Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 31 gennaio 2018, n. 2322

alla norma generale dettata, in tema di prescrizione, dall’articolo 2935 c.c. (secondo la quale la prescrizione stessa comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto puo’ essere fatto valere), viene apportata deroga dalla norma di cui all’articolo 2952 c.c., comma 4, la quale, regolando in ogni suo aspetto il rapporto tra assicurato e assicuratore, detta, altresi’, la disciplina speciale della sospensione del termine di prescrizione sino alla definitiva liquidita’ ed esigibilita’ del credito del terzo danneggiato; tale sospensione si verifica non gia’ con la denuncia del sinistro, bensi’ con la comunicazione, efficace anche se proveniente dallo stesso danneggiato o da un terzo, all’assicuratore, della richiesta di risarcimento proposta dal danneggiato.

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 31 gennaio 2018, n. 2322
Integrale 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28859/2014 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) SPA, in persona del Direttore Sinistri Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1043/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 11/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/05/2017 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. I coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 1043/14, pronunciata dalla Corte di Appello di Bologna ai sensi dell’articolo 281 sexies c.p.c., in data 11 aprile 2014, con cui essa, rigettando il gravame dai medesimi proposto avverso sentenza del Tribunale di Ferrara, ha confermato la reiezione della loro domanda volta all’accertamento della responsabilita’ professionale dell’Avv. (OMISSIS) e la condanna dello stesso al risarcimento dei danni.

2. Premettono la (OMISSIS) e il (OMISSIS) di essersi avvalsi del patrocinio del predetto difensore in un giudizio instaurato a proprio carico – sempre innanzi al Tribunale estense – da tale (OMISSIS), il quale lamentava danni da lesioni personali in conseguenza della caduta da una bicicletta, cagionata dal cane di proprieta’ di essi ricorrenti. Assumono, in particolare, che il legale non avrebbe correttamente adempiuto al suo mandato professionale in quel giudizio (conclusosi con la loro condanna al risarcimento dei danni), e cio’ sotto piu’ profili; innanzitutto, per essersi il professionista tardivamente costituito in giudizio, cosi’ precludendo ai propri assistiti la possibilita’ di chiamare in causa, per essere eventualmente manlevata dalla stessa, la compagnia assicuratrice ( (OMISSIS) s.p.a., d’ora in poi, ” (OMISSIS)”) con la quale essi avevano stipulato polizza sia cd. “del capo famiglia”, sia relativa al fabbricato di loro proprieta’. Assumono, inoltre, che l’Avv. (OMISSIS) avrebbe “disertato” numerose udienze di quel giudizio, omesso di fornirgli ogni informazione circa l’andamento dello stesso e, in particolare, di avvisarli sia della necessita’ di presentarsi a rendere interrogatorio formale, sia della possibilita’ – all’esito del processo, e stante la conclusione ad essi sfavorevole – di proporre appello, nei termini all’uopo previsti dalla legge. Infine, gli odierni ricorrenti imputano, soprattutto, al proprio legale di avergli fatto prescrivere il diritto ad essere garantiti dalla compagnia assicuratrice, per non avere alla stessa comunicato tempestivamente le richieste risarcitorie del (OMISSIS).

