Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 13 maggio 2008, n. 11890

La fattispecie negoziale atipica della garanzia a prima richiesta ricorre ogni qual volta, mediante l’inserimento della clausola “a semplice richiesta” o ” senza eccezioni”, sia espressamente derogato l’art. 1945 cod. civ., e venga meno l’accessorietà propria della fideiussione, in modo che risulti, dall’interpretazione del contratto, preclusa al garante l’opponibilità delle eccezioni spettanti al debitore principale nei confronti del creditore garantito.

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile
Sentenza 13 maggio 2008, n. 11890

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente

Dott. MAZZA Fabio – Consigliere

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

WI. AS. S.P.A., in persona del suo procuratore legale rappresentante pro tempore Dr. Gi. An., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato ALESSI GAETANO, che la difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro p.t., dell’Agenzia delle Dogane, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso gli uffici dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui e’ difeso per legge;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO FR. PA. S.P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4303/02 della Corte d’Appello di ROMA, sezione prima civile emessa il 15/11/2002, depositata il 02/12/02; RG. 5611/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/02/08 dal Consigliere Dott. Camillo FILADORO;

udito l’Avvocato GAETANO ALESSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 15 novembre – 2 dicembre 2002 n. 4303, la Corte d’Appello di Roma accoglieva l’appello proposto dal Ministero delle Finanze avverso la decisione del locale Tribunale del 20 ottobre 1999, rigettando l’opposizione a ingiunzione proposta dalla societa’ di assicurazione In. (poi incorporata da WI.), ingiunzione relativa al pagamento di importo di lire 427.227.795.

Osservava la Corte territoriale che con tale ingiunzione era stato richiesto il pagamento di una polizza fideiussoria “a semplice richiesta” stipulata in favore dell’Amministrazione delle Dogane il 14 ottobre 1992, a garanzia dell’eventualita’ di un rimborso delle anticipazioni alle esportazioni di cereali, percepite dalla s.p.a. fr. PA. in regime di prefinanziamento ai sensi del Reg. CEE 565 del 1980 e 3665 del 1987.

Il primo giudice aveva accolto l’opposizione sul presupposto che mancasse la prova del fondamento della pretesa fatta valere dall’Amministrazione.

Riformando la decisione di primo grado, la Corte territoriale ha invece affermato che in caso di assicurazione fideiussoria o cauzione fideiussoria o assicurazione cauzionale, riveste carattere derogatorio – rispetto alla disciplina della fideiussione – la clausola con la quale, come nel caso di specie, venga espressamente prevista la possibilita’ per il creditore garantito di esigere dal garante il pagamento immediato del credito “a semplice richiesta” o “senza eccezioni”.

In tale caso, ha osservato la Corte d’Appello, in deroga all’articolo 1945 c.c. e’ preclusa al fideiussore la opponibilita’ delle eccezioni che potrebbero essere sollevate dal debitore principale, restando in ogni caso consentito al garante di opporre al beneficiario la exceptio doli, nella sola ipotesi in cui la richiesta. di pagamento immediato risulti prima facie abusiva o fraudolenta.

Tanto premesso, i giudici di appello hanno evidenziato come nella specie la richiesta di pagamento avanzata in via ingiuntiva dalla Amministrazione non apparisse prima facie pretestuosa, sulla base degli accertamenti che, come ha ricordato il Ministero resistente, avevano portato ad una informativa al giudice penale per una serie di reati, relativi al periodo 1992-1994.

Avverso tale decisione la societa’ WI. ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi.

Resiste il Ministero dell’Economia e delle Finanze con controricorso.

Il fallimento s.p.a. Fr. PA. non ha svolto difese in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la societa’ denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c. e segg., errata qualificazione della polizza fideiussoria e conseguente errata identificazione della obbligazione della In..

Viene trascritta la polizza fideiussoria a suo tempo rilasciata, a garanzia delle anticipazioni concesse sulle esportazioni di cereali del settembre ed ottobre 1992, la quale si concludeva con queste espressioni: “la sottoscritta… dichiara di prestare e costituire la presente polizza con formale rinunzia al beneficio della preventiva escussione di cui all’articolo 1944 c.c. volendo ed intendendo restare obbligata in solido con la ditta debitrice.

La sottoscritta si impegna a versare l’importo della cauzione a semplice richiesta di codesto Onorevole Dipartimento delle Dogane e II.II. senza riserva alcuna.

La presente fideiussione si intendera’ valida fino alla restituzione dell’atto o sino al ricevimento di una dichiarazione di scarico da parte del beneficiario”.

