Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 23 novembre 2017, n. 27882

il socio che abbia prestato fideiussione per ogni obbligazione futura di una societa’ a responsabilita’ limitata, esonerando l’istituto bancario creditore dall’osservanza dell’onere impostogli dall’articolo 1956 c.c., non puo’ invocare, per ottenere la propria liberazione nonostante la sottoscritta clausola di esonero, la violazione dei principi di correttezza e buona fede da parte del creditore per avere quest’ultimo concesso ulteriore credito alla societa

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 23 novembre 2017, n. 27882

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18383/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, in persona del suo procuratore Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 311/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 30/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/10/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Rilevato in fatto

che:

Nel 2001, (OMISSIS), in qualita’ di fideiussore della (OMISSIS) s.a.s. per tutto quanto da essa dovuto per capitale ed ogni altro accessorio alla (OMISSIS) S.p.a., convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Lecce la stessa Banca, esponendo di essere stato completamente estraneo al rapporto garantito fino a quando la Banca gli aveva comunicato la revoca di ogni affidamento accordato alla (OMISSIS) e chiesto il rientro per le somme di cui asseriva essere creditrice. In tale occasione avrebbe appreso che la societa’ garantita aveva instaurato con la banca due rapporti di conto corrente di cui uno avente natura di conto anticipi.

Rappresento’ di aver accertato che il suo nominativo era stato segnalato alla centrale rischi della Banca d’Italia e di avere, a seguito di una denuncia presentata alla Procura della Repubblica, appurato che rapporti erano stati gestiti in modo anomalo.

Chiese in particolare l’accertamento e la dichiarazione: a) della nullita’ dei contratti di conto corrente e di apertura di credito stipulati dalla convenuta con la (OMISSIS) quanto alle clausole concernenti gli interessi al tasso uso piazza, la capitalizzazione trimestrale degli interessi, nonche’ l’applicazione gli interessi ultra legali, con conseguente riformulazione dei conteggi dell’esatto dare e avere relativi ai conti correnti in oggetto; b) della nullita’ o annullabilita’ della transazione da lui successivamente sottoscritta con la Banca perche’ fondata su titolo nullo o in subordine per errore di fatto e di diritto; c) della responsabilita’ precontrattuale e contrattuale della Banca per violazione delle regole di correttezza e buona fede nonche’ degli obblighi informativi; d) dell’invalidita’ della deroga all’articolo 1956 c.c.; e) della responsabilita’ extracontrattuale della Banca per mala gestio, con condanna al risarcimento dei danni da liquidarsi secondo il prudente apprezzamento del giudice.

Si costitui’ in giudizio la Banca contestando le avverse domande e chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna dell’attore al pagamento del saldo debitore dei due conti.

Il Tribunale adito, con la sentenza n. 721/2011, pronunciando sulla domanda principale, condanno’ la Banca al pagamento in favore dell’attore della somma di 266.982,56 e rigetto’ la domanda riconvenzionale.

Il giudice di primo grado, premessa l’inesistenza del contratto di apertura di credito e di qualsiasi convenzione scritta di tasso ultralegale, ritenne che gli interessi andavano calcolati inizialmente al tasso legale e poi ex articolo 117 T.U.B., che la capitalizzazione trimestrale fosse illegittima e da sostituire con quella annuale, che non spettasse la commissione di massimo scoperto per difetto di pattuizione, che, ai fini della ricostruzione del rapporto, occorreva partire da saldo zero e che l’asserita segnalazione alla Centrale rischi non era stata provata.

2. La decisione e’ stata parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza n. 311 del 30 aprile 2015.

La Corte ha dichiarato la nullita’ della sentenza del Tribunale nella parte concernente la statuizione di condanna della Banca in favore del (OMISSIS), per ultrapetizione e per difetto di legittimazione attiva.