Cio’ premesso in fatto, gli odierni ricorrenti deducono che la loro domanda di accertamento della responsabilita’ dell’avvocato (che, peraltro, veniva autorizzato a chiamare in giudizio il proprio assicuratore per responsabilita’ professionale, (OMISSIS) s.p.a., d’ora in poi, semplicemente, ” (OMISSIS)”), e di condanna dello stesso al risarcimento dei danni, e’ stata concordemente disattesa dal Tribunale di Ferrara e dalla Corte di Appello di Bologna. Esito, questo, motivato – per quanto continua a interessare nel presente giudizio di legittimita’ – sul rilievo che (come si legge testualmente nella sentenza della Corte felsinea) “la polizza prodotta in giudizio” dalla (OMISSIS) e dal (OMISSIS) “non garantiva il rischio per il quale il (OMISSIS) aveva proposto domanda di risarcimento”, e cio’ sia “in quanto il sinistro si era verificato in data 11 gennaio 1998, mentre la polizza copriva i fatti accaduti successivamente al 21 maggio 2002”, sia perche’ “detta polizza aveva ad oggetto danni al “fabbricato” e non danni provocati da animali domestici”, di talche’, in ragione della non operativita’ della polizza, “la tempestiva chiamata in giudizio della compagnia di assicurazione (…) non avrebbe comunque garantito o manlevato gli appellanti dalla condanna al risarcimento”. Ne’, d’altra parte, sempre secondo la pronuncia oggi impugnata, poteva ipotizzarsi una responsabilita’ del difensore per aver fatto prescrivere il diritto dei propri assistiti ad essere garantiti dalla (OMISSIS), atteso che, “a seguito della denuncia di sinistro” fatta ad essa dagli stessi (OMISSIS) e (OMISSIS) “in data 14 gennaio âââEurošÂ¬Ã‹Å”98, il corso della prescrizione era da ritenersi sospeso ai sensi dell’articolo 2592 c.c., u.c., finche’ il credito del danneggiato non fosse divenuto liquido ed esigibile”.

3. Avverso la citata sentenza della Corte di Appello di Bologna la (OMISSIS) e il (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, tutti formulati a norma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

3.1. Con il primo, i ricorrenti lamentano “violazione e falsa applicazione dell’articolo 167 c.p.c., e articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1)”.

In particolare, si dolgono del fatto che il giudice del gravame abbia disatteso la censura proposta innanzi ad esso e tesa a dimostrare la tardivita’ dell’eccezione – sollevata, per la prima volta, da (OMISSIS) nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, e dal (OMISSIS) addirittura nella memoria di replica – di inoperativita’, rispetto al sinistro occorso al (OMISSIS), della polizza assicurativa stipulata con (OMISSIS) dagli odierni ricorrenti. L’assunto della (OMISSIS) e del (OMISSIS) – disatteso dal giudice di appello – e’ che, essendosi il (OMISSIS) difeso lungo l’intero corso del giudizio di responsabilita’ intentato nei suoi confronti solo attraverso la deduzione dell’esistenza di un presunto accordo fraudolento tra essi ricorrenti ed il (OMISSIS) (volto a far figurare il sinistro occorso al primo come accaduto all’interno della loro proprieta’ e non, invece, sulla pubblica via), il legale non avrebbe eccepito in modo espresso e, soprattutto, tempestivo, l’inoperativita’ della polizza stipulata con (OMISSIS), non avvalendosi allo scopo neppure della memoria prevista dall’articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1), nel testo “ratione temporis” applicabile. Ponendosi, infatti, l’inoperativita’ della polizza – rispetto ad almeno uno degli addebiti ipotizzati nei confronti del legale (aver consumato, nel giudizio risarcitorio intentato dal (OMISSIS) verso i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), la facolta’ di chiamare in causa la (OMISSIS), perche’ la stessa manlevasse i suoi allora assistiti) – come fatto impeditivo del diritto degli odierni ricorrenti all’accertamento della sua responsabilita’ professionale e del suo conseguente obbligo risarcitorio, la relativa eccezione avrebbe dovuto essere tempestivamente sollevata nella comparsa di risposta, o quantomeno nella memoria destinata alla integrazione della stessa. Non essendo, viceversa, cio’ avvenuto, la corretta applicazione del principio di non contestazione avrebbe dovuto indurre il giudice di Appello (riformando, sul punto, la decisione del giudice di prime cure) a concludere che l’esistenza di una polizza “valida ed operativa” tra gli odierni ricorrenti e la (OMISSIS) fosse stata “data per ammessa” dal (OMISSIS), ponendosi, pertanto, come “fatto esistente e non piu’ contestabile”, donde violazione dei richiamati articolo 167 c.p.c., e articolo 183 c.p.c., comma 6.