Parte ricorrente evidenzia come la piu’ recente giurisprudenza di questa Corte regolatrice escluda che le clausole “su semplice richiesta” e “senza alcuna riserva” modifichino la disciplina di diritto sostanziale e possano determinare una completa autonomia della obbligazione del garante rispetto a quella principale Esse, ad avviso della societa’ ricorrente, sono invece configurabili secondo lo schema dell’articolo 1462 c.c. e costringono solo il debitore a pagare se vuole che le sue eccezioni siano prese in esame nello stesso od in altro processo.

Con il secondo motivo la societa’ ricorrente censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione:

a) delle norme sull’adempimento delle obbligazioni;

b) degli articoli 5 e 18 del regolamento CEE 3665 del 1987 in G.U. delle Comunita’ Europee del 14 dicembre 1987;

c) dell’articolo 1 del regolamento CEE n. 1181 del 1987 di modifica del regolamento CEE n. 2280 del 1985 in G.U. delle Comunita’ Europee n. 113, 31 del 30 aprile 1997;

d) della disciplina relativa al potere di escussione della garanzia prestata ai sensi del regolamento CEE n. 3665 del 1987;

e) degli articoli 2697, 2700 e 2702 c.c. e articolo 115 c.p.c.;

f) dell’articolo 118 disp. att. c.p.c. circa la compiuta enunciazione delle ragioni giuridiche della decisione;

g) dell’articolo 111 Cost., circa l’obbligo di motivazione;

h) degli articoli 1175 e 1375 c.c..

Con il terzo motivo, infine, parte ricorrente denuncia omessa insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza su un punto decisivo della controversia e rilevabile d’ufficio.

Si assume, con questo ultimo motivo, che la Corte d’appello abbia errato nel ritenere in via del tutto sillogistica, che essendo la richiesta di pagamento fondata su finanziamenti percepiti il garante fosse tenuto a onorare la sua obbligazione senza possibilita’ di eccepire l’avvenuto assolvimento di quella principale.

Mancava persino la prova dell’accertamento del reato di frode, solo ipotizzato dalla Direzione Compartimentale delle Dogane di Firenze nella informativa al giudice penale.

Il semplice sospetto della Amministrazione in ordine alla destinazione effettiva de prodotto era, di per se’, inidoneo a determinare l’insorgenza del credito all’indebito oggettivo ex articolo 2033 c.c. ed alla possibilita’ di una rivalsa sulla polizza.

La documentazione prodotta dal garante per dimostrare l’avvenuto compimento della operazione di esportazione (in ordine alla qualita’ delle merce analizzata e caricata sili vettore marittimo) costituiva prova legale dei fatti come rappresentati.

Per contestare tale prova l’Amministrazione avrebbe potuto proporre esclusivamente querela di falso nell’ambito della opposizione alla ingiunzione.

La ricorrente rileva, da ultimo, che le operazioni garantite con la polizza in esame attenevano ad una tipologia di grano del tutto diversa da quella oggetto dei sospetti di irregolarita’ di cui al verbale 10 maggio – 29 agosto 1984 (in quanto si trattava di grano tenero) precisando che le operazioni contestate si riferivano ad un ambito temporale diverso da quello indicato nel verbale medesimo: 1994 anziche’ 1992.

I tre motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, sono in parte inammissibili ed in parte infondati e non possono trovare accoglimento.

Appare opportuno ricordare che, come richiamato dal Ministero controricorrente con riferimento alla documentazione gia’ prodotta, le operazioni di esportazione contestate riguardavano tutte l’anno 1992 e che gli accertamenti che hanno portato all’escussione della garanzia si riferivano sia alle esportazioni di grano tenero che a quelle di grano duro (notizia di reato del 22 agosto 1994 della Direzione Compartimentale di Firenze: pp. 43 e 46: pp. 4 e seguenti del controricorso).

Secondo gli accertamenti compiuti, e riassunti nella denuncia di reato, la PA. era accusata di avere sottratto – dal grano da lei detenuto per conto dell’AIMA (e di cui era proprietaria l’AIMA che non aveva autorizzato l’esportazione del grano) – ingentissime quantita’ (oltre quintali 126.000) esportate dalla PA. in Paesi Extra CEE.

In tal modo la PA. aveva finito per percepire – illegittimamente – restituzioni all’esportazione per merce non di sua proprieta’ e della quale non poteva disporre.

