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Tribunale Firenze, Sezione 3 civile Sentenza 30 ottobre 2014, n. 15335

In ogni caso non convince la ricostruzione operata dalla SC nel 2013, della normativa che si esamina quale normativa volta a regolare il comportamento delle parti e non la genesi del rapporto contrattuale. Tale impostazione ricalca la più convincente giurisprudenza che ha “nomato” i contratti di investimento finanziario ricostruendo la violazione del dovere di informazione quale violazione di una norma di comportamento fonte di responsabilità. E’ agevole rilevare che una normativa che incide direttamente sull’oggetto del contratto attiene agli elementi essenziali dello stesso e non all’apposizione di doveri di comportamenti, che sono, conte nei caso dei doveri di informazione, estranei al contenuto tipico dell’obbligazione, non rigidamente determinati o determinabili, non necessariamente coevi alla genesi dell’obbligazione.

 

 

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Tribunale Firenze, Sezione 3 civile Sentenza 30 ottobre 2014, n. 15335

Integrale

TRIBUNALE DI FIRENZE, TERZA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale di Firenze

Terza sezione civile,

collegio fallimentare

riunito nelle persone dei sotto indicati Magistrati:

Dr. M. Grazia Damonte Presidente

Dr. Isabella Mariani Giudice rel.

Dr. Patrizia Pompei Giudice

Ha pronunciato il seguente

Decreto

Nella causa RG 2521-2014

Corrente tra

(…) avv. (…)

Avente ad oggetto: opposizione allo stato passivo.

SVOLGIMENTO DEL FATTO

Il proponeva opposizione avverso lo stato passivo del (…) contestando la degradazione in chirografo del proprio credito ipotecario pari a Euro 10.894.771,25 ed il ricalcolo del credito per interessi moratori. Esponeva che il rapporto con la società poi fallita aveva avuto il seguente andamento: il 5.3.2004 era stato richiesto un mutuo di Euro 6.500.000,00; venne eseguita una perizia che precisava il Valore di mercato del bene finito in e 16.100.000,00 e del bene al momento della stima, in S 2.150.000,00: venne pertanto autorizzato il mutuo che venne così erogato: 1.500.000 alla stipula del contratto, le ulteriori somme di Euro 5.000.000,00, in data 18.1.2005, 23.6.2005, 27.9.2005, e 12.3.2007, le erogazioni vennero effettuate successivamente al raggiungimento di SAL previe ispezioni del 16.12.2004, del 13.6.2005 e del 21.9.2005; il 6.8.2005 venne presentata la dichiarazione di fine lavori; il 3.10.2006 venne presentata altra richiesta di mutuo di Euro 5.000.000,00 da erogarsi con mutuo fondiario con garanzia ipotecaria sui beni immobili già ipotecati precedentemente; contestualmente venne eseguita nuova perizia che stimò l’immobile Euro 22.750.000,00; venne stipulato il mutuo in data 12.3.2007 con erogazione di Euro 5.000.000,00 da rimborsare in 15 anni con 30 rate semestrali con iscrizione ipotecaria sullo stesso bene. Nel luglio/settembre 2009 vennero sospesi i pagamenti dei due mutui cosicché alla data del fallimento risultavano i seguenti debiti: Euro 6.025.201 in via ipotecaria quanto al mutuo fondiario oltre interessi al chirografo; quanto al secondo mutuo fondiario Lire 4.869.570,07 in via ipotecaria oltre interessi al chirografo; la domanda di ammissione era stata decisa come da parere del Curatore il quale aveva ritenuto: “per il credito derivante dal mutuo fondiario del 8.7.2004, privilegio non riconosciuto per mancata produzione dei SAL, per il credito derivante dal mutuo fondiario del 12,3.2007 privilegio ipotecario non spettante per mancanza dei requisiti di mutuo fondiario …” con ricalcolo degli interessi.

Formulava le seguenti osservazioni al decreto di ammissione:

– Sul primo contratto di finanziamento fondiario: deduceva la produzione dei SAL in sede di osservazioni al progetto di stato passivo; deduceva la infondatezza dell’asserita superficialità delle ispezioni compiute e degli accertamenti effettuati sull’avanzamento dei lavori, rilevando che il credito fondiario non era un credito di scopo e quindi le verifiche rispondevano solo ad un interesse della Banca: l’eventuale superficialità delle verifiche pertanto, si riverberava sulla possibilità di recupero del credito, ma non sulla validità ed efficacia dello stesso; quanto alla mancanza di data certa rilevava che essa doveva ritenersi riferita alle erogazioni che certamente erano state effettuate atteso che lo stesso Curatore ne aveva proposto l’ammissione al passivo.

