Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 20 giugno 2012, n. 10201

in presenza di notevoli e importanti variazioni del progetto, termine e penali contrattuali vengono meno, occorrendo, al fine di far conservare efficacia alla penale, che sia fissato, concordemente, un nuovo termine.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 20 giugno 2012, n. 10201

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere

Dott. PROTO Vincenzo – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo rel. Consiglie –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 495/2005 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 07/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/05/2012 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – (OMISSIS) adiva il Tribunale di Messina al fine di sentir condannare (OMISSIS) al pagamento della penale pattuita nel contratto di appalto, stipulato inter partes il (OMISSIS), per la ritardata consegna di alcune unita’ immobiliari da consegnare entro 24 mesi dall’inizio dei lavori, oltre al risarcimento dei danni da inesatto adempimento. L’ (OMISSIS) contestava la domanda attrice sul presupposto che il ritardo nella consegna era dovuto all’esecuzione di varianti richieste dalla (OMISSIS), chiedendo, pertanto, in via riconvenzionale, il pagamento del corrispettivo per i lavori aggiuntivi eseguiti e la rifusione dei danni.

All’esito dell’istruttoria, esauritasi nell’assunzione di prova testimoniale, il Tribunale adito, con sentenza del 13 febbraio 2002, accoglieva parzialmente la domanda della (OMISSIS), respingendo la riconvenzionale del convenuto, che condannava al pagamento in favore dell’attrice della somma di euro 15.493,71, oltre interessi legali.

2. – Interponeva appello l’ (OMISSIS) sostenendo che nessun ritardo era a lui addebitabile, per essere lo stesso conseguenza delle varianti in corso d’opera richieste dall’attrice, le quali, di cospicua importanza, avevano determinato la perdita di efficacia del termine e della penale previsti in contratto, senza esser sostituiti da altre determinazioni pattizie, dovendo, in ogni caso, essere ridotta la penale in ragione di un ritardo di tredici e non di quindici mesi.

La Corte d’appello di Messina, con sentenza del 7 novembre 2005, accoglieva parzialmente il gravame e, in riforma dell’impugnata decisione di primo grado, riduceva ad euro 10.073,00 la somma dovuta dall’ (OMISSIS) allo (OMISSIS), compensando per meta’ le spese del grado.

2.1. – Per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte messinese riconosceva, sulla scorta delle emergenze istruttorie acquisite in giudizio, che le modifiche progettuali effettivamente richieste dalla (OMISSIS) all’ (OMISSIS) erano “di scarsa entita’ rispetto all’oggetto complessivo dell’appalto”, riducendosi allo spostamento “di qualche parete divisoria interna”, all’ampliamento di “una cucina e un bagno”, al collocamento di “due vasche in una stanzetta” e nell’eliminazione di “intonaco sempre in un vano di servizio per rivestirne le pareti con piastrelle”. Delle variazione di consistenza modesta “sia in assoluto, sia, a maggior ragione, nell’economia di un appalto” per la costruzione di sei appartamenti ed altrettanti posti auto, le quali, in definitiva, “pur se realizzate in prossimita’ della fine dei lavori, non richiesero piu’ di tre mesi di tempo”; del resto, che si trattasse di variazioni di “poco conto” – soggiungeva la Corte d’appello – l’ (OMISSIS) “non avrebbe limitato la sua richiesta di compenso per i lavori extra capitolato all’importo di lire 7.800.000, che e’ obiettivamente irrisorio nel contesto di un appalto del valore di centinaia di milioni di lire”. Di qui l’inapplicabilita’ del principio del venir meno di termine e penale contrattuali a fronte di variazioni progettuali “imponenti” o quanto meno “notevoli ed importanti”, non ravvisabili in quelle di modesta natura ed entita’ operate dall’appaltatore.

