Corte di Cassazione, Sezione 4 penale Sentenza 2 gennaio 2018, n. 5

Cio’ posto, deve osservarsi che questa Sezione – che ha gia’ avuto modo di individuare in capo all’infermiere delle responsabilita’ di tipo omissivo riconducibili ad una specifica posizione di garanzia nei confronti del paziente del tutto autonoma rispetto a quella del medico (cfr., ad es. Sez. 4, n. 9638 del 02/03/2000, Troiano ed altri, Rv. 217477; piu’ di recente Sez. 4, n. 2541 del 03/12/2015; Sez. 4, e “1573 del 13/5/2011, Monopoli ed altri)- ha ravvisato il fondamento di tale posizione di garanzia proprio nell’autonoma professionalita’ dell’infermiere quale soggetto che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, essendo onerato di vigilare sul decorso post-operatorio, proprio ai fini di consentire, nel caso, l’intervento del medico, che va oggi considerato non piu’ “ausiliario del medico”, ma “professionista sanitario”.

 

 

Corte di Cassazione, Sezione 4 penale Sentenza 2 gennaio 2018, n. 5
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Mari – Presidente

Dott. MENICHETTI Carla – Consigliere

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere

Dott. TANGA Antonio L – rel. Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 5134/16 del 20/05/2016, della Corte di Appello di Roma;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Antonio Leonardo Tanga;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa CARDIA Delia, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udite le richieste del difensore delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), avv. (OMISSIS), del Foro di Roma, anche in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), difensore delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha concluso riportandosi alle conclusioni scritte che deposita.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 11/07/2013, il Tribunale di Roma dichiarava (OMISSIS) colpevole del reato di cui agli articoli 113 e 589 c.p. e, concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena – sospesa – di mesi 8 di reclusione oltre al risarcimento del danno cagionato alle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede.

1.1. Con la sentenza n. 5134/16 del 20/05/2016, la Corte di Appello di Roma, adita dall’imputato, in riforma della sentenza di primo grado dichiarava non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) perche’ il delitto ascritto e’ estinto per intervenuta prescrizione; confermava le statuizioni civili disposte con la sentenza.

2. Avverso tale sentenza d’appello, propone ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1,) vizi motivazionali.

Deduce che il processo vedeva in origine imputati tutti i sanitari (medici e infermieri) che, a vario titolo, avevano avuto contatti con il paziente (OMISSIS) dal momento del suo ricovero (avvenuto il (OMISSIS)) fino al momento del decesso, avvenuto in data (OMISSIS); l’istruttoria dibattimentale del processo di primo grado era stata, pertanto, tutta improntata sulla ricerca, attraverso le testimonianze dei consulenti dell’accusa, di quelli della difesa e l’esame degli imputati, delle cause che avevano portato al decesso del (OMISSIS). Afferma che gli esiti di tali mezzi di ricerca della prova avevano condotto ad un insanabile contrasto sul dato tecnico-scientifico, derivante da una netta contrapposizione tra gli elaborati dei consulenti dell’accusa e quelli delle difese; per quanto riguarda l’infermiere (OMISSIS) il Tribunale aveva rinvenuto la sua responsabilita’ nel non aver allertato il medico di guardia in presenza di una crisi ipotensiva del sig. (OMISSIS), verificatasi nel pomeriggio dell'(OMISSIS). Sostiene che attraverso una necessaria valutazione ex ante, nel corso del processo non erano emersi elementi dimostrativi della necessita’, nel pomeriggio dell'(OMISSIS), di allertare un medico di guardia, in quanto le condizioni del paziente erano perfettamente compatibili con il decorso post-operatorio in atto. Ribadisce che la Corte di Appello ha recepito l’assunto di tutti i periti sulla impossibilita’ di valutare come foriera di allarme la situazione del (OMISSIS) nel corso dell'(OMISSIS) e sull’assoluta assenza di segnali idonei a segnalare la presenza di un’emorragia, fondando su tali dati la pronuncia di assoluzione del Dott. (OMISSIS). Assume che tali elementi, pero’, sono stati disattesi dalla stessa Corte nella valutazione della condotta degli infermieri, intervenuti nel corso del pomeriggio di quella stessa giornata mentre i periti, concordemente, anche e soprattutto alla luce dei dati riportati in cartella, hanno affermato la assoluta impossibilita’ per gli infermieri di rinvenire nella condizione fisica del paziente appena operato anomalie tali da ingenerare allarme.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso e’ manifestamente infondato e percio’ inammissibile.

3.1. Va premesso che, nel caso di sostanziale “doppia conforme”, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruita’ della motivazione.

3.2. Occorre inoltre, evidenziare che il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame.

3.3. La Corte territoriale ha, in vero, fornito puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.

3.4. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimita’ sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, dr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).

3.5. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicita’ della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioe’ di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimita’ ai riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche’ – come nel caso in esame – siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 dei 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).

3.6. Piu’ di recente e’ stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il controllo di legittimita’ sulla motivazione non attiene ne’ alla ricostruzione dei fatti ne’ all’apprezzamento del giudice di merito, ma e’ circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che o rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorieta’ della motivazione o di illogicita’ evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).

3.7. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c’e’, altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilita’ di andare o verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimita’ non puo’ procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.

