poiche’ la successione a causa di morte comporta di norma – e comunque una volta accettata l’eredita’ e non ricorrendo od essendo invano elassi i termini od esauriti gli incombenti di un’accettazione con beneficio di inventario – la confusione tra la quota ereditaria del patrimonio del de cuius ed il patrimonio del successore in capo a quest’ultimo, egli non costituisce un soggetto di diritto diverso a seconda che faccia valere la sua qualita’ di erede oppure no: in altri termini, un individuo quale erede non e’ soggetto suscettibile di differenziarsi da se’ medesimo non in qualita’ di erede, quando faccia valere rapporti giuridici nei quali sia subentrato per effetto di quella successione a causa di morte (ed ove non si verifichi una contrapposizione con rapporti giuridici a lui facenti capo in proprio).

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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 28 marzo 2017, n. 7944

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale notarile, dagli Avvocati (OMISSIS), con domicilio eletto nello studio di quest’ultimo in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dagli Avvocati (OMISSIS), con domicilio eletto nello studio di quest’ultimo in (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1563 in data 3 luglio 2012;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 10 febbraio 2017 dal Consigliere Alberto Giusti;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. – Con atto di citazione notificato il 19 dicembre 1994, (OMISSIS) dedusse che la madre (OMISSIS) aveva venduto alla sorella (OMISSIS), con contratto in data (OMISSIS) a rogito del notaio (OMISSIS), un immobile sito in (OMISSIS) dissimulando donazione e, pertanto, convenendola in giudizio, chiese la ricostituzione dell’asse, relitto morendo in data (OMISSIS) dalla comune madre, e la reintegra nella sua quota di legittima relativamente all’eredita’ della madre lesa dall’atto simulato.

Resisteva (OMISSIS), opponendosi alla domanda, poiche’ in realta’ era ella rimasta lesa da atti dissimulati posti in essere sia dalla madre che dal padre (OMISSIS) in favore del fratello, sicche’ a sua volta chiedeva l’accertamento delle simulazioni di detti atti e la ricostituzione degli assi relitti dai comuni genitori e la sua reintegra nella quota di legittima con gli accessori.

L’adito Tribunale di Treviso, con sentenza in data 12 ottobre 2006, accoglieva in parte la domanda proposta da (OMISSIS) e gravava (OMISSIS) delle spese di lite.

2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 3 luglio 2012, la Corte d’appello di Venezia ha rigettato l’appello principale di (OMISSIS), mentre ha accolto l’appello incidentale mosso da (OMISSIS) e, per l’effetto, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale, ha condannato (OMISSIS) a pagare in favore di (OMISSIS) la somma capitale di Euro 57.518, con rivalutazione, in luogo dell’assegnazione fatta del primo giudice in proprieta’ della quota di 7/18 intestata al fratello (OMISSIS) dei terreni siti in Treviso, fogli (OMISSIS), compensando tra le parti le spese del grado.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello (OMISSIS) ha proposto ricorso, con atto notificato il 16 gennaio 2013, sulla base di cinque motivi.

L’intimata ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo (violazione degli articoli 82 e 83 c.p.c.) il ricorrente denuncia la nullita’ del procedimento e della sentenza in relazione alla eccepita mancanza e/o insufficienza del mandato del difensore di (OMISSIS) (Avvocato (OMISSIS)) nel giudizio di primo grado per la proposizione di domanda riconvenzionale in quanto essa non attribuirebbe il potere e la rappresentanza per detta domanda.

1.1. – Il motivo e’ infondato.

La procura rilasciata al difensore in calce alla comparsa di costituzione e risposta, recante la proposizione della domanda riconvenzionale, recita: “delego a rappresentarmi e difendermi anche disgiuntamente in ogni fase e grado del presente procedimento anche d’appello come nel processo di esecuzione ed eventuali opposizioni conferendogli ogni facolta’ di legge comprese quelle di transigere, conciliare, rinunciare agli atti ed accettarne la rinuncia, chiamare terzi in causa, proporre impugnazione, eleggere domicilio, nonche’ nominare e sostituire a se’ e revocare altri procuratori”.

Correttamente la Corte di Venezia ha ritenuto che la procura, apposta in calce alla comparsa anch’essa sottoscritta dalla (OMISSIS), legittimava il difensore ad ampliare l’oggetto della lite con la proposizione, con lo stesso atto, della domanda riconvenzionale.

