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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 8 febbraio 2018, n. 3121

Costituisce principio non controvertibile (anche in relazione al testo di legge vigente al tempo evocato dalle ricorrenti) che anche il vaglio dei crediti prededucibili non sfugga all’accertamento endoprocessuale, finalizzato alla realizzazione del concorso secondo la regola della par condicio creditorum. Pertanto, non e’ pertinente il richiamo alla circostanza che nell’ambito dello stesso tribunale non possa ipotizzarsi questione di competenza fra le varie sezioni, costituenti mera articolazione interna. L’attrazione al giudizio fallimentare, come si e’ accennato, soddisfa esigenze affatto diverse, che sfuggono al riparto per competenza territoriale: lo scopo non defettibile, infatti, e’ quello di assicurare la liquidazione totale dei beni del fallito, cosi’ da soddisfare i creditori, secondo il citato metodo della par condicio, liquidazione che impone anche la previa verifica delle posizioni obbligatorie poste in essere dal curatore, fermo restando la natura prededucibile degli accertati debiti della massa.

 

 

 

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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 8 febbraio 2018, n. 3121

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20489-2013 proposto da:

(OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiQilito in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1045/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 03/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/10/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo e per l’assorbimento dei restanti motivi del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.p.a. (OMISSIS) premettendo di avere commissionato alla s.r.l. (OMISSIS) un complesso di macchinari costituenti “linea di incartonamento per linea d’imbottigliamento vino” per il pattuito prezzo di Lire 395.000.000, oltre IVA e contestualmente, con altro contratto, venduto a quest’ultima propri macchinari aziendali valutati Lire 195.000.000, oltre IVA, con previsione di compensazione fra le due partite; che l’attrice aveva dato corso alla vendita in acconto di taluni macchinari usati per un totale di Lire 42.000.000 e che tale prezzo non era stato pagato; che il (OMISSIS) era stato dichiarato il fallimento della (OMISSIS), che la Curatela aveva comunicato che l’azienda avente il marchio (OMISSIS) era stata ceduta il 4/1/2001 dalla s.p.a. (OMISSIS) in liquidazione, alla quale l’azienda era pervenuta dopo che il contratto d’affitto intercorrente fra le parti era stato annullato, alla s.p.a. (OMISSIS) e da quest’ultima alla controllata s.r.l. (OMISSIS); che il predetto contratto del 4/1/1/2001 prevedeva il subentro dell’acquirente in tutti i contratti in corso dell’azienda ceduta, nonche’ nelle obbligazioni espressamente indicate, fra le quali risultava indicato l’avvenuto incasso di Lire 42.000.000, da detrarsi dal prezzo totale della fornitura; che la esponente, che non aveva visto riconosciuto il credito dalla (OMISSIS), nonostante intimazione di adempimento ex articolo 1454 c.c., aveva chiesto “dichiararsi la risoluzione del contratto” per colpa da addebitarsi alla convenuta e la condanna di questa al pagamento della somma di Euro 21.691,19, corrispondente a Lire 42.000.000, nonche’, in via subordinata, accertarsi l’inadempimento della (OMISSIS), con condanna della stessa a risarcire il danno.

La (OMISSIS) (alle cui difese si era unita la (OMISSIS), intervenuta volontariamente) aveva chiesto rigettarsi la domanda assumendo che la stessa, subentrata nei contratti in corso, avrebbe dovuto realizzare per conto della (OMISSIS) una commessa con l’intesa che scontato il prezzo dei macchinari di cui alla fattura emessa dalla committente (quelli indicati in Lire 42.000.000), avrebbe dovuto incassare 200 milioni di Lire, oltre alla ricezione di macchinari usati del valore di 160 milioni di Lire; che i macchinari di cui all’avversa pretesa erano stati venduti dalla (OMISSIS) ad un prezzo inferiore a quello d’acquisto, con la conseguenza che l’equilibrio negoziale era venuto meno.

Su istanza della convenuta veniva chiamato in giudizio il Fallimento della (OMISSIS) perche’ tenesse indenne la chiamante da ogni conseguenza sfavorevole.

Il chiamato, a sua volta, allegava che il contratto di cessione d’azienda intercorso tra esso e la (OMISSIS) devolveva ad arbitrato rituale ogni controversia e che, comunque, “la domanda di garanzia” era inammissibile ed infondata.