In particolare, la Corte ha rilevato che ne’ dalle conclusioni rassegnate nell’atto di citazione, ne’ dall’atto nel suo complesso emerge la formulazione da parte del (OMISSIS) di pretese condannatorie nei confronti della (OMISSIS), ovvero l’enunciazione di un diritto alla ripetizione di somme per effetto della declaratoria di illegittimita’. La Corte ha quindi ritenuto che l’azione proposta dal (OMISSIS) fosse funzionalizzata al mero accertamento negativo del credito della Banca. Inoltre, secondo la Corte, sarebbe fondata l’eccezione – rilevabile d’ufficio e deducibile anche in appello – relativa al difetto di legittimazione attiva. Infatti, il fideiussore non dispone nei confronti del creditore del potere di pretendere il pagamento di somme che eventualmente competono al debitore principale. Ne’ sarebbe invocabile il pagamento asseritamente effettuato dal (OMISSIS) per Lire 50.000.000, non essendo stato esercitato dall’attore (il quale mai aveva accennato prima dell’appello a tale pagamento) il diritto di regresso.

La Corte poi, pur confermando il criterio di calcolo utilizzato dal primo giudice, ha escluso dal calcolo per la determinazione del saldo la somma di Lire 125.586.050 a favore del correntista, in quanto costituita da rimesse su conto scoperto aventi natura solutoria, e quindi prescritte in virtu’ dei principi determinati dalle Sezioni Unite con la sentenza 24418/2010. Ha quindi compensato il saldo a credito del primo conto con il saldo a debito del conto anticipi, non contestato ne’ nell’an ne’ nel quantum, giungendo a quantificare l’importo di Euro 153.284,31 a favore della Banca.

La Corte ha inoltre rigettato l’appello incidentale formulato dal (OMISSIS), evidenziando, quanto alla richiesta di risarcimento del danno per mala gestione, da un lato, la genericita’ della pretesa formulata dal fideiussore, non agganciata a fatti significativi e, dall’altro, la circostanza che il (OMISSIS) era socio accomandante della (OMISSIS) e che quindi era in grado di verificare le operazioni della societa’

Con riguardo alla dedotta responsabilita’ della banca per l’asserita segnalazione alla centrale rischi presso la Banca d’Italia, la Corte d’appello ha confermato la statuizione del Tribunale rilevando che non risulta quando e come la segnalazione sia avvenuta e che non si comprende a quale titolo tale segnalazione possa essere stata effettuata, potendo riguardare al piu’ la (OMISSIS) e il socio accomandatario.

Infine, rispetto alla richiesta di accertare l’illegittimita’ della fideiussione per non aver la Banca informato il (OMISSIS) del peggioramento delle condizioni patrimoniali della societa’ garantita e per violazione dell’articolo 1957 c.c. – la Corte ha ricordato la qualita’ di socio della (OMISSIS) dell’appellante incidentale ed ha osservato che, trattandosi di fideiussione risalente al 1979, escussa prima dell’entrata in vigore della L. n. 154 del 1992, e’ valida ed efficace la rinuncia preventiva operata da parte del fideiussore.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione (OMISSIS), sulla base di cinque motivi. Il (OMISSIS) deposita anche memoria.

3.1. Resiste con controricorso la (OMISSIS) S.p.a..

3.2. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

4. Preliminarmente va rilevata l’inammissibilita’ della memoria depositata dal (OMISSIS) il 29 settembre perche’ fuori dai termini previsti dall’articolo 378 c.p.c..

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la “violazione c/o falsa applicazione dell’articolo 81 c.p.c., articolo 345 c.p.c., comma 2, articolo 1945 c.c. e articolo 1952 c.c., nonche’ violazione o falsa applicazione dei principi in tema di determinazione della domanda giudiziale e di diritti del fideiussore in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ omessa insufficiente motivazione su un punto decisivo della causa in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, per avere erroneamente la Corte di appello ritenuto esserci un vizio di ultrapetizione in relazione alla domanda del (OMISSIS), oltre la carenza di legittimazione attiva del fideiussore all’azione di ripetizione”. L’eccezione di carenza di legittimazione attiva accolta dalla Corte di Appello sarebbe inammissibile perche’, pur trattandosi di eccezione in senso stretto, rilevabile solo ad istanza di parte, sarebbe stata sollevata dalla banca solo in appello.

In ogni caso, l’eccezione sarebbe anche infondata.

Infatti l’azione esercitata dal ricorrente sarebbe stata quella di ripetizione dei pagamenti effettuati alla Banca in qualita’ di garante della (OMISSIS), risultanti dai documenti agli atti della fase d’appello, ed indipendenti dai rapporti di regresso con il debitore principale.

