le condizioni dell’azione revocatoria ordinaria, com’è noto, consistono, ai sensi dell’art. 2901 c.c.:
a) nell’esistenza di un valido rapporto di credito tra istante e convenuto disponente;
b) in un atto di disposizione posto in essere dal debitore;
c) nel pregiudizio arrecato dall’atto traslativo posto in essere dal debitore alle ragioni creditorie, danno inteso come lesione della garanzia patrimoniale derivata (eventus damni);
d) in un presupposto soggettivo, scientia damni, ovvero la consapevolezza in capo al debitore che l’atto di disposizione diminuisse la consistenza della garanzia patrimoniale assicurata ai creditori dal proprio patrimonio;
e) nella consapevolezza del terzo acquirente del pregiudizio per il creditore del venditore (scientia damni del terzo).

Puoi scaricare la presente sentenza in formato PDF, effettuando una donazione in favore del sito, attraverso l’apposito link alla fine della pagina.

Tribunale|Catania|Sezione 3|Civile|Sentenza|7 luglio 2022| n. 3168

Data udienza 7 luglio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI CATANIA

TERZA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice onorario Dott.ssa Maria Cristina Sardo

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. R.G. 17565/2016 promossa da:

(…) S.P.A (P.IVA. (…)), oggi (…), società cooperativa per azioni (P.IVA (…)), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, Dott. (…), con il patrocinio dell’Avv. GA.SP., elettivamente domiciliata presso il suo studio in Viale (…), CATANIA;

ATTRICE

Contro:

(…) (C.F. (…) ) e (…) (C.F. (…) ), entrambi con il patrocinio dell’Avv. SA.GA. elettivamente domiciliati presso il suo studio, in via (…), CATANIA;

CONVENUTI

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato il 06/10/2016, la (…) s.p.a. ha convenuto in giudizio i coniugi (…) e (…), chiedendo al Tribunale di Catania adito di: “Accertare la fondatezza della presente azione e per l’effetto, disporre la revocatoria, dichiarando inefficace nei confronti della (…) s.p.a. l’atto di costituzione di fondo patrimoniale costituito il 25 luglio 2013 con atto rogato in Notaio (…), repertorio (…), Raccolta (…), trascritto il 29 luglio 2013, limitatamente all’immobile costituito in fondo patrimoniale dal signor (…), facente parte del complesso edilizio sito in C., via C. N. 12, composto da autorimessa, locale cantina, ingresso, corridoio, disimpegno, lavanderia e locale caldaia al piano seminterrato, un salone e quattro accessori al piano rialzato, quattro vani e cinque accessori al primo piano, un locale stenditoio al piano di copertura, con annesso terreno a verde. identificato al Catasto al Foglio (…) particella (…) sub (…) e sub (…), con ogni conseguenza di legge. Con la condanna al pagamento delle spese. diritti ed onorari di giudizio”.

Premetteva all’uopo, l’attrice che:

– Il 16 dicembre 2009, (…) nella qualità di legale rappresentante della “(…) s.r.l.”, aveva aperto presso l’agenzia di Catania della (…) s.p.a., il conto corrente numero 01/01/00830, sul quale contestualmente, aveva richiesto ed ottenuto un fido di Euro 30.000,00, costituendosi fideiussore personale della (…) s.r.l. nei confronti della (…) s.p.a., sino alla concorrenza di 45.000,00 Euro;

– Il 2 febbraio 2010 la (…) s.r.l. aveva ottenuto l’incremento dell’affidamento in conto corrente sino a Euro 50.000,00, lasciando invariate tutte le altre condizioni;

– (…) s.r.l. tuttavia, dal 2012 aveva utilizzato irregolarmente l’apertura di credito, mantenendo costantemente un saldo negativo superiore all’affidamento concesso, tanto che la (…), con nota del 20 giugno 2013, aveva comunicato la revoca dell’affidamento ed il recesso dal contratto di conto corrente, diffidando la società debitrice ed il fideiussore al rimborso del debito allora maturato di Euro 55.254,21, oltre gli interessi;

– La (…) poi, vista l’ulteriore inerzia dei debitori, aveva tentato di comporre la lite mediante la procedura di mediazione, che tuttavia si era conclusa col verbale negativo del 12 marzo 2014, per mancata adesione;

– Nonostante ciò, né il debitore principale, né il fideiussore avevano provveduto ad adempiere alle loro obbligazioni ed alla data del 2 luglio 2014, il debito ammontava ad Euro 64.656,01;

– La (…), quindi, aveva chiesto ed ottenuto il Decreto Ingiuntivo n. 5224/2014, emesso il 26 novembre 2014, nel procedimento con numero di R.G. 11237/2014, con cui il Tribunale di Catania aveva ingiunto alla (…) s.r.l., a (…) ed agli altri fideiussori di pagare la somma di Euro 64.656,01 oltre gli interessi e le spese della procedura, (specificando per i fideiussori il limite di 45.000,00 Euro ciascuno, corrispondente al massimale della fideiussione prestata);

