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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 9 giugno 2015, n. 11865
salvo patto contrario – non e’ onere del locatore ottenere le autorizzazioni amministrative eventualmente necessarie per l’uso del bene locato; sicche’, nel caso in cui il conduttore non ottenga la suddetta autorizzazione, non e’ configurabile alcuna responsabilita’ per inadempimento in capo al locatore, quand1anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche del bene locato
Il contratto di locazione e le principali obbligazioni da esso nascenti.
Indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ex art. 34 L 392/1978
La successione nel contratto di locazione ad uso abitativo.
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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 9 giugno 2015, n. 11865
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere
Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4471/2012 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 919/2011 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 13/10/2011, R.G.N. 375/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/03/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per inammissibilita’ in subordine rigetto.
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Nell’ottobre 1994 (OMISSIS) conveniva in giudizio (OMISSIS), chiedendone la condanna alla restituzione del deposito cauzionale di 8 milioni di lire ed al risarcimento dei danni tutti da esso attore subiti a seguito dell’inadempimento, da parte del convenuto, del contratto con il quale quest’ultimo gli aveva concesso in locazione un immobile ad uso imprenditoriale di autorimessa; immobile poi risultato inidoneo a tale uso, perche’ necessitante di interventi di adeguamento alla normativa antincendio che il locatore non aveva procurato, ne’ gli aveva segnalato al momento della stipulazione.
Nella costituzione in giudizio del (OMISSIS) – che chiedeva il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la pronuncia di risoluzione del contratto per grave inadempimento del (OMISSIS) nel mancato pagamento del primo canone di locazione e nella mancata prestazione della garanzia pattuita – veniva emessa sentenza n. 8/07 con la quale l’adito tribunale di Bari accoglieva la domanda principale e rigettava la domanda riconvenzionale, dichiarando il contratto di locazione risolto per inadempimento del (OMISSIS); il quale veniva conseguentemente condannato alla restituzione del deposito cauzionale, oltre al risarcimento del danno equitativamente stimato in euro 1.000,00.
Interposto appello dal (OMISSIS), veniva emessa la sentenza n. 919/11 con la quale la corte di appello di Bari, in riforma della prima decisione: – rigettava la domanda principale del (OMISSIS); – in accoglimento della riconvenzionale del (OMISSIS), dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento del conduttore; – condannava quest’ultimo alla corresponsione del canone non versato, oltre alle spese del doppio grado.
Avverso questa sentenza viene dal (OMISSIS) proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, ai quali resiste il (OMISSIS) con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
p.1. Con i tre motivi di ricorso il (OMISSIS) lamenta – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – violazione delle norme sull’inadempimento contrattuale e sugli obblighi del locatore ex articoli 1575 e 1578 c.c., nonche’ carenza motivazionale su punti decisivi della controversia. Cio’ perche’ la corte di appello, nel riformare la prima decisione richiamando un indirizzo giurisprudenziale di legittimita’ qui non pertinente, non aveva considerato che: – la presenza nei locali di un vano caldaia condominiale, ritenuta dai VV.FF. ostativa al rilascio delle prescritte autorizzazioni antincendio se non previa creazione di un’intercapedine muraria incidente sulla superficie utilizzabile e sugli spazi di manovra interni all’autorimessa, non era da lui conosciuta ne’ conoscibile al momento della stipula contrattuale; – in tale situazione, era obbligo del locatore permettergli il godimento della cosa secondo lo specifico uso prestabilito in contratto, la’ dove il (OMISSIS) aveva invece omesso di attivarsi per eseguire i necessari interventi di adeguamento, previa autorizzazione del condominio; – a fronte della gravita’ dell’inadempimento del locatore, del tutto legittimo, ex articolo 1460 c.c., doveva ritenersi il comportamento di autotutela di esso conduttore, con conseguente imputabilita’ al (OMISSIS) della risoluzione contrattuale.
p.2. I tre motivi di ricorso sono suscettibili di trattazione unitaria perche’ tutti incentrati – nella comune prospettiva della violazione di legge e della incongrua motivazione – sull’erroneo addebito al conduttore dell’inadempimento legittimante la risoluzione del contratto di locazione, con i consequenziali provvedimenti.
Essi sono infondati.
La corte di appello ha escluso qualsivoglia inadempimento a carico del (OMISSIS): tanto nel ritardo con il quale questi aveva consegnato i locali al (OMISSIS) rispetto alla data pattuita (ritardo di pochissimi giorni e, per giunta, non imputabile, perche’ determinato da un evento atmosferico eccezionale), quanto nella sua mancata attivazione per l’adeguamento dei locali stessi alla normativa antincendio.
Su quest’ultimo aspetto, costituente il principale tema controverso di causa, la corte territoriale (sent. pag. 9) ha rilevato che il “presunto vizio”, rappresentato dalla presenza nei locali del vano caldaia condominiale, “era facilmente riconoscibile” dal conduttore; e, soprattutto, non poteva ingenerare alcuna responsabilita’ del locatore nell’ambito di una regolamentazione negoziale in base alla quale il conduttore aveva espressamente dichiarato: – di ritenere i locali confacenti alle sue esigenze ed all’uso convenuto (clausola 7); – di obbligarsi in proprio a rispettare, nello svolgimento dell’attivita’ di garagista, la normativa antincendio predisposta dal Ministero degli Interni, provvedendo ad assolvere ai relativi oneri ed adempimenti, se e quando richiesti (cl. 12, riportata anche a pag.19 del ricorso).
Ricorre, in materia, l’orientamento di legittimita’ secondo cui – salvo patto contrario – non e’ onere del locatore ottenere le autorizzazioni amministrative eventualmente necessarie per l’uso del bene locato; sicche’, nel caso in cui il conduttore non ottenga la suddetta autorizzazione, non e’ configurabile alcuna responsabilita’ per inadempimento in capo al locatore, quand1anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche del bene locato (Cass. n. 13395 del 08/06/2007).
