Si estende alla società di capitali, che sia socia illimitatamente responsabile di una società di fatto insolvente, il fallimento di quest’ultima. Una volta accertata l’esistenza di una società di fatto insolvente della quale uno o più soci illimitatamente responsabili siano costituiti da s.r.l., il fallimento in estensione di queste ultime costituisce una conseguenza ex lege prevista dall’art. 147, comma 1, legge fall., senza che sia necessario accertare la loro specifica insolvenza

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L’estensione di fallimento alle società a responsabilità limitata socie di una “società di fatto”

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 13 giugno 2016, n. 12120

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Fallimento (OMISSIS) s.r.l., in persona del curatore fall., rappr. e dif. dall’avv. (OMISSIS), elettera dom. presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS), come da procura in calce all’atto;

  • ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappr. e dif. dall’avv. (OMISSIS), elettera dom. presso lo studio del medesimo in (OMISSIS), come da procura in calce all’atto;

  • controricorrente –

con atto di integrazione del contraddittorio rivolto dal ricorrente al Procuratore generale presso la Corte d’appello di Firenze;

per la cassazione della sentenza App. Firenze 8.4.2015, n. 641, Rep. 629, RGN 2338/14;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 17 maggio 2016 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

uditi l’avvocato (OMISSIS) per il ricorrente e l’avv. (OMISSIS) per il controricorrente;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti.

IL PROCESSO

Il Fallimento (OMISSIS) s.r.l., in persona del curatore, impugna la sentenza App. Firenze 8.4.2015 con cui, in riforma della sentenza Trib. Firenze 17.11.2014 e cosi’ in accoglimento del reclamo di (OMISSIS), revocava il fallimento reso dal predetto tribunale verso la societa’ di fatto gia’ ritenuta esistente tra la societa’ (OMISSIS) s.r.l., gia’ dichiarata fallita e (OMISSIS), oltre che di quest’ultimo personalmente e della societa’ a responsabilita’ limitata, quali soci illimitatamente responsabili.

Ritenne la corte d’appello che in nessuna sua parte la L. Fall., articolo 147, potrebbe giustificare l’estensione del fallimento, gia’ dichiarato in capo ad una societa’ a responsabilita’ limitata, altresi’ ad un terzo, da qualificare socio esterno illimitatamente responsabile con essa, in un sodalizio di fatto cosi’ preposto alla titolarita’ di una comune “impresa irregolare”. Le uniche ipotesi di estensione, verso il socio occulto ma da una societa’ di persone ovvero verso la societa’ di fatto ma muovendo dal fallimento individuale, non si attagliavano alla fattispecie. In via sistematica, il coinvolgimento personale dei soggetti operanti abusivamente sotto lo schermo sociale potrebbe invero avvenire solo in virtu’ di specifici canoni di responsabilita’, dovendosi all’opposto ribadire il principio della responsabilita’ limitata nella societa’ di capitali, l’inestensibilita’ ad essa di un fallimento diretto come socia di una societa’ di fatto con un terzo e dunque, conclusivamente, la tutela per la massa dei creditori costituita dal capitale sociale e dalla responsabilita’ personale dei suoi organi, palesi o occulti.

Il ricorso e’ affidato a due motivi, ad esso resistendo (OMISSIS) con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione della L. Fall., articolo 147, e articolo 2361 c.c., avendo la sentenza impugnata erroneamente escluso l’esistenza di una societa’ di persone irregolare tra una societa’ a responsabilita’ limitata ed un socio persona fisica, nonche’ l’applicazione, in caso di insolvenza di essa, dell’estensione del fallimento alla stessa e ai suoi soci.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione, quale omesso esame di tutti i fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ove si ritenesse che la corte d’appello ha ritenuto insussistente un’attivita’ d’impresa collettiva di un soggetto terzo rispetto a (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.l..