– I debitori, ricevuta la notifica del decreto ingiuntivo, avevano proposto un’opposizione meramente dilatoria, ed il giudizio era in quel momento pendente innanzi la IV Sezione del Tribunale di Catania, con numero di R.G. 5061/2015;

– Il signor (…), nella doppia veste di legale rappresentante della (…) s.r.l. e di fideiussore personale, quando già l’andamento delle posizioni aperte con la (…) odierna attrice mostrava una chiara sofferenza, avendo già ricevuto la raccomandata del 20 giugno 2013 con cui la (…) aveva comunicato la revoca degli affidamenti ed il recesso dal contratto di conto corrente, aveva iniziato a porre in essere tutte le iniziative volte a sottrarre sia la società che la sua persona dalle obbligazioni assunte;

– Ed infatti, assieme alla moglie, (…), con atto del 25 luglio 2013 (dopo appena un mese dalla revoca degli affidamenti), aveva costituito l’impugnato fondo patrimoniale, conferendovi l’unico bene immobile di sua esclusiva proprietà, costituito da una villa di 14,5 vani catastali e relativo garage di pertinenza, sita in C., via C. N. n. 12, identificata al Foglio (…), particelle (…) sub (…) e sub (…);

– Il medesimo inoltre, aveva modificato la denominazione sociale della (…) s.r.l. in (…) s.r.l., cedendo le quote sociali e la carica di amministratore a tale (…), il quale dopo aver spostato la sede legale in Z. E., C.da (…) G., aveva provveduto a porre la società in liquidazione;

– Tanto, documentalmente provato, era sufficiente a comprovare come la costituzione del fondo patrimoniale, avvenuta appena un mese dopo la revoca degli affidamenti ed il recesso dal contratto di conto corrente, costituiva una delle azioni poste in essere da (…) col chiaro intento di sottrarre i propri beni ai creditori ed in particolare alla (…) attrice, a nulla rilevando i bisogni della famiglia;

– Richiamato l’art. 2901 c.c., l’attrice evidenziava che non potessero esistere dubbi sulla possibilità di revocare il fondo patrimoniale, poiché questo, col conferimento dei beni da parte del debitore, costituiva atto di diminuzione della garanzia e dunque fonte di pregiudizio per i creditori, che avevano titolo per agire in revocatoria, nella concorrenza dei presupposti consistenti nell’esistenza di un valido rapporto di credito, nell’effettività del danno e nella consapevolezza che l’atto di disposizione diminuisse la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori;

– Peraltro, trattandosi di atto a titolo gratuito, per il valido esercizio dell’actio pauliana da parte del creditore nei confronti dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale successivo all’insorgere del credito, era sufficiente la contestuale presenza dell’eventus e della scientia damni;

– Quanto alla prima condizione (eventus damni), nel caso concreto, (…), con la costituzione del fondo patrimoniale, si era spogliato dell’unico bene di proprietà esclusiva e sostanzialmente aggredibile, essendo rimasto proprietario solo della quota di 1/6 di alcuni garage di nessun interesse commerciale ed il danno per il creditore, quale fondamento dell’azione, poteva consistere anche solo nella maggiore difficoltà o incertezza nell’esazione coattiva del credito conseguente all’atto dispositivo, ovvero in una variazione quantitativa o qualitativa del patrimonio del debitore;

– Per quanto riguardava il requisito della scientia damni, trattandosi di debiti insorti anteriormente alla costituzione del fondo, era sufficiente la consapevolezza di arrecare pregiudizio delle ragioni del creditore, non essendo necessaria la dolosa preordinazione dell’atto né, tantomeno della conoscenza o partecipazione da parte del terzo;

– L’atto revocando era stato posto in essere appena un mese dopo la revoca degli affidamenti e la diffida al pagamento del debito maturato nei confronti della (…);

– Inoltre, il signor (…), nel medesimo periodo, aveva posto in essere una serie di atti che dimostravano la preordinazione a sottrarre il proprio patrimonio ai creditori, con la costituzione del fondo patrimoniale, la cessione delle quote della (…) s.r.l. e le dimissioni dalla carica di amministratore, aveva sostanzialmente dismesso tutto il suo patrimonio, sottraendo la totalità dei propri beni alla garanzia dei creditori;

– (…), al momento del sorgere del credito, rivestiva il doppio ruolo di legale rappresentante del debitore principale ((…) s.r.l.), e di fideiussore personale. Si costituivano in giudizio, con comparsa di costituzione e risposta del 06/02/2017, i coniugi (…) e (…) i quali eccepivano l’infondatezza della domanda attorea e ne chiedevano il rigetto, con la conferma dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale.

