Corte di Cassazione, Sezione 3 penale Sentenza 21 dicembre 2017, n. 57130

l’eventuale negligenza del difensore nell’adempimento del suo incarico professionale, sebbene non idonea ad integrare il caso fortuito o la forza maggiore (si direbbe anzi proprio per questo), non e’ tale da rimanere senza conseguenze sul piano giuridico, giustificando, in linea di principio, la adozione di provvedimenti sotto il profilo risarcitorio attivati dall’imputato.

 

 


Corte di Cassazione, Sezione 3 penale Sentenza 21 dicembre 2017, n. 57130

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMORESANO Silvio – Presidente

Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza della Corte di appello di Potenza depositata il 16 novembre 2016; letti gli atti di causa, l’ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. BALDI Fulvio, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

La Corte di appello di Potenza ha rigettato, con ordinanza depositata il 16 novembre 2016, il ricorso del 11 novembre 2016, con il quale (OMISSIS), tramite il proprio difensore di fiducia, aveva chiesto di essere rimesso in termini per proporre impugnazione avverso la sentenza n. 236/16 emessa a suo carico dal Gip del Tribunale di Potenza il precedente 27 maggio 2016; la Corte territoriale ha rilevato che non era fattore idoneo ad integrare gli estremi del caso fortuito la circostanza, allegata dal ricorrente a sostegno della propria istanza, che il suo difensore avesse errato nel calcolare i termini per la presentazione del ricorso in appello.

Ha, peraltro, aggiunto la Corte territoriale come parte ricorrente avrebbe, comunque, dovuto presentare la richiesta di rimessione in termini, a pena di decadenza, entro 10 giorni dalla data in cui era venuto meno il fattore generante il dedotto caso fortuito o forza maggiore, mentre, nella specie il dies a quo ai fini della presentazione della istanza era stato collocato al momento in cui era stata messa in esecuzione la sentenza per la presentazione del cui appello e’ stata chiesta la rimessione in termini, cioe’ l’8 novembre 2016.

In particolare la Corte lucana ha ribadito come, secondo l’insegnamento di questo giudice della legittimita’, le inadempienze dei difensori di fiducia non possono costituire fondamento per la rimessione in termini in ordine ad operazioni da questi non tempestivamente eseguite, trattandosi di fattori esulanti rispetto alle ipotesi di caso fortuito o forza maggiore in quanto consistono in eventi superabili mediante la normale diligenza ed attenzione e dovendosi presumere un onere in capo all’assistito di vigilare sull’esatta osservanza da parte del professionista incaricato del compito a lui demandato.

Ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS), assistito dal legale di fiducia, deducendo la illegittimita’ della ordinanza impugnata in quanto la stessa sarebbe caratterizzata, oltre che da violazione di legge, anche da una motivazione apparente, mancante o comunque contraddittoria.

Il ricorrente, ricostruita la vicenda che ha condotto il proprio difensore ad impugnare tardivamente la sentenza emessa a suo carico, legata all’errore dal medesimo commesso nel ritenere che la sospensione feriale dei termini processuali avrebbe comportato anche la dilatazione del termine per il deposito della motivazione della sentenza in questione, ha affermato che l’ordinanza impugnata, limitandosi a richiamare testualmente la massima di una sentenza della Corte di cassazione che non rispecchierebbe le peculiarita’ del caso ora in esame, non assolverebbe all’onere motivazionale; in essa, infatti, non si tiene conto del fatto che egli si era piu’ volte recato presso lo studio del suo difensore ove aveva ricevuto risposte tranquillizzanti sulla tempistica della impugnazione alle quali egli, privo degli adeguati strumenti tecnici, non aveva ragione di obbiettare alcunche’; per altro la Corte territoriale, che pure ha rilevato come la complessita’ del quadro normativo potrebbe giustificare la inesigibilita’ dell’onere di controllo sull’operato del difensore da parte del suo assistito, facendo in tal modo rientrare le inadempienze di quello nel novero dei fattori legittimanti la concessione della rimessione in termini, non si e’ data carico di verificare se nel caso di specie ci si trovasse, come ritenuto dal ricorrente, o meno in una tale situazione di complessita’.

Come secondo motivo di impugnazione il (OMISSIS) ha contestato, ancora sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, il fatto che la Corte di Potenza abbia, ingiustificatamente, ritenuto che la richiesta di rimessione in termini fosse stata comunque presentata tardivamente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ inammissibile.

Osserva, infatti, il Collegio come la giurisprudenza di questa Corte, ove si eccettuino delle sporadiche eccezioni delle quali si dira’ appresso, sia consolidatamente orientata nel senso di costituire essa un insuperabile avallo alla interpretazione normativa seguita dalla Corte di appello di Potenza.

