Potendo la prova dell’incarico professionale discendere pure da presunzioni, il giudice, chiamato a esercitare la sua discrezionalita’ nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti, deve altresi’ esplicitare il criterio logico posto a base della selezione degli indizi e le ragioni del suo convincimento, tenendo conto che il relativo procedimento e’ necessariamente articolato in due momenti valutativi: il primo, di tipo analitico, volto a selezionare gli elementi che presentino una positivita’ parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria, il secondo, di tipo sintetico, tendente ad una valutazione complessiva di tutte le emergenze precedentemente isolate, per accertare se esse siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva; e’, pertanto, sindacabile in sede di legittimita’ la motivazione di tale percorso logico – giuridico quando siano stati pretermessi, senza darne ragione, uno o piu’ fattori aventi, per condivisibili massime di esperienza, un’oggettiva portata indiziante
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 24 gennaio 2017, n. 1792
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso 2493-2013 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SAS;
– intimata –
avverso la sentenza n. 284/2012 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 31/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/09/2016 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO;
udito l’Avvocato;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega dell’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO GIANFRANCO, il quale ha concluso per l’inammissibilita’ o il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’ingegnere (OMISSIS) otteneva decreto ingiuntivo n. 1255/2004 del 26 giugno 2004 nei confronti della s.a.s. (OMISSIS), per l’importo di 8.500,00, a titolo di compenso per le prestazioni professionali di consulenza ed assistenza necessari al fine di ottenere la certificazione (OMISSIS) ed un finanziamento regionale per investimenti in attivita’ produttiva. La s.a.s. (OMISSIS) presentava opposizione, negando l’affidamento dell’incarico. Espletata l’istruttoria con prove testimoniali e documenti, il Tribunale di Gorizia, con sentenza n. 716/2009 del 9.11.2009, accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo, condannando il (OMISSIS) al pagamento delle spese di lite. Proponeva appello il soccombente, lamentando che erroneamente il primo giudice aveva ritenuto l’assenza di uno specifico incarico, poiche’ lo stesso, potendo essere conferito in qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti, era comunque desumibile dalle prove testimoniali e documentali (avuto particolare riguardo, quanto a queste ultime, ad una mail, a lui diretta, dalla quale emergeva la conferma dell’ “ordine” in oggetto) e dalla circostanza che i finanziamenti conseguenti alla certificazione ISO erano stati ottenuti grazie alla sua attivita’ preparatoria.
La Corte di Appello di Trieste, con sentenza n. 284/2012 del 31.5.2012, rigettava l’appello, evidenziando come il titolo in base al quale il professionista pretende il compenso oggetto di causa non possa che essere “un incarico professionale retribuito”, il quale “non esige alcuna forma particolare”, ma neppure “risulta assolutamente ne’ dalle deposizioni testimoniali, ne’ dai documenti”. Ancora, spiegavano i giudici dell’appello, l’ordine di cui al documento n. 3 appariva rivolto all’Istituto Giordano, mentre al (OMISSIS) veniva solo richiesto di “verificare quanto richiestoci dallo stesso”. La Corte di Trieste sosteneva, infine che, nella fattispecie, “un incarico formale ed una determinazione del compenso sarebbero stati quanto mai opportuni, stante che, in caso contrario, la determinazione dello stesso da parte del Giudice, ai sensi dell’articolo 2233 c.c., comporta il parere obbligatorio dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene e su cio’ l’ing. (OMISSIS) nulla deduce, evidenziando solo di risiedere in (OMISSIS)”.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS), sulla base di un unico motivo. L’intimata (OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS) non ha svolto difese. Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5), per aver la Corte d’appello ritenuto indimostrato l’affidamento dell’incarico professionale dedotto in lite, nonostante i testi (le cui dichiarazioni vengono riportate in ricorso) avessero confermato la presenza dell’ingegnere (OMISSIS) presso i locali della s.a.s. (OMISSIS) anche in occasione dell’incontro con la societa’ verificatrice. Si indicano pure le comunicazioni fax anno 2003 e la mail dell’8.1.2004 intervenute tra le parti e relative alla certificazione.
Il motivo e’ fondato.
