Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile Ordinanza 26 gennaio 2018, n. 2026

non puo’ ipotizzarsi il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione se non da quando sia intervenuto un atto giuridico, definibile come pagamento, che l’attore pretende essere indebito, perche’ prima di quel momento non e’ configurabile alcun diritto di ripetizione. In conseguenza, se il correntista, nel corso del rapporto, abbia effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. E questo accadra’ ove si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’affidamento: non cosi’ in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista puo’ ancora continuare a godere (sent. cit., in motivazione).
Avendo riguardo a tale insegnamento, dunque, quel che rileva, ai fini della decorrenza del termine prescrizionale prima della chiusura del conto, e’ il momento in cui abbia luogo la rimessa solutoria (e cioe’ il pagamento che ripiani l’esposizione debitoria prodottasi in assenza di affidamento o in misura eccedente l’affidamento concesso): il riferimento all’annotazione in conto dei singoli addebiti, contenuto nel motivo, non e’ affatto pertinente.

 

 

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Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile Ordinanza 26 gennaio 2018, n. 2026
Integrale

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1045/2017 proposto da:

(OMISSIS) SPA, in persona del Direttore Responsabile dell’Area Territoriale Sicilia e Calabria, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1818/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 07/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/11/2017 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABILLA;

dato atto che il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n.136/2016 del Primo Presidente.

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Palermo con cui, in data 7 ottobre 2016, e’ stato respinto il gravame proposto da (OMISSIS) s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Agrigento pronunciata tra la detta banca e (OMISSIS) s.r.l..

Il Tribunale aveva dichiarato l’illegittimita’ della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi attuata dalla banca in danno della societa’ (OMISSIS) e condannato la prima, in favore della seconda, alla restituzione, a titolo di indebito, della somma complessiva di Euro 97.941,35, oltre interessi.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su di un unico motivo ed e’ resistito, con controricorso, dalla societa’ (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 2935 c.c. e omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti. Rileva la ricorrente che la Corte di merito non poteva rigettare l’eccezione di prescrizione, deducendone la genericita’, in quanto i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimita’ con la sentenza delle Sezioni Unite n. 24418 del 2010 era intervenuta anni dopo la proposizione dell’eccezione di prescrizione. Osserva, inoltre, che a norma dell’articolo 2935 c.c. la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto puo’ essere esercitato e che, poiche’ il conto non era ancora stato chiuso al momento dell’introduzione del giudizio, doveva attribuirsi rilievo alla data delle singole annotazioni in conto, e cioe’ dal momento dei singoli addebiti. Censura, poi, la sentenza impugnata avendo riguardo all’affermazione secondo cui la ripetizione di indebito postulerebbe un pagamento che, avuto riguardo alle modalita’ di funzionamento del conto corrente, spesso si rende configurabile solo all’atto della chiusura dello stesso: deduce, in particolare, che l’evenienza indicata non poteva assumere il carattere di una regola generale. Lamenta infine che erroneamente il giudice distrettuale aveva reputato generica l’eccezione di prescrizione pretendendo che la banca indicasse ogni singolo pagamento riguardo al quale operasse la prescrizione.

2. – Il motivo e’ infondato.

La Corte di appello, con riguardo al tema della prescrizione, ha osservato che questa non si era prodotta in quanto il termine relativo decorreva dalla chiusura del conto: chiusura che al momento dell’introduzione del giudizio non aveva ancora avuto luogo; ha rilevato, inoltre, che “era onere della Banca allegare e provare se e quali versamenti avessero avuto funzione solutoria: onere mai assolto”.

Sia la ricorrente che la sentenza impugnata richiamano Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418, secondo cui l’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullita’ della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, e’ soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati: cio’ in quanto il pagamento che puo’ dar vita ad una pretesa restitutoria e’ esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens, con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens.

La pronuncia muove dal rilievo per cui non puo’ ipotizzarsi il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione se non da quando sia intervenuto un atto giuridico, definibile come pagamento, che l’attore pretende essere indebito, perche’ prima di quel momento non e’ configurabile alcun diritto di ripetizione. In conseguenza, se il correntista, nel corso del rapporto, abbia effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. E questo accadra’ ove si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’affidamento: non cosi’ in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista puo’ ancora continuare a godere (sent. cit., in motivazione).

Avendo riguardo a tale insegnamento, dunque, quel che rileva, ai fini della decorrenza del termine prescrizionale prima della chiusura del conto, e’ il momento in cui abbia luogo la rimessa solutoria (e cioe’ il pagamento che ripiani l’esposizione debitoria prodottasi in assenza di affidamento o in misura eccedente l’affidamento concesso): il riferimento all’annotazione in conto dei singoli addebiti, contenuto nel motivo, non e’ affatto pertinente.

Per aggredire con successo la pronuncia impugnata l’istante avrebbe dovuto dunque prospettare di aver eccepito, nella precorsa fase di merito, l’esecuzione di versamenti solutori – che la Corte di appello avrebbe trascurato di elidere dal computo dell’indebito complessivo – nel periodo che si collocava oltre il decennio dall’atto interruttivo della prescrizione. Ma una deduzione in tal senso nel ricorso e’ assente.

In conseguenza, la statuizione circa il mancato compimento del termine prescrizionale non risulta efficacemente censurata.

L’impugnazione diretta alla ratio decidendi che si basa sulle modalita’ di formulazione dell’eccezione di prescrizione e’ poi inammissibile: infatti, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralita’ di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, il mancato accoglimento delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitivita’ delle altre, alla cassazione della decisione stessa. Il motivo, dunque, risulta inammissibile per difetto di interesse (per tutte: Cass. 18 aprile 2017, n. 9752; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108; Cass. 3 novembre 2011, n. 22753; Cass. 24 maggio 2006, n. 12372).

3. – Il ricorso va pertanto respinto.

4. – Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro, 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater dell’articolo 13 inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.