Quanto al vizio di ultrapetizione, la richiesta di restituzione delle somme pagate sarebbe implicita nella domanda formulata nell’atto di citazione con cui il (OMISSIS) chiedeva la riformulazione dei conteggi dell’esatto dare e avere relativi ai due conti correnti ai fini dell’individuazione dell’esatto saldo eventualmente dovuto.

Solo a seguito della CTU sarebbe stato possibile accertare che il (OMISSIS) aveva diritto alla restituzione delle somme da parte della Banca.

4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura “violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., nonche’ violazione o falsa applicazione dei principi in tema di accertamento del rapporto dare avere del contratto di conto corrente bancario, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3; nonche’ omessa od insufficiente motivazione su un punto decisivo della causa in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, per avere erroneamente la Corte di appello ritenuto esserci un errore nella sentenza di primo grado relativamente al calcolo che ha determinato il rapporto dare avere tra le parti e per non avere la Corte d’appello di Lecce provveduto in merito alla richiesta di integrazione della CTU contabile e senza che in merito vi fosse un provvedimento e relativa motivazione”.

La Corte di Appello avrebbe ignorato la documentazione esistente presso la Centrale rischi della Banca d’Italia, dalla quale emergerebbe l’esistenza di affidamenti concessi sul conto corrente nel periodo gennaio 1990/giugno 1991.

La Corte di Appello, inoltre, non avrebbe provveduto, senza nemmeno fornire una motivazione sulla richiesta di integrazione della CTU contabile sulla base della suddetta documentazione e dell’elaborato tecnico del CTP.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la “violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1283, 1842, 2033, 2935 c.c., nonche’ violazione o falsa applicazione dei principi in tema di decorrenza dei termini della prescrizione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3; nonche’ omessa od insufficiente motivazione su un punto decisivo della causa, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte di appello erroneamente confermato la sentenza di primo grado circa i termini temporali utilizzati per la ricostruzione contabile del rapporto di conto corrente bancario”.

Per il calcolo dei termini di decorrenza della prescrizione, la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare quale dies a quo la data di chiusura del rapporto e non la notifica dell’atto di citazione.

4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la “violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1226, 1337, 1366, 1375, 2043, 2059, 2697 c.c., nonche’ violazione o falsa applicazione dei principi in tema di risarcimento del danno, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3; nonche’ omessa od insufficiente motivazione su un punto decisivo della causa, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte di appello erroneamente confermato la sentenza di primo grado in merito al mancato riconoscimento del risarcimento dei danni derivanti da illecita segnalazione alla centrale rischi della Banca d’Italia del Dottor (OMISSIS) e quale conseguenza della mala gestio del rapporto da parte della banca”. Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del merito, la difesa del (OMISSIS) avrebbe ben motivato la richiesta risarcitoria relativa alla mala gestio del rapporto da parte della banca.

Infatti, la documentazione in atti dimostrerebbe che la medesima banca non avrebbe mai adempiuto agli obblighi su di essa gravanti in virtu’ del contratto, nonche’ derivanti dai principi di correttezza e buona fede, perseverando nel concedere credito al debitore principale pur in assenza di un’adeguata istruttoria e di idonee garanzie da parte della stessa.

Relativamente al danno da errata segnalazione in centrale rischi, non sussisterebbe la carenza probatoria affermata dalla Corte d’appello poiche’ in atti risulterebbe come la banca abbia continuato e continui tuttora a segnalare nella Centrale dei rischi della Banca d’Italia il (OMISSIS) per la posizione, relativa alle garanzie prestate, di Euro 1.000.000, senza fornire alcuna giustificazione al riguardo.

4.5. Con il quinto motivo, il ricorrente contesta “violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1938, 1955, 1956, 1957 c.c., nonche’ violazione o falsa applicazione dei principi in relazione alla Legge n. 154/92, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3; nonche’ omessa od insufficiente motivazione su un punto decisivo della causa, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte di appello erroneamente non riconosciuto l’illegittimita’ della fideiussione prestata dal Dott. (OMISSIS) a favore della banca”.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, la qualifica di socio non legittimerebbe ne giustificherebbe in alcun modo il comportamento tenuto dalla banca.