  1. Il primo motivo e’ fondato ed il suo accoglimento determina l’assorbimento del secondo. Questa Corte ha recentemente dato risposta positiva all’interrogativo circa la fallibilita’ di una societa’ di capitali, nella specie societa’ a responsabilita’ limitata, che si accerti essere socia di una societa’ di fatto insolvente, allorche’ la partecipazione sia stata assunta in mancanza della previa deliberazione assembleare e della successiva indicazione nella nota integrativa al bilancio, richieste dall’articolo 2361 c.c., comma 2 (Cass. 1095/2016), atti dettati a tutela dei soci e, rispettivamente, dei creditori sociali. E stato deciso che proprio la partecipazione di una societa’ a responsabilita’ limitata in una societa’ di persone, anche di fatto, non esige il necessario rispetto dell’articolo 2361 c.c., comma 2, dettato per le societa’ per azioni, e costituisce un atto gestorio proprio dell’organo amministrativo, il quale non richiede – almeno allorche’ l’assunzione della partecipazione non comporti un significativo mutamento dell’oggetto sociale – la previa decisione autorizzativa dei soci, ai sensi dell’articolo 2479 c.c., comma 2, n. 5.

Con esclusivo riferimento alle s.r.l., si e’ anche aggiunto che l’articolo 111 duodecies disp. att. c.c. – che detta prescrizioni in tema di bilancio delle societa’ in nome collettivo e in accomandita per azioni i cui soci illimitatamente responsabili siano unicamente societa’ di capitali – si limita ad annoverare le s.r.l. fra le societa’ che possono assumere partecipazioni in societa’ di persone. Il riferimento contenuto nella norma all’articolo 2361 c.c., comma 2, vale ad individuare la fattispecie (partecipazione in impresa comportante l’assunzione della responsabilita’ illimitata) da cui deriva l’obbligo di redazione del bilancio secondo la disciplina richiamata, ma non estende le prescrizioni formali di cui all’articolo 2361 cit. alle s.r.l.. Va escluso, poi, che la partecipazione della s.r.l. ad una societa’ di persone rientri nelle operazioni comportanti “una rilevante, modificazione dei diritti dei soci” che, ai sensi dell’articolo 2479 c.c., comma 2, n. 5, sono – come detto riservate alla competenza dell’assemblea: la modifica derivante dall’acquisto della partecipazione consiste infatti nell’assunzione da parte della s.r.l. della responsabilita’ illimitata per le obbligazioni della partecipata, mentre non muta la posizione dei soci, che continuano ad essere vincolati nei limiti del conferimento. L’operazione di acquisto potrebbe piuttosto rientrare fra quelle, sempre riservate alla competenza dell’assemblea dei soci, che comportano “una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo”, ma in questo caso occorrerebbe accertare – come ripetuto – che la partecipazione in una societa’ personale sia cosi’ eterogenea rispetto ai fini sociali da modificare in concreto l’oggetto (Cass. 10507/2016). La seconda decisione permette altresi’ di aggiornare l’ampio catalogo motivazionale di Cass. 1095/2016, dovendosi sottolineare – in modo pertinente rispetto alla vicenda di causa, attenente alla regolazione giuridica del fenomeno di fatto della supersocieta’ – che quand’anche ricorra un vizio genetico nell’atto costitutivo della societa’ fra una societa’ a responsabilita’ limitata ed una persona fisica, come avvenuto nel caso, se ne trarrebbero comunque conseguenze di ordine sostanziale: per il principio di conservazione degli atti posti in essere in forza di un contratto di societa’ nullo, se ne darebbe la conversione in una causa di scioglimento, con necessaria apertura della fase di liquidazione, al fine di definire i rapporti pendenti (per la declaratoria di nullita’ della societa’ di persone equiparata, quoad effectum, allo scioglimento della stessa, Cass. 565/1995, 9124/2015). Ma si tratterebbe di una societa’ nulla, e tuttavia considerata valida per il passato e, per il futuro, societa’ valida nello (e per lo) stato di liquidazione, senza caducazione retroattiva della sua esistenza, in forza della peculiarita’ delle nullita’ societarie, applicabili anche alle societa’ di persone, ai sensi della valenza generale del principio di cui all’articolo 2332 c.c., commi 2 e 4. Pertanto, accertata l’esistenza di una societa’ di fatto insolvente della quale uno o piu’ soci illimitatamente responsabili siano costituiti da societa’ a responsabilita’ limitata, il fallimento in estensione di queste ultime costituisce una conseguenza ex lege prevista dalla L. Fall., articolo 147, comma 1, senza necessita’ dell’accertamento della loro specifica insolvenza. Alla supersocieta’ di fatto sciolta si attaglierebbero invero lo statuto della societa’ in nome collettivo irregolare e quello dell’imprenditore commerciale che, se insolvente e nei limiti eccedenti le soglie di cui alla L. Fall., articolo 1, comma 2, appunto fallisce.