– I convenuti eccepivano, in particolare che:

a) Il presunto credito vantato da parte attrice era stato interamente contestato in sede giudiziaria;

b) Il presunto credito era garantito dal patrimonio immobiliare di proprietà della debitrice principale della (…) attrice che era la (…) s.r.l. in liquidazione;

– Con atto di citazione in opposizione a Decreto ingiuntivo del 27/03/2015, (…) e (…) avevano proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 5224/2014 chiedendone la riforma, la revoca o l’annullamento per i motivi ivi descritti, ed il giudizio era ancora pendente;

– L’atto impugnato non poteva essere revocato perché mancavano i presupposti richiesti dall’art. 2901 e seguenti c.c. poiché il presunto credito era stato interamente contestato in sede giudiziale ed inoltre, con ordinanza del 02/11/2015, il G.U. Dott. (…), in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, aveva rigettato l’istanza di provvisoria esecuzione dello stesso e con successiva ordinanza del 18/07/2016, aveva disposto c.t.u. contabile al fine di rideterminare il saldo del conto corrente oggetto del presunto credito portato dal decreto ingiuntivo opposto e ciò comprovava l’inesistenza di un valido e certo rapporto di credito;

– Quanto all’eventus damni, il conferimento in fondo patrimoniale dei beni di proprietà dei convenuti non poteva in alcun modo costituire circostanza che realizzava una modificazione peggiorativa della situazione patrimoniale;

Il debitore principale della (…) attrice era la (…) s.r.l. in liquidazione, la quale società, all’epoca della stipulazione dell’atto, era in grado di potere garantire l’adempimento delle eventuali pretese degli eventuali creditori con il suo patrimonio immobiliare di cospicuo valore economico per cui non si era attuata una rilevante variazione del patrimonio dei convenuti, e ciò anche in considerazione della circostanza che controparte non aveva provato nulla in ordine all’importo del presunto credito che essa assumeva insorto all’epoca della stipulazione del succitato atto;

Alla luce di quanto sopra, appariva dimostrato come l’intenzione dei convenuti non fosse quella di arrecare pregiudizio ai propri creditori o di diminuire la propria garanzia bensì, naturalmente e semplicemente, quella di tutelare le esigenze della propria famiglia;

La stipula del succitato atto non poteva pregiudicare il presunto ed eventuale creditore, (…) S.p.A. in quanto, contrariamente a quanto sostenuto in atto di citazione, non si era attuata una rilevante variazione del patrimonio dei convenuti, e ciò anche in considerazione dell’importo del presunto credito, di gran lunga inferiore alla consistenza patrimoniale della debitrice principale;

Era evidente pertanto, la mala fede con la quale (…) agiva in revocatoria, lamentando una presunta quanto inesistente lesione della propria garanzia patrimoniale;

Inoltre, non era rinvenibile alcun intento di sottrazione della garanzia patrimoniale creditoria da parte degli convenuti né, tantomeno potevano considerarsi fornite di pregio logico e giuridico le affermazioni dell’attrice, stante l’assolutamente labiale ricostruzione effettuata dalla stessa, smentita anche dalla circostanza che l’atto costitutivo del fondo patrimoniale era stato stipulato in data anteriore al sorgere del presunto credito in capo alla (…) S.p.A., richiesto con ingiunzione nel 2014;

Stante la palese infondatezza delle argomentazioni formulate dall’attrice, neanche fondate su prove che potessero dimostrare inconfutabilmente un qualsiasi intento fraudolento dei convenuti, l’intentata azione intrapresa dalla (…) attrice non avrebbe potuto trovare accoglimento alcuno da parte del Tribunale;

Per tali motivi, non potevano assolutamente ritenersi sussistenti gli elementi richiesti dalla legge per l’accoglimento della proposta azione revocatoria ex art. 2901 c.c., e, quindi, la relativa domanda formulata dalla (…) attrice andava rigettata.

Alla prima udienza del 07/02/2017, i procuratori delle parti insistevano nelle rispettive richieste ed in particolare il procuratore il procuratore dell’attrice eccepiva la tardività delle eccezioni sollevate da parte convenuta, attesa la costituzione di parte convenuta solo quel giorno. Il precedente Giudice Onorario, assegnava alle parti i termini di cui all’art. 183 c.p.c., riservando all’esito ogni determinazione in merito all’eccezione preliminare;

Con memoria ex art. 183 comma VI n. 1 c.p.c. depositata il 03/03/2017, parte attrice, ad integrazione e migliore specificazione delle domanda avanzate, chiedeva altresì che venisse dichiarata la simulazione assoluta o, in subordine, la nullità per vizio causale della costituzione del fondo patrimoniale, costituito non per i bisogni della famiglia, ma col chiaro intento di sottrarre il bene ai creditori, e/o la nullità per vizio causale con la conseguente declaratoria di inefficacia dello stesso per illiceità del motivo.