3.2. Il secondo motivo (e, come si dira’, anche il terzo) viene formulato dai ricorrenti sulla falsariga del primo, deducendosi, in particolare, “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., comma 2, in materia di onere probatorio e valutazione della prova”, nonche’ “degli articoli 167 e 115 c.p.c. e ss.”.

I ricorrenti, pur ribadendo che non era loro onere – in forza delle superiori considerazioni – dimostrare l’operativita’ della polizza da essi stipulata con (OMISSIS), deducono di aver prodotto (documento n. 5 del fascicolo di primo grado) la comparsa di costituzione e risposta redatta, nel loro interesse, dall’Avv. (OMISSIS) nell’ambito del giudizio che li aveva visti convenuti dal (OMISSIS). Orbene, poiche’ nella stessa si afferma la sicura operativita’ della polizza “de qua”, la sentenza oggi impugnata (come gia’ quella del Tribunale di Ferrara, sebbene da essi specificamente gravata sul punto con il proposto gravame), nel negare rilievo a tale circostanza avrebbe operato una non corretta applicazione dei principi in tema di onere e valutazione della prova, con violazione delle norme suddette.

3.3. Il terzo motivo di ricorso – rubricato come “violazione e falsa applicazione degli articoli 1917 e 112 c.p.c., in materia di rilevabilita’ d’ufficio della inoperativita’ della polizza assicurativa” – censura l’affermazione del giudice d’appello che ha qualificato la non operativita’ della polizza intercorsa tra (OMISSIS) e gli odierni ricorrenti alla stregua di “eccezione deducibile in ogni stato e grado del processo in quanto volta a contestare il fondamento della domanda (di garanzia, n.d.r.) con l’assumere l’estraneita’ dell’evento ai rischi contemplati nel contratto”.

Sul punto i ricorrenti rilevano l’erroneita’ di tale affermazione, giacche’ essa risulta predicabile con esclusivo riferimento “alla validita’ di un contratto assicurativo esistente tra le stessi parti in causa”, ovvero, “in buona sostanza”, alle “eccezioni che l’assicuratore puo’ opporre al proprio assicurato”. Differente sarebbe, invece, il caso in esame, nel quale il contratto di assicurazione viene in rilievo quale presupposto di altra fattispecie, qual e’ esattamente quella della responsabilita’ di un legale per mancata tempestiva costituzione in giudizio, con conseguente perdita, per i propri assistiti, della facolta’ di chiamare in causa il proprio assicuratore per essere da esso manlevati.

3.4. Infine, mediante il quarto ed ultimo motivo di ricorso, il (OMISSIS) e la (OMISSIS) si dolgono di “violazione e falsa applicazione della norma di cui all’articolo 2952 c.c., sulla sospensione del decorso del termine di prescrizione”.

Si assume l’illegittimita’ della pronuncia impugnata, laddove individua nella denuncia del sinistro occorso al (OMISSIS), effettuata da essi ricorrenti in data 14 gennaio 1998, l’atto idoneo a sospendere il corso della prescrizione del proprio diritto verso l’assicuratore a norma del citato articolo 2952 c.c., comma 4, trattandosi, per contro, di comunicazione ritenuta non idonea a tale scopo dalla giurisprudenza di legittimita’ (e’ citata, in particolare, Cass. Sez. 1, cent. 22 agosto 2007, n. 17834, Rv. 598803-01).