– Sul secondo contratto di mutuo fondiario. Il Curatore aveva dedotto la nullità del mutuo, ammettendolo al passivo al chirografo a titolo di condictio indebiti, ai sensi dell’art. 38 TUE. Infatti era stata redatta una perizia in sede fallimentare da cui emergeva un valore dell’immobile di Euro 11.750.000,00, da cui derivava, a parere del Curatore, una erogabilità sino a Euro 9.400.000,00: poiché erano già stati erogati Euro 6.500.000,00, il secondo finanziamento di Euro 5.000.000,00 superava detto limite di finanziabilità con le conseguenze sopra indicate. In fatto replicava che era stata compiuta una perizia all’atto di erogazione del secondo mutuo, che aveva stimato l’immobile Euro 22.750.000,00, certamente più attendibile, essendo stata effettuata all’epoca della perizia retrospettiva fatta effettuare dalla Curatela. In ogni caso il raffronto colla finanziabilità di un nuovo mutuo andava effettuato non già coll’importo del mutuo già effettuato, ma col residuo che all’epoca del secondo mutuo era pari a Euro 6.319.556,47. Ancora nella contestata ipotesi dedotta dalla Curatela, le conseguenze della giurisprudenza citata, portavano alla degradazione al chirografo (quale condictio indebiti) del supero, per cui l’ammissione sarebbe dovuta essere di Euro 9.400.000.000 in privilegio ipotecario e degradazione della restante parte di Euro 1.919.556,47 in chirografo. In ogni caso non si giustificava la degradazione in chirografo sulla base dell’asserita nullità; richiamava due arresti della S.C. del 2013 che avevano escluso che l’art. 38 TUB richiamasse l’art. 117 stesso testo, deducendo che le disposizioni sul limite di finanziabilità avesse ad oggetto solo il comportamento della Banca e non la validità del contratto.

– Su entrambe le posizioni deduceva che non era stata valutata la possibilità della conversione del mutuo da fondiario in ordinario, e la non revocabilità per prescrizione del diritto di azione delle ipoteche;

– Contestava infine la mancata indicazione degli interessi ex art. 2855 c.c. (interessi al tasso legale dalla fine dell’anno in corso alla data del fallimento sino alla vendita).

– Si costituiva la Curatela, la quale deduceva quanto segue; sul I mutuo, premessa la normativa di settore, rilevava che in fatto, le erogazioni relative al I mutuo erano tutte superiori al limite di finanziabilità e quindi singolarmente nulle. Infatti, dopo la erogazione iniziale la Banca aveva effettuato la prima erogazione pari a 1.500.000,00 (portando il finanziato a Euro 3,000,000,00) il 18.1.2005 pari al 4 6% del totale finanziabile, la seconda in data 2 3.6.2005 per ulteriori 2 milioni portando il finanziamento al 77% del totale finanziabile, e la terza in data 27.9.2005 per ulteriori Euro 1.400.000,00 portando il finanziamento al 98,4% del totale finanziabile. L’erogazione finale pari a Euro 100,000 avviene all’atto della stipula del secondo mutuo. La Banca aveva prodotto Sa. (di cui la Curatela contestava la superficialità e la non opponibilità per assenza di data certa) dai quali si ricavava che io stato di avanzamento dei lavori era pari al 25% alla prima erogazione, al 60% alla seconda erogazione e al 91% alla terza erogazione, pertanto conseguendone che per stessa ammissione della Banca, le erogazioni erano state superiori ai SAL, quindi non solo superiori al limite finanziabile cioè all’80% dello stato di avanzamento dei lavori, ma superiori al valore accertato dalla stessa banca. Critica va la qualità dei SAL forse parzialmente descrittivi, ma mai tecnici, evidenza che il mutuo a sai era stato distorto a un finanziamento normale erogato a cassa secondo le esigenze del mutuatario. Ne conseguiva la nullità del privilegio ipotecario.