Con memoria ex art. 183, comma VI n. 3 c.p.c. depositata il 03/05/2017, parte convenuta dichiarava che l'(…) s.r.l. in liquidazione, era proprietaria dell’immobile sito in C., Corso I. A. Viale V. V., e all’uopo produceva i relativi atti di vendita del 22/02/1989 con nota di trascrizione e atto di trasferimento del 22/04/05. In via istruttoria, chiedeva disporsi CTU al fine di accertare e determinare il valore del superiore immobile.

All’udienza del 23/06/2018, entrambi i procuratori delle parti chiedevano rinvio per la precisazione delle conclusioni.

Con memoria di costituzione del 09/10/2019, depositata in pari data, si costituiva in giudizio la (…) di (…) Società Cooperativa per azioni, in persona del suo legale rappresentante, rilevando che, con decreto dell’Assessore all’Economia della Regione Siciliana del 26/04/2018 n. 368, era stata disposta la liquidazione coatta amministrativa della (…) s.p.a. alla quale, con atto in notar (…) del 27/04/2018, erano state cedute le attività e le passività costituenti l’azienda bancaria. La detta (…) faceva quindi proprie tutte le domande, eccezioni e difese della (…) s.p.a. e chiedeva accertarsi la fondatezza dell’azione e per l’effetto disporre la revocatoria richiesta, accertare la natura simulata della costituzione del fondo patrimoniale ed in subordine la sua nullità ed inefficacia per illicietà del motivo;

Dopo alcuni rinvii, la causa veniva posta in decisione con l’assegnazione dei termini di legge per lo scambio di comparse conclusionali e memorie di replica.

Venivano infine depositate le comparse conclusionali e le memorie di replica.

In particolare, parte attrice evidenziava, tra l’altro, nella propria comparsa conclusionale, che il credito era definitivamente accertato, essendo divenuto definitivo il decreto ingiuntivo 5224/2014, e che la (…) era stata dichiarata fallita con Sentenza del 13 luglio 2017 numero 103.

Nella propria comparsa conclusionale, parte convenuta, invece, insisteva nel rilevare che era provato come il presunto credito che l’attrice riteneva di vantare fosse integralmente contestato e che debitore il principale della (…) attrice era la (…) s.r.l. in liquidazione, oggi fallita, che all’epoca della stipulazione dell’atto, era in grado di poter garantire l’adempimento delle eventuali pretese degli eventuali creditori, soprattutto in considerazione della fondamentale circostanza che il patrimonio immobiliare di detta società ben poteva garantire le eventuali pretese creditorie essendo di cospicuo valore economico.

Venivano quindi scambiate anche le memorie di replica, con cui le parti insistevano nelle rispettive richieste ed eccezioni.

La domanda attorea è fondata e va accolta.

E’ opportuno premettere, in linea generale, che l’azione revocatoria è uno strumento per la tutela indiretta del diritto del creditore poiché svolge la funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata a quest’ultimo dal patrimonio del suo debitore al fine di permettergli il soddisfacimento coattivo del suo credito (cfr. Cass. 23/09/2004 n. 19131). In particolare, non si tratta di un azione di nullità bensì di inefficacia relativa dell’atto impugnato, la cui validità quindi non è posta in discussione: con essa si domanda solamente che l’atto impugnato, ancorché valido in sè stesso, sia dichiarato inefficace nei confronti del creditore agente sicché il bene non ritorna nel patrimonio dell’alienante ma resta soggetto all’aggressione del creditore agente nella misura necessaria a soddisfare le sue ragioni e l’azione giova unicamente al creditore che l’ha esercitata confronta (cfr., ex multis, Cassazione Civile n. 5455 del 2003 n. 7127 del 2001 n. 1804 del 2000).

L’articolo 2901 c.c. infatti dispone che il creditore può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore reca pregiudizio alle sue ragioni, con il concorso dei requisiti previsti.

La citata norma, peraltro, come costantemente chiarito dalla Suprema Corte, non distingue tra le varie categorie di crediti e le relative fonti e accoglie una nozione molto ampia di credito, comprensiva della ragione o aspettativa con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza di liquidità ed esigibilità, ciò in linea con la specifica funzione della revocatoria che, come si è già detto, non ha intenti restauratori nei confronti del debitore ovvero del creditore istante ma tende unicamente restituire la garanzia generica assicurata a tutti i creditori e quindi anche a quelli meramente eventuali (cfr. sostanzialmente in tal senso Cass. Civ. n. 3981 del 2003; Cass. n. 14166 del 2001; Cass. n. 12672 del 2001; Cass. n. 12144 del 1999).