Orbene, poiche’ – nel caso in esame – il giudizio risarcitorio e’ stato incardinato dal (OMISSIS) con atto di citazione di notificato il 12 gennaio 2001, in assenza di chiamata in causa della (OMISSIS) e di altri atti idonei a sospendere il corso della prescrizione dei diritti che gli odierni ricorrenti avrebbero potuto far valere nei suoi confronti, la stessa risulta essersi maturata il 12 gennaio 2002, essendo all’epoca il termine prescrizionale di durata annuale (e non biennale, come da modifica apportata dal Decreto Legge 28 agosto 2008, n. 134, articolo 3, comma 2 ter, convertito nella L. 27 ottobre 2008, n. 166.

4. Resiste al ricorso la sola (OMISSIS), che – previa eccezione di inammissibilita’ dell’avversaria impugnazione, per violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4), non avendo i ricorrenti, a suo dire, ottemperato all’onere, previsto in caso di deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, di operare la “specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella gravata sentenza che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina” (viene citata Cass. Sez. 3, sent. 28 febbraio 2012, n. 3010, Rv. 621483-01) – ha chiesto disporsi il rigetto della stessa.

5. Hanno presentato memoria la Procura Generale presso questa Corte, chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’, o comunque disporsi il rigetto dell’impugnazione, nonche’ i ricorrenti, insistendo nelle proprie conclusioni.

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso, sollevata dalla controricorrente (OMISSIS).

Affinche’ possa ritenersi soddisfatta – allorche’ con ricorso per cassazione sia dedotto il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), – l’osservanza del requisito previsto dall’articolo 366, comma 1, n. 4), del medesimo codice di rito civile, e’ certamente richiesta non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche, e soprattutto, “l’utilizzazione di specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti” tese “a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza impugnata, debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimita’”; a tale scopo, tuttavia, e’ certamente sufficiente “una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia” che sia “operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata” (Cass. Sez. 1, sent. 29 novembre 2016, n. 24289, Rv. 642805-01).

Orbene, tali condizioni risultano soddisfatte nel caso di specie, avendo i ricorrenti motivato in modo idoneo – anche attraverso pertinenti citazioni giurisprudenziali – le ragioni dell’erroneita’, a loro dire, delle affermazioni contenute nella sentenza impugnata circa la ripartizione dell’onere della prova, la (ir)rilevanza del principio di non contestazione e l’efficacia sospensiva del corso della prescrizione del diritto ex articolo 2598 c.c., da attribuire alla denuncia del sinistro, contrapponendo al sillogismo del giudice un chiaro ed intellegibile percorso argomentativo alternativo.

6. Passando all’esame del ricorso, deve rilevarsi che i motivi primo e quarto – da trattarsi congiuntamente, per le ragioni di seguito illustrate – sono fondati, con conseguente assorbimento degli altri.

6.1. Come gia’ sopra evidenziato, gli odierni ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) ebbero ad incardinare un giudizio di responsabilita’ professionale nei confronti dell’Avv. (OMISSIS), fondandolo, tra l’altro, sul rilievo che costui – nella causa civile in cui ebbe a prestare la propria opera intellettuale, e nella quale i suoi assistiti furono convenuti in giudizio, in forza di domanda risarcitoria da responsabilita’ civile proposta nei loro confronti – omise di costituirsi tempestivamente (fatto mai messo in discussione dalle parti del presente giudizio), con conseguente perdita, per i convenuti, della facolta’ di chiamare in causa, ai sensi della seconda alinea dell’articolo 106 c.p.c., il proprio assicuratore per la responsabilita’ civile, societa’ (OMISSIS). Parte ricorrente ha dedotto, altresi’, che a tale inerzia del loro (gia’) legale sarebbe seguita la prescrizione del diritto, ad essi spettante, di essere manlevati da tale soggetto, e cio’ in assenza di validi atti di sospensione del corso della prescrizione (che ha cominciato a decorrere, a norma dell’articolo 2952 c.c., comma 3, ultima alinea, dal momento in cui gli odierni ricorrenti furono convenuti in giudizio, con citazione notificatagli il 12 gennaio 2001), tale non potendosi ritenere – come invece sostenuto dalla sentenza impugnata – la denuncia del sinistro.