  1. Ne’ e’ di ostacolo a tale conclusione, va meglio esplicitato, il meccanismo organizzativo di tale accertamento in estensione, per come in realta’ meramente esemplificato nella L. Fall., articolo 147, commi 4 e 5: la ripercussione del fallimento di societa’ con soci illimitatamente responsabili anche al socio la cui esistenza risulti in un momento successivo al primo fallimento e del pari la scoperta di un sodalizio di fatto che avvenga dopo l’iniziale dichiarazione di fallimento individuale, non escludono – a pena di una lettura non conforme al paradigma costituzionale dell’eguaglianza, stante l’identita’ di ratio, per Cass. 10507/2016 – che una dichiarazione di fallimento del soggetto collettivo irregolare, all’insegna del principio di effettivita’, sia pronunciata con un primo ed unitario atto ovvero promani dalla medesima evoluzione accertativa in via logica (ancorche’ non descrittiva) presupposta dal comma 5. Quest’ultimo, ove prevede una progressione dal fallimento individuale a quello della societa’ della quale l’imprenditore individuale sia invece il socio (Cass. 3621/2016), inquadra un piu’ ampio fenomeno di accertamento della reale impresa, definito anche, in dottrina, come subornazione dell’imprenditore palese da parte dell’imprenditore occulto. In realta’, se il paradigma effettuale guida la ricognizione della materiale costituzione organizzativa del titolare dell’attivita’ economica, cioe’ di colui che la promuove imputandone a se stesso gli effetti e, se occorra, nel suo nome prima ancora gli atti, cosi’ da riferire – secondo la dizione sostanziale utilizzata dalla L. Fall., articolo 147, comma 5, soggettivamente l’attivita’ stessa, la tutela dei terzi ed in particolare dei creditori, anche involontari, ha conseguito nel nostro ordinamento livelli ancora differenziati e, per certi versi, avanzati rispetto al dogma della spendita del nome come criterio ricognitivo chiuso dell’imputazione anche sostanziale della responsabilita’. Va invero ricordato che, pacifica la fallibilita’ delle societa’ di fatto – nella presente vicenda disputandosi solo sulla compatibilita’ della figura allorche’ si atteggi nella sua articolazione plurisoggettiva facendo capo anche ad una societa’ regolare ed in combinazione gestoria con una persona fisica – accanto a quella degli imprenditori individuali di fatto, cioe’ prescindenti le une e gli altri da una formale iscrizione nel registro delle imprese, e’ altrettanto incontroverso che, anche nelle ipotesi delle societa’ occulte ovvero dei soci occulti di societa’ palesi, si ha comunque riguardo a fenomeni di fatto, realmente esistenti ed invero solo per tale ragione apprezzabili, dunque e sempre “che risultino” secondo le locuzioni della L. Fall., articolo 147.
  2. E’ cosi’ piu’ coerente dare conto di uno spettro della fallibilita’ che censisce soggetti, cui sia riferibile l’attivita’ economica (organizzata ad impresa secondo la L. Fall., articolo 147, comma 5) ovvero la partecipazione uti socius, solo parzialmente occulti, nella limitata considerazione di una non emersa caratterizzazione come tali e nei confronti di tutti i terzi e pero’ accertati nella loro dimensione fattuale, che deve essere esistita nell’apprezzabilita’ dei rapporti connotativi l’impresa, verso l’esterno (ancorche’ la societa’ o il socio non siano nella condizione iscrizionale o altrimenti formale) o anche solo verso l’interno (nelle relazioni infrasoggettive). Tale realita’ ha giustificato, sino a questo momento, la fallibilita’ – oltre che dell’imprenditore individuale di fatto e palese, eventualmente nelle condizioni di holder (Cass. 3724/2003, 1439/1990) – delle societa’ di fatto e dei soci di fatto, eventualmente occulti ad una parte dei terzi ma non a tutti, ne’ ovviamente ai soci (Cass. 23344/2010) e la non fallibilita’ invece del solo imprenditore individuale occulto, che tale sia verso tutti.