Orbene, le condizioni dell’azione revocatoria ordinaria, com’è noto, consistono, ai sensi dell’art. 2901 c.c.:

a) nell’esistenza di un valido rapporto di credito tra istante e convenuto disponente;

b) in un atto di disposizione posto in essere dal debitore;

c) nel pregiudizio arrecato dall’atto traslativo posto in essere dal debitore alle ragioni creditorie, danno inteso come lesione della garanzia patrimoniale derivata (eventus damni);

d) in un presupposto soggettivo, scientia damni, ovvero la consapevolezza in capo al debitore che l’atto di disposizione diminuisse la consistenza della garanzia patrimoniale assicurata ai creditori dal proprio patrimonio (Cass. n. 3546 del 2004);

e) nella consapevolezza del terzo acquirente del pregiudizio per il creditore del venditore (scientia damni del terzo).

Nel caso di specie:

1) Quanto alla prima condizione, di cui supra, ossia quella di cui sub a): “l’esistenza di un valido rapporto di credito tra istante e convenuto disponente”:

Risulta documentalmente l’esistenza del credito della (…) attrice nei confronti della (…) s.r.l. (mentre non è stata provata la dedotta successiva trasformazione della detta società in (…) s.r.l. il che comunque non rileva ai nostri fini) e conseguentemente anche del fideiussore (…).

Al riguardo si vedano: 1) il contratto di apertura di credito in conto corrente – allegato 2 all’atto di citazione; 2) la lettera di fideiussione del 16/12/2009 – allegato 3; 3) il Decreto Ingiuntivo del Giudice Dott. A. Fichera del Tribunale di Catania reso nel proc. R.G. 11237/2014 (ove è stato ingiunto ai fideiussori della (…) s.r.l., tra cui (…), di pagare alla (…) ricorrente la somma di Euro 64,656,01, oltre interessi e spese) e successivo decreto di correzione dell’errore materiale che ha rideterminato la cifra dovuta dai garanti, limitandola fina alla concorrenza dell’importo di Euro 45.000,00, somma garantita.

Invero, in merito alla individuazione del momento di insorgenza del credito della (…) attrice, parte convenuta ha eccepito, rispetto all’atto di costituzione del fondo (del 25/07/2013), la successiva insorgenza del credito, al momento della notifica del decreto ingiuntivo (23/02/2015).

Non è così, tuttavia, in quanto il credito della (…) attrice era già sorto sicuramente al 20/06/2013, come dimostrato dalla lettera di recesso dal contratto di conto corrente e di revoca dell’affidamento (cfr. allegato 7 all’atto di citazione) inviata dalla (…) stessa invitava la società debitrice ed i garanti (tra cui (…)) al “rimborso integrale entro e non oltre 15 giorni dal ricevimento della presente, della complessiva somma 55.254,21 quale saldo debitore del vostro c/c n. (…), oltre interessi spese e commissioni dovute …”

Né parte convenuta ha provato l’attuale pendenza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, o la sua definizione con una sentenza di accoglimento che annullasse il decreto ingiuntivo stesso per inesistenza del credito.

E’ certo, a questo punto, che l’atto di costituzione del fondo patrimoniale è posteriore al sorgere dell’esposizione debitoria della (…) s.r.l. ed al debito da fideiussione di (…).

In ogni caso, anche se la costituzione del fondo fosse stata anteriore, l’atto sarebbe comunque revocabile poiché la giurisprudenza ritiene che “Il fondo patrimoniale può essere revocato ai sensi dell’art. 2901 c.c. quando sia stato costituito in epoca anteriore all’assunzione di una garanzia fideiussoria. L’animus nocendi richiesto dall’art. 2901, comma 1, n. 1, c.c. è integrato dal mero dolo generico, non essendo necessaria la ricorrenza del dolo specifico, e va provato dal soggetto che lo allega, ma può essere accertato anche mediante il ricorso a presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito” (Corte Appello Ancona, sez. II, 24/09/2019, n.1392).

Non è peraltro necessario, ai fini della revoca, che il credito della (…) attrice fosse consacrato da un Decreto Ingiuntivo in data antecedente alla costituzione del fondo patrimoniale tra i coniugi, non essendo necessaria l’esigibilità del credito stesso.