Dati per riepilogati i fatti come incontestatamente compendiati nella ordinanza impugnata e, peraltro, conformemente ripresi nel ricorso introduttivo, rileva la Corte come, in piu’ occasioni, sia stato rilevato che l’inesatto adempimento della prestazione professionale da parte del difensore di fiducia, a qualsiasi causa ascrivibile, non e’ idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore – concretandosi queste ultime in forze impeditive non altrimenti superabili le quali legittimano la restituzione in termini – consistendo, invece, quello in una falsa rappresentazione della realta’ cui si sarebbe potuto ovviare mediante la normale diligenza ed attenzione; ne’ puo’ essere esclusa, in linea di principio, la sussistenza di un onere dell’assistito di vigilare sulla esatta osservanza dell’incarico da lui conferito, laddove il controllo sulla correttezza dell’adempimento defensionale non sia stato impedito al comune cittadino dalla complessita’ del quadro normativo di riferimento (Cassazione n. 48737/2016; idem Sezione 6 penale, 5 maggio 2016, n. 18716; idem Sezione 3 penale, 24 settembre 2013, n. 39437).

E sul punto vi e’ da segnalare che non e’ riscontrabile la necessaria complessita’ normativa e interpretativa, essendo invece granitica e risalente la giurisprudenza nella affermazione che il termine per la redazione della motivazione della sentenza non e’ soggetto alla disciplina della sospensione feriale dei termini (Corte di cassazione, Sezione 4 penale, 15 aprile 2015, n. 15753; idem Sezione 4 penale, 14 novembre 2007, n. 41834; idem Sezione 3 penale, 17 gennaio 1996, n. 462), senza che sulla salda stabilita’ di tale principio abbia neppure inciso la recente riduzione del periodo di sospensione feriale dei termini processuali attuata con il Decreto Legge n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, con L. n. 162 del 2014, cosi’ come confermato dalla piu’ recente giurisprudenza di questa Corte (Corte di cassazione, Sezione 5 penale, 11 aprile 2017, n. 18328).

Ne’, come accennato, appaiano tali da comportare neppure il venir meno del giudizio di manifesta infondatezza del ricorso i precedenti arresti di questa Corte che, primo visu, apparirebbero in contrasto con il consolidato orientamento prima illustrato e condiviso.

In un caso, infatti, la Corte ha sostenuto la illegittimita’ del diniego della richiesta di restituzione in termini per la presentazione di motivi di appello allorche’ l’omesso adempimento dell’incarico di proporre l’impugnazione da parte del difensore di fiducia, non attivatosi contrariamente alle aspettative dell’imputato, sia stato determinato da una situazione di imprevedibile ignoranza della legge processuale penale, tale da configurare una ipotesi di caso fortuito, in una fattispecie in cui l’interessato aveva personalmente presentato dichiarazione di appello presso l’ufficio matricola della casa circondariale ove egli era ristretto, in tal modo esternando tempestivamente la sua ferma volonta’ di impugnare la sentenza a suo carico (Corte di cassazione, Sezione 6 penale, 10 settembre 2009, n. 35149), mentre nell’altro caso, in realta’, ad onta del tenore del principio massimato, sostanzialmente nei termini che precedono, la Corte escluse la fondatezza del ricorso avverso il rigetto della richiesta di rimessione in termini in assenza di elementi in ordine alla imprevedibilita’ – da intendersi quest’ultima in termini evidentemente oggettivi quale inevitabilita’ – della ignoranza del difensore con riferimento alla disciplina dei termini per la impugnazione (Corte di cassazione, Sezione 2 penale, 9 agosto 2011, n. 31680).

Situazione di imprevedibilita’ che, come dimostrato attraverso la analisi proprio della giurisprudenza consolidata in tema di incidenza della sospensione feriale dei termini processuali sulla scadenza dei termini per il deposito della motivazione delle sentenza e, mediatamente, su quelli per la proposizione delle impugnazioni, assolutamente non e’ riscontrabile quanto al caso in esame.

Va da se’ che l’eventuale negligenza del difensore nell’adempimento del suo incarico professionale, sebbene non idonea ad integrare il caso fortuito o la forza maggiore (si direbbe anzi proprio per questo), non e’ tale da rimanere senza conseguenze sul piano giuridico, giustificando, in linea di principio, la adozione di provvedimenti sotto il profilo risarcitorio attivati dall’imputato (sul punto in generale, cfr. Corte di cassazione, Sezione 3 civile, 15 giugno 2016, n. 12280; idem Sezione 2 civile, 23 marzo 2016, n. 6537) ovvero, se del caso, eventualmente anche sotto quello deontologico.

L’inammissibilita’ del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del secondo motivo di impugnazione, essendo questo, volto a rivendicare la tempestivita’ della presentazione della istanza di rimessione in termini, divenuto irrilevante una volta affermata la legittimita’ del provvedimento con la quale la predetta istanza e’ stata comunque rigettata nel merito.

Alla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso fa seguito, visto l’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000.00 in favore della Cassa delle ammende.

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Avv. Umberto Davide

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