3.8. In realta’ il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimita’ un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita’, dalla sua contraddittorieta’ (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasivita’, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita’, cosi’ come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilita’, della credibilita’, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).

5. Alla luce di queste necessarie premesse va esaminato l’odierno ricorso.

6. Cio’ posto, deve osservarsi che questa Sezione – che ha gia’ avuto modo di individuare in capo all’infermiere delle responsabilita’ di tipo omissivo riconducibili ad una specifica posizione di garanzia nei confronti del paziente del tutto autonoma rispetto a quella del medico (cfr., ad es. Sez. 4, n. 9638 del 02/03/2000, Troiano ed altri, Rv. 217477; piu’ di recente Sez. 4, n. 2541 del 03/12/2015; Sez. 4, e “1573 del 13/5/2011, Monopoli ed altri)- ha ravvisato il fondamento di tale posizione di garanzia proprio nell’autonoma professionalita’ dell’infermiere quale soggetto che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, essendo onerato di vigilare sul decorso post-operatorio, proprio ai fini di consentire, nel caso, l’intervento del medico, che va oggi considerato non piu’ “ausiliario del medico”, ma “professionista sanitario”.

6.1. Nel caso che occupa, occorre rilevare che la Corte territoriale ha congruamente – e percio’ ineccepibilmente in questa sede – evidenziato le differenze esistenti tra la condotta del medico (dott. (OMISSIS)) e l’infermiere (OMISSIS). Per il primo ha rilevato che il quadro clinico e generale del paziente la mattina del giorno (OMISSIS) non era tale da prescrivere la ripetizione intermedia dell’emocromo ed il quadro d’insieme non consentiva di sospettare una diagnosi di emorragia, ne’ il sangue nelle sacche di lavaggio della vescica poteva costituire un’indicazione verso la corretta diagnosi poiche’ la mattina del controllo da parte del (OMISSIS) le sacche erano chiare, salvo poi scurirsi di sangue nuovamente nel pomeriggio. Diversa, invece, e’ per il Giudice dell’appello, la posizione dei due infermieri (tra cui il ricorrente) che, al contrario, si sono resi responsabili della “gravissima omissione di non chiamare immediatamente il medico dell’interdivisione nonostante gli episodi ipotensivi del paziente. Le testimonianze rese dalle persone presenti in corsia il pomeriggio dell'(OMISSIS) sono state univoche nel raccontare che dopo la chiusura dei liquidi (che gli infermieri effettuarono in conformita’ alla consegne del medico (OMISSIS)), il (OMISSIS) ebbe la prima crisi ipotensiva che, lungi dal risolversi spontaneamente, impose la necessita’ della riapertura dei liquidi e del posizionamento di cuscini sotto i piedi al fine di far confluire il sangue in testa (…). Tale regolarizzazione pressoria avvenne, per come riferito dai consulenti del Pm, solo in conseguenza della la riapertura dei liquidi, il che avrebbe imposto la chiamata del medico di turno essendo all’evidenza un dato non normale e regolare visto che il (OMISSIS), tra le consegne rassegnate, aveva ordinato la sospensione dei liquidi che palesemente il paziente non sopportava (…). Le crisi ipotensive, la necessita’ del mantenimento della somministrazione dei liquidi e la ripresa del sangue nelle sacche di lavaggio della vescica erano dati inequivocabilmente allarmanti che imponevano l’intervento del personale medico perche’ univoci nel segnalare una problematica che fuoriusciva dalle competenze degli infermieri”. Afferma ancora la Corte del merito che “L’imprudenza degli infermieri di non chiedere immediatamente l’intervento del medico ha costituito l’errore clamoroso che e’ costato la vita al povero (OMISSIS) che, in quel momento, sottoposto a nuovo controllo dell’emocromo, avrebbe manifestato un ulteriore abbassamento del valore che, unitamente alle crisi ipotensive, gia’ avrebbero permesso di formulare l’esatta diagnosi e procedere alle trasfusioni. Va, altresi’, rilevato come i due infermieri, nonostante le crisi, abbiano colpevolmente omesso di controllare la frequenza cardiaca e quella respiratoria che, quantomeno nel corso dell’abbassamento pressorio, avrebbe consentito con certezza di registrare un aumento”.

7. Conclusivamente, una volta accertata la legittimita’ e la coerenza logica della sentenza impugnata, deve ritenersi che il ricorso, nel rappresentare l’inaffidabilita’ degli elementi posti a base della decisione di merito, pone solo questioni che esorbitano dal limiti della critica al governo dei canoni di valutazione della prova, per tradursi nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta argomentatamente propria dai giudicanti e nell’offerta di una diversa (e per il ricorrente piu’ favorevole) valutazione delle emergenze processuali e del materiale probatorio. Questioni, queste, che sfuggono al sindacato di legittimita’ (cfr. Sez. 6, n. 13170 del 06/03/2012).

8. Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonche’ – non ravvisandosi motivi di esclusione (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 186 del 2000) – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 2.000,00, nonche alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili liquidate come de dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende nonche’ alle refusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili che liquida quanto alle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) in Euro 3000,00; quanto a (OMISSIS) in Euro 2500,00 oltre per entrambe accessori come per lgge.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.