Infatti, per costante giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. 2, 7 aprile 2006, n. 8207; Cass., Sez. 2, 20 marzo 2009, n. 6883), il mandato ad litem, anche quando sia conferito in calce alla copia notificata della citazione, attribuisce al difensore la facolta’ di proporre tutte le difese che siano comunque ricollegabili con l’originario oggetto della causa, e, quindi, anche la domanda riconvenzionale, atteso che quest’ultima, anche quando introduce un nuovo tema di indagine e mira all’attribuzione di un autonomo bene della vita, resta sempre fondamentalmente connotata dalla funzione difensiva di reazione alla pretesa della controparte.

2. – Il secondo mezzo lamenta la nullita’ della sentenza e del procedimento sempre in relazione a detta procura per la mancanza di qualita’ della convenuta per lo meno alla lite attiva – la riconvenziona-le – (in relazione agli articoli 101 e 102 c.p.c.), mancanza che, ad avviso del ricorrente, si traduce sotto detto profilo in una carenza di legittimazione all’azione, eccepibile in qualsiasi stato e grado del giudizio. Il ricorrente sostiene che l’azione esercitata da (OMISSIS) “non e’ mai stata precisata nella qualita’ di erede della madre” e che, in ogni caso, “la procura per l’azione avrebbe dovuto essere rilasciata in proprio e quale erede della madre (trattandosi di far valere diritti di questa e non propri)”.

2.1. – La Corte di Venezia ha respinto il corrispondente motivo di appello rilevando, quanto alla presenza della madre quale litisconsorte, che (OMISSIS) era premorta alla lite, sicche’ esercitava i suoi diritti, in quanto trasmessi ai suoi eredi, la figlia nominata erede, relativamente alla quota disponibile nel testamento.

Si tratta di statuizione che si sottrae alla censura del ricorrente, che neppure si appalesa fondata la’ dove si lamenta che nella procura difetterebbe l’indicazione nella (OMISSIS) della qualita’ di erede della madre.

Invero, secondo il condivisibile orientamento espresso da Cass., Sez. 3, 13 dicembre 2012, n. 22923, poiche’ la successione a causa di morte comporta di norma – e comunque una volta accettata l’eredita’ e non ricorrendo od essendo invano elassi i termini od esauriti gli incombenti di un’accettazione con beneficio di inventario – la confusione tra la quota ereditaria del patrimonio del de cuius ed il patrimonio del successore in capo a quest’ultimo, egli non costituisce un soggetto di diritto diverso a seconda che faccia valere la sua qualita’ di erede oppure no: in altri termini, un individuo quale erede non e’ soggetto suscettibile di differenziarsi da se’ medesimo non in qualita’ di erede, quando faccia valere rapporti giuridici nei quali sia subentrato per effetto di quella successione a causa di morte (ed ove non si verifichi una contrapposizione con rapporti giuridici a lui facenti capo in proprio).

3. – Con il terzo motivo il ricorrente censura la nullita’ della pronuncia della Corte d’appello di Venezia per nullita’ del procedimento e/o della sentenza, “per pronuncia ultra petita anche in relazione all’articolo 112 c.p.c. in riferimento all’articolo 556 c.c. (massa ereditaria per calcolo)”. Si lamenta: (a) che la pronuncia sia ultra petita “per i vari aspetti in cui si addentra (pronuncia senza domanda e senza richiesta delle parti), od a seguito di domande formalmente inesistenti o comunque inammissibili, perche’ proposte da soggetti in proprio non legittimati”; (b) che la dichiarazione di nullita’ dei singoli atti di cessione del padre (OMISSIS) “non passa attraverso la collazione, ma solo attraverso l’eventuale lesione del diritto o dei diritti di successione (non espressamente lamentati) e fa valere diritti della madre e non propri di (OMISSIS)”; (c) che il Tribunale “ha pronunciato su due eredita’ (di cui nulla si e’ chiesto) con una pronuncia diretta sugli atti impugnati e la loro efficacia (non ammissibile con tale contraddittorio), senza che sia stata mai dedotta (e neppure domandata) la lesione della legittima come condizione e possibilita’ di impugnare tali atti”.

3.1. – Il motivo e’ infondato.

La Corte d’appello ha respinto la denuncia del vizio di ultrapetizione osservando come (OMISSIS) abbia proposto esattamente le domande, poi accolte dal Tribunale, con riguardo sia all’eredita’ relitta dal padre che dalla madre; ha poi giudicato priva di rilevanza la circostanza che la (OMISSIS) non abbia impugnato il testamento a suo favore redatto dalla madre, e cio’ in quanto la stessa ha agito quale erede legittimaria della madre lesa per ricostituire l’effettivo asse ereditario relitto da (OMISSIS), togliendo valore agli atti simulati lesivi del suo diritto.