– Sul II mutuo, rilevava quanto segue. Trattatasi non di mutuo a SAL ma l’avvenuta saturazione dei bene immobile già oggetto del primo mutuo. Al tempo della concessione del II mutuo di Euro 5 milioni il bene era già completamente edificato. Il debito totale gravante sull’immobile era pertanto pari a Euro 11.500.000,00 dato dal valore residuo in linea capitale del I mutuo riconosciuto dalla stessa banca in Euro 6.300.000,00 circa e Euro 5.000.000,00, pertanto per rispettare il limite dell’80% il valore dell’immobile avrebbe dovuto essere di Euro 14.375.000,00, mentre per quello che si deduceva dalla perizia fatta effettuare dalla Curatela, il valore dell’immobile era pari a Euro 11.750.000,00. Il limite cauzionale era pertanto sfondato, risultando saturata la quota parte del 20% del valore commerciale del bene che doveva essere a disposizione dei creditori sociali. Inconsistenti erano le contestazioni della Banca, poiché la perizia effettuata, che “favoleggiava” di un valore di circa 20 milioni, era affetta da superficialità grave o indice della volontà di comunque eredito a credito che era stato quasi integralmente utilizzato per finanziare un’altra società del gruppo (…). In punto di diritto richiamava la pronuncia della SC del 1995, facendo oggetto di critica la sentenza del 2013.

La causa veniva trattenuta in decisione all’udienza del 5 giugno 2014 con termine per il deposito di note e repliche conclusionali scadenti il 30 luglio 2014.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La opposizione deve essere decisa come segue.

– Ricostruzione della fattispecie.

Come già descritto nella parte in fatto, la Curatela ha ammesso in chirografo del fallimento l’importo residuo a debito di due successivi mutui fondiari erogati l’uno nel 2004 (8 luglio) e il secondo nel 2007 (12 marzo), contestando la violazione del limite di finanziabilità, pari all’80% di cui alla deliberazione CICR del 22 aprile 1995, in osservanza del richiamo dell’art. 38 II comma TUB, deducendo la nullità dei due mutui fondiari e ammettendo ai chirografo la somma per indebito oggettivo. il primo mutuo pari a Euro 6.500,000,00 è stato erogato in tranches ed in particolare, Euro 1.500.000,00 all’atto della stipula del mutuo, Euro 1.500,000,00 il 18.1.2005, Euro 2.000.000,00 il 23.6,2005, e 1.400,000,00 il 27.9.2005, Euro 100.000 finali alla stipula del secondo mutuo. In relazione a tale primo mutuo la Curatela invoca la nullità per superamento del limite per singolo finanziamento. Il secondo mutuo pari a Euro 5.000.000,00 è stato erogato in contestualità alla stipula in data 12 marzo 2007. Per esso la curatela invoca la nullità per superamento del limite di finanziabilità.

– Richiamo della normativa applicabile al caso di specie. La normativa che regola la fattispecie è la seguente:

1. Art. 38 DLT 385/1993 “1. Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili. 2. La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”.

2. DELIBERA COMITATO INTERM. CREDITO E RISPARMIO 22 aprile 1995 IL COMITATO INTERMINISTERIALE PER IL CREDITO ED IL RISPARMIO Visto l’art. 38, comma 1, del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, che definisce la nozione di credito fondiario come concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili; Visto il comma 2 del medesimo articolo, il quale prevede che la Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del OCR. determini l’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti; …Su proposta della Banca d’Italia; Delibera: 1. L’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario è pari all’80 per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi. Tale percentuale può essere elevata fino al 100 per cento qualora vengano prestate garanzie integrative, rappresentate da fidejussioni bancarie e assicurative, polizze di compagnie di assicurazione, cessioni di annualità e contributi a carico dello Stato o di enti pubblici, fondi di garanzia e da altre idonee garanzie, secondo i criteri previsti dalla Banca d’Italia. 2. In presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie su un immobile, ai fini della determinazione dell’ammontare massimo di un finanziamento di credito fondiario, al relativa importo va aggiunto il capitale residuo del finanziamento pregresso. 3. Le disposizioni sub 1 e sub 2, si applicano anche alle operazioni di credito alle opere pubbliche e di credito agrario, qualora siano garantite da ipoteca su immobili. La Banca d’Italia emanerà istruzioni applicative della presente delibera e Banca d’Italia, Istruzioni di Vigilanza per le Banche di cui alla circolare n. 229 del 21.4.1999 titolo V cap. I sez. II “Qualora i finanziamenti siano erogati sulla base di stati di avanzamento dei lavori il limite di finanziabilità deve essere rispettato durante ogni fase dell’esecuzione dei lavori”.