Infatti, secondo la giurisprudenza, ai fini della revoca dell’atto è sufficiente l’esistenza di un debito e non anche la sa esigibilità. Si legge invero in alcune pronunce: “L’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la semplice esistenza di un debito, e non anche la sua concreta esigibilità, con la conseguenza che, concessa fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse all’apertura di credito regolata in conto corrente, gli atti dispositivi del fideiussore successivi alla detta apertura di credito ed alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901, n. 1, prima parte, c.c., in base al mero requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (“scientia damni”) ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento, giacché l’insorgenza del credito deve essere apprezzata con riferimento al momento dell’accreditamento e non a quello, eventualmente successivo,dell’effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione” (Cassazione civile sez. VI, 03/06/2020, n.10522).

2) Quanto alla seconda condizione, di cui supra, sub b); “atto di disposizione posto in essere dal debitore”: è stato prodotto in atti ed è comunque incontestato, l’atto di costituzione del fondo patrimoniale in notar (…) di C. del 25/07/2013, con cui (…)R. ha costituito in fondo patrimoniale una villa di 14,5 vani catastali e relativo garage di pertinenza, sita in C., via C. N. n. 12, identificata in Catasto al Foglio (…), particelle (…) sub (…) e sub (…) e la moglie (…) ha costituito nel medesimo fondo la bottega in C. via P. nn. 11 e 13, identificata in Catasto al Foglio (…), mappale (…), sub. (…).

3) Quanto alla terza condizione, ossia all’eventus damni, cioè il pregiudizio arrecato dall’atto traslativo posto in essere dal debitore alle ragioni creditorie, danno inteso come lesione della garanzia patrimoniale derivata: l’atto di disposizione di cui in questa sede si chiede la revoca è l’atto di costituzione del fondo patrimoniale, atto che ha costituito certamente un danno per la creditrice (…) s.p.a. (oggi (…) di (…) Società Cooperativa per azioni), avendo pregiudicato la garanzia patrimoniale del credito.

In proposito non è stata fornita dai convenuti, sui quali incombeva il relativo onere, la prova (ad esempio con visure ipocatastali aggiornate) che, al momento dell’atto del 25/07/2013, vi fossero altri beni del fideiussore o della debitrice principale né che il patrimonio residuo dei debitori fosse di dimensioni tali, in rapporto alla esposizione debitoria, da garantire il soddisfacimento dei creditori.

I convenuti hanno labialmente dichiarato che la società debitrice principale è proprietaria dell’immobile sito in C., C.I.A. Viale V. V. ma si sono infatti limitati a produrre – peraltro tardivamente, in allegato alla propria memoria ex art. 183 n. 3 c.p.c. del 02/05/2017 – solo l’atto di acquisto del locale bottega in notar Riggio del 22/02/1989, con nota di trascrizione e l’atto di scissione di società a responsabilità limitata in notar (…) del 22/04/2005, che ben potrebbero essere stati superati da successivi trasferimenti e disposizioni convenzionali.

Quindi, non è stato provato agli atti del presente giudizio con idonea documentazione che ancora, al momento della stipula dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale, residuasse un patrimonio dei debitori sufficiente a costituire garanzia patrimoniale per i creditori.

Orbene, con la recente ordinanza n. 23907/2019 del 25 settembre 2019, la Corte di Cassazione ha richiamato l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale è onere del debitore dimostrare non solo di essere titolare di altri immobili, ma anche che il suo patrimonio residuo sia di entità tale da risultare sufficiente a garantire i creditori. Difatti, in tema di revocatoria ordinaria, non essendo richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza del patrimonio del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, l’onere di provare l’insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe sul convenuto che eccepisca, per questo motivo, la mancanza dell’eventus damni (Cass. 03/02/2015, n. 1902; Cass. 29/03/2007, n. 7767). Ancor più di recente, con ordinanza n. 19207 del 19/07/2018, la Suprema Corte ha ribadito che grava sul creditore l’onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore.

In definitiva, il principio enunciato dalla Cassazione è quello secondo cui, nelle azioni di revocatoria ordinaria, l’onere di dimostrare le modificazioni della garanzia patrimoniale grava sul creditore, mentre il debitore è tenuto a provare che il suo patrimonio residuo è in grado di soddisfare le ragioni del creditore, cosa che non è avvenuta nel presente giudizio.

4) Quanto alla consapevolezza del pregiudizio da parte del debitore (scientia damni del debitore).