Assume il ricorrente che questo orientamento non dovrebbe valere in tutte quelle ipotesi in cui, come nella specie, l’immobile sia destinato ad un uso particolare e specificamente individuato in contratto.
Tale affermazione non e’ condivisibile, dovendosi altresi’ considerare che la destinazione particolare dell’immobile locato (tale da richiedere che l’immobile stesso sia dotato di precise caratteristiche, ed ottenga specifiche licenze amministrative e’ diventa rilevante (quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto) soltanto se abbia formato oggetto di specifica pattuizione; non essendo sufficiente la mera enunciazione, nel contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento della idoneita’ dell’immobile da parte del conduttore (Cass. n.13395/07 cit.; Cass. n. 1735 del 25/01/2011, cit. dalla corte di appello; piu’ recentemente, Cass. n. 17986 del 14/08/2014).
Orbene, nel caso qui in esame, non solo il locatore non aveva assunto, con una specifica pattuizione, alcun obbligo di rendere l’immobile locato conforme alla normativa antincendio, ma era stato previsto in contratto (cl. 12 cit.) che fosse il conduttore (che aveva ispezionato i locali, dichiarandoli idonei allo specifico ed esclusivo uso di autorimessa; dando anche ad un proprio consulente l’incarico di procurare il rilascio delle autorizzazioni amministrative del caso) a farsi carico di ogni intervento di adeguamento che fosse risultato necessario in base a tale normativa. Sicche’ corretta deve ritenersi l’affermazione della corte di appello (sent. pag. 7) secondo cui “(…) non sembra integrare gli estremi dell’inadempimento imputabile al (OMISSIS) (…) l’omessa esecuzione degli interventi modificativi dello stato dei luoghi ritenuti necessari per il godimento del locale in conformita’ all’uso pattuito”.
Sul piano della lamentata carenza motivazionale, in definitiva, risulta che la corte territoriale abbia dato congruamente contro dei parametri di formazione del proprio convincimento, prendendo in esame sia le caratteristiche fattuali della vicenda (tipologia dell’adeguamento tecnico del quale i locali necessitavano, e sua pregressa conoscenza o facile riconoscibilita’ da parte del (OMISSIS)), sia la volonta’ manifestata dalle parti nell’ambito di un univoco regolamento negoziale.
Sul piano della lamentata violazione normativa, rileva come, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, la decisione impugnata abbia fatto corretta applicazione – sulla scorta dei suddetti principi di legittimita’, volti a fondare una responsabilita’ a tale titolo del locatore solo in presenza di una specifica pattuizione, non essendo a tal fine sufficiente l’indicazione in contratto di un particolare uso dei locali – tanto delle disposizioni sulla responsabilita’ del locatore ex articoli 1575 e 1578 c.c., quanto di quelle sull’inadempimento contrattuale.
Sotto quest’ultimo profilo, la decisione del giudice di appello di non dare corso al contemperamento tra gli opposti inadempimenti delle parti ex articolo 1460 c.c., costituisce non gia’ un errore di diritto, bensi’ una diretta conseguenza del fatto che nessun inadempimento era riscontrabile nel comportamento del (OMISSIS). Sicche’ il problema di causa si riduceva, non gia’ nel valutare la fondatezza dell’eccezione di inadempimento, bensi’ nel valutare autonomamente l’importanza degli inadempimenti invece posti in essere dal (OMISSIS) (mancato pagamento del canone; mancata prestazione della fideiussione pattuita).
Tali inadempimenti sono stati, con congrua motivazione, ritenuti effettivamente gravi dal giudice di merito (con valutazione non sindacabile nella presente sede di legittimita’: ex multis, Cass. n.14974/06; Cass. n.7086/05) e, conseguentemente, tali da giustificare ex se la risoluzione del contratto a carico del conduttore.
Ne’, diversamente da quanto vorrebbe il ricorrente, un aspetto di contraddittorieta’ motivazionale, ovvero di violazione normativa, potrebbe individuarsi nell’affermazione della corte territoriale (sent. pag.10) secondo cui “la gravita’ degli inadempimenti e’ da mettere in relazione anche al carattere essenziale delle clausole inserite nel contratto, giusta previsione dell’articolo 21 (…)”.
Infatti, il richiamo alla “essenzialita’” delle clausole relative agli obblighi del conduttore e, segnatamente, alla sussistenza di una clausola risolutiva espressa destinata ad operare in ipotesi di violazione di tali obblighi, e’ stato qui effettuato dal giudice di merito in sola funzione di valutazione della gravita’ degli inadempimenti del conduttore; non gia’ in sede di applicazione di una causa automatica di risoluzione del vincolo contrattuale. Cio’ perche’ la risoluzione del contratto di locazione era stata dal (OMISSIS) riconvenzionalmente richiesta ex articoli 1453 e 1455 c.c., e non in forza della clausola risolutiva espressa. Sicche’ non avrebbe potuto il giudice di merito, richiesto di una pronuncia costitutiva basata sulla gravita’ dell’inadempimento, emettere una sentenza dichiarativa fondata sul mero rilievo dell’inadempimento colpevole (sull’autonomia e non fungibilita’ delle due domande: Cass. n. 16993 del 01/08/2007; Cass. n. 24207 del 14/11/2006); il che, tuttavia, non gli precludeva di individuare una volonta’ negoziale che, attraverso l’espressa previsione della “essenzialita’” di taluni obblighi, ponesse la violazione dei medesimi in un ambito predeterminato di speciale rilevanza e gravita’.
Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in euro 2800,00, di cui euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.