3. Art. 1418 codice civile. Cause di nullità dei contratto “(1) Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. 2 Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325, l’illiceità della causa, l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’articolo 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’articolo 1346; art. 1419 codice civile. Nullità parziale (1) La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole imporla la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità. (2) La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da nonne imperative.

– Esame della giurisprudenza sul punto: le due pronunce della SC che hanno avuto ad oggetto la risoluzione della fattispecie, di segno opposto, sono Cass. 9219/1995 e Cass. 26672/2013, entrambe richiamate dalie parti. A tenore della prima pronuncia la violazione del limite dell’importo del credito garantito importa nullità per contrasto con norma imperativa, norma che non si pone a tutela dell’interesse della Banca o del cliente ma che è posta a tutela della collettività: A) Tutto il sistema del credito fondiario ed edilizio è di natura pubblicistica, non solo per la funzione economica che gli Istituti autorizzati dallo Stato esplicano nella raccolta e reimpiego del risparmio, ma anche per la funzione sociale che il sistema assolve, con un meccanismo che toglie all’ente mutante ed all’imprenditore mutuatario ogni libertà di azione, imponendo ad essi la rigorosa osservanza delle specifiche norme in materia, soprattutto per quanto concerne i limiti di somma e di garanzia”. Si sottolinea ancora la insufficienza della sanzione amministrativa per la tutela degli interessi sottesi alla norma.

– Secondo Cass. 26672/2013, invece il riferimento operato all’art. 117, 8 comma TUB è infondato non trattandosi di potere conformativo esercitato dalla Banca d’Italia ma di determinazione dell’oggetto del contratto ai sensi dell’art. 38 TUB; l’interesse perseguito è esclusivamente l’interesse bancario, cosicché la norma va. interpretata come norma di comportamento e non di validità, conseguendone non la nullità ma la sanzione amministrativa prevista dallo stesso testo unico (“In tale contesto si inserisce il limite di finanziamento dei mutui fondiari come norma volta ad impedire che le banche si espongano oltre un limite di ragionevolezza a finanziamenti a favore di terzi che, se non adeguatamente garantiti, potrebbero portare a possibili perdite di esercizio. Tale disposizione imperativa non incide però sul sinallagma contrattuale ma investe esclusivamente il comportamento della Banca tenuta ad attenersi al limite prudenziale stabilito dall’art. 38, comma 2, dei TUB e dalla circolare del Cier del 1995. Le disposizioni in questione non appaiono quindi volte ad inficiare norme inderogabili sulla validità del contratto ma appaiono norme di buona condotta la cui violazione potrà comportare l’irrogazione delle sanzioni previste dall’ordinamento bancario, qualora ne venga accertata la violazione a seguito dei controlli che competono alla Banca d’Italia, nonché eventuale responsabilità, senza ingenerare una causa di nullità, parziale o meno, del contratto di mutuo”).

La giurisprudenza di merito ha affermato entrambe le soluzioni: nel caso di ritenuta nullità, distinguendo tra nullità assoluta e nullità parziale.

– Soluzione in diritto della fattispecie

Il dato di fatto da cui occorre prendere le mosse ha riguardo alla valutazione della perizia, disposta dalla Banca nel 2007 e della perizia fatta svolgere dalla Curatela, essendo evidente che nel caso di rispetto del limite dell’80% nel rapporto tra il mutuo e l’immobile posto a garanzia, non vi sia spazio per ulteriore disamina. Tuttavia devono essere condivise le osservazioni svolte dalla Curatela. La relazione svolta dal (…) in data 13 dicembre 2006 appare infatti gravemente carente ed inattendibile alla luce anche dei criteri che devono informare dette relazioni e che si trovano descritte nella direttiva CEE 2000/12 all’art. 62 “Per valore del credito ipotecario si intende il valore dell’immobile determinato da un perito in base ad un prudente apprezzamento della futura negoziabilità dell’immobile stesso tenendo conto degli aspetti durevoli a lungo termine dell’immobile, delle condizioni normali e locali del mercato, dell’uso corrente dell’immobile e dei suoi appropriati usi alternativi. Nella stima del valore del eredito ipotecario non possono intervenire considerazioni di carattere speculativo. Il valore del credito ipotecario deve essere documentato in modo chiaro e trasparente applicabile ratione temporis.