Secondo consolidato orientamento di questa Corte, il rapporto di prestazione d’opera professionale, la cui esecuzione sia dedotta dal professionista come titolo del diritto al compenso, postula l’avvenuto conferimento del relativo incarico in qualsiasi forma idonea a manifestare inequivocabilmente la volonta’ di avvalersi della sua attivita’ e della sua opera da parte del cliente convenuto per il pagamento di detto compenso. La prova dell’avvenuto conferimento dell’incarico, quando il diritto al compenso sia dal convenuto contestato sotto il profilo della mancata instaurazione di un siffatto rapporto, puo’ essere data dall’attore con ogni mezzo istruttorio, anche per presunzioni, mentre compete al giudice di merito valutare se, nel caso concreto, questa prova possa o meno ritenersi fornita, sottraendosi il risultato del relativo accertamento, se adeguatamente e coerentemente motivato, al sindacato di legittimita’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3016 del 10/02/2006; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1244 del 04/02/2000; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2345 del 01/03/1995).
Ora, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimita’ ex articolo 360 c.p.c., n. 5, (nella formulazione, qui applicabile catione temporis, antecedente alla modifica operata dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, conv. in L. n. 134 del 2012) sussiste se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, giacche’ la citata norma non conferisce alla Corte di legittimita’ il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.
Potendo la prova dell’incarico professionale discendere pure da presunzioni, il giudice, chiamato a esercitare la sua discrezionalita’ nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti, deve altresi’ esplicitare il criterio logico posto a base della selezione degli indizi e le ragioni del suo convincimento, tenendo conto che il relativo procedimento e’ necessariamente articolato in due momenti valutativi: il primo, di tipo analitico, volto a selezionare gli elementi che presentino una positivita’ parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria, il secondo, di tipo sintetico, tendente ad una valutazione complessiva di tutte le emergenze precedentemente isolate, per accertare se esse siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva; e’, pertanto, sindacabile in sede di legittimita’ la motivazione di tale percorso logico – giuridico quando siano stati pretermessi, senza darne ragione, uno o piu’ fattori aventi, per condivisibili massime di esperienza, un’oggettiva portata indiziante (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9108 del 06/06/2012).
Nel caso di specie, al fine di dimostrare l’avvenuto conferimento dell’incarico, l’ingegnere (OMISSIS) aveva prodotto due comunicazioni fax concernenti l’anno 2003 ed una comunicazione mail datata 8.1.2004, inviate dalla (OMISSIS) (ovvero, al soggetto deputato a verificare l’assolvimento degli obblighi di legge ed a rilasciare la certificazione di qualita’), oltre che proprio al (OMISSIS). Con riferimento all’ultimo documento, la Corte di Trieste, nel riprodurne, a pagina 3 della sentenza impugnata, il passaggio saliente (dal quale si desume proprio che la s.a.s. (OMISSIS) aveva chiesto al professionista “di verificare quanto richiestoci dallo stesso”, ovvero dall’ (OMISSIS)), non ha indicato le ragioni per le quali lo stesso fosse privo di valenza dimostrativa dell’incarico professionale dedotto nel presente giudizio. Parimenti manca alcuna valutazione specifica logicamente argomentata da parte della Corte d’Appello sulle deposizioni testimoniali, essendosi i giudici di appello limitati a commentare che neppure da esse “risulta assolutamente” l’incarico. Ne’ puo’ avere rilievo la considerazione svolta dalla Corte di merito, secondo cui il (OMISSIS) nulla avrebbe dedotto sul parere dell’associazione professionale ex articolo 2233 c.c.; non integra, infatti, un ostacolo alla determinazione del compenso il solo dato di fatto dell’omessa allegazione, da parte del professionista, del parere del competente organo professionale, ove il giudice, a sua volta, abbia omesso di provvedere alla acquisizione dello stesso, in conformita’ al disposto del citato articolo 2233 c.c. (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21934 del 21/10/2011).
E’ in tal senso configurato il denunciato vizio di motivazione omessa o insufficiente, atteso che dal ragionamento della Corte di Trieste, come risultante dalla sentenza impugnata, emerge la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero l’obiettiva carenza del procedimento logico che ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al relativo convincimento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013). La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Trieste, che riesaminera’ l’impugnazione attenendosi ai principi ed ai rilievi come sopra enunciati.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’Appello di Trieste.