  3. La ampiezza di tutela dei creditori, anche involontari o privi di adeguata informazione, unitamente alla esigenza di protezione dell’affidamento, hanno infine concorso a fondare la teorica della societa’ apparente, fallibile anch’essa e nonostante l’inesistenza di un contratto di societa’ concluso fra i suoi partecipi ed invece per la sufficienza di un’apprezzabile aspettativa di responsabilita’ diretta confidata dai terzi verso un fenomeno organizzativo che della societa’ abbia assunto le sembianze e per quanto non voluto dai suoi attori. Si descrive la fattispecie nella giurisprudenza di questa Corte avendo riguardo a due o piu’ persone che operino in modo da ingenerare l’opinione che esse agiscano come soci, suscitando il legittimo affidamento sull’esistenza della societa’, affidamento che, per il principio di tutela della buona fede dei terzi e dell’apparenza del diritto, attribuisce a coloro che si comportino esteriormente come soci, la responsabilita’ solidale per le obbligazioni assunte, come se la societa’ esistesse (Cass. 4529/2008). Ma anche in tal caso, potrebbe dirsi che l’imputazione sostanziale di atti – e di atti qualificati siccome d’impresa collettiva – ad un soggetto non formalmente e realmente costituito secondo le regole generali poste a presidio di un modello astratto e tipico poggia su una effettivita’ di condotte riconosciute all’esterno invece quali tipiche del contratto di societa’, dunque tali, se cosi’ percepite dai terzi, da imporsi alla stregua delle conseguenze di realta’ relazionali giuridicamente tutelate rispetto alla realta’ non contrattuale che abbia governato il diverso rapporto fra apparenti soci. Una volta comunque stabilito, senza controindicazioni a livello di compatibilita’ costituzionale di tale latitudine (su cui invero Corte cost. nn. 274/2014 e 15/2016 hanno meramente preso atto dello stato incerto e non definitivo del formante giurisprudenziale), che nella disciplina delle societa’ a responsabilita’ limitata eventuali limiti autorizzatoti assembleari verso gli atti di amministrazione e diretti alla partecipazione di simili societa’ a societa’ di persone anche irregolari, non reagiscono in termini di validita’ (o almeno di validita’ per gli effetti di diritto comune) del tipo societario comunque determinatosi, anche l’insolvenza dell’imprenditore cosi’ organizzato rispondera’ alle regole comuni dell’agire imprenditoriale. Acquisito cioe’, secondo un procedimento in dottrina efficacemente definito ascendente, che la cooperazione fra un soggetto persona fisica ed una societa’ a responsabilita’ limitata ha operato anche solo per fatta concludentia sul piano societario, secondo i consolidati tratti dell’esercizio in comune dell’attivita’ economica, della esistenza di fondi comuni (da apporti o attivi patrimoniali) e dell’effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite, dunque di un agire nell’interesse (ancorche’ diversificato e non pero’ contro l’interesse) dei soci, nonche’ dell’assunzione ed esteriorizzazione del vincolo anche verso i terzi, ne deriva, in via discendente, dalla conseguente societa’ di persone, di fatto ed irregolare, la necessaria responsabilita’ personale dei suoi componenti, cosi’ instaurandosi il presupposto per le rispettive dichiarazioni di fallimento, diretta quanto al soggetto collettivo e per ripercussione quanto ai suoi soci, ai sensi della L. Fall., articolo 147, colto nella sua valenza precettiva generale quanto al comma 1, e ritenute le due vicende dei commi 4 e 5, soltanto esemplificative e di valore organizzatorio.
  4. I citati livelli di protezione dei creditori e dei terzi dell’imprenditore effettivo, individuale e collettivo e dell’imprenditore apparente societario, per come fissati nei principi regolatori della fallibilita’ soggettiva, esprimono un contemporaneo sacrificio dei creditori dei soggetti che, nel procedimento per la dichiarazione di fallimento e solo in esso, subiscono la reiscrizione dei rispettivi patrimoni all’interno di meccanismi riorganizzativi della responsabilita’ secondo i criteri della concorsualita’ e, in caso di societa’, della destinazione dell’attivo al pagamento dei debiti dell’imprenditore collettivo. Tale