2.2. – Il giudice di secondo grado riteneva, pero’, fondato il motivo di gravame in ordine alla determinazione del ritardo nella consegna, facendo decorrere l’inizio dei lavori dal (OMISSIS) (invece che dal gennaio dello stesso anno, come opinato dal Tribunale), con la conseguenza che gli stessi sarebbero dovuti terminare (dopo 24 mesi) nel giugno 1987, la’ dove la consegna dei beni avvenne (pacificamente) nell’ottobre 1988, con un ritardo dunque di sedici mesi, da ridurre a tredici per effetto del tempo occorso per eseguire le varianti richieste dalla committente. Riconosceva, poi, la Corte territoriale dovuto il corrispettivo per i lavori di modifica eseguiti dall’appaltatore, che quantificava, secondo le indicazioni dello stesso (lire 7.800.000, ma con prudenziale riduzione del 15% e, dunque, in lire 6.500.000), in euro 3.355,00, compensandola con il maggior importo dovuto alla (OMISSIS), che riduceva, quindi, ad euro 10.073,00.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Messina ha proposto ricorso (OMISSIS), affidando le sorti dell’impugnazione a tre distinti motivi.

(OMISSIS), ritualmente intimata, non ha svolto difese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con il primo mezzo e’ denunciato vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5.

Il ricorrente assume che il fatto decisivo, del quale la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto ai fini della valutazione di responsabilita’ da ritardo ascritta all’appaltatore, sarebbe quello per cui le varianti in corso d’opera, la cui esecuzione comporto’ effettivamente tre mesi e si concreto’ materialmente in quanto accertato nella sentenza impugnata, vennero richieste dalla (OMISSIS) allorche’ i lavori di esecuzione delle opere originariamente previste ed appaltate erano stati quasi del tutto ultimati.

Cio’ si dedurrebbe dalla circostanza che gli elaborati progettuali in variante, presentati al Comune di (OMISSIS) per le necessarie autorizzazioni, recano la data del 9 ottobre 1987, sicche’ nel giugno 1987 o, comunque, nell’ottobre 1987 le opere originariamente appaltate erano gia’ quasi del tutto ultimate e la loro consegna, dunque, non pote’ avvenire solo perche’ il committente aveva, per l’appunto, richiesto l’esecuzione delle modifiche progettuali.

1.1. – Il motivo e’ inammissibile.

Esso, infatti, si risolve in una non consentita richiesta di rivalutazione delle emergenze processuali al fine di conseguirne una lettura favorevole all’interessato, ma diversa da quella fornita dal giudice di merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale e’ assegnato alla prova stessa (tra le altre, Cass., sez. lav., 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., sez. lav., 6 marzo 2008, n. 6064).

Invero, al pari di quanto accertato in sede di gravame, lo stesso ricorrente riconosce la consistenza materiale delle opere richieste in variante dalla committente (spostamento di qualche parete divisoria interna, all’ampliamento di una cucina e un bagno, collocamento di due vasche in una stanzetta ed eliminazione di intonaco sempre in un vano di servizio per rivestirne le pareti con piastrelle) ed il tempo di circa tre mesi occorso per eseguirle, non essendo poi contestato che la consegna dei lavori appaltati avvenne nell’ottobre 1988.

Sicche’, la ricostruzione fattuale prospettata dall’ (OMISSIS) – che si fonda sulla asserita omessa considerazione, da parte del giudice d’appello, del fatto che la richiesta delle varianti progettuali intervenne soltanto ad opere appaltate quasi ultimate – lungi dall’evidenziare deficienze motivazionali nella decisione impugnata, si mostra soltanto alternativa alla lettura del materiale probatorio operata dalla Corte territoriale, giacche’ quest’ultima, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, ha direttamente valutato il fatto la cui considerazione si asserisce omessa, basando, pero’, il proprio convincimento sul dato, altrettanto incontestato, dei sedici mesi di ritardo nella consegna delle opere rispetto alla scadenza (di 24 mesi) fissata nel contratto Inter partes, da cui, non implausibilmente, ha inferito la responsabilita’ dell’appaltatore per tutto il tempo eccedente a quello occorso per completare le anzidette varianti.

2. – Con il secondo mezzo viene denunciata violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui agli articoli 1382, 1655, 1659, 1660, 1661 e 1665 cod. civ., in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3.