6.2. Orbene, la sentenza impugnata incorre in un duplice errore di diritto, sia nel negare che con riferimento alla presente fattispecie sussistessero i presupposti per l’applicazione del principio di non contestazione (con riguardo all’operativita’ della polizza stipulata dalla (OMISSIS) e la (OMISSIS) nei confronti dell’assicuratore), sia nel riconoscere alla denuncia del sinistro presentata dagli odierni ricorrenti l’idoneita’ a sospendere il corso della prescrizione del loro diritto verso l’assicuratore a norma del citato articolo 2952 c.c., comma 4.

6.2.1. Infatti, quanto al primo profilo, deve osservarsi che, nel costituirsi nel giudizio instaurato a suo carico, l’Avv. (OMISSIS) – a fronte di una circostanza prospettatazione, ad opera di parte attrice, tesa a dimostrare le ragioni della sua responsabilita’, per non aver provveduto alla tempestiva chiamata in giudizio (nella causa in cui egli svolse la propria opera professionale) dell’assicuratore dei suoi assistiti – risulta avere svolto esclusivamente argomentazioni dirette a negare, genericamente, il proprio inadempimento.

Infatti, l’eccezione relativa all’inoperativita’ della polizza stipulata dalla (OMISSIS) e dal (OMISSIS) con la (OMISSIS) – sollevata nella fase di primo grado del presente giudizio neppure dal convenuto, bensi’ dal suo assicuratore per la responsabilita’ professionale (la societa’ (OMISSIS), dall’Avv. (OMISSIS) chiamata in giudizio in manleva), peraltro nella memoria conclusionale – veniva dallo stesso fatta proprio, addirittura, soltanto con la memoria di replica. Il legale, per contro, avrebbe dovuto prendere immediatamente posizione sul punto, sicche’ – in difetto di una sua tempestiva iniziativa a riguardo – l’operativita’ della polizza suddetta ha finito con divenire incontestata, diversamente da quanto affermato dalla sentenza qui impugnata.

Giova, sul punto, rammentare che all’operativita’ del principio di non contestazione risultano sottratte solo le mere difese (da ultimo, Cass. Sez. Lav., sent. 13 settembre 2016, n. 17966, Rv. 641176-01), tale non potendosi, nella specie, considerare la deduzione dell’inoperativita’ della polizza, atteggiandosi, piuttosto, come fatto impeditivo della (peculiare) fattispecie di responsabilita’ professionale ipotizzata a carico dell’Avv. (OMISSIS). D’altra parte, poi, proprio la specificita’ della contestazione relativa all’inesatta esecuzione della sua prestazione professionale (concernendo essa, in definitiva, la perdita dei diritto dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) ad essere manlevati dal proprio assicuratore per la responsabilita’ civile), imponeva al legale di prendere specificamente posizione sul tema, non potendo, pertanto, egli giovarsi dell’evenienza – che preclude l’operativita’ del principio di non contestazione – secondo cui “a fronte di una generica deduzione” di parte attrice, “la difesa della parte resistente non puo’ che essere altrettanto generica” (Cass. Sez. 3, sent. 19 ottobre 2016, n. 21075, Rv. 642939-01). Nella specie, per contro, l’odierna parte ricorrente, allorche’ ebbe a convenire in giudizio l’Avv. (OMISSIS) per vederne riconosciuta la responsabilita’ professionale, ha certamente “ottemperato all’onere processuale a suo carico di compiere una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito ai quali l’altra parte e’ tenuta a prendere posizione”, condizione imprescindibile, come detto, perche’ possa operare il principio di non contestazione (tra le tante, Cass. Sez. 3, sent. 17 febbraio 2016, n. 3023, Rv. 639077-01).