Il Tribunale di Modena, con la sentenza n. 44/06, dichiarata la risoluzione dei contratti di vendita di macchine usate e di appalto, a suo tempo stipulati tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS), alla quale ultima era subentrata la (OMISSIS), condanno’ quest’ultima a corrispondere la somma di Euro 21.691,19. Inoltre affermo’ l’improcedibilita’ della domanda di garanzia e manleva della (OMISSIS) e dell’interveniente (OMISSIS) nei confronti del Fallimento.

A sostegno della decisione il Tribunale preciso’ quanto appresso: a) non era controverso tra le parti che la (OMISSIS) era subentrata nella stessa posizione dell’appaltatrice-acquirente (OMISSIS), trasmettendo la propria posizione alla collegata (OMISSIS) (controllata dalla (OMISSIS)); b) inquadrata la vicenda nella previsione di cui all’articolo 1406 c.c., doveva ritenersi che la contraente ceduta con il richiedere l’adempimento avesse, percio’ stesso, manifestato il proprio consenso, con la conseguenza che i due contratti collegati si erano risolti entrambi perlomeno per scelta consensuale delle parti.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza pubblicata il 3/7/2013, rigetto’ l’impugnazione avanzata dalla (OMISSIS) e quella incidentale della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (gia’ (OMISSIS) s.p.a.)

La s.p.a. (OMISSIS) e la s.r.l. (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione, corredato da tre motivi di doglianza, ulteriormente illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il Fallimento della s.p.a. (OMISSIS) in liquidazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo le ricorrenti denunziano la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 112 e 167 c.p.c., articoli 1218, 1460 e 2697 c.c., nonche’ omesso esame di un fatto decisivo e controverso, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Secondo l’assunto impugnatorio la Corte di Bologna aveva “omesso di pronunciarsi sul primo motivo di appello, in cui le appellanti chiedevano che il giudice del gravame si sarebbe dovuto pronunciare (rectius: si pronunciasse) statuendo sulle reciproche accuse di inadempimento”. Sarebbe occorso, prosegue il ricorso, giudizialmente verificare a quale delle due parti fosse da attribuire l’inadempimento e, quindi, la colpa della risoluzione.

Il motivo e’ destituito di giuridico fondamento.

A dispetto di quanto sostenuto con l’esaminata censura la Corte locale ha valutato il rispetto e l’interesse per il contratto dimostrato da entrambe le parti, giungendo alla conclusione che entrambe erano venute meno agli obblighi negoziali, inoltre manifestando disinteresse per l’esecuzione negoziale, tanto che l’attrice (la (OMISSIS)) si era “limitata a richiedere in causa, oltre i profili risarcitori, esclusivamente la restituzione di una parte delle merce usata di cui ai contratto 3 ottobre 2000”, cioe’ quella fatturata per 42 milioni di Lire (cfr. pag. 11 della sentenza).

In disparte, peraltro, non puo’ non evidenziarsi che dalla sentenza d’appello si trae che le odierne ricorrenti non ebbero a svolgere domanda di risoluzione del contratto per colpevole inadempimento della (OMISSIS) e meno che mai una tale domanda risulta essere stata da costoro coltivata in appello. La natura processuale del vizio dedotto con il ricorso (violazione dell’articolo 112 c.p.c.) non puo’ esonerare la parte ricorrente dall’onere di allegare con puntualita’ i luoghi processuali ove la domanda, che si assume essere stata negletta, sia stata formulata e ritualmente riproposta in appello. Invero, pur indubbio che il giudice di legittimita’ conosce del fatto processuale, tuttavia, colui che allega la violazione di legge deve fornire gli strumenti conoscitivi minimi perche’ il decidente possa effettuare il chiesto sindacato, compulsando gli atti processuali pertinenti, senza la necessita’ di assumersi il compito improprio di esaminare l’intero fascicolo. Cio’ ancor piu’ ove, come nella specie, si ometta di sottoporre a specifica contestazione la sentenza d’appello nella parte in cui essa esclude che una tale domanda sia stata formulata.