Tanto chiarito in punto di fatto, occorre prendere in esame le censure dedotte dalla ricorrente.

Come gia’ rilevato da questa Corte in analoghe controversie (Cass. 7491 del 9 agosto 2007, 14 febbraio 2007 n. 3257, 22821 del 24 ottobre 2006), nel caso di specie risulta centrale la questione relativa alla interpretazione da dare al contenuto della clausola contrattuale riportata nelle condizioni generali di polizza, inserita nella “polizza fideiussoria a semplice richiesta” stipulata dalle parti, giacche’ tale questione deve considerarsi il filo comune che lega insieme le varie censure.

La societa’ ricorrente sostiene, infatti, che in detta previsione debbano ravvisarsi in sostanza gli estremi della clausola del c.d. “solve et repete” con la conseguenza che, in tal caso, il meccanismo del pagamento “a prima richiesta” non escluderebbe l’accessorieta’ della garanzia, che resterebbe a tutti gli effetti una fideiussione, anziche’ un contratto autonomo di garanzia del tipo suindicato (Cass. 14 febbraio 2007 n. 3257), e dunque con la sola previsione di un differimento delle eccezioni inerenti al rapporto principale ad un momento successivo al pagamento effettuato dal garante e con la facolta’ per quest’ultimo di proporre azione di ripetizione nei confronti del creditore principale.

La Corte romana ha, invece, ritenuto che nella clausola in questione dovessero essere ravvisate natura e funzione di “garanzia assoluta” in favore della Amministrazione delle Dogane, in modo tale da garantire in ogni caso – a prescindere, quindi, dal rapporto principale tra l’Amministrazione e la PA. – il pagamento dietro semplice richiesta della somma garantita, senza che la societa’ assicuratrice potesse opporre ne’ prima ne’ dopo il pagamento alcuna eccezione relativa al rapporto di garanzia.

Rileva il Collegio:

Secondo piu’ che consolidata giurisprudenza di questa Corte – dalla quale prescinde totalmente la difesa della parte ricorrente – in materia di interpretazione del contratto, l’accertamento della volonta’ degli stipulanti, in relazione al contenuto del negozio, si traduce in una indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice del merito.

La possibilita’ di censurare tale accertamento in sede di legittimita’, a parte l’ipotesi in cui la motivazione sia cosi’ inadeguata da non consentire la ricostruzione del percorso logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto, e’ limitata al caso della violazione delle nome ermeneutiche, violazione da dedursi, peraltro, con la specifica indicazione – nel ricorso per cassazione – del modo in cui il ragionamento del giudice si sia da esse discostato.

In caso contrario, infatti, la critica alla ricostruzione del contenuto della comune volonta’ si sostanzia nella proposta di una interpretazione diversa.

In altri termini, il ricorso in sede di legittimita’ – riconducibile in linea generale al modello della argomentazione di carattere confutativo – laddove censuri l’interpretazione del contratto accolta dalla sentenza impugnata, non puo’ assumere tutti i contenuti di cui quel modello e’ suscettibile, dovendo limitarsi ad evidenziare l’invalidita’ della interpretazione adottata attraverso l’allegazione (con relativa dimostrazione) della inesistenza o dell’assoluta inadeguatezza dei dati tenuti presenti dal giudice di merito o anche solo delle regole giustificative (anche implicite) che da quei dati hanno condotto alla conclusione accolta.

La censura non puo’ invece affidarsi alla mera contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati asseritamente piu’ significativi o di regole di giustificazione prospettate come piu’ congrue (Cass. 23 agosto 2006 n. 18375).

In materia di interpretazione del contratto, quindi, la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica contrattuale esige una specifica indicazione dei canoni in concreto inosservati e del modo attraverso il quale si e’ realizzata la violazione, mentre la denuncia del vizio di motivazione implica la puntualizzazione della obiettiva deficienza e contraddittorieta’ del ragionamento svolto dal giudice del merito.

Nessuna delle due censure puo’, invece, risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione.

D’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimita’ – sotto entrambi i cennati profili – quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni plausibili, non e’ consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimita’ del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 2 maggio 2006 n. 10131).

Oltre che inammissibili, sotto il profilo suindicato, le censure svolte nei motivi in esame sono manifestamente infondate.