Preliminarmente si rileva che, essendo l’atto di costituzione del fondo patrimoniale successivo e non anteriore al sorgere del credito (per come testè esplicitato) il creditore istante non è tenuto a fornire la prova che l’atto fosse “dolosamente preordinato” al fine di pregiudicare il soddisfacimento del credito, ma solo di provare la scientia damni (art. 2901 comma secondo n. 1 c.c.), che comunque può ben essere provata a mezzo di presunzioni. Infatti, in tema di condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, la prova del requisito della consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori può essere fornita anche mediante presunzioni (Cassazione civile, sez. II, 11 febbraio 2005, n. 2748). Ed invero, nella fattispecie, appare ricorrere la presunzione di tale conoscenza poiché il (…) non poteva non avere conoscenza dei debiti che la società da lui garantita stava accumulando con la (…) anche perché, al momento della costituzione dei beni in fondo patrimoniale (25/07/2013) lo stesso (…) aveva già ricevuto la raccomandata del 20/06/2013 con cui la (…) Economico recedeva dal contratto di conto corrente, revocava l’affidamento e chiedeva il rimborso (alla società debitrice ed ai fideiussori) della somma di Euro 55.254,21 ed è quindi presumibile che fosse a conoscenza del danno che avrebbe cagionato al creditore – (…), sottraendogli la garanzia patrimoniale del bene immobile con la costituzione del fondo patrimoniale.

Alla luce degli elementi documentali e indiziari forniti dall’attrice, ritiene pertanto questo Giudice che sia evidente la consapevolezza dei convenuti di recare, con l’atto costitutivo di fondo patrimoniale, pregiudizio alle ragioni dei creditori.

Infatti, l’articolo 170 c.c. pone precisi limiti all’esecuzione sui beni e sui frutti del fondo, quando l’esecuzione riguardi debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

In definitiva, con l’iniziativa dei convenuti, l’attrice non potrebbe in alcun modo aggredire i beni, poiché le obbligazioni da cui nasce il credito sono certamente riconducibili a obbligazioni nate in forza della fideiussione prestata dal (…) e non ai bisogni della famiglia.

La Suprema Corte ritiene pacifico che sia esperibile anche per la costituzione di un fondo patrimoniale, come rimedio da parte del creditore, l’azione revocatoria ordinaria prevista dall’art. 2901 c.c. Detta norma, come visto, autorizza il creditore a domandare che sia dichiarato inefficace nei suoi confronti l’atto con cui il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrano due condizioni: che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore; che, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio.

Quest’ ultimo requisito (che si usa definire scientia damni del terzo), tuttavia, nel caso in esame non va preso in considerazione nel caso di specie, atteso che la costituzione del fondo patrimoniale va considerata pacificamente come atto a titolo gratuito (Cass. nn. 10725/1996, 6954/1997, 8379/2000, 4933/2005). Invero, la costituzione di un fondo patrimoniale è atto a titolo gratuito, e ciò non soltanto nell’ipotesi in cui provenga da un terzo o da uno solo dei coniugi, ma anche quando provenga da entrambi i coniugi, non sussistendo mai alcuna contropartita in favore del costituente o dei costituenti, come tale soggetto alla azione de qua(Tribunale Catania sez. III, 17/06/2020, n. 2092).

Ancora, il Tribunale di Catania ha evidenziato che “L’atto di costituzione del fondo patrimoniale, anche quando è posto in essere dagli stessi coniugi, costituisce un atto a titolo gratuito che può essere dichiarato inefficace nei confronti del creditore, qualora ricorrano le condizioni di cui al n. 1 dell’art. 2901 c.c. Nell’ambito della nozione lata di credito accolta dalla norma citata, non limitata in termini di certezza, liquidità ed esigibilità, ma estesa fino a comprendere le legittime ragioni o aspettative di credito – in coerenza con la funzione propria dell’azione revocatoria, la quale non persegue scopi specificamente restitutori, bensì mira a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori – deve considerarsi ricompresa la fideiussione” (cfr. Tribunale di Catania sez. III, 14/10/2019, n.4060).

Conclusivamente, nel caso di specie sussistono i presupposti tipici dell’azione revocatoria (c.d. “azione pauliana”): il credito dell’attrice in revocatoria, l’eventus damni e la scientia damni del debitore.

Il credito è provato dalla documentazione bancaria, dalla lettera di recesso della (…) e dal decreto ingiuntivo e successivo decreto di correzione di errore materiale, che non risulta peraltro attualmente oggetto di giudizio di opposizione, diversamente da quanto affermato labialmente dai convenuti; difatti, a fronte della specifica eccezione della (…) attrice, contenuta in comparsa conclusionale, per cui “il giudizio istaurato innanzi la IV Sezione di Codesto Tribunale, con numero di R.G. 5061/2015, si è estinto per la mancata riassunzione, con la conseguente definitività del Decreto Ingiuntivo opposto”, nulla ha addotto né provato parte convenuta nella memoria di replica o comunque in corso di giudizio.

Ma anche se l’opposizione al decreto ingiuntivo fosse pendente, si verterebbe nella ipotesi di credito litigioso, per il quale, secondo Cass. 1893/2012, l’azione revocatoria ordinaria è ammissibile.

