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Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile Ordinanza 8 febbraio 2018, n. 3048

In tema di arbitrato, questa Corte ha ripetutamente affermato che la competenza arbitrale trova fondamento esclusivamente nella volonta’ delle parti, le quali, cosi’ come possono scegliere di affidare la controversia agli arbitri, sono libere anche di adottare comportamenti processuali tacitamente convergenti verso l’esclusione della loro competenza, con la conseguenza che l’incompetenza del giudice ordinario, per essere la controversia devoluta ad arbitri, non e’ rilevabile d’ufficio, ma dev’essere tempestivamente eccepita dal convenuto. A tale principio, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, la giurisprudenza di legittimita’ si e’ costantemente attenuta tanto in riferimento all’arbitrato rituale quanto in riferimento a quello a quello irrituale, evidenziandone la comune origine negoziale, a prescindere dalle profonde differenze strutturali e funzionali rilevabili tra i due istituti (cfr. Cass., Sez. 6, 21/01/2016, n. 1097; Cass., Sez. 2, 4/03/2011, n. 5265; Cass., Sez. 3, 12/10/1998, n. 10086), e facendone applicazione, in tema di arbitrato rituale, indipendentemente dalla diversita’ degli orientamenti di volta in volta manifestatisi con riguardo alla sua natura, i quali hanno inciso esclusivamente sull’individuazione del termine entro il quale la relativa eccezione deve essere sollevata.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile Ordinanza 8 febbraio 2018, n. 3048

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4418/2015 R.G. proposto da:

COMUNE DI ARZACHENA, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) A R.L., in persona del presidente p.t. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, n. 531/13 depositata il 23 dicembre 2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 12 dicembre 2017 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza del 23 dicembre 2013, la Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, ha accolto il gravame interposto dalla Societa’ (OMISSIS) a r.l. avverso la sentenza emessa il 6 aprile 2005 dal Tribunale di Tempio Pausania, condannando il Comune di Arzachena al pagamento della somma di Euro 487.226,72, oltre interessi determinati ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 1962, n. 1063, articoli 35 e 36, con decorrenza dalla domanda, a titolo di corrispettivo per la realizzazione di lavori di risanamento ambientale con collettamento di reflui fognari e successiva depurazione, affidati all’attrice con contratto del 19 maggio 1994.

2. Avverso la predetta sentenza il Comune ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. La Cooperativa ha resistito con controricorso.

3. Con l’unico motivo d’impugnazione, il Comune denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 180 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dal Decreto Legge 18 ottobre 1995, n. 432, articolo 4, convertito con modificazioni dalla L. 20 dicembre 1995, n. 534, e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 43, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto inammissibile, in quanto sollevata soltanto all’udienza fissata per la trattazione della causa, l’eccezione d’incompetenza del giudice ordinario, da esso sollevata ai sensi dell’articolo 43 cit. Premesso che il rinvio al Capitolato generale d’appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici, contenuto nel contratto d’appalto stipulato con l’attrice, si estendeva anche a quest’ultima disposizione, il cui richiamo rispondeva all’esigenza di una tutela rafforzata d’interessi pubblici, sostiene che il volontario inserimento di tale clausola nel contratto comportava l’ineludibilita’ del ricorso all’arbitrato, imponendo al giudice adito di rilevare anche d’ufficio la propria incompetenza, ed escludendo quindi la necessita’ di un’eccezione di parte. In quest’ottica, l’eccezione di compromesso sollevata da essa ricorrente dinanzi al Tribunale non poteva considerarsi tardiva, non essendo qualificabile come eccezione in senso stretto, da proporsi a pena di decadenza nel termine di cui all’articolo 180 c.p.c., comma 2 (nel testo, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, introdotto dal Decreto Legge 18 ottobre 1995, n. 432, articolo 4, conv. con mod. nella L. 20 dicembre 1995, n. 534).