Infatti il (OMISSIS) non sarebbe mai stato informato, ne’ del peggioramento delle condizioni patrimoniali della societa’ garantita, ne’ dello smisurato incremento dell’esposizione debitoria.

Sarebbe irrilevante la rinuncia espressa del fideiussore ad opporre eccezioni inerenti il rapporto che lega il debitore principale al beneficiario della garanzia, poiche’ tale rinuncia incontrerebbe un limite espresso nel caso in cui le eccezioni si fondino sulla nullita’ del contratto principale per contrarieta’ a norme imperative o per illiceita’ della causa.

5. Occorre premettere che i motivi di ricorso sono tutti inammissibili, sotto vari profili.

Innanzitutto, perche’, in ognuno di tali motivi, il ricorrente articola censure promiscue e multiple, da cui risulta un’inammissibile mescolanza e sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che, in tema di ricorso per cassazione, “non e’ consentita la prospettazione di questione sotto profili incompatibili quali quelli della violazione o falsa applicazione di norma di legge e del vizio di motivazione” (cfr., da ultimo, Cass. civ. Sez. 2, Sent., 23/11/2016, n. 23889).

D’altra parte, i motivi di ricorso sono inammissibili, nella parte in cui lamentano asseriti vizi motivazionali della sentenza impugnata, perche’ evocano il paradigma dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, fuori dai limiti imposti dalle Sezioni Unite di questa Corte n.n. 8053-8054/2014.

6.1. In particolare, per quanto riguarda il primo motivo vengono articolate diverse censure alla decisione della Corte di Appello di Lecce da un lato, per aver accolto l’eccezione di carenza di legittimazione attiva del (OMISSIS) formulata dalla banca, dall’altro lato, per aver ritenuto che la sentenza di primo grado fosse viziata di ultrapetizione nella parte in cui aveva condannato la banca alla restituzione di somme al (OMISSIS).

6.1.1. Occorre esaminare in primo luogo le censure relative a quest’ultimo profilo, le quali sono inammissibili.

Attraverso la lettura e l’interpretazione dell’atto di citazione in primo grado, la sentenza impugnata ha osservato che l’attore non aveva formulato richieste di condanna della banca in relazione alla ricostruzione dell’esatto dare e avere, ne’ aveva mai enunciato un diritto alla ripetizione di somme derivante dalla declaratoria di nullita’ delle clausole dei contratti tra la Banca e la (OMISSIS).

Ha poi ulteriormente osservato che l’interpretazione secondo cui l’azione del (OMISSIS) era finalizzata al mero accertamento negativo del credito della Banca risulta coerente con il contesto anteriore all’instaurazione della controversia.

La suddetta interpretazione appare congruamente e logicamente motivata ed quindi e’ incensurabile in cassazione.

6.1.2. Le censure relative all’eccezione di carenza di legittimazione attiva si appalesano infondate.

Occorre precisare che cio’ di cui si discute e’ il potere del (OMISSIS) di richiedere la restituzione dei pagamenti effettuati dal debitore principale.

Infatti, come rilevato dalla Corte di Appello, non risulta essere mai stata dedotta, nel corso del giudizio di primo grado, l’esistenza di pagamenti da parte del (OMISSIS).

Lo stesso ricorrente evidenzia che la relativa documentazione e’ stata prodotta solo in sede di appello e, quindi, tardivamente.

Appare pertanto evidente che si tratta di una questione relativa alla legittimazione ad agire.

Al riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente ribadito che, la carenza di legittimazione ad agire puo’ essere eccepita in ogni grado e stato del giudizio e puo’ essere rilevata d’ufficio dal giudice, non ponendosi problemi probatori, in quanto si deve fare riferimento alla domanda ed alla prospettazione in essa contenuta (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 16-02-2016, n. 2951).

Inoltre, le Sezioni Unite hanno osservato che, ai fini di valutare la sussistenza della legittimazione ad agire, oggetto di analisi deve essere la domanda, nella quale l’attore deve affermare di essere titolare del diritto dedotto in giudizio. La legittimazione ad agire manchera’ tutte le volte in cui dalla stessa prospettazione della domanda emerga che il diritto vantato in giudizio non appartiene all’attore (Cass. civ. Sez. Unite, Sent. 16-02-2016, n. 2951).