Contrariamente quanto ritenuto dal giudice d’appello, ad avviso del ricorrente (che richiama Cass., sez. 2, 28 maggio 2001, n. 7242) troverebbe applicazione, nella specie, il principio di diritto secondo il quale, in presenza di notevoli e importanti variazioni del progetto, termine e penali contrattuali vengono meno, occorrendo, al fine di far conservare efficacia alla penale, che sia fissato, concordemente, un nuovo termine. Cio’ in quanto le opere in variante richieste dal committente, intervenute a lavori quasi ultimati, erano da reputarsi “notevoli ed importanti”, essendo occorsi, per la loro esecuzione, “una nuova progettazione e una nuova autorizzazione amministrativa in variante”, anche per mutamento di destinazione d’uso (da abitazione a laboratorio di analisi cliniche), e “l’esecuzione di lavori, anche di demolizione del gia’ costruito, comportanti un tempo di circa tre mesi … su un tempo complessivo di esecuzione dell’appalto di 24 mesi”, con un allungamento dei tempi di lavoro del 10/15% circa rispetto a quanto originariamente previsto.

2.1. – Il motivo e’ infondato.

Con esso si fa questione di erronea sussunzione dei fatti accertati dal giudice del merito nella norma interpretata da questa Corte (Cass., sez. lav., 13 agosto 2008, n. 21575; Cass., sez. 3, 25 gennaio 2002, n. 888; Cass., sez. lav., 3 agosto 2001 n. 10750; Cass., sez. lav., 22 aprile 2000, n. 5299; Cass., sez. lav., 8 maggio 2000 n 5822), avendo il giudice d’appello escluso l’applicabilita’ alla fattispecie del principio di diritto invocato dall’ (OMISSIS) – recentemente ribadito anche da Cass., sez. 2, 6 ottobre 2011, n. 20484 – sul presupposto che “le modifiche non erano importanti e neppure notevoli, ma di modesta natura ed entita’, tali da non poter sconvolgere il programma di lavoro dell’impresa”.

2.1.1. – Occorre premettere che il principio espresso dalle pronunce innanzi richiamate, per cui si produce l’elisione di termine e penale stabiliti nel contratto d’appalto a fronte di variazioni “notevoli ed importanti del progetto” richieste ed ottenute dal committente, trova ragione nell'”importante mutamento” (cosi Cass., sez. 2, 27 febbraio 1995, n. 2290) ovvero nello “sconvolgimento” (come ancor piu’ significativamente fatto risaltare, in motivazione, dalle citate Cass. n. 7242 del 2001 e Cass. n. 20484 del 2011) , del piano originario dei lavori, a cio’ correlandosi la considerazione – fatta propria da Cass., sez. 2, 4 maggio 2001, n. 9796 – per cui, proprio nelle fattispecie caratterizzate dalle modifiche progettuali anzidette, ordinate dal committente, non opera l’articolo 1661 cod. civ., “ma viene in discussione la sussistenza stessa del diritto del committente di richiedere dette varianti, la’ dove, pero’, una volta che le opere richieste siano eseguite dall’appaltatore, quest’ultimo ha diritto a richiedere il riconoscimento di corrispettivi ulteriori rispetto al prezzo di appalto originariamente concordato”. Cio’ e’ quanto dire -anche alla stregua dell’opinione prevalente in dottrina -che lo sconvolgimento del piano originario dei lavori, il suo radicale mutamento, il quale muova dalla volonta’ del committente, ma trovi infine d’accordo l’appaltatore (che le richieste modificazioni provvede ad eseguire), determina una sostituzione, consensuale, del regolamento contrattuale gia’ in essere, posto che in rilievo viene non gia’ lo jus variandi consentito dall’articolo 1661 cod. civ., comma 1, (relativo a variazioni il cui ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto), ma richieste di modifiche (o anche lavori cd. extracontrattuali) alle quali puo’ sottrarsi l’appaltatore, come si evince dal citato articolo 1661, comma 2, che rende inapplicabile l’anzidetto comma 1, allorche’ le opere, seppure contenute entro il valore del sesto, importino “notevoli modificazioni alla natura dell’opera” o “dei quantitativi nelle singole categorie dei lavori previste nel contratto per l’esecuzione de1l’opera medesima”.