Infine, e’ appena il caso di rammentare che, essendo stato l’atto di citazione in primo grado notificato all’Avv. (OMISSIS) in data 3 dicembre 2010, trova applicazione, nel caso di specie, il novellato testo dell’articolo 115 c.p.c., comma 1, che ha conferito espresso rilievo al principio di non contestazione, all’esito della modifica introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 45, comma 14, con decorrenza a far data dal 4 luglio 2009. Nondimeno, anche prima di tale modificazione legislativa, non si dubitava dell’operativita’ del principio “de quo”, individuandosene il fondamento nell’articolo 167 c.p.c. (ex multis, Cass. Sez. 3, sent. 6 ottobre 2015, n. 19896, Rv. 637316-01).

6.2.2. D’altra parte, si basa su un presupposto giuridicamente erroneo – come detto – anche l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata e secondo cui la condotta tenuta dall’Avv. (OMISSIS), nel giudizio in cui ebbe ad assistere la (OMISSIS) ed il (OMISSIS), non avrebbe comportato la perdita del diritto degli stessi ad essere garantiti dalla loro compagnia assicuratrice. Assume, infatti, la Corte felsinea che la denuncia di sinistro, fatta da costoro al proprio assicuratore, si porrebbe come atto idoneo a sospendere il corso della prescrizione del diritto ai medesimi spettante verso di esso, a norma del citato articolo 2952 c.c., comma 4.

E’ stato, per contro, ripetutamente affermato da questa Corte che in tema di assicurazione, “alla norma generale dettata, in tema di prescrizione, dall’articolo 2935 c.c. (secondo la quale la prescrizione stessa comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto puo’ essere fatto valere), viene apportata deroga dalla norma di cui all’articolo 2952 c.c., comma 4, la quale, regolando in ogni suo aspetto il rapporto tra assicurato e assicuratore, detta, altresi’, la disciplina speciale della sospensione del termine di prescrizione sino alla definitiva liquidita’ ed esigibilita’ del credito del terzo danneggiato; tale sospensione si verifica non gia’ con la denuncia del sinistro, bensi’ con la comunicazione, efficace anche se proveniente dallo stesso danneggiato o da un terzo, all’assicuratore, della richiesta di risarcimento proposta dal danneggiato” (Cass. Sez. 3, sent. 22 agosto 2007, n. 17834, Rv. 598803-01; in senso conforme Cass. Sez. Lav., sent. 28 febbraio 2012, n. 3042, Rv. 621198-01; Cass. Sez. 3, sent. 26 febbraio 2024, Rv. 630123-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 24 febbraio 2016, n. 3568, Rv. 63888501).

Orbene, poiche’ – come sopra gia’ illustrato – il giudizio risarcitorio a carico della (OMISSIS) e del (OMISSIS) e’ stato incardinato con atto di citazione di notificato il 12 gennaio 2001, in assenza di chiamata in causa della (OMISSIS), ovvero di altri atti idonei a sospendere il corso della prescrizione dei diritti che gli odierni ricorrenti avrebbero potuto far valere nei confronti del proprio assicuratore (della cui esistenza la sentenza impugnata non da’ conto), la prescrizione risulta essersi maturata il 12 gennaio 2002, essendo all’epoca il termine prescrizionale di durata annuale (e non biennale, come da modifica apportata dal Decreto Legge 28 agosto 2008, n. 134, articolo 3, comma 2 ter, convertito nella L. 27 ottobre 2008, n. 166).

7. In conclusione, il ricorso va accolto alla stregua del suo primo motivo, con assorbimento degli altri, e, per l’effetto, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna, che nella decisione della stessa si atterra’ al principio ricavabile dalla considerazioni che precedono, valutando anche l’incidenza, o meno, che – ai fini della sospensione della prescrizione del diritto verso (OMISSIS) – ha avuto l’invio della denuncia del sinistro occorso al (OMISSIS).

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e quarto motivo di ricorso, dichiarando assorbiti gli altri, e per l’effetto cassa la sentenza impugnata, rinviando ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.