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Corte di Cassazione, Sezione 6 civile Ordinanza 28 marzo 2017, n. 8015
Proprio perche, in base all’articolo 1124 c.c., le spese di manutenzione e ricostruzione delle scale e degli ascensori vanno assimilate e assoggettate alla stessa disciplina, senza alcuna distinzione tra le une e le altre, la clausola del regolamento condominiale che dispone che le spese di manutenzione delle scale vadano ripartite secondo l’articolo 1124 c.c., non puo’ affatto essere intesa come convenzione contraria alla suddivisione delle spese di manutenzione degli ascensori secondo lo stesso criterio; ne’ tanto meno vale quale deroga all’articolo 1124 c.c., la clausola contenuta nell’atto di acquisto che prevede che la ripartizione delle spese condominiali avvenga secondo i millesimi e in conformita’ a quanto disposto dal regolamento.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22631/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS); (AMMESSO G.P. Delib. 5 ottobre 2015 ordine Avvocati Venezia);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 611/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 09/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente (OMISSIS) impugna, articolando otto motivi di ricorso, la sentenza 9 marzo 2015, n. 611/2015, della Corte d’Appello di Venezia, che, pronunciando sull’appello proposto dallo stesso (OMISSIS) avverso la sentenza n. 2937/2011 del 25 novembre 2011, resa dal Tribunale di Verona, aveva respinto l’impugnazione della Delib. Assembleare 15 settembre 2009 del Condominio (OMISSIS), della quale l’attore lamentava difetti di costituzione, vizio di conflitto di interessi ed invalidita’ per erronea ripartizione degli oneri relativi al servizio di ascensore. In particolare, le spese di bilancio sull’uso dell’ascensore erano state suddivise soltanto secondo i millesimi di proprieta’ e non anche secondo l’altezza di piano. La Corte d’Appello ha affermato che l’atto di acquisto del (OMISSIS) stabiliva che “la ripartizione delle spese condominiali verra’ fatta in proporzione ai millesimi di proprieta’ e in conformita’ a quanto disposto dal regolamento di condominio“; che lo stesso regolamento prevedeva che le spese di manutenzione e ricostruzione delle scale avvenisse ai sensi dell’articolo 1124 c.c., mentre nulla disponeva per le spese di ascensore; che il (OMISSIS) aveva cosi’ accettato di ripartire le spese condominiali in base ai millesimi di proprieta’ e quindi in deroga al codice civile.
Il Condominio (OMISSIS), si difende con controricorso.
Ritenuto che il ricorso proposto da (OMISSIS) potesse essere accolto per manifesta fondatezza del secondo e del settimo motivo, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio.
Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 2. Il ricorrente (OMISSIS) ha presentato anche “memoria di controdeduzioni” avverso la nota di deposito di controparte ex articolo 372 c.p.c., comma 2, del 19 gennaio 2017.
Va ritenuta ammissibile la presentazione di una seconda memoria, ove, come nel caso in esame, non sia maturato il termine di cinque giorni di cui all’articolo 380-bis c.p.c., comma 2, calcolato in funzione della data dell’adunanza, atteso che la norma in esame usa il termine “memorie” al plurale e va interpretata in senso favorevole alla possibilita’ del dispiegarsi nel senso piu’ ampio del diritto di difesa della parte, ovvero nel senso che il deposito di una prima memoria non implica consumazione del potere di difesa scritta (cosi’ gia’ Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4177 del 19/02/2008).