Difatti, si e’ di recente condivisamente ribadito che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimita’ ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilita’ del motivo di censura, onde il ricorrente non e’ dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilita’) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso (Sez. 5, n. 22880, 29/9/2017, Rv. 645637; Sez. 1, n. 20405, Rv. 594136).

Con il secondo motivo le ricorrenti deducono la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 1406, 2258 e 2560 c.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il cessionario d’azienda, affermano le ricorrenti, e’ tenuto ad adempiere alle obbligazioni negoziali dell’azienda ceduta secondo la disciplina dettata dagli articoli 2558 e 2560 c.c.. Pertanto la cessionaria non puo’ essere chiamata rispondere per debiti che non risultino dai libri contabili obbligatori. Pertanto, prosegue il ricorso, “La sola consegna da parte della (OMISSIS) delle merci avvenuta con le bolle (OMISSIS), cui non e’ seguita la regolare fatturazione ed annotazione sui registri IVA acquisti della azienda (OMISSIS)” era inopponibile alla (OMISSIS) e alla (OMISSIS).

La doglianza e’ inammissibile per difetto di autosufficienza. Le ricorrenti, infatti, si sono limitate a riportare in ricorso stralci spuri, che si assume tratti dal contratto; sarebbe stato, invece, necessario allegare al ricorso il contratto e i relativi allegati (nella specie l’elenco dei contratti in corso – all. E -) nella loro integralita’, al fine di efficacemente contrastare la specifica motivazione resa sul punto dalla sentenza d’appello, la quale ha precisato che, avendo le parti regolato la questione con lo strumento negoziale, ad esso occorreva fare riferimento e, in particolare, all’allegato E.

Con il terzo motivo le ricorrenti allegano la violazione e/o la falsa applicazione del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articoli 24, 52, 93 e 111, nel loro testo originario.

Due i profili evidenziati: a) l’azione di manleva della (OMISSIS) esercitata nei confronti della dante causa (OMISSIS) e da quest’ultima nei confronti del Fallimento Europa non avrebbe dovuto essere attratta dal Tribunale fallimentare, non ponendosi questione di competenza fra giudici dello stesso tribunale (nella specie Modena); b) secondo il contenuto storico della L. Fall., articolo 111, le conseguenze della domanda di manleva spiegata dalla (OMISSIS) nei confronti del Fallimento (OMISSIS) erano da imputarsi alla procedura fallimentare, trattandosi di obbligazione scaturante da negozio stipulato dal curatore, sibbene condizionata all’esito della domanda del contraente ceduto. Con la conseguenza che “la domanda di manleva, regresso, rivalsa o come meglio ritenuto di (OMISSIS) spa, ed ove occorrer possa di surroga di (OMISSIS) s.r.l. doveva essere esaminata dai giudici di merito trattandosi di inequivocabile obbligazione contratta dalla procedura concorsuale”.

Anche quest’ultimo motivo non puo’ trovare accoglimento.

Costituisce principio non controvertibile (anche in relazione al testo di legge vigente al tempo evocato dalle ricorrenti) che anche il vaglio dei crediti prededucibili non sfugga all’accertamento endoprocessuale, finalizzato alla realizzazione del concorso secondo la regola della par condicio creditorum. Pertanto, non e’ pertinente il richiamo alla circostanza che nell’ambito dello stesso tribunale non possa ipotizzarsi questione di competenza fra le varie sezioni, costituenti mera articolazione interna. L’attrazione al giudizio fallimentare, come si e’ accennato, soddisfa esigenze affatto diverse, che sfuggono al riparto per competenza territoriale: lo scopo non defettibile, infatti, e’ quello di assicurare la liquidazione totale dei beni del fallito, cosi’ da soddisfare i creditori, secondo il citato metodo della par condicio, liquidazione che impone anche la previa verifica delle posizioni obbligatorie poste in essere dal curatore, fermo restando la natura prededucibile degli accertati debiti della massa (cfr., ex multis, Sez. 1, n. 9623, 22/4/2010, Rv. 613195, Sez. 1, n. 17839, 7/9/2005, Rv. 584704; Sez. 1, n. 17000, 26/8/2004, Rv. 576256).

Le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualita’ della causa, nonche’ delle attivita’ espletate.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte delle ricorrenti, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.