constatazione va ripetuta, per come tenuta presente nel primo arresto cui questo Collegio aderisce, soprattutto con riguardo ai soci e ai creditori di societa’ di capitali, ai quali viene imposto il mutamento del titolo della responsabilita’ della societa’ loro debitrice ove questa fallisca ai sensi della L. Fall., articolo 147, e dunque come socia di una societa’ di fatto con un terzo: la condizione di gia’ fallita in proprio come imprenditore si evolve nell’altra di socio fallito, divaricandosi solo gli effetti della concorsualita’ completati dalla seconda dichiarazione di fallimento (tant’e’ che l’eventuale revoca del fallimento individuale, nel frattempo perseguita e ottenuta, di per se’ non produce la revoca del secondo fallimento, Cass. 3621/2016).
  5. Va poi aggiunto che l’utilizzo strumentale di una o piu’ societa’ di capitali al fine di una diversificazione e delimitazione degli investimenti e della responsabilita’ di chi le proietta ideativamente, le dirige e le governa, anche con un sistema di direzione coordinato, di per se’ non trasmoda in un abuso, posto che proprio tale schema organizzativo e’ immanente al paradigma delle diverse responsabilita’ limitate. E nemmeno permette che il predetto beneficio sia perduto dal singolo (oltre che societa’ o ente) per il sol fatto di aver operato – agendo nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui, ma violando i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle societa’ dominate – dunque nell’interesse contrario a quello delle societa’ stesse, costituendone reazione ordinamentale espressa, in tal caso, la responsabilita’ risarcitoria di cui all’articolo 2497 c.c., eventualmente di concorso. In tale evenienza, la dichiarazione d’insolvenza delle societa’ dominate conferisce all’organo concorsuale unicamente la predetta azione, e soltanto per il profilo di tutela spettante ai creditori sociali. La configurazione fallimentare della responsabilita’ non e’ pertanto la prima risposta all’abuso dello schermo societario, essendo diverse le due fattispecie, ma, per potersi dare, esige il rigoroso accertamento dei parametri organizzativi ed essenziali del contratto di societa’, nel senso sopra inteso e quale principio fissato al giudice del rinvio, finendo solo per questa via con il risolversi la predetta responsabilita’ nel riflesso della dichiarazione di fallimento. E dunque saranno la prassi e le conseguenti ricerche empiriche, e non una gerarchia di principi, che potranno significare se alla residualita’ astratta dello schema tratteggiato corrisponda anche, e in che termini, la marginalita’ quantitativa delle vicende di responsabilizzazione ivi organizzate nelle cd. supersocieta’ di fatto.

A tale compito, anche nella presente vicenda, saranno tenuti i giudici del merito che, arrestatisi alla preliminare questione della fallibilita’, si sono erroneamente attestati sull’indirizzo, qui censurato, dell’impossibile ricorso alla figura della societa’ di fatto tra la societa’ a responsabilita’ limitata e la persona fisica ad essa socia. Nel merito, occorrera’ pertanto l’accertamento (ovvero la discussione del motivo di reclamo non esaminato perche’ assorbito) che la s.r.l. (OMISSIS) presentasse un’affectio societatis con la persona fisica del (OMISSIS) e che la societa’ di fatto riconosciuta (dal Tribunale di Firenze) esprimesse una sua autonoma e affatto propria insolvenza, alla cui verifica poter giungere anche eventualmente muovendo – quale fatto indiziante – da quella di uno o piu’ dei suoi soci, ovvero del socio cui era inizialmente imputabile la attivita’ economica, ma senza alcuna automatica traslazione ovvero dogmatico esaurimento in esse della prova richiesta, come per tutti gli insolventi fallibili, dalla L. Fall., articolo 5.

Il ricorso va dunque accolto, con cassazione e rinvio al giudice di merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa e rinvia a Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del procedimento di legittimita’.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.