Va altresi’ detto che il Condominio (OMISSIS), con la propria memoria ex articolo 380-bis c.p.c., comma 2, ha eccepito l’inammissibilita’ dell’avverso ricorso per la formazione di un giudicato esterno fondato sulla sentenza n. 415/2012 emessa dal Tribunale di Verona in data 24 febbraio 2012. Tale eccezione e’ tuttavia inammissibile, come inammissibile e’ la produzione di copia della citata sentenza, atteso che, nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno puo’ essere eccepita o rilevata se emerga da atti comunque gia’ prodotti nel giudizio di merito, oppure nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata (la quale, invece, e’ stata qui depositata il 9 marzo 2015, e quindi ben dopo il momento di formazione dell’assunto giudicato della sentenza del 24 febbraio 2012). L’articolo 372 c.p.c., si riferisce, infatti, esclusivamente ai documenti che avrebbero potuto essere prodotti nel giudizio di merito, mentre non si estende a quelli attestanti la successiva formazione del giudicato. La produzione del provvedimento su cui si basa l’eccezione o il rilievo del giudicato esterno puo’, dunque, aver luogo unitamente al ricorso per cassazione, se si tratta di giudicato formatosi in pendenza del termine per l’impugnazione, ovvero, soltanto nel caso di formazione successiva alla notifica del ricorso, fino all’udienza (Cass. Sez. U., Sentenza n. 13916 del 16/06/2006). Qualora, invece, il giudicato esterno si sia formato nel corso del giudizio di secondo grado e la sua esistenza non sia stata ivi eccepita dalla parte interessata, e’ impugnabile con il ricorso per revocazione ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 5, la sentenza di appello che si sia pronunciata in difformita’ da tale giudicato (Cass, Sez. U., Sentenza n. 21493 del 20/10/2010).
Il primo motivo di ricorso e’, poi, infondato: con esso il ricorrente si duole della mancata concessione dei termini di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, ed assume la nullita’ della sentenza di primo grado e del procedimento, essendogli stata preclusa la possibilita’ di integrare e precisare le sue domande e deduzioni istruttorie a fronte delle eccezioni del convenuto formulate nella comparsa di risposta. Trattasi di allegazione generica, che non contiene alcuno specifico riferimento alle difese della controparte ed alle richieste che l’attore avrebbe inteso formulare in sede di appendice scritta dell’udienza di trattazione, e che fa riferimento ad una serie di attivita’ difensive dell’attore, consequenziali alle eccezioni del convenuto, che potevano tutte spiegarsi gia’ nella stessa udienza di trattazione (articolo 183 c.p.c., comma 5). E’ noto come questa Corte abbia piuttosto affermato che la parte che impugni, al fine di ottenerne la declaratoria di nullita’, la sentenza di primo grado per la mancata concessione dei termini di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, deve dimostrare che, da tale mancata concessione, sia conseguita in concreto una lesione del suo diritto di difesa, allegando il pregiudizio che gliene sia derivato, essendo altrimenti il gravame inammissibile per difetto d’interesse (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6343 del 21/03/2011; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1866 del 01/02/2016). L’inammissibilita’ del motivo di appello sul punto priva di rilievo la relativa omessa pronuncia attribuita alla Corte di Venezia (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21968 del 28/10/2015).
E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso.
Secondo l’orientamento del tutto consolidato di questa Corte, la regola posta dall’articolo 1124 c.c., relativa alla ripartizione delle spese di manutenzione e di ricostruzione delle scale (per meta’ in ragione del valore dei singoli piani o porzione di piano, per l’altra meta’ in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo) in mancanza di criteri condizionali, e’ applicabile per analogia, ricorrendo l’identica “ratio” (e poi proprio ex lege, a seguito della riformulazione dell’articolo 1124 c.c., operata della L. n. 220 del 2012, qui non operante ratione temporis), alle spese relative alla conservazione e alla manutenzione dell’ascensore gia’ esistente (su cui incide il logorio dell’impianto, proporzionale all’altezza dei piani). Pertanto l’impianto di ascensore e’ di proprieta’ comune – secondo la presunzione di cui all’articolo 1117 c.c., n. 3, in mancanza di titolo contrario – fra tutti i condomini in proporzione al valore dell’unita’ immobiliare di proprieta’ esclusiva (articolo 1118 c.c.) e la ripartizione delle spese relative all’ascensore e’ regolata dai criteri stabiliti dall’articolo 1124 c.c. e dall’articolo 1123 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3264 del 17/02/2005; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5975 del 25/03/2004; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2833 del 25/03/1999).
