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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 11 dicembre 2015, n. 25035

Per quel che riguarda il diritto al maggior compenso, va qui ribadito che: a) il diritto al compenso ex articolo 1660 c.c., postula che le variazioni determinate da necessita’ tecniche sia superiore a 1/6 del prezzo pattuito; b) per quel che riguarda l’ipotesi di cui all’articolo 1661 c.c., comma 1, va considerato che il riconoscimento all’appaltatore del compenso supplementare previsto da tale norma per variazioni al progetto ordinate dal committente, postula la dimostrazione della consistenza e del costo delle opere inizialmente pattuite, in quanto solo se a seguito delle variazioni risultino opere di costo maggiore trova fondamento la pretesa inerente a tale supplemento, sicche’, ai fini della liquidazione di questo, non e’ sufficiente lo accertamento di una eccedenza del costo delle opere realmente compiute rispetto al prezzo pattuito globalmente, ma occorre, invece, che l’eccedenza sussista tra il costo delle opere inizialmente pattuite ed il costo di quelle realmente eseguite. L’onere di provare l’entita’ ed il costo sia delle opere eseguite a seguito delle variazioni, che delle opere progettate, incombe sull’appaltatore, con la conseguenza che, in mancanza di detta prova, il supplemento suindicato non puo’ essere attribuito.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 11 dicembre 2015, n. 25035

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere

Dott. MANNA Felice – Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4227/2011 proposto da:

(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS), IN PERSONA DEL LIQUIDATORE, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 804/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 27/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2015 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. (OMISSIS) difensore dei controricorrenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La (OMISSIS) s.r.l. evocava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Vasto, (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

Deduceva: l’inadempimento dei committenti i quali non avevano mai messo a disposizione dell’impresa il progetto dell’opera approvato dal Comune ne’ quello esecutivo delle opere in c.a.f essendo stato consegnato solo un disegno architettonico senza riferimento alla concessione edilizia; che, pertanto, erano stati ripetutamente richiesti alla direzione dei lavori gli elaborati tecnici e che gli ordini da essa forniti avevano comportato continue e radicali modifiche e aggiunte rispetto all’opera originaria; che, non avendo ricevuto le istruzioni particolari riguardo la copertura dei cinque blocchi costituenti il complesso da realizzare, era stata costretta a sospendere i lavori.

Si costituivano i convenuti, i quali deducevano che nessun compenso ulteriore era dovuto rispetto a quello pattuito, essendo stato fra le parti stipulato un appalto con prezzo determinato a forfait; che erano stati forniti gli elaborati tecnici necessari per la realizzazione dei lavori, che l’impresa aveva ingiustificatamente sospeso; pertanto, chiedevano il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto per inadempimento addebitabile all’attrice.

Il tribunale rigettava la domanda proposta dall’attrice, accogliendo quella riconvenzionale.

Con sentenza n. 804/2010 la Corte di appello di L’Aquila rigettava l’impugnazione proposta dall’attrice.

Per quel che ancora interessa, nel confermare la decisione di primo grado, i Giudici osservavano quanto segue:

– il contratto di appalto intercorso fra le parti era da qualificare a corpo e non a misura, secondo quanto previsto dal chiaro tenore letterale delle clausole contrattuali, non smentito dal comportamento delle parti e addirittura confermato dalla circostanza che per le opere complementari le parti avevano previsto invece il corrispettivo a misura; pertanto nessun compenso aggiuntivo era dovuto a favore dell’impresa;

– era insussistente l’inadempimento dei committenti, lamentato dall’attrice, posto che – in base alle indagini compiute dal consulente tecnico – andava esclusa la denunciata inadeguatezza degli elaborati tecnici allegati al contratto di appalto; le opere oggetto dell’appalto erano analiticamente descritte nei relativi allegati che l’impresa avrebbe dovuto rifiutarsi di sottoscrivere ed erano state sostanzialmente eseguite cosi’ come previste e descritte; era da escludere il completo stravolgimento dell’opera che sarebbe avvenuto per effetto delle continue e ripetute variazioni delle prescrizioni tecniche disposte dalla direzione dei lavori; le richieste di prescrizioni e direttive che l’impresa aveva formulato alla direzione dei lavori – che sembrerebbero tese alla precostituzione di una prova del contegno omissivo della controparte – avevano avuto sollecito riscontro da parte della committenza a carico della quale era da escludere alcun comportamento negligente e tale da giustificare la sospensione dei lavori con ritenzione del cantiere da parte dell’impresa;

– il giudice di primo grado aveva proceduto alla comparazione delle condotte tenute dalle parti nell’esecuzione del contratto, accertando l’adempimento dei committenti alle obbligazioni contrattuali.

2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.r.l sulla base di due motivi illustrati da memoria.

Resistono con controricorso le persone degli intimati sopra indicati nella intestazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. – Il primo motivo, dopo avere premesso la distinzione fra la ipotesi del contratto di appalto a corpo e quello a misura, evidenzia che – contrariamente a quanto accaduto nella specie – nella prima ipotesi l’opera deve essere predeterminata in modo preciso di guisa da consentire all’appaltatore di formulare una precisa offerta del prezzo tale da non rendere il contratto aleatorio; lamenta la omessa considerazione da parte della sentenza impugnata dell’assenza – come segnalato dal CTU – di elaborati tecnici allegati al contratto con cui fosse rappresentata e descritta in modo preciso l’opera da realizzare, per cui la impresa non sarebbe stata neppure in grado di determinare e offrire il prezzo a forfait. Il capitolato era stato elaborato in base a un progetto di massima che aveva subito una serie di modifiche e variazioni che avevano stravolto l’oggetto dell’appalto di cui al progetto originario cosi’ da rappresentare un diverso oggetto contrattuale.

