Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 31 gennaio 2018, n. 2372

Ne’ puo’ ritenersi fondato l’assunto dei ricorrenti per cui la “lucida agonia” dovrebbe in ogni caso presumersi, laddove il danneggiante non abbia prestato soccorso alla vittima, impedendo un tempestivo accertamento delle sue condizioni di salute, per cui spetterebbe a quest’ultimo dimostrare che non vi sia stata: in base ai principi generali, e’ infatti certamente il danneggiato a dover fornire la prova del danno.

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 31 gennaio 2018, n. 2372
Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 15662 del ruolo generale dell’anno 2014 proposto da:

(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso, dagli avvocati (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));

– ricorrenti –

nei confronti di:

(OMISSIS) S.c.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, (OMISSIS) e (OMISSIS), quale rappresentante per procura di (OMISSIS) S.p.A. (P.I.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dagli avvocati (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Trieste n. 147/2014, depositata in data 26 marzo 2014 (e notificata in data 18 aprile 2014);

udita la relazione sulla causa svolta alla Camera di consiglio del 5 dicembre 2017 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno agito in giudizio nei confronti di (OMISSIS) S.p.A., quale Impresa territorialmente designata per i sinistri a carico del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, onde ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del decesso del proprio congiunto (OMISSIS), avvenuto in seguito ad un incidente stradale causato dal conducente di un veicolo rimasto sconosciuto.

La domanda e’ stata accolta dal Tribunale di Trieste, che ha condannato la societa’ convenuta a pagare l’importo di Euro 165.000,00 in favore di ciascuno dei genitori e quello di Euro 28.000,00 in favore di ciascuno dei quattro fratelli della vittima (oltre ad Euro 2.900,00 per spese funerarie, in favore del solo (OMISSIS), ed Euro 1.500,00 per la perdita dell’autovettura, in favore di tutti gli attori).

La Corte di Appello di Trieste ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorrono (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), sulla base di sei motivi.

Resiste con controricorso (OMISSIS) S.c.p.A., quale rappresentante di (OMISSIS) S.p.A. (nuova denominazione di (OMISSIS) S.p.A., conferitaria del ramo di azienda assicurativo di (OMISSIS) S.p.A.).

Non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede gli altri intimati.

Il ricorso e’ stato trattato in Camera di consiglio, in applicazione dell’articolo 375 c.p.c. e articolo 380-bis c.p.c., comma 1.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 1.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “motivazione solo apparente sul fatto decisivo delle modalita’ del bilanciamento dei vari fattori della personalizzazione dei danni parentali tabellari, per individuarsi, tra il minimo e il massimo della Tabella di Milano ed. 2011, la giusta ed equa riparazione spettante a ciascun familiare superstite (in spregio del dovere di cui all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ed in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”.

Con il secondo motivo si denunzia “violazione del diritto ad una riparazione giusta, circostanziata ed equa dei danni non patrimoniali parentali connessa con la soppressione del rapporto familiare e fraterno a seguito dei reati di omicidio colposo e di omissione di soccorso e della violazione di interessi personali di rilievo costituzionale come quelli dell’unita’ e della solidarieta’ familiari (articolo 1226 e 2059 c.c. in relazione agli articoli 2, 29 e 30 Cost., articolo 185 c.p. e all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

I primi due motivi del ricorso, che hanno ad oggetto la determinazione dell’entita’ del risarcimento liquidato ai ricorrenti in via equitativa, sono connessi e possono quindi essere esaminati congiuntamente.

Essi sono in parte infondati ed in parte inammissibili.

La corte di appello ha proceduto alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, ai sensi degli articoli 2059 e 1226 c.c., in applicazione delle apposite “tabelle” predisposte dal Tribunale di Milano, onde garantire esigenze di uniformita’ di trattamento su base nazionale (in conformita’ al consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte: cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12408 del 07/06/2011, Rv. 618048-01; Sez. 3, Sentenza n. 20895 del 15/10/2015, Rv. 637448-01; Sez. 3, Sentenza n. 3505 del 23/02/2016, Rv. 638919-01; Sez. 3, Sentenza n. 9950 del 20/04/2017, Rv. 643854-01).