Per costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte, alla c.d. “assicurazione fideiussoria” (o cauzione fideiussoria o assicurazione cauzionale) – che e’ una figura intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione, caratterizzata dall’assunzione dell’impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo in caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta da un terzo sono applicabili le norme contenenti la disciplina legale tipica della fideiussione salvo che le stesse non siano espressamente derogate dalle parti (Cass. 10486 del 2004, 6728 del 2002, 3552 del 1998, 3940 del 1995, 11038 del 1991, 6499 del 1990, 3444 del 1988).

Portata derogatoria viene riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte alla clausola con la quale sia espressamente prevista la possibilita’ per il creditore garantito, di esigere dal garante il pagamento immediato del credito “a semplice richiesta” o “senza eccezioni” tutte le volte in cui una clausola siffatta, inserita in un contratto di assicurazione fideiussoria o cauzionale del tipo suindicato – secondo l’accertamento di competenza dei giudici di merito -precluda al garante l’opponibilita’ al beneficiario delle eccezioni spettanti al debitore principale ai sensi dell’articolo 1945 c.c. e risulti incompatibile con il principio di accessorieta’ che caratterizza la fideiussione valendo, per converso, a qualificare il negozio come: contratto autonomo di garanzia (Cass. 27 giugno 2007 n. 14853, 28 febbraio 2007 n. 4661, 9 novembre 2006 n. 23900, 31 maggio 2006 n. 13001, 12 dicembre 2005 n. 27333, 1 giugno 2004 n. 10486. Inoltre, per una fattispecie analoga, riguardante il rimborso accelerato per eccedenze IVA, cfr. Cass. S.U. n. 8592 del 1996, nonche’, da ultimo, Cass. S.U. 12 gennaio 2007 n. 412 per qualche spunto in ordine alla connessione dei due rapporti).

Alla luce di tale giurisprudenza – esaminate nel loro complesso le censure formulate dalla ricorrente -la ricostruzione, da parte dei giudici di appello, del rapporto contrattuale tra le parti come figura da ricondurre nell’ambito della garanzia autonoma a semplice richiesta (e percio’ del tutto svincolata dalla figura ordinaria del contratto di fideiussione) risulta effettuata con un corretto procedimento logico-argomentativo, assolutamente esente da vizi logici ed errori giuridici.

Correttamente, in forza di tale premessa, i giudici di appello hanno rilevato che ogni questione relativa agli esiti della ispezione disposta a campione sulle partite garantite dalla polizza in questione (tutte relative, tra l’altro, all’anno 1992) doveva ritenersi non opponibile dal fideiussore, obbligatosi a pagare a semplice richiesta (pag. 6 della sentenza impugnata).

Per completezza di esposizione si osserva che nel caso di specie e’ stato – in termini non equivoci ne’ dubbi – previsto: “la sottoscritta (In. As. s.p.a.) si impegna a versare l’importo della cauzione a semplice richiesta di codesto Onorevole Dipartimento delle Dogane e delle Imposte Indirette senza riserva alcuna. La presente fideiussione si intendera’ valida fino alla restituzione dell’atto o sino al ricevimento di una dichiarazione di scarico da parte del beneficiario”.

Con motivazione incensurabile in questa sede, la Corte territoriale ha interpretato tale ultima clausola come incompatibile con il riconoscimento alla societa’ garante della facolta’ di opporre al creditore, ai sensi dell’articolo 1945 c.c., le eccezioni relative al rapporto principale e spettanti al debitore principale, neppure se differite – secondo il meccanismo del “solve et repete” ad un momento successivo al pagamento effettuato dalla garante.

Deve, pertanto, escludersi che la sentenza impugnata abbia – nella ricostruzione del rapporto contrattuale nei termini sopra indicati – violato la disposizione dell’articolo 1362 c.c. ovvero abbia omesso la debita motivazione sulle ragioni per cui la polizza in questione dovrebbe precludere in questo caso la piena applicabilita’ della suddetta norma codicistica.

Appare evidente che a fronte di una previsione cosi’ esplicita, non rilevano le disposizioni del regolamento CEE 3 665 del 1987 e neppure la circostanza che questo sia stato espressamente richiamato nello strumento contrattuale.

Non esiste, infatti, alcuna contrapposizione ne’ logica, ne’ giuridica tra la circostanza che la PA. intende richiedere “ai sensi del regolamento CEE 3665/87, il pagamento anticipato dell’importo della restituzione prevista per la esportazione verso Paesi terzi, relativi alle bollette in questione e che detto pagamento e’ condizionato al preventivo rilascio di una fideiussione per un importo pari a quello dell’anticipazione richiesta, maggiorato del 15%” (pag. 16 del ricorso) e la ulteriore circostanza che la In. si sia impegnata a versare l’importo della cauzione a semplice richiesta del Dipartimento delle Dogane e delle Imposte Indirette senza riserva alcuna.