Essa consta di una preliminare descrizione del bene mentre la valutazione si sostanzia nella sola applicazione di stima per comparazione, comparando inoltre una struttura sportiva (trattasi di piscine oltre vasche e spogliatoi e uffici a vario uso) a edilizia residenziale della zona attribuendo a tutte le superficie siano esse giardino vasca uffici magazzini centrale elettrice etc. il medesimo valore a metro quadro, pari a Euro 2000,00. Non occorre essere un tecnico per comprendere che il metodo comparativo con edilizia residenziale è dei tutto fuorviante, trattandosi di impianto sportivo che deve essere paragonato ai (pochi) complessi simili sul territorio urbano, Sono poi totalmente assenti riferimenti a strumenti oggettivi di valutazione quali l’OMI o analoghi. La determinazione finale porta ad un valore del bene pari a Euro 22.750.000,00 valore ictu oculi inverosimile per una realtà posta tra l’altro in una zona periferica rispetto alla città, nonostante io stesso perito della procedura dia atto di costante clientela e di riferimento ad un bacino di utenza ampio, h distanza di poco più di due anni la valutazione operata dal tecnico della Banca ha subito un aumento di valore di oltre il 40% (da Euro 16.100.000 della perizia (…) 1 giugno 2004 ai Euro 22.750.000 della perizia (…) 4 novembre 2006), in epoca cui come emerge dai dati Orni riportati dal perito della Curatela, il valore locativo dei beni in zona 8/mq era in calo. La perizia svolta dalla Curatela appare effettuata con maggiore rigore, ponendo a base della propria stima analitica per capitalizzazione dei redditi, i valori OMI. Appare pertanto non necessario procedere all’espletamento di altra età, anche attese le gravi superficialità che inficiano la perizia svolta dalla Banca. Sé allora il valore del1’immobile ai 2007 è quello indicato dalla Curatela occorre prendere posizione in ordine alla violazione del combinato disposto dell’art. 38 TUB e delle correlate disposizioni del CICR e della Banca d’Italia che sopra si sono riportate. L’art. 38 al II comma limita la concedibilità di finanziamenti fondiari ad una percentuale tra il finanziamento stesso e il valore del bene ipotecato e la delibera del CICR individua tale percentuale nell’80% del valore dell’immobile. Si conviene con Cass. 26672 sulla indipendenza tra la norma citata e l’art. 117 TUB che stabilisce un potere conformativo in relazione a tipi contrattuali da parte della Banca d’Italia sancendo la nullità dei contratti difformi. In effetti nel caso di specie non è la Banca d’Italia che crea il tipo o la clausola contrattuale, ma l’oggetto, la prestazione (concessione del finanziamento) che viene determinata nel massimo ammontare da norma secondaria: si tratta quindi di una norma che delimita una fattispecie negoziale già esistente. Tuttavia il Tribunale condivide solo sin a qui la ricostruzione operata dalla SC. In particolare procedendo nella disamina delle ragioni indicate dalla pronuncia del 2013 per contestare la valutazione di validità del contratto di finanziamento fondiario eccedente la percentuale dell’80%, la Cassazione parte da un presupposto non condivisibile, vale a dire la ricostruzione della norma in termini di protezione della Banca “in quanto è volta ad impedire che le banche assumano esposizioni finanziarie senza adeguate contropartite e garanzie”. La Banca non può essere considerato alla stregua di un qualsiasi operatore finanziario ma è l’operatore destinato alla raccolta e alla gestione del risparmio, determinato da una disciplina di sistema che ne regolamenta l’attività e che lo sottopone a particolari forme di controllo. Non si condivide in modo assoluto la ricostruzione della normativa di sistema come normativa a tutela del solo interesse bancario alla conservazione della integrità patrimoniale l’angolo visua1e della procedura fallimentare dà conto della esistenza e della rilevanza dell’interesse del ceto creditorio nel suo insieme, interesse che viene violato da un esercizio scorretto dell’erogazione dei credito; l’interesse del ceto creditorio fa parte poi di un più generale interesse al corretto andamento economico e quindi sociale, atteso che il mancato adempimento delle obbligazioni nei riguardi dei creditori meno tutelati crea un effetto a catena di fallimenti, perdite di posti di lavoro e crisi economica generale. Deve quindi ritenersi che la normativa che determina l’oggetto del contratto sia normativa imperativa la cui violazione determina nullità ex art. 1418 I comma c.c., così come ritenuto da cass. 9219/1995 sopra richiamata (“D’altra parte, è principio costante che, dove la legge ha regolato con limiti e vincoli l’attività creditizia, si tratta sempre di norme inderogabili ed imperative, preordinate al regolare andamento dell’attività stessa, che è essenziale nell’economia, nazionale (v. Cass. 6 maggio 1977 n. 1724; Sez. Unite 13 ottobre 1994 n. 8355”.