L’eventus damni sussiste perché la costituzione del fondo patrimoniale è, di fatto, suscettibile di rendere più incerta, difficile o impossibile la soddisfazione del credito (Cass. nn. 6272/1997, 6676/1998, 2971/1999, 12144/1999) giacché, considerate le limitazioni all’esecuzione poste dall’articolo 170 c.c., riduce la garanzia generale del creditore sul patrimonio dei costituenti (e ciò a prescindere dalle vane eccezioni formulate sul punto dai convenuti, poiché i beni residui del (…) sono solo quote di 1/6 di alcuni garage, come risultante dalle visure sulla consistenza patrimoniale dello stesso prodotta dall’attrice, pertanto certamente insufficienti a garantire la piena soddisfazione del credito né parte convenuta ha provato il contrario.

La scientia damni del debitore può ritenersi provata in forza di presunzioni ed elementi indiziari come sopra esplicitati.

Nulla, poi, è stato provato, oltre alle labiali affermazioni di parte convenuta, circa i motivi per cui fu creato il fondo patrimoniale: l’atto notarile, in proposito resta silente.

Di contro, possono evidenziarsi vari elementi che non lasciano dubbi sullo scopo fraudolento dell’operazione:

1) Il matrimonio tra le parti era avvenuto molti anni prima e ciò si evince poiché il figlio (…) è nato nel (…) e la figlia A.A. nel 1977 (come si ricava dal Decreto Ingiuntivo in atti), ma la costituzione del fondo patrimoniale avvenne solo il 25/07/2013, a distanza di moltissimi anni dalla formazione del nucleo familiare;

2) L’atto notarile non evidenzia specifiche e dettagliate ragioni di creazione del fondo, ad eccezione del breve e generico accenno: “per far fronte ai bisogni della loro famiglia”.;

3) Il fondo fu creato sul presupposto della necessità di una amministrazione congiunta dei beni conferiti, ex art. 180 c.c., (dei quali si prevedeva che potessero essere alienati, ipotecati o vincolati solo con il consenso di entrambi i coniugi), nonostante si trattasse di beni personali;

4) L’atto prevedeva che, “anche ove vi fossero” figli minori (sic!!!), la sola volontà dei coniugi avrebbe consentito l’alienazione e la concessione di ipoteca sull’immobile, senza alcuna autorizzazione giudiziaria.

Se ne deduce quindi, sotto il profilo indiziario, che i coniugi non hanno inteso affatto vincolare i beni affinché costituissero una garanzia per il benessere della famiglia e dei figli (peraltro maggiorenni e pienamente adulti) ma hanno inteso poterne liberamente disporre a proprio piacimento, sottraendo i beni stessi alla garanzia delle obbligazioni precedentemente contratte dal S..

In definitiva: resta dimostrato che (…) era consapevole delle proprie esposizioni debitorie quale fideiussore della società debitrice; che non intese farvi fronte; che conferì, poco dopo, in fondo patrimoniale, l’unico immobile di sua esclusiva proprietà costituente garanzia patrimoniale per i creditori, senza provvedere ad alcun pagamento nei confronti dell’attrice.

Tanto basta, sotto il profilo indiziario e presuntivo, per consentire l’accoglimento della domanda revocatoria.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo, tenendo conto dell’attività difensiva effettivamente svolta.

P.Q.M.

il Giudice, definitivamente pronunciando nella causa civile n. 17565/2016 R.G., disattesa ogni altra domanda, questione o eccezione, così provvede:

1) Accoglie l’azione revocatoria proposta dalla (…) S.p.A., oggi (…) Società Cooperativa per azioni e, per l’effetto, dichiara inefficace nei confronti della stessa l’atto di costituzione del fondo patrimoniale del 25 luglio 2013 rogato dal Notaio (…), repertorio (…), Raccolta (…), trascritto il 29 luglio 2013, limitatamente all’immobile costituito in fondo patrimoniale dal signor (…), facente parte del complesso edilizio sito in C., via C. N. 12, identificato al Catasto al Foglio (…) particella (…) sub (…) e sub (…);

2) Condanna (…) e (…), in solido tra di loro, alla rifusione, in favore della (…) attrice, delle spese legali, che liquida, ex D.M. n. 55 del 2014, in relazione all’attività difensiva effettivamente svolta, in Euro 7.885,00 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario delle spese generali, come per legge.

Così deciso in Catania il 7 luglio 2022.

Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2022.

Per ulteriori approfondimenti in merito all’ azione revocatoria ordinaria di cui all’ art 2091 cc si consiglia il seguente articolo: Azione revocatoria ordinaria

Per ulteriori approfondimenti in merito all’ azione surrogatoria di cui all’ art 2900 cc si consiglia il seguente articolo: Azione surrogatoria ex art 2900 cc

Puoi scaricare il contenuto in allegato effettuando una donazione in favore del sito attraverso il seguente link

Inserisci importo donazione € (min €1.00)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.