Ebbene, nel caso di specie, come gia’ detto, la Corte di Appello, con interpretazione incensurabile in questa sede, ha affermato che il (OMISSIS), nel proprio atto di citazione, non aveva mai enunciato un proprio diritto alla ripetizione di somme derivante dalla declaratoria di nullita’ delle clausole dei contratti tra la Banca e la (OMISSIS).

Alla luce di cio’, correttamente la sentenza impugnata ha escluso la legittimazione attiva del ricorrente in ordine alla domanda de quo.

6.2. Il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile per violazione del principio di autosufficienza.

Infatti il ricorrente non provvede alla trascrizione ne’ della documentazione della Centrale rischi della Banca d’Italia, dalla quale emergerebbe l’esistenza sui conti correnti della (OMISSIS) di affidamenti precedenti a quello decorrente dal 7 febbraio 1991considerato dal CTU – senza nemmeno indicare la sede in cui tale documentazione sarebbe stata prodotta – ne’ trascrive le parti dell’elaborato tecnico del CTP di cui il consulente d’ufficio non avrebbe tenuto conto.

6.3. Il terzo motivo di ricorso e’ infondato.

La Corte di Appello ha fatto corretta applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, nell’ambito di un rapporto di conto corrente, la prescrizione di un diritto (nel caso di specie quello relativo all’accertamento dell’illegittimita’ di un addebito) puo’ iniziare a decorrere anche prima della chiusura del conto, qualora siano stati effettuati pagamenti aventi natura solutoria, ossia diretti a cagionare uno spostamento patrimoniale in favore della banca, cosa che si verifica in ipotesi di versamenti eseguiti su un conto con saldo in passivo se privo di affidamento o su un conto scoperto seppur affidato (Cass. civ. Sez. Unite, 02/12/2010, n. 24418).

Correttamente dunque, la Corte di Appello ha distinto i termini di prescrizione per i singoli accrediti sul conto corrente in esame, facendoli decorre, per quelli effettuati quando ancora non risultava in essere il contratto di affidamento, dalla data degli stessi accrediti, per quelli eseguiti in pendenza del fido, dalla chiusura del rapporto di conto corrente bancario.

6.4. Il quarto motivo di ricorso e’ inammissibile.

Infatti, il ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, non ha adempiuto all’onere di trascrivere la documentazione agli atti del giudizio che, in contrasto con quanto affermato dal giudice di secondo grado, dimostrerebbe la mala gestio della banca, nonche’ la circostanza che la banca abbia continuato e continui a segnalare il ricorrente nella Centrale dei rischi della Banca d’Italia, senza peraltro nemmeno specificare di quale documenti si tratta e in quale sede sono stati prodotti.

Ne’ risultano trascritte le difese articolate nella fase del merito in cui sarebbero state specificate le condotte scorrette addebitate alla banca.

6.5. Il quinto motivo di ricorso e’ infondato perche’ la corte di merito ha correttamente applicato il principio, affermato in relazione a fattispecie, come quella in esame, anteriori alle modifiche dell’articolo 1956 c.c., introdotte dalla L. 27 febbraio 1992, articolo 54, secondo il quale “il socio che abbia prestato fideiussione per ogni obbligazione futura di una societa’ a responsabilita’ limitata, esonerando l’istituto bancario creditore dall’osservanza dell’onere impostogli dall’articolo 1956 c.c., non puo’ invocare, per ottenere la propria liberazione nonostante la sottoscritta clausola di esonero, la violazione dei principi di correttezza e buona fede da parte del creditore per avere quest’ultimo concesso ulteriore credito alla societa’” (cfr. da ultimo Cass. civ. Sez. 1, 15/02/2016, n. 2902).

Infatti, nel caso di soggetto che cumula la duplice qualita’ di socio e di garante della societa’ debitrice principale, e’ legittima la presunzione del giudice di merito che lo stesso sia stato al corrente della situazione economica della societa’ e sia stato percio’ nella condizione di intervenire per impedire eventi pregiudizievoli a se’ ed alla societa’ (Cass. civ. Sez. 3, 26-06-1998, n. 6333; Cass. civ. Sez. 3, 03/08/1995, n. 8486).

7. Conclusivamente il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

8. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato articolo 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.