La conclusione fatta propria dalla sentenza impugnata – che ha privilegiato il significato letterale delle parole utilizzate dalle parti contraenti – si pone del resto perfettamente in armonia (e non contraddice in alcun modo, contrariamente a quanto del tutto apoditticamente si afferma nel ricorso) con i principi giurisprudenziali richiamati nel ricorso, ed in particolare, con l’insegnamento contenuto in Cass. 9 agosto 2007 n. 17491 e 28 agosto 2003 n. 12619.

Accertato, infatti, come risulta dalla stessa letterale formulazione del documento azionato dal Ministero controricorrente, che la In. nel caso di specie si era impegnata a versare l’importo della cauzione a semplice richiesta del Dipartimento delle Dogane, e’ di tutta evidenza, la inammissibilita’, per carenza di interesse, di tutte le deduzioni svolte nel secondo motivo.

Anche nella eventualita’, infatti, che le stesse dovessero – in ipotesi – risultare fondate, la circostanza che la normativa dovesse interpretarsi nel senso suggerito dalla societa’ odierna ricorrente e’ palesemente irrilevante e non pertinente al fine di pervenire ad una diversa conclusione della lite.

Una volta escluso che possa configurarsi una nullita’ della clausola contrattuale piu’ volte trascritta per violazione di legge (nazionale o comunitaria) – la circostanza non e’ del resto neppure dedotta nelle complesse e articolate difese della parte ricorrente – e’ evidente la ultroneita’ di tutte le argomentazioni svolte nel secondo motivo (sulla legittimita’ di clausole di questo genere, in quanto espressione del principio di autonomia negoziale cfr. Cass. nn. 3552 del 1998, 3940 del 1995, 3519 del 1994, 12341 del 1992, 6496 del 1991, 7341 del 1987).

La societa’ ricorrente, pur deducendo che i giudici di appello abbiano malamente interpretato le molteplici disposizioni di legge indicate nella intestazione dei vari motivi (disposizioni di legge delle quali i giudici del merito non hanno fatto applicazione perche’ estranee al thema decidendum), in realta’ si limita a censurare l’interpretazione data dai giudici di appello alle risultanze di causa, interpretazione a parere della ricorrente; inadeguata, sollecitando cosi’ contra legem, e cercando di superare quelli che sono i limiti del giudizio di cassazione, un nuovo giudizio di merito su quelle; stesse risultanze.

Quanto, infine, ai vizi di motivazione denunciati con il terzo motivo, per avere omesso i giudici di appello di considerare che, ancorche’ la obbligazione principale fosse stata puntualmente adempiuta, in realta’ la pretesa della Amministrazione doveva considerarsi prima facie manifestamente pretestuosa, si osserva che i giudici del merito hanno adeguatamente motivato le ragioni della conclusione fatta propria.

La societa’ ricorrente si astiene dall’indicare elementi trascurati dai giudici di merito e che, invece, se tenuti presenti, avrebbero con un giudizio di certezza – e non di mera probabilita’ – condotto i giudici ad una diversa conclusione.

L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – contrariamente a quanto suppone l’attuale ricorrente – non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensi’ solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuta dal giudice del merito, cui e’ riservato l’apprezzamento dei fatti.

In ogni caso e da un opposto profilo, il Ministero controricorrente ha richiamato la documentazione gia’ prodotta ed in particolare la informativa di reato (e la denuncia per truffa e falso in atto pubblico) sottolineando che in un periodo di tempo che andava dal gennaio 1991 al maggio 1994 la Fr. PA. era stata accusata di aver sottratto ingenti quantita’ di grano di proprieta’ dell’AIMA e di averlo esportato all’estero, percependo illecitamente restituzioni all’esportazione per merce non di sua proprieta’ e della quale non poteva disporre (pagg. 20 e seguenti del controricorso).

Sicche’ non poteva neppure dedursi – come ritiene invece la societa’ ricorrente (pag. 37 del ricorso – che la pretesa dell’Amministrazione finanziaria potesse considerarsi prima facie pretestuosa e tale dunque da escludere la operativita’ della garanzia (secondo la prospettazione della decisione n. 3291 del 19 marzo 1993 di questa stessa Corte).

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese liquidate come in dispositivo in favore della parte controricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 6.100,00 (seimilacento, 00) di cui euro 6.000,00 (seimila, 00) per onorar di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.