4. Il motivo e’ infondato.

In tema di arbitrato, questa Corte ha ripetutamente affermato che la competenza arbitrale trova fondamento esclusivamente nella volonta’ delle parti, le quali, cosi’ come possono scegliere di affidare la controversia agli arbitri, sono libere anche di adottare comportamenti processuali tacitamente convergenti verso l’esclusione della loro competenza, con la conseguenza che l’incompetenza del giudice ordinario, per essere la controversia devoluta ad arbitri, non e’ rilevabile d’ufficio, ma dev’essere tempestivamente eccepita dal convenuto. A tale principio, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, la giurisprudenza di legittimita’ si e’ costantemente attenuta tanto in riferimento all’arbitrato rituale quanto in riferimento a quello a quello irrituale, evidenziandone la comune origine negoziale, a prescindere dalle profonde differenze strutturali e funzionali rilevabili tra i due istituti (cfr. Cass., Sez. 6, 21/01/2016, n. 1097; Cass., Sez. 2, 4/03/2011, n. 5265; Cass., Sez. 3, 12/10/1998, n. 10086), e facendone applicazione, in tema di arbitrato rituale, indipendentemente dalla diversita’ degli orientamenti di volta in volta manifestatisi con riguardo alla sua natura, i quali hanno inciso esclusivamente sull’individuazione del termine entro il quale la relativa eccezione deve essere sollevata.

4.1. Nel ritenere tardiva l’eccezione d’incompetenza sollevata dal Comune, la sentenza impugnata ha richiamato l’orientamento in passato prevalente, secondo cui, configurandosi la devoluzione della controversia agli arbitri come rinuncia all’esperimento dell’azione giudiziaria ed alla giurisdizione dello Stato, attraverso la scelta di una soluzione della controversia con uno strumento di natura privatistica, la relativa eccezione da’ luogo ad una questione di merito, riguardante l’interpretazione e la validita’ del compromesso o della clausola compromissoria, e costituisce un’eccezione propria e in senso stretto, in quanto avente ad oggetto un fatto impeditivo dell’esercizio della giurisdizione statale, con la conseguenza che dev’essere proposta dalle parti nei tempi e nei modi propri delle eccezioni di merito (cfr. Cass., Sez. 6, 12/12/2011, n. 26635; Cass., Sez. 3, 14/07/2011, n. 15474; Cass., Sez. 1, 30/ 05/2007, n. 12684).

In seguito, anche alla luce delle modificazioni apportate all’articolo 819-ter c.p.c., si e’ peraltro riaffermata la tesi della natura giurisdizionale dell’arbitrato e della sua funzione sostitutiva della giurisdizione ordinaria (gia’ dominante fino alla sentenza delle Sezioni Unite 3/08/2000, n. 527), la quale ha indotto a riconoscere il carattere processuale dell’eccezione di compromesso, nonche’ a chiarire che la stessa da’ luogo ad una questione di competenza, che deve essere pertanto proposta dalla parte interessata nella comparsa di risposta e nel termine fissato dall’articolo 166 c.p.c., a pena di decadenza e conseguente radicamento presso il giudice adito del potere di decidere in ordine alla domanda (cfr. Cass., Sez. Un. 18/11/2016, n. 23463; 25/10/2013, n. 24153; Cass., Sez. 6, 6/11/2015, n. 22748).

La sentenza impugnata, pur senza menzionarlo espressamente, ha escluso l’applicabilita’ di quest’ultimo orientamento, individuandone l’origine esclusivamente nelle modificazioni introdotte dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (che ha sostituito l’articolo 819-ter cit., prevedendo testualmente che “l’eccezione di incompetenza del giudice in ragione della convenzione di arbitrato deve essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta”), e ritenendolo quindi, ai sensi della disposizione transitoria dettata dall’articolo 27, comma 4, di tale Decreto, non riferibile alla controversia in esame, in quanto instaurata in data anteriore a quella di entrata in vigore della nuova disciplina. La Corte distrettuale ha tuttavia omesso di considerare che la tesi della natura giurisdizionale dell’arbitrato, gia’ prevalente sotto la vigenza della disciplina originariamente dettata dal codice di rito, ha tratto alimento, ancor prima che dalla sostituzione dell’articolo 819-ter c.p.c., dalle modificazioni introdotte dalla L. 5 gennaio 1994, n. 25, espressamente richiamate dai piu’ recenti arresti delle Sezioni Unite, e gia’ vigenti all’epoca della proposizione della domanda in esame.