La conclusione alla quale e’ pervenuta la Corte territoriale non incorre nei vizi denunciati dal ricorrente.

Premesso infatti che, a seguito dell’intervenuto decesso di (OMISSIS) e dell’apertura della successione in favore della figlia, che ha accettato puramente e semplicemente e non con beneficio di inventario, e’ priva di significato la distinzione tra la posizione di (OMISSIS) in proprio e quella della stessa come erede della madre, occorre rilevare che l’esame delle conclusioni rassegnate dalla convenuta nella comparsa di risposta dimostra per tabulas come sia da escludere il lamentato vizio di extrapetizione. Con la proposta domanda riconvenzionale, infatti, e’ stata denunciata la lesione della legittima e domandata la relativa tutela, chiedendosi di accertare la simulazione degli atti indicati in comparsa di risposta, di procedere alla ricostituzione dell’asse ereditario del defunto (OMISSIS), collazionando anche i cespiti di cui ai predetti atti, ivi comprendendo tutte le donazioni dirette, indirette e dissimulate risultanti da tali atti, e di stabilire sull’asse – cosi’ ricostituito – la quota di riserva quali legittimari, riducendo conseguentemente le donazioni operate a favore di (OMISSIS).

4. – Con il quarto motivo si deduce che la sentenza impugnata incorre “nella contraddittoria valutazione circa fatti rilevanti per la definizione del merito per giudizio”, ma anche in un “evidente errore di diritto” “in relazione alla individuazione della novita’ di domande ed eccezioni ex articolo 345 c.p.c. del tutto inesistente”: (a) per quel che concerne la configurazione dei lasciti da parte del genitore a (OMISSIS) come cessioni remuneratorie; ancora, (b) per quel che concerne la configurazione delle somme spese da (OMISSIS) (e richieste come deduzioni per addizioni e miglioramenti, considerate domande nuove ex articolo 345 c.p.c. e quindi valutate inammissibili); infine, (c) per la richiesta di prove (in particolare il giuramento decisorio e/o suppletorio).

4.1. – Il motivo e’ inammissibile.

Quanto ai profili sub (a) e sub (b), va osservato che la Corte d’appello ha esplicitato che “il cenno a(la natura rimuneratoria delle donazioni e la pretesa afferente le somme spese per miglioramenti od addizioni nell’azienda agricola comune appaiono questioni nuove, proposte solamente in sede di appello, sicche’ consegue l’inammissibilita’ del relativo mezzo di gravame non fondato su critica alla sentenza resa dal Giudice trevigiano ma su domanda nuova”.

Ora, il ricorrente deduce che la indicazione della compensazione non e’ nuova in senso tecnico, “essendo dedotta solo per il rigetto della domanda principale e quindi perfettamente fruibile… in quanto proposta nell’atto di appello”; e ribadisce di avere indicato, nell’atto di impugnazione, “una serie di spese sostenute e documentate”; ma in violazione del principio di specificita’ del motivo di ricorso per cassazione – non riporta il tenore esatto del proposto atto di appello, e quindi non consente di desumere, dal testo del motivo di ricorso, se con l’atto di gravame dinanzi alla Corte territoriale sia stata dedotta una mera eccezione (consentita, essendo il giudizio di primo grado introdotto anteriormente al 30 aprile 1995) o – come ritenuto dalla Corte di Venezia – una domanda nuova.

Cade – di conseguenza – il profilo di censura sub (c), avendo la Corte territoriale dichiarato inammissibile il deferito giuramento poiche’ tutti i capitoli proposti afferivano alle domande nuove proposte, come tali a loro volta inammissibili.

5. – Con il quinto mezzo il ricorrente denuncia erronea e falsa applicazione di legge o, quanto meno, nullita’ del procedimento, in relazione alla domanda del (OMISSIS), stante l’omessa valutazione della mancanza di dazione di corrispettivo nella compravendita madre – figlia.

5.1. – Il motivo e’ inammissibile.

La Corte d’appello ha condiviso la conclusione del primo giudice circa l’inadeguatezza della prova a sostegno della domanda di simulazione del contratto di vendita alla figlia (OMISSIS) del bene sito in (OMISSIS).

Il ricorrente non indica dove si anniderebbe l’erronea e falsa applicazione di legge”, soltanto genericamente denunciata, senza indicazione delle norme di legge pertinenti o dei principi giurisprudenziali di riferimento; e si limita a chiedere, in sostanza, una rinnovata valutazione delle prove, censurando l’erronea lettura compiuta dal giudice di merito di prove rilevanti.

6. – Il ricorso e’ rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 7.200, di cui Euro 7.000 per compensi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.