2.- Il secondo motivo denuncia che la sentenza – omettendo di esaminare i documenti probatori forniti da essa ricorrente, da cui sarebbe risultata dimostrata la esclusiva responsabilita’ della parte committente nella risoluzione del contratto – si era attenuta al mero dato letterale del contratto nella parte in cui all’articolo 2, era riportata l’allegazione dei documenti, affermando che la societa’ avrebbe dovuto rifiutarsi di sottoscriverli. In effetti, l’attrice aveva sin dall’inizio del rapporto, denunciato l’inadeguatezza della documentazione, tanto e’ vero che erano state formulate alla Direzione dei lavori dei committenti le richieste per avere schemi e progetti; lamenta la mancata osservanza da parte dei predetti del dovere di cooperazione: su tali questioni la sentenza non si era pronunciata.

In ogni caso, anche ove si fosse inteso confermare la qualificazione del contratto di appalto con prezzo determinato a forfait, data dal primo Giudice, sarebbe spettato all’appaltatore il diritto al maggior compenso per le variazioni richieste ex articoli 1660 e 1661 c.c., a stregua delle modifiche accertate dal consulente.

3. I motivi – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.

La sentenza ha esaminato la documentazione allegata al contratto di appalto e disattendendo – in base alle indagini compiute dal consulente tecnico – le censure sollevate con il gravame e reiterate con il ricorso, ha escluso la denunciata inadeguatezza degli elaborati tecnici allegati al contratto di appalto, avendo accertato che le opere oggetto dell’appalto erano analiticamente descritte nei relativi allegati sottoscritti dall’impresa ed erano state sostanzialmente eseguite cosi’ come previste e descritte, di guisa che era da escludere il completo stravolgimento dell’opera che sarebbe avvenuto secondo la ricorrente per effetto delle continue e ripetute variazioni delle prescrizioni tecniche. Al riguardo, i Giudici di appello ritenevano che le richieste di prescrizioni e direttive che l’impresa aveva formulato alla direzione dei lavori – che sembrerebbero tese alla precostituzione di una prova del contegno omissivo del controparte – avevano avuto sollecito riscontro da parte della committenza a carico della quale era da escludere alcun comportamento negligente.

Per quel che poi riguarda il riferimento a quanto sarebbe stato accertato dal consulente, la denuncia difetta di autosufficienza laddove la ricorrente non trascrive i passi salienti della consulenza, estrapolandone delle frasi che non consentono alla Corte, che non ha accesso agli atti processuali, di comprendere la fondatezza delle censure. Infatti, se e’ vero che l’acritica adesione alle conclusioni della consulenza puo’ integrare il vizio di inadeguata motivazione, il ricorrente deve non soltanto allegare i presunti errori ma dimostrare la decisivita’ di tali errori in modo da offrire la certezza che il risultato dell’accertamento sarebbe stato diverso.

Per quel che riguarda la natura del contratto di appalto intercorso fra le parti, la doglianza ha a oggetto un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimita’ se non per violazione dei criteri ermeneutici o per vizio di motivazione, che non sono stati specificamente denunciati, dovendo qui rilevarsi che i Giudici hanno da un lato tenuto conto del chiaro tenore letterale, non smentito dal comportamento delle parti e addirittura confermato dalla circostanza che per le opere complementari le parti avevano previsto invece il corrispettivo a misura.

In effetti, le critiche formulate dalla ricorrente non sono idonee a scalfire la correttezza e la congruita’ dell’iter logico giuridico seguito dalla sentenza: le censure lamentate, in realta’, non denunciano un vizio logico della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a sostenere l’erroneo apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai giudici. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato ovvero alla sua incoerenza, logica quale risulti dalle stesse argomentazioni del giudice, e non puo’ risolversi nella denuncia della difformita’ della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’articolo 360 n. 5 citato, la (dedotta) erroneita’ della decisione non puo’ basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed e’ sottratta al controllo di legittimita’ della Cassazione.

Per quel che riguarda il diritto al maggior compenso, va qui ribadito che: a) il diritto al compenso ex articolo 1660 c.c., postula che le variazioni determinate da necessita’ tecniche sia superiore a 1/6 del prezzo pattuito; b) per quel che riguarda l’ipotesi di cui all’articolo 1661 c.c., comma 1, va considerato che il riconoscimento all’appaltatore del compenso supplementare previsto da tale norma per variazioni al progetto ordinate dal committente, postula la dimostrazione della consistenza e del costo delle opere inizialmente pattuite, in quanto solo se a seguito delle variazioni risultino opere di costo maggiore trova fondamento la pretesa inerente a tale supplemento, sicche’, ai fini della liquidazione di questo, non e’ sufficiente lo accertamento di una eccedenza del costo delle opere realmente compiute rispetto al prezzo pattuito globalmente, ma occorre, invece, che l’eccedenza sussista tra il costo delle opere inizialmente pattuite ed il costo di quelle realmente eseguite. L’onere di provare l’entita’ ed il costo sia delle opere eseguite a seguito delle variazioni, che delle opere progettate, incombe sull’appaltatore, con la conseguenza che, in mancanza di detta prova, il supplemento suindicato non puo’ essere attribuito (Cass. 4911/1983, 2206/1966).

Nella specie, in cui come si e’ detto la sentenza ha escluso variazioni notevoli ovvero ha ritenuto che fossero di scarsa consistenza, non sussistevano i presupposti di cui alle norme citate, che l’attore avrebbe dovuto provare.

Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste a carico della ricorrente, risultata soccombente,

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore dei resistenti costituiti delle spese relative alla presente fase che liquida in euro 7.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi ed euro 7000,00 per onorari di avvocato oltre spese forfettarie e accessori di legge.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.