In ogni caso non convince la ricostruzione operata dalla SC nel 2013, della normativa che si esamina quale normativa volta a regolare il comportamento delle parti e non la genesi del rapporto contrattuale. Tale impostazione ricalca la più convincente giurisprudenza che ha “nomato” i contratti di investimento finanziario ricostruendo la violazione del dovere di informazione quale violazione di una norma di comportamento fonte di responsabilità. E’ agevole rilevare che una normativa che incide direttamente sull’oggetto del contratto attiene agli elementi essenziali dello stesso e non all’apposizione di doveri di comportamenti, che sono, conte nei caso dei doveri di informazione, estranei al contenuto tipico dell’obbligazione, non rigidamente determinati o determinabili, non necessariamente coevi alla genesi dell’obbligazione.

Né infine, può ritenersi l’applicabilità dell’art. 1419 c.c., nel senso invocato in via di ipotesi dell’Istituto di credito. Essa ha infatti eccepito che in caso di accoglimento delle ragioni della Curatela,’ la nullità andrebbe dichiarata per le somme erogate in supero rispetto al limite di finanziabilità. Non vi è infatti alcuna dimostrazione che 1 contraenti ed in particolar modo la Banca avrebbero concluso il contratto di finanziamento anche in assenza della particolare tutela data alla stessa dal credito fondiario. Si richiama la chiara motivazione di T. Venezia 26..7.2012 che integralmente si condivide: “La tesi della nullità parziale non persuade questo Collegio. In primo luogo, va osservato che la tesi del frazionamento del mutuo (fondiario fino al limite del massimo finanziabile e ordinario per l’eccedenza), non appare condivisibile e porterebbe ad effetti bizzarri quali il consolidamento dell’ipoteca per la porzione fondiaria e l’assoggettamento alla revocatoria fallimentare ex art. 67 L. F. per la porzione ipotecaria. È inoltre evidente che le parti hanno stipulato un unico contratto avendo ben presenti (con riferimento alla banca) le specificità ed i privilegi del credito fondiario rispetto al credito ipotecario (consolidamento dell’ipoteca in soli 10 giorni, esenzione da revocatoria fallimentare, possibilità di proseguire l’espropriazione individuale anche dopo il fallimento del debitore, etc.) e proprio in ragione di ciò è assai arduo ritenere che l’istituto di credito, in difetto del fondiario, avrebbe stipulato comunque un mutuo ipotecario ordinario”.

4. Calando la soluzione giuridica sopra esposta alla fattispecie in esame deve quindi rilevarsi quanto segue:

in ordine al I mutuo: come sopra indicato “Qualora i finanziamenti siano erogati sulla base di stati di avanzamento dei lavori il limite di finanziabilità deve essere rispettato durante ogni fase dell’esecuzione dei lavori” (Banca d’Italia, Istruzioni di Vigilanza per le Banche di cui alla circolare n. 229 del 21.4.1999 titolo V cap, I sez. II).

