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Corte di Cassazione, Sezione 6 2 civile Ordinanza 29 novembre 2017, n. 28616

l’impianto centralizzato (in questo caso, di distribuzione dell’acqua potabile) costituisce “un accessorio di proprieta’ comune”, circostanza che obbliga i condomini a pagare le spese di manutenzione e conservazione dell’impianto idrico condominiale, salvo che il contrario risulti dal regolamento condominiale, ipotesi quest’ultima che non ricorre nella caso in esame (si veda Cass. n.7708 del 2007; Cass. n. 19893 del 2011). Infatti, anche a ritenere ammissibile il distacco degli appartamenti dall’impianto idrico centralizzato, laddove non comporti squilibrio nel suo funzionamento, ne’ maggiori consumi, alla legittimita’ del distacco consegue al piu’ il solo esonero dei condomini dal pagamento delle spese per il consumo ordinario, non certo i costi di manutenzione. In tal senso, sebbene anche in relazione ad altri servizi condominiali, si e’ affermato che (cosi’ Cass. n. 28679 del 2011) e’ legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento – anche senza necessita’ di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini – purche’ l’impianto non ne sia pregiudicato, con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’articolo 1123 c.c., comma 2, dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato; in tal caso, egli e’ tenuto solo a pagare le spese di conservazione dell’impianto stesso.

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Corte di Cassazione, Sezione 6 2 civile Ordinanza 29 novembre 2017, n. 28616

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10913/2015 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3710/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 21/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/05/2017 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, permanendo contrasto sul solo capo della pronuncia relativo alla compensazione delle spese processuali, accertato l’intervenuto giudicato quanto alla cessazione della materia del contendere, condannava – in applicazione del principio della soccombenza virtuale – il Condominio (OMISSIS), alla rifusione delle spese di primo grado in favore della condomina (OMISSIS), la quale aveva impugnato, avanti al Tribunale di Lodi, ai sensi dell’articolo 1137 c.c., la delibera condominiale assunta in data 11.05.2011 che al punto n. 6 prevedeva di “richiedere nuovamente alla (OMISSIS) di provvedere all’installazione di una linea privata con contatore privato per la fornitura del servizio idrico esattamente come eseguito da tutte le restanti unita’ immobiliari; confermando altresi’ l’utilizzo esclusivo dell’ex impianto condominiale a carico della (OMISSIS), l’assemblea dichiara che la linea e’ da intendersi di proprieta’ privata della (OMISSIS) e ad essa dovra’ essere riconducibile ogni eventuale necessaria manutenzione”, trattandosi di delibera invalida in quanto non avrebbe potuto sottrarre alla destinazione originaria l’impianto centralizzato di proprieta’ comune di distribuzione dell’acqua potabile e di scarico, ne’ deliberarne la soppressione per far luogo all’attivazione da parte dei singoli condomini di propri contatori ed autonomi contratti con l’ente gestore del servizio idrico, configurando una definitiva alterazione della cosa comune nella sua originaria destinazione, tale da integrare la fattispecie dell’articolo 1120 c.c., u.c..

Avverso la suddetta sentenza il Condominio (OMISSIS) proponeva ricorso per cassazione formulando due motivi, cui resisteva la (OMISSIS) con controricorso.

Ritenuto che il ricorso potesse essere respinto, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il Condominio ha anche depositato memoria illustrativa.

Atteso che:

il primo motivo di ricorso (formulato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, con il quale viene dedotta la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1120 – 1135 c.c., nonche’ l’omesso esame del punto 5 dell’impugnata delibera) e’ privo di pregio.

Con la censura di violazione delle norme citate il ricorrente sostiene che non vi sarebbe alcun impianto idrico condominiale, come ritenuto dalla Corte di appello, ma piuttosto un sistema di tubazioni principali dell’acqua potabile di proprieta’ comune, per cui l’Assemblea condominiale aveva deliberato la soppressione del servizio in comune di approvvigionamento idrico, fattispecie non riconducibile all’articolo 1120 c.c., non avendo la delibera de qua alcuna portata innovativa. In altri termini sarebbe stata dall’assemblea deliberata, a maggioranza, la soppressione di un servizio divenuto oneroso, senza però incidere in alcun modo sui beni comuni, individuati appunto nelle tubature.

Osserva il Collegio che la corte territoriale ha fatto buon governo del principio consolidato nella giurisprudenza di merito e di legittimita’ secondo cui l’impianto centralizzato (in questo caso, di distribuzione dell’acqua potabile) costituisce “un accessorio di proprieta’ comune”, circostanza che obbliga i condomini a pagare le spese di manutenzione e conservazione dell’impianto idrico condominiale, salvo che il contrario risulti dal regolamento condominiale, ipotesi quest’ultima che non ricorre nella caso in esame (si veda Cass. n.7708 del 2007; Cass. n. 19893 del 2011). Infatti, anche a ritenere ammissibile il distacco degli appartamenti dall’impianto idrico centralizzato, laddove non comporti squilibrio nel suo funzionamento, ne’ maggiori consumi, alla legittimita’ del distacco consegue al piu’ il solo esonero dei condomini dal pagamento delle spese per il consumo ordinario, non certo i costi di manutenzione. In tal senso, sebbene anche in relazione ad altri servizi condominiali, si e’ affermato che (cosi’ Cass. n. 28679 del 2011) e’ legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento – anche senza necessita’ di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini – purche’ l’impianto non ne sia pregiudicato, con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’articolo 1123 c.c., comma 2, dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato; in tal caso, egli e’ tenuto solo a pagare le spese di conservazione dell’impianto stesso.

Ne consegue che la critica mossa alla sentenza impugnata e’ fuori quadro, ritenendo apoditticamente che oggetto di giudizio sia diverso rispetto a quello su cui sarebbe intervenuto il pronunciamento.

E’ infondata anche la censura di omessa pronuncia quanto al punto 5) dell’impugnata delibera, giacche’ dal testuale tenore delle conclusioni riportate in sentenza (in particolare, nel foglio di precisazione delle conclusioni in appello della (OMISSIS) allegate) nel motivo di impugnazione e’ fatto riferimento esclusivamente ai criteri di ripartizione delle spese di manutenzione e conservazione dell’impianto idrico condominiale, questione che la corte territoriale ha affermato riguardare il punto n. 6) della delibera; ne’ il ricorrente nel suo atto ha riportato le parti dell’atto di appello da cui si ricaverebbe che l’impugnazione della (OMISSIS) riguardava anche altro punto (il n. 5) della delibera;

– anche il secondo motivo di ricorso (con cui si prospetta ex articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1118 – 1123 c.c.), e’ infondato, in quanto viene ribadita – sotto altro profilo – la questione del venir meno per gli altri condomini dell’interesse a contribuire alle spese di conservazione e manutenzione dell’impianto comune di distribuzione dell’acqua che invece permarrebbe solo per la (OMISSIS), senza considerare invece che gli altri condomini ben potrebbero in futuro tornare a riutilizzare l’impianto condominiale, ragione per la quale essi sono comunque tenuti a contribuire alla sua conservazione.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto l’articolo 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali del giudizio di legittimita’ che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.