In questa sede, non risulta peraltro necessario stabilire se l’eccezione di arbitrato dovesse essere proposta, conformemente all’orientamento piu’ recente, nella comparsa di risposta e nel termine fissato dall’articolo 166 c.p.c., anziche’, come ritenuto dalla sentenza impugnata, nel termine previsto dall’articolo 180 c.p.c., comma 2 (nel testo introdotto dal Decreto Legge n. 432 del 1995) per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio: e’ infatti sufficiente considerare che quest’ultimo termine e’ successivo al primo, il quale, nella specie, risultava gia’ scaduto al momento della costituzione in giudizio del Comune, avvenuta, come rilevato dalla Corte territoriale, soltanto alla prima udienza di trattazione.

4.2. Non merita consenso, al riguardo, la tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui la tardiva costituzione in giudizio dovrebbe considerarsi irrilevante ai fini della dichiarazione d’incompetenza del Giudice ordinario, trattandosi di una questione sottratta all’ambito di operativita’ dell’articolo 180, comma 2, cit., in quanto rilevabile d’ufficio, in considerazione del carattere pubblico dell’interesse sotteso alla competenza arbitrale, testimoniato dal richiamo delle parti al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, attraverso il quale ha avuto luogo l’inserimento della clausola compromissoria nel contratto di appalto.

Anche a voler ritenere che, nella logica del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, vigente all’epoca della stipulazione del contratto di appalto, il ricorso all’arbitrato rispondesse ad esigenze di tutela dell’interesse generale sotteso alla corretta gestione dell’attivita’ di realizzazione delle opere pubbliche, la circostanza che la pattuizione dello stesso abbia avuto luogo mediante il rinvio alla predetta disciplina non consente di attribuire alla competenza arbitrale un fondamento normativo, anziche’ negoziale, e quindi di riconoscere alla relativa previsione una portata imperativa, tale da imporne l’applicazione d’ufficio e da rendere conseguentemente superflua l’eccezione di parte. In proposito, e’ sufficiente richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’ in materia di opere pubbliche, secondo cui il capitolato generale approvato con Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, ha valore normativo e vincolante e si applica in modo diretto soltanto per gli appalti stipulati dallo Stato, mentre per quelli conclusi dagli altri enti pubblici, dotati di distinta personalita’ giuridica e di propria autonomia, le sue disposizioni (ivi comprese quelle che prevedono il ricorso all’arbitrato per la soluzione delle relative controversie) sono destinate ad assumere efficacia obbligatoria solo se e nei limiti in cui siano richiamate dalle parti per regolare il singolo rapporto contrattuale, configurandosi pertanto come clausole negoziali (cfr. Cass., Sez. 1, 19/01/2016, n. 812; 19/01/2015, n. 747; 6/11/2006, n. 23670).

Attribuire carattere inderogabile alla competenza arbitrale, in ragione dell’asserita riconducibilita’ della stessa a una norma imperativa, impedendo alle parti di sottrarsi all’operativita’ della clausola compromissoria attraverso comportamenti successivi univocamente convergenti in favore della sottoposizione della controversia al Giudice ordinario, anziche’ agli arbitri, comporterebbe d’altronde una violazione del diritto di difesa, ponendosi in contrasto con il principio, costantemente ribadito dalla Corte costituzionale in tema di arbitrato, secondo cui la fonte di tale istituto non puo’ ricercarsi e porsi in una legge ordinaria o, piu’ generalmente, in una volonta’ autoritativa, dovendo essere invece individuata in una libera scelta delle parti (intesa come uno dei possibili modi di disporre, anche in senso negativo, del diritto di cui all’articolo 24 Cost., comma 1), volta a derogare al precetto di cui all’articolo 102 Cost. (cfr. ex plurimis, Corte cost., sent. n. 221 del 2005; n. 152 del 1996).

5. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.