Anche il criterio di ripartizione delle spese condominiali stabilito dall’articolo 1124 c.c. e quindi operante per la manutenzione dell’ascensore, puo’ essere derogato, come prevede l’articolo 1123 c.c., e il relativo accordo modificatore della disciplina legale di ripartizione puo’ essere contenuto sia nel regolamento condominiale (che percio’ si definisce “di natura contrattuale”), sia in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimita’, ovvero col consenso di tutti i condomini. La deroga ai criteri legali di ripartizione delle spese condominiali suppone, tuttavia, un’espressa convenzione (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16321 del 04/08/2016, non massimata; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28679 del 23/12/2011).
Proprio perche, in base all’articolo 1124 c.c., le spese di manutenzione e ricostruzione delle scale e degli ascensori vanno assimilate e assoggettate alla stessa disciplina, senza alcuna distinzione tra le une e le altre, la clausola del regolamento condominiale che dispone che le spese di manutenzione delle scale vadano ripartite secondo l’articolo 1124 c.c., non puo’ affatto essere intesa come convenzione contraria alla suddivisione delle spese di manutenzione degli ascensori secondo lo stesso criterio; ne’ tanto meno vale quale deroga all’articolo 1124 c.c., la clausola contenuta nell’atto di acquisto che prevede che la ripartizione delle spese condominiali avvenga secondo i millesimi e in conformita’ a quanto disposto dal regolamento.
L’accoglimento del secondo motivo di ricorso assorbe l’esame del terzo, quarto, quinto, sesto ed ottavo motivo.
E’ altresi’ fondato, poi, il settimo motivo di ricorso. La Corte d’Appello, invocando la cosiddetta prova della resistenza, ha escluso l’invalidita’ della deliberazione impugnata, nella quale l’amministratore ha esercitato il diritto di voto munito di tre deleghe, in violazione dell’articolo 18 del regolamento condominiale, che stabilisce che nessuno possa rappresentare in assemblea piu’ di due condomini. Secondo, pero’, l’orientamento di questa Corte, la clausola del regolamento di condominio volta a limitare il potere dei condomini di farsi rappresentare nelle assemblee, riducendolo, come nella specie, a non piu’ di due deleghe, regola l’esercizio del diritto di ciascun condomino di intervenire in questa a mezzo di delegati (articolo 67 disp. att. c.c., comma 1, anch’esso modificato dalla L. n. 220 del 2012, comma 1, con riformulazione qui non applicabile ratione temporis), inderogabile (secondo quanto si evince dal successivo articolo 72) giacche’ posto a presidio della superiore esigenza di garantire l’effettivita’ del dibattito e la concreta collegialita’ delle assemblee, nell’interesse comune dei partecipanti alla comunione, considerati nel loro complesso e singolarmente (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5315 del 29/05/1998). Sicche’ la partecipazione all’assemblea condominiale di un rappresentante fornito di un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento di condominio, comportando un vizio nel procedimento di formazione della relativa delibera, da’ luogo ad un’ipotesi di annullabilita’ della stessa (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7402 del 12/12/1986), senza che possa rilevare il carattere determinante del voto espresso dal delegato per il raggiungimento della maggioranza occorrente per l’approvazione della deliberazione stessa.
Vanno quindi accolti il secondo ed il settimo motivo di ricorso, dichiarandosi assorbiti terzo, quarto, quinto, sesto ed ottavo motivo, mentre va rigettato il primo motivo. La sentenza impugnata va cassata, in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia, che decidera’ la causa uniformandosi agli enunciati principi. Viene rimessa al giudice del rinvio anche la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo ed il settimo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, dichiara assorbiti il terzo, il quarto, il quinto, il sesto e l’ottavo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia.