2. Alla soluzione affermativa da parte del Tribunale, replica il ricorso presentato dall’imputata personalmente, in cui si sostiene che i minori non erano in grado di comprendere la natura offensiva delle frasi pronunciate, sicche’ non vi sarebbe stato alcun danno alla reputazione della persona offesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’unico tema controverso e’ rappresentato dalla sussistenza o meno di uno degli elementi essenziali del reato di diffamazione, vale a dire la comunicazione con piu’ persone, qualora l’offesa all’altrui reputazione avvenga in presenza di bambini in tenera eta’.

Il giudice di primo grado ha ritenuto che i due minori presenti alle esternazioni da parte dell’imputata non fossero in grado di comprendere il contenuto delle accuse formulate nei confronti della nuora, sicche’ detto requisito non sarebbe integrato.

Il Tribunale, andando di contrario avviso, ha osservato che, in bambini di eta’ analoghe a quella dei protagonisti della vicenda (due e quattro anni), l’ordinario processo cognitivo si snoda attraverso l’incameramento, la memorizzazione, l’emulazione delle sequenze di parole pronunciate dagli adulti cosi’ che, in tal modo, il piccolo realizza valori, elabora concetti, amplia il proprio vocabolario ed, inoltre, spesso i bambini di quell’eta’ tendono a riferire le parole udite da un adulto.

1.1. Partendo da tali presupposti, l’efficienza offensiva della condotta diffamatoria puo’ essere ravvisata sotto un duplice profilo.

Da un lato, non si puo’ ne’ si deve escludere che bambini di quell’eta’ siano in grado di recepire il messaggio ed il disvalore insito nelle parole pronunciate dagli adulti in loro presenza, soprattutto se si tratti di concetti elementari e di parole volgari di uso comune.

Va, in proposito, osservato che ai sensi dell’articolo 196 c.p.p., ogni persona ha la capacita’ di testimoniare, senza alcun limite di eta’, e che possono essere disposti accertamenti allo scopo di verificare l’idoneita’ fisica e mentale a rendere testimonianza.

Cio’ significa che, secondo il legislatore, non puo’ esservi alcuna presunzione in ordine alla capacita’ o meno, da parte di un soggetto, di recepire gli accadimenti e di poterne riferire.

Non si puo’, quindi, apoditticamente stabilire se un bimbo di due o quattro anni possegga tale capacita’ semplicemente facendo riferimento all’eta’.

Il Tribunale, al fine di accertare se in concreto le offese fossero state recepite dai presenti, ha correttamente valutato altri elementi, cioe’ il tipo di comunicazione a cui i bambini hanno assistito ed il contesto in cui l’episodio si e’ verificato.

E’ stato quindi, opportunamente, sottolineato che le frasi offensive erano piuttosto elementari, l’atmosfera era di grande tensione ed i bimbi lo avevano percepito, visto che erano rimasti scossi e piangenti.

Una diversa soluzione, che escludesse la percezione delle offese da parte dei bambini, non poteva essere fondata su un presupposto meramente astratto o convenzionale, quale l’eta’, ma avrebbe dovuto essere motivata in concreto con riferimento a specifici segni indicatori di tale incapacita’ o, addirittura, ricorrendo ad accertamenti medici o psicologici.

1.2. Va, inoltre, condivisa l’affermazione del Tribunale secondo cui i bambini, anche in tenera eta’, tendono a ripetere e riferire le parole udite pronunciare dagli adulti, indipendentemente dal fatto che ne abbiano o meno compreso l’esatto significato.

I bambini presenti nel momento in cui l’imputata ha pronunciato le frasi offensive verso la nuora avrebbero, quindi, potuto riferire ad altri quanto avevano udito, cosi’ propagando il messaggio diffamatorio.

Va ricordato, in proposito, che la giurisprudenza ritiene integrato il reato, sotto il profilo della diffusione delle espressioni offensive, anche in caso in cui vi sia stato un iniziale accesso ad esse da parte di un unico soggetto, con successiva propalazione (Sez. 6, n. 30318 del 09/06/2016 Rv. 26770101;  Cassazione Penale, Sentenza 5 agosto 2015, n. 34178; Sez. 5, n. 36602 del 15/07/2010 Rv. 24843101).

E’ ben possibile, quindi, che i bambini, pur non essendo in grado di cogliere lo specifico significato delle parole usate, ne abbiano colto la generica portata lesiva, tanto da esserne rimasti turbati, e siano divenuti potenziali strumenti di propagazione dei contenuti diffamatori.

2. Il ricorso e’ infondato e va quindi rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’articolo 616 c.p.p..

3. La natura dei reati, i rapporti di parentela fra le parti e il coinvolgimento di minori impongono particolari cautele nella diffusione del presente provvedimento, per il cui caso si dispone che siano omesse le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

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Avv. Umberto Davide

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