Risultano esplicitamente indicate, nella motivazione, tutte le circostanze del caso concreto considerate rilevanti al fine di orientare la liquidazione nell’ambito del suddetto parametro tabellare (i cui limiti quantitativi minimi e massimi non sono stati superati), per assicurare il risarcimento integrale del pregiudizio subi’to da ciascun danneggiato, in relazione ai valori, anche di rilievo costituzionale, violati (cfr. in proposito Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9231 del 17/04/2013, Rv. 626003-01). L’individuazione delle suddette circostanze di fatto, a specificazione del relativo parametro normativo elastico, e’ conforme alle disposizioni di legge sulla liquidazione equitativa del danno: in particolare, la corte di merito risulta avere preso in considerazione, correttamente ritenendoli fattori rilevanti di personalizzazione del danno, oltre all’eta’ della vittima e dei congiunti danneggiati, la eventuale convivenza tra di essi, l’esistenza e il numero degli altri congiunti superstiti, nonche’ le eventuali circostanze idonee a dimostrare una speciale intensita’ del loro vincolo affettivo.

Va dunque esclusa la violazione degli articoli 1226 e 2059 c.c., cosi’ come quella degli articoli 2, 29 e 30 Cost., articolo 185 c.p..

La valutazione della sussistenza effettiva e della concreta incidenza delle indicate circostanze ai fini della determinazione del valore finale liquidato in via equitativa ai sensi dell’articolo 1226 c.c. (nell’ambito del parametro tabellare applicato) costituisce accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimita’.

E certamente va escluso che in proposito sussista una motivazione meramente apparente o contraddittoria sul piano logico, in quanto essa da’ esplicitamente conto di tutte le circostanze del caso concreto emerse all’esito dell’istruzione e valutate ai fini della “personalizzazione” del risarcimento, nonche’ del modo in cui esse sono state considerate.

Il ricorso, per i profili in esame, si risolve quindi nella richiesta di una nuova e diversa valutazione di dette circostanze, che non e’ ammissibile in sede di legittimita’.

2. Con il terzo motivo si denunzia “violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c. e dell’articolo 116 c.p.c., per avere erroneamente rilevato i Giudici l’esistenza di un’inferenza probatoria presuntiva consistente nella risalenza al fatto ignoto del legame affettivo qualitativamente poco significativo dalla circostanza (fatto noto) della non convivenza tra genitori e figlio, con dirette conseguenze sull’entita’ della riparazione dei danni parentali (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Con il quarto motivo si denunzia “violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c. e dell’articolo 116 c.p.c., per avere erroneamente rilevato i Giudici l’esistenza di un’inferenza probatoria presuntiva consistente nella risalenza al fatto ignoto della minor penosita’ della perdita del congiunto dalla circostanza (fatto noto) della sopravvivenza di altri familiari, con dirette conseguenze sull’entita’ della riparazione dei danni parentali (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Con il quinto motivo si denunzia “motivazione apparente sul perche’ il fatto (noto) della mancanza di un autonomo nucleo familiare del de cuius dovesse consentire la prova del fatto (ignoto) di un legame qualitativamente minore tra lui e i suoi genitori e quindi abilitarne un risarcimento inferiore (violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”.

Il terzo, il quarto ed il quinto motivo, aventi ad oggetto la considerazione di alcune circostanze di fatto ai fini della determinazione in via equitativa del danno liquidato, sono connessi, e possono quindi essere esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati.

La corte di appello ha valutato gli elementi di prova, anche indiziari, in conformita’ alle disposizioni di cui agli articoli 2727 e 2729 c.c., rispettando la prescrizione di cui all’articolo 116 c.p.c., e le relative conclusioni sono sostenute da adeguato supporto argomentativo.

