il criterio per accertare la nullita’ di un accordo contrattuale con riferimento al divieto di patto commissorio e’ di tipo funzionale, in quanto cio’ che rileva non e’ tanto lo strumento negoziale adottato ma l’effettiva finalita’ perseguita e, nel caso di piu’ negozi, il nesso teleologico tra gli stessi intercorrente. Il divieto in questione e’ dunque ravvisabile ogni qual volta il complessivo assetto di interessi realizzato dalle parti induca a ritenere che l’effetto traslativo sia effettivamente collegato, piuttosto che ad una funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 20 gennaio 2017, n. 1602

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. FEDERICO Giudo – rel. Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13069-2012 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) nato a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso il provvedimento n. 108/2011 della CORTE D’APPELLO DI LECCE sezione distaccata di TARANTO, depositata il 04/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/11/2016 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso che ha chiesto il rigetto del ricorso.

ESPOSIZIONE DEL FATTO

Con atto di citazione notificato il 12, 15 e 19 maggio 2004 (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano innanzi al Tribunale di Taranto (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per sentir dichiarare l’estinzione ex articolo 307 c.p.c. dei distinti giudizi proposti, rispettivamente, da (OMISSIS), quale procuratore di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), e, sempre da (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS). I convenuti, costituitisi, esponevano che ambedue i giudizi erano stati introdotti per sentir dichiarare la nullita’ ex articoli 1344 e 2744 c.c. del contratto di compravendita con patto di riscatto, stipulato con rogito per notar (OMISSIS) di (OMISSIS), avente ad oggetto un fondo rustico con sovrastante fabbricato rurale sito in (OMISSIS), in quanto integrante il divieto di patto commissorio ex articolo 2744 c.c. Chiedevano pertanto il rigetto della domanda di estinzione ed, in via riconvenzionale, concludevano per la declaratoria di nullita’ del contratto di compravendita e la condanna degli attori al risarcimento del danno derivante dal degrado del fondo.

Il Tribunale di Taranto, con sentenza n.2047 del 15.9.2006 accoglieva la domanda di estinzione e dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale dei convenuti.

Avverso detta sentenza proponeva appello (OMISSIS).

La Corte d’Appello di Lecce, ritenuta ammissibile la domanda di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), la rigettava nel merito, e respingeva altresi la domanda di condanna ex articolo 96 c.p.c. nei confronti dell’appellante spiegata da (OMISSIS) e (OMISSIS).

La Corte d’Appello, in particolare, escludeva la nullita’ della vendita con patto di riscatto per cui e’ causa, sul rilievo che sulla base dei documenti in atti, ed in particolare della controdichiarazione sottoscritta da (OMISSIS), in qualita’ di procuratore di (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), risultava il riconoscimento di debito della (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS), per complessive Lire 90.000.000 (di cui Lire 50.000.000 garantite da ipoteca) risultando altresi’ enunciata la causale del trasferimento, ” a saldo” di detto debito.

Da cio’ la qualificazione di datio in solutum e la liceita’ della causa, posto che il c.d. patto commissorio, vietato ex articolo 2744 c.c., doveva ritenersi configurabile unicamente nella sola fase di costituzione o attuazione del mutuo e non anche con riferimento ad accordi intervenuti dopo la scadenza dell’obbligazione del mutuatario di restituire al mutuante le somme ricevute in prestito, fase in cui il debitore e’ libero di disporre dei proprio beni ed eventualmente cederli ai creditori a soddisfacimento delle loro ragioni.

Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con quattro motivi.

Gli altri intimati non si sono costituiti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1344 c.c. in relazione al mancato rilievo da parte della Corte d’Appello che la compravendita con patto di riscatto intervenuta tra le parti in data 22.9.1994 ha una causa illecita, in quanto eseguita con la finalita’ di eludere il divieto di patto commissorio ex articolo 2744 c.c., come desumibile dal fatto che il rogito di vendita indicava un prezzo inferiore a quello effettivamente voluto dalle parti e risultante dalla controdichiarazione.

Con il secondo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2744 c.c., in relazione alla mancata considerazione che il corrispettivo di Lire 5.500.000, indicato nel rogito, non era mai stato versato dall’acquirente, mentre la controdichiarazione, conclusa dalle parti in pari data, prevedeva che il “riscatto” avrebbe dovuto estendersi alla somma di Lire 90.000.000, indicato come corrispettivo effettivo della compravendita.

Il che confermava che il trasferimento del bene aveva una effettiva funzione di garanzia in favore dell’acquirente in caso di mancato pagamento del debito.

Con il terzo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articoli 1500 c.c., contestando la riconducibilita’ del negozio in oggetto alla datio in solutum di cui all’articolo 1197 c.c., atteso che nel caso di specie era lo stesso creditore a subordinare l’acquisto della proprieta’ al mancato esercizio del diritto di riscatto da parte della venditrice.

Con il quarto motivo si denunzia l’omessa pronuncia della nullita’ del procedimento di primo grado e della sentenza del Tribunale non avendo la Corte d’Appello rilevato la omessa motivazione del primo giudice in occasione della pronuncia di inammissibilita’ della domanda riconvenzionale spiegata dai convenuti.

I primi tre motivi, che, in quanto connessi, vanno unitariamente esaminati, appaiono destituiti di fondamento.

Conviene premettere che secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, affermatosi sin dalla sentenza n. 3800 del 3.6.1983 e successivamente ribadito dagli arresti delle Ss. Uu. n. 1611 del 3.4.1989 e 1907 del 21.4.1989, il criterio per accertare la nullita’ di un accordo contrattuale con riferimento al divieto di patto commissorio e’ di tipo funzionale, in quanto cio’ che rileva non e’ tanto lo strumento negoziale adottato ma l’effettiva finalita’ perseguita e, nel caso di piu’ negozi, il nesso teleologico tra gli stessi intercorrente.

Il divieto in questione e’ dunque ravvisabile ogni qual volta il complessivo assetto di interessi realizzato dalle parti induca a ritenere che l’effetto traslativo sia effettivamente collegato, piuttosto che ad una funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia (Cass. Ss. Uu. 1611/1989; Cass. 2725/2007; Cass. 8957/2014).

A tali principi risulta essersi conformata l’impugnata sentenza.

Ed invero la Corte d’Appello, premesso che dalla controdichiarazione conclusa nella stessa data del rogito, risultava un riconoscimento di debito da parte della (OMISSIS) per un ammontare di Lire 90.000.000 (ivi compresa la somma di Lire 50.000.000, garantita da ipoteca convenzionale) ha anzitutto escluso, sulla base della stesso tenore della controdichiarazione, che il trasferimento della proprieta’ del bene fosse sospensivamente condizionato al mancato pagamento del debito, dovendo dunque escludersi l’ipotesi di patto commissorio in senso stretto di cui agli articoli 1963 e 2744 c.c.

A fronte del contenuto del rogito e della controdichiarazione, che fa riferimento ad un debito pregresso, gia’ scaduto ed in parte gia’ garantito da ipoteca volontaria, non risulta invero alcun elemento, come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata, che induca a ritenere la contestualita’ della assunzione o quanto meno del rinnovo del debito.

Il giudice di secondo grado, inoltre, con accertamento di merito che, in quanto logicamente argomentato non e’ censurabile in queste sede, ha altresi’ ritenuto che, sulla base delle acquisizioni istruttorie, il trasferimento impugnato fosse caratterizzato da una effettiva funzione di scambio e non anche di garanzia, e fosse pertanto riconducibile alla “datio in solutum”, in quanto finalizzato all’estinzione di un pregresso debito della venditrice.

Ha dunque ritenuto che non risultasse alcun elemento che consentisse di superare il contenuto della controdichiarazione, in cui si affermava espressamente che la (OMISSIS) cedeva il bene “a saldo del proprio debito” ed ha pertanto correttamente concluso che non era stata raggiunta la prova di un nesso teleologico e strumentale tra il negozio di mutuo e quello di vendita, caratterizzato dunque da una esclusiva funzione di garanzia.

Ha dunque affermato che nel caso di specie non risultava provata alcuna coazione della volonta’ della debitrice ne’ che la vendita non fosse stata liberamente conclusa in funzione satisfattoria, piuttosto che con funzione di garanzia di un futuro adempimento.

Va infine dichiarata l’inammissibilita’ del quarto motivo di ricorso per difetto di specificita’, non risultando specificamente individuato il vizio della sentenza impugnata lamentato dalla ricorrente, non potendo in particolare ravvisarsi, sulla base del contenuto del motivo, il vizio di omessa pronuncia dedotto, in via del tutto generica, dalla medesima.

Considerato che gli intimati non hanno svolto nel presente giudizio attivita’ difensiva non deve provvedersi sulle spese.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.