Non può essere pertanto finanziato più dell’80% delle opere eseguite e ciò ha una sua logicità. Posto infatti che il finanziamento fondiario non è più (esclusivamente) mutuo di scopo, tuttavia quando venga concesso per l’esecuzione di un’opera edilizia il raffronto deve essere compiuto ancora in relazione all’opera che viene eseguita, per avere un metro di valutazione e controllo oggettivo, similmente a quanto avviene per il finanziamento che si rapporta al valore finale del bene posto a garanzia. Il primo mutuo fondiario ha avuto il seguente andamento, già sopra descritto: valutazione del bene al momento della stima, Euro 2.150.000,00: erogazione di Euro 1.500.000 alla stipula del contratto; le erogazioni successive seguono le ispezioni dell’Ing. (…) del 16.12.20 04 (finanziamento in data 18.1.2005, per Euro 1.500.000,00), del 13.6.2005 (finanziamento in data il 23.6.2005, per ulteriori 2 milioni) e del 21.9.2005 (finanziamento in data 27.9.2005, per ulteriori 2 milioni) e del 21.9.2005 (finanziamento in data 27.9.2005) per ulteriori Euro 1.400.000,00), infine alla stipula del 2 mutuo, in data 12.3.2007, i residui Euro 100.000,00.

L’assoluta genericità delle relazioni ispettive (oltre l’aspetto relativo alla assenza di data certa opponibile al Curatore: Cass. civ. Sez. Unite, 20/02/2013, n. 4213 Poiché nel procedimento di accertamento del passivo il curatore fallimentare assume la posizione di terzo, le scritture private a fondamento del credito sono soggette ai limiti probatori di cui all’art. 2704 c.c. e debbono quindi essere munite di data certa) che descrivono i SAI” in meno di dieci righe, non consente il controllo del rispetto del limite di finanziabilità che pure è onere della Banca dimostrare. In esse infatti è assente qualsiasi ricostruzione analiticamente descrittiva delle opere compiute e dei valori ad esse attribuiti (“con la constatazione di quanto realizzato in cantiere… realizzazione del 2 impalcato in c.a. e pilastri sovrastanti su cui impostare la copertura per l’intero corpo di fabbrica principale, volumi interrati già dotati di pavimentazione industriale il sottoscritti ritiene che con riferimento alla stima del giugno 2004 il sai odierno raggiunga il 25,21% …” et similia). Né aggiungono nulla gli allegati i quali operano una ricostruzione del “valore venale odierno” rimandando ad un Sal che non viene prodotto e che pertanto non è controllabile.

L’onere della prova a carico della Banca deriva dall’inerenza dei fatto da provare alla posizione soggettiva (essendo evidentemente impossibile per il creditore accedere alla documentazione della Banca o avere le adeguate conoscenze per attivare ritualmente la richiesta ex art. 210 c.p.c.). In ogni caso soccorrono le valutazioni circa l’inattendibilità della perizia compiuta dalla Barca in sede di erogazione del mutuo). Trattasi infatti di una valutazione del seguente tenore “il bene immobile come risulta dal prospetto allegato è stato valutato nello stato attuale col metodo della stima sintetica a valore venale … il valore di mercato odierno più probabile risulta essere pari a circa Euro 2.150.000,00 il valore di mercato ad. opera compiuta più probabile potrà risultare pari a circa Euro 16.100.000,00”. L’allegato indica dei costi unitari a metro quadro non giustificati ed un valore venale finale che consiste unicamente nel raddoppio del valore di costo (v. doc. 21).

Consegue da quanto sino ad ora motivato, la nullità del I contratto di mutuo stipulato.

– Quanto al II mutuo, deve rilevarsi che la nullità emerge dal rapporto tra quanto finanziato e il valore dell’opera come indicata dal perito della Curatela, per le ragioni che si sono sopra indicate. Dato il valore del bene all’epoca pari a Euro 11.750.000,00, l’importo finanziabile, oltre i 6,5 milioni già finanziati era pari a Euro 2.900.000,00 (l’80% del valore del bene è pari a Euro 9.400.000) 2.900.000, Ne consegue che il finanziamento di Euro 5 milioni era ampiamente al disopra del limite di finanziabilità, con declaratoria di nullità della pattuizione contrattuale. La reiezione dell’opposizione comporta anche la reiezione della domanda di collocazione ipotecaria degli interessi ex art. 2855 c.c.

La soccombenza comporta condanna alle spese.

P.Q.M.

rigetta la opposizione avanzata da (…) contro lo stato passivo del (…) e condanna la prima alla rifusione delle spese sostenute dalla Curatela della seconda che liquida in Euro 29.000,00 per onorari oltre IVA e CAP e rimborso forfetario.

Così deciso in Firenze l’8 ottobre 2014.

Depositata in Cancelleria il 30 ottobre 2014.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.