Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 15 gennaio 2018, n. 770

il diritto all’assegno di mantenimento, nella separazione personale, ha come suoi presupposti la non addebitabilita’ della separazione al coniuge richiedente, la non titolarita’, da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e la sussistenza di una disparita’ economica tra le parti (Cass. 12196/2017). Il precedente tenore di vita coniugale deve desumersi dalle potenzialita’ economiche dei coniugi, ossia dall’ammontare complessivo dei loro redditi e dalle loro disponibilita’ patrimoniali (Cass. 4764/2007; Cass. 6541/2002), non avendo, invece, rilievo il piu’ modesto livello di vita eventualmente subito o tollerato.

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 15 gennaio 2018, n. 770
Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente

Dott. GENOVESE Francesco A. – Consigliere

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4634/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1356/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 17/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dei 23/11/2017 dal cons. IOFRIDA GIULIA.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 1356/2014, in parziale riforma, quanto alle sole statuizioni economiche, della sentenza di primo grado che aveva pronunciato la separazione personale tra i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), ha fissato in Euro 1.000,00 mensili, annualmente rivalutabili secondo gli indici Istat, l’assegno di mantenimento del coniuge a carico del (OMISSIS), comparate le rispettive condizioni economiche dei coniugi.

Il (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti di (OMISSIS) (che resiste con controricorso). Il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 156 c.c., avendo i giudici d’appello omesso di ricostruire, in concreto, il tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio; 2) con il secondo motivo, la violazione ed errata applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 e articolo 116 c.p.c., non avendo i giudici d’appello motivato sulle ragioni per le quali essi avevano stimato i redditi patrimoniali (per valore degli immobili di proprieta’) dei coniugi, discostandosi dalle conclusioni della C.Testo Unico (come integrata) disposta nel giudizio di primo grado; 3) con il terzo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 2727 e 2729 c.c., avendo i giudici d’appello ritenuto non veridiche le dichiarazioni dei redditi presentate dal (OMISSIS), sulla scorta di semplici presunzioni, prive di gravita’, concordanza e precisione; 4) con il quarto motivo, l’omesso esame, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dalla partecipazione della (OMISSIS) ad una societa’ di capitali, con rimborso di Euro 69.000,00 percepiti nel 2014.

2. La prima censura e’ infondata.

Invero, la Corte d’appello ha, sul punto, rilevato che lo stesso (OMISSIS), nell’appello, aveva definito “medio” – “e quindi agiato”, secondo la Corte – il tenore di vita familiare goduto nei trent’anni di matrimonio.

Ora, il diritto all’assegno di mantenimento, nella separazione personale, ha come suoi presupposti la non addebitabilita’ della separazione al coniuge richiedente, la non titolarita’, da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e la sussistenza di una disparita’ economica tra le parti (Cass. 12196/2017). Il precedente tenore di vita coniugale deve desumersi dalle potenzialita’ economiche dei coniugi, ossia dall’ammontare complessivo dei loro redditi e dalle loro disponibilita’ patrimoniali (Cass. 4764/2007; Cass. 6541/2002), non avendo, invece, rilievo il piu’ modesto livello di vita eventualmente subito o tollerato (Cass. 4800/2002).

Nella specie, oltre alle ammissioni del (OMISSIS), vi era stata un’istruttoria espletata in primo grado, con prove testimoniali e consulenza tecnica d’ufficio, cosicche’ la Corte disponeva di diversi elementi per accertare correttamente il tenore di vita goduto dai coniugi, senza necessita’ di ulteriori indagini.

3. La seconda censura e’ infondata.

Il ricorrente prospetta un vizio di nullita’ della sentenza per omessa motivazione in ordine alle ragioni della scelta del primo elaborato peritale espletato in primo grado, nel 2011, dal quale emergeva una maggiore consistenza del valore degli immobili di proprieta’ dei (OMISSIS) e della (OMISSIS) (Euro 953.726,00 ed Euro 195.087,00), rispetto alle valutazioni conclusive, espresse dal consulente tecnico e dall’ausiliare specialista nella relazione integrativa depositata successivamente (Euro 291.000,00 ed Euro 107.500,00, i valori dei compendi immobiliari intestati rispettivamente ai due coniugi). Questa Corte a S.U. (Cass. nn. 8053 e 8054/2014) ha affermato che “la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”.

In realta’, la doglianza si risolve nella contestazione di un vizio di insufficienza motivazionale, per non avere la Corte spiegato le ragioni dell’utilizzo della prima consulenza tecnica espletata in giudizio e non di quella successivamente integrata. Il che non implica nullita’ della decisione per mancanza assoluta di motivazione. Peraltro, quanto al lamentato vizio di violazione di legge, il valore del patrimonio immobiliare del (OMISSIS) costituiva solo uno degli elementi posti a base della valutazione da parte del giudice di appello del consistente squilibrio della situazione economica esistente tra i coniugi, stante la sproporzione patrimoniale a svantaggio della moglie.

4. Anche la terza censura e’ infondata. Questa Corte ha di recente ribadito che “l’articolo 156 c.c., comma 2, stabilisce che il giudice debba determinare la misura dell’assegno tenendo conto non solo dei redditi delle parti ma anche di altre circostanze non indicate specificatamente, ne’ determinabili “a priori”, ma da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito ed idonei ad incidere sulle condizioni economiche delle parti, la cui valutazione, peraltro, non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi”. Sempre questa Corte, con riguardo al ricorso allo strumento della prova presuntiva, in per ricostruire, al di la’ delle dichiarazioni fiscali, l’effettiva posizione reddituale dei coniugi, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento, ha chiarito (Cass. 10135/20105) che “in tema di presunzioni, e’ incensurabile in sede di legittimita’ l’apprezzamento del giudice di merito circa l’opportunita’ di fondare la decisione su tale mezzo di prova e circa la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravita’ e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare gli elementi di fatto come fonti di presunzione, sempre che la motivazione adottata al riguardo sia congrua dal punto di vista logico, immune da errori di diritto e rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni”.

Ora, la Corte d’appello, condividendo le conclusioni sia espresse dal consulente tecnico d’ufficio sia dal giudice di primo grado, ha fondato la decisione su specifici elementi oggettivi, al fine di superare le risultanze delle dichiarazioni fiscali (dalle quali emergeva un reddito dichiarato “inferiore a quello normalmente percepito da un dipendente”): la percezione di plurimi accrediti a titolo di prestito da parte di privati, l’ottenimento di finanziamenti da parte del sistema bancario (sulla base di un evidente giudizio di affidabilita’), oltre ai dati emergenti dall’attivita’ professionale (commercialista titolare di studio professionale con dipendenti) e dal patrimonio immobiliare.

La sentenza risulta pertanto conforme a diritto.

5. Il quarto motivo e’ del pari infondato. Va premesso che, sull’importo ricevuto dal liquidatore di societa’ nel 2014, la (OMISSIS) aveva eccepito trattarsi del rimborso di quanto dalla stessa versate nel 2005 quale garante della stessa societa’ ad una Banca creditrice. Ora, non ricorre un vizio di omesso esame di fatto decisivo, avendo la Corte d’appello ritenuto non comprovate le supposte disponibilita’ di investimento ovvero di oggettivo ed anomalo incremento degli investimenti. Va poi considerato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U. 8053/2014).

6. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimita’, liqudate ire complessivi Euro 5.000,00, a titolo di compensi, oltre 200.00 per esborsi, rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai’ sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Dispone che, ai sensi del Decreto Legislativo n. 198 del 2003, articolo 52 siano omessi le generalita’ e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

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Avv. Umberto Davide

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