Quanto precisato rende piu’ agevole individuare le coordinate del giudizio che viene a selezionare la fattispecie legale applicabile in caso di variazioni che mutino in modo importante il piano originario dei lavori (lo “sconvolgano”) da quella che invece riguarda lo jus variandi di cui all’articolo 1661 cod. civ., comma 1, dovendosi muovere, per l’appunto, dal criterio piu’ generale della modifica che devii in modo importante dal progetto originario dell’opera, il quale, a sua volta, trova concretezza in base a parametri piu’ specifici, che possono essere – a seconda del tipo di modificazione progettuale – quelli della entita’ materiale e tecnica dei lavori di modifica o della relativa consistenza economica.

Di cio’ ha fatto buon governo il giudice d’appello, che ha fondato l’approdo ermeneutico al quale e’ infine giunto sulla considerazione della consistenza delle varianti in corso d’opera, sia in assoluto (come detto: spostamento di qualche parete divisoria interna, all’ampliamento di una cucina e un bagno, collocamento di due vasche in una stanzetta ed eliminazione di intonaco sempre in un vano di servizio per rivestirne le pareti con piastrelle), sia in rapporto nell’economia dell’appalto (“per la parte riferibile alla (OMISSIS)”, avente ad oggetto al costruzione di sei appartamenti ed altrettanti box auto, “per un corrispettivo dichiarato di lire 250.000.000. 2= 125.000.000”).

Inoltre, la Corte distrettuale ha implementato la delibazione ad essa richiesta con la considerazione sia dell’entita’ del compenso vantato dall’ (OMISSIS) per i lavori extra capitolato (pari ad lire 7.800.000, ritenuto “obiettivamente irrisorio nel contesto di un appalto del valore di centinaia di lire milioni”) ; sia del tempo occorso per realizzare le modifiche (circa tre mesi), rapportandolo a quello contrattualmente fissato (di 24 mesi).

Risulta, dunque, corretta l’operazione interpretativa compiuta dal giudice di merito, in forza della quale, utilizzando a tal fine il criterio ed i parametri innanzi evidenziati (arricchiti da ulteriori elementi di valutazione, sebbene non strettamente necessari), e’ pervenuto ad escludere che potessero integrare modifiche tali da sconvolgere il piano originario dei lavori quelle di fatto accertate e ritenute in sentenza.

Per cui, una volta inquadrata correttamente la fattispecie materiale in quella legale di riferimento, costituisce guaestio facti, insindacabile in sede di legittimita’, ove sorretta da motivazione adeguata ed esente da vizi logici e giuridici, la valutazione delle circostanze ritenute in concreto idonee a riempire di contenuti gli anzidetti criteri e parametri che guidano il giudizio di sussunzione.

Profilo, quest’ultimo, su cui il Collegio non puo’ soffermare il proprio esame, non avendo il ricorrente denunciato un vizio di motivazione della sentenza, ai sensi dell’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5.

Del pari e’ da ritenersi quanto alle ulteriori circostanze indicate dall’ (OMISSIS) come significative ai fini dell’accoglimento del motivo – e, segnatamente, la nuova progettazione dei lavori, la nuova istanza di autorizzazione amministrativa anche per mutamento di destinazione, l’esecuzione delle modifiche ad opere quasi ultimate – le quali (a prescindere dalla loro dubbia pertinenza e congruenza rispetto all’obiettivo divisato), non possono comunque trovare rilievo nello scrutinio del presente mezzo, incentrato sul disposto di cui all’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3. Esse, infatti, non sono state considerate dalla Corte territoriale nella ricognizione del quadro fattuale su cui ha poi correttamente effettuato il giudizio di sussunzione, sicche’ cio’ che semmai verrebbe in rilievo e’ il diverso – e, per l’appunto, non fatto valere -vizio di motivazione della sentenza in ragione di una supposta omessa o carente ricostruzione dei fatti, quale compito di esclusiva pertinenza del giudice del merito.