E’ del resto ragionevole presumere, almeno secondo l’id quod plerumque accidit (e fatta salva la sussistenza di ipotesi del tutto peculiari), che il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale possa manifestarsi in modo piu’ intenso in caso di sussistenza di una situazione di convivenza tra congiunti rispetto all’ipotesi in cui tale convivenza non sussista.

Altrettanto e’ a dirsi nel raffronto tra l’ipotesi di perdita dell’unico figlio o dell’unico fratello, e quindi di azzeramento totale del relativo rapporto parentale, rispetto all’ipotesi in cui esistendo piu’ figli (o piu’ fratelli), il rapporto parentale e’ perduto solo con riguardo al soggetto deceduto, ma rimane esistente con altri figli e/o altri fratelli, come avvenuto nella specie.

Per quanto infine attiene all’inesistenza di un nucleo familiare autonomo del de cuius, la circostanza non risulta essere stata considerata dalla corte di appello come incidente direttamente sull’entita’ del danno liquidato, ma semplicemente come circostanza idonea a dare conto della frequenza con la quale la vittima faceva ritorno al paese di origine, in tali occasioni facendo visita alla famiglia, senza che cio’ implicasse necessariamente l’esistenza di un legame affettivo tra la vittima stessa e la famiglia di origine di rilievo superiore a quello ordinario. In tal senso, la motivazione del provvedimento impugnato risulta del tutto adeguata, non apparente ne’ logicamente contraddittoria, e come tale certamente essa non e’ censurabile nella presente sede.

3. Con il sesto motivo si denunzia “violazione degli articoli 2697 e 2727 e 2729 c.c., nonche’ degli articoli 2 e 24 Cost., in tema di riparto degli oneri probatori nel caso di danni aquiliani da agonia a seguito di investimento da parte di pirata della strada e di successiva azione risarcitoria jure ereditario degli aventi causa”.

Il motivo e’ in parte inammissibile ed in parte infondato.

La corte di appello ha incensurabilmente accertato, in fatto, sulla base di adeguata motivazione, che le stesse condizioni di salute in cui era giunta la vittima in ospedale (gia’ in stato di incoscienza, protrattosi poi fino al decesso, avvenuto dopo pochissimi giorni), conducevano a ritenere che non potesse essere intercorso un apprezzabile lasso di tempo tra l’incidente e la sua perdita di coscienza, e quindi era da escludersi l’esistenza di un danno “catastrofale” da lucida percezione dell’approssimarsi della morte, correttamente applicando i principi di diritto in materia affermati da questa Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 15350 del 22/07/2015, Rv. 635985-01; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 5684 del 23/03/2016, Rv. 639373-01).

Secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, il tribunale aveva in verita’ addirittura ritenuto che la consapevole e lucida agonia da parte della vittima non era stata neanche allegata dagli attori, ancor prima che provata, e in relazione a tale affermazione del giudice di primo grado non vi era stata specifica censura in sede di gravame.

Orbene, con riguardo alla avvenuta originaria allegazione e prova della circostanza di fatto in esame, ed alle specifiche censure operate rispetto alla sentenza di primo grado in ordine a tale punto, il ricorso difetta certamente di specificita’: non risulta infatti indicato specificamente ne’ il contenuto degli atti del giudizio di primo grado in cui l’allegazione sarebbe stata formulata, ne’ lo specifico contenuto dell’atto di appello in cui sarebbe stata operata la censura della statuizione del giudice di primo grado, che la aveva invece esclusa.

Ne’ puo’ ritenersi fondato l’assunto dei ricorrenti per cui la “lucida agonia” dovrebbe in ogni caso presumersi, laddove il danneggiante non abbia prestato soccorso alla vittima, impedendo un tempestivo accertamento delle sue condizioni di salute, per cui spetterebbe a quest’ultimo dimostrare che non vi sia stata: in base ai principi generali, e’ infatti certamente il danneggiato a dover fornire la prova del danno.

4. Il ricorso e’ rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, introdotto della citata L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimita’ in favore della societa’ controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonche’ spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.