3. – Con il terzo motivo si censura, in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui agli articoli 1362 e 1272 (rectius: articolo 1372) cod. civ..

Secondo il ricorrente, la richiesta di modifiche progettuali ad opere appaltate quasi ultimate e pronte per la consegna nel termine contrattuale avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale, in applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale – per cui rileva a tal fine anche il comportamento successivamente tenuto dalle parti – e di cessazione degli effetti del contratto per mutuo consenso, anche tacito, a ritenere inefficace la clausola penale inserita nel contratto di appalto inter partes in riferimento alla ritardata consegna dei lavori, cosi’ da respingere le domande proposte dallo (OMISSIS).

3.1. – Il motivo e’ inammissibile.

Con esso, infatti, si introduce un thema decidendum -quello dell’inefficacia della clausola penale, inserita nel contratto di appalto concluso dalle parti, per effetto di mutuo consenso – del quale non risulta che, nel corso dell’intero giudizio di merito, le parti abbiano dibattuto. La sentenza impugnata, del resto, indica specificamente i motivi di appello proposti dall’ (OMISSIS) e, tra questi, non ve ne e’ alcuno che affronti la questione veicolata dal motivo in esame; ne’ il ricorrente ha in alcun modo allegato di aver dedotto la questione medesima dinanzi al giudice di merito, com’era suo precipuo e onere (Cass., sez. 1, 22 dicembre 2005, n. 28480).

Il mezzo proposto confligge, pertanto, con il divieto di proporre nel giudizio di legittimita’ domande e questioni di diritto nuove, che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, esorbitano dal giudizio di legittimita’ (Cass., sez. 1, 26 marzo 2012, n. 4787; Cass., sez. 3, 30 settembre 2011, n. 19982; Cass., sez. 2, 4 ottobre 2005, n. 19350; Cass., sez. lav., 24 novembre 2004, n. 22154).

Peraltro, non si dubita che la necessita’ di effettuare indagini di fatto nell’ambito del giudizio di legittimita’ impedisca anche lo scrutinio sulle questioni comunque rilevabili d’ufficio (Cass., sez. 1, 15 luglio 2009, n. 16541; Cass., sez. 2, 22 giugno 2000, n. 8478). Con cio’ viene meno anche una eventuale possibilita’ di esaminare il motivo aderendo all’orientamento prevalente della giurisprudenza di questa Corte che afferma la rilevabilita’ d’ufficio della risoluzione consensuale del contratto, se rilevante ai fini della decisione, per essere lo scioglimento per mutuo consenso un fatto oggettivamente estintivo dei diritti nascenti dal negozio bilaterale (tra le altre, v. Cass., sez. 3, 24 maggio 2007, n. 12075; Cass., sez. 2, 22 novembre 2006, n. 24802; Cass., sez. 2, 11 luglio 2003, n. 10935; Cass., sez. 1, 6 agosto 1997, n. 7270; tuttavia, in senso contrario, per la qualificazione in termini di eccezione in senso proprio, constano Cass., sez. lav., 7 maggio 2009, n. 10526 e Cass., sez. 2, 29 marzo 1982, n. 1939), giacche’ cio’ implicherebbe evidentemente un accertamento fattuale sulla volonta’ in tal senso manifestata, anche tacitamente, dalle parti. Accertamento che, nella specie, non puo’ in nessun caso reputarsi esaurito nelle circostanze che il ricorrente assume acclarate nel giudizio di merito, posto che il fatto delle modifiche progettuali richieste dalla (OMISSIS) ad opere quasi ultimate denota, di per se’, l’esercizio dello jus variandi consentito al committente dall’articolo 1661 cod. civ. (tanto piu’ avendo il giudice d’appello accertato trattarsi di modificazioni di modesta entita’ ed essendo state sul punto respinte le censure sollevate dal ricorrente in questa sede), che e’ ben lungi, dunque, dal poter integrare, come tale, un’ipotesi di mutuo consenso diretto ad elidere l’efficacia della penale stabilita nel contratto d’appalto.

4. – In assenza di difese da parte dell’intimata, nulla e’ da disporsi in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE

Rigetta il ricorso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.