Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Sentenza 7 marzo 2018, n. 5382

trattandosi di inabilita’ totale riconducibile ad infortunio sul lavoro, trova applicazione nell’ordinamento giuridico interno la regola di cui alla L. n. 222 del 1984, articolo 6, comma 1, lettera b) secondo cui l’iscritto nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidita’ ha diritto alla pensione ordinaria di inabilita’ solo quando dall’evento non derivi il diritto a rendita a carico dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, con conseguente applicazione del divieto di cumulo tra le suddette prestazioni.

 

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Sentenza 7 marzo 2018, n. 5382
Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24982-2012 proposto da:

” (OMISSIS)” (gia’ ” (OMISSIS)”), P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura speciale notarile in atti;

– ricorrente –

contro

” (OMISSIS)” S.A.S., P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale notarile in atti;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 505/2012 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 14/06/2012 r.g.n. 575/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2017 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega verbale Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

L’ente previdenziale tedesco (OMISSIS) adi’ il giudice del lavoro del Tribunale di Ancona per sentir condannare la societa’ (OMISSIS) s.a.s. e (OMISSIS) al rimborso della somma di Euro 146.727,18, corrispondente al totale da indennizzare all’operaio (OMISSIS) per l’invalidita’ residuatagli dall’infortunio sul lavoro occorsogli ad (OMISSIS) mentre era alle dipendenze della predetta societa’. L’infortunio, che aveva causato al (OMISSIS) una totale invalidita’ permanente, era stato causato, secondo l’ente ricorrente, per colpa della datrice di lavoro che non aveva rispettato il piano sostitutivo ed operativo di sicurezza nel cantiere teatro dell’incidente, tanto che il direttore dei lavori (OMISSIS) era stato condannato per tale motivo in sede penale. Pertanto, essendo il (OMISSIS) soggetto all’assicurazione obbligatoria estera per aver lavorato in Germania dal 1974 al 2003, l’ente tedesco chiese di surrogarsi nel diritto risarcitorio del proprio assicurato fino all’ammontare degli importi erogati a titolo di pensione di invalidita’ capitalizzata nella suddetta somma ai sensi dell’articolo 1916 c.c., norma esistente anche nel diritto germanico e cio’ in relazione all’articolo 93 del Regolamento CEE 14 giugno 1971, n. 1408.

Il giudice adito dichiaro’ la nullita’ del ricorso per la mancata specificazione del tipo di danno coperto dall’assicurazione sociale in Germania e degli elementi utili alla sua determinazione.

A seguito di impugnazione dell’ente previdenziale tedesco, la Corte d’appello di Ancona (sentenza del 14.6.2012) ha parzialmente riformato la gravata decisione rigettando nel merito la domanda di surrogazione.

La Corte territoriale ha spiegato che l’ente di previdenza tedesco aveva erogato al suo assistito una pensione per invalidita’ totale assimilabile alla pensione ordinaria di inabilita’ italiana di cui alla L. n. 222 del 1984, articolo 2 ma che tuttavia non ricorrevano i presupposti per l’invocata surrogazione, atteso che nell’ordinamento giuridico italiano e’ previsto l’espresso divieto di cumulo tra la rendita erogata dall’Inail, che e’ abilitato all’esercizio dell’azione di regresso nei confronti del datore di lavoro responsabile civile del danno, e la pensione ordinaria di inabilita’. Ne conseguiva che, trattandosi di inabilita’ totale riconducibile ad infortunio sul lavoro, trovava applicazione nell’ordinamento giuridico interno la regola di cui alla L. n. 222 del 1984, articolo 6, comma 1, lettera b) secondo cui l’iscritto nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidita’ aveva diritto alla pensione ordinaria di inabilita’ solo quando dall’evento non derivava il diritto a rendita a carico dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, con conseguente applicazione del divieto di cumulo tra le suddette prestazioni.

Per la cassazione della sentenza ricorre l’ente (OMISSIS) con cinque motivi.

Resiste con controricorso la societa’ (OMISSIS). s.a.s., mentre rimane intimato (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo l’istituto ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 12 del regolamento CE n. 1408/1971 (sull’applicabilita’ dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati ed ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunita’ Europea) e, dopo aver premesso che tale norma sancisce l’impossibilita’ di mantenere il diritto a beneficiare di piu’ prestazioni della stessa natura riguardanti uno stesso periodo di assicurazione obbligatoria, precisa di aver sempre sostenuto nei giudizi di merito che le erogazioni effettuate in favore di (OMISSIS), cosi’ come la conseguente rivalsa verso la sua datrice di lavoro, concernevano esclusivamente il periodo in cui quest’ultimo aveva lavorato in Germania, tanto che la pensione di invalidita’ era stata calcolata in proporzione agli anni di effettiva attivita’ lavorativa svolta in tale Stato, ove erano stati versati i relativi contributi, senza alcun riferimento al periodo in cui l’assicurato aveva lavorato in Italia. Ne conseguiva l’erroneita’ della tesi difensiva della societa’ datrice di lavoro ” (OMISSIS) s.a.s.”, secondo cui la rivalsa dell’ente tedesco riguardava l’intera vita lavorativa del (OMISSIS).

2. Col secondo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell’articolo 93 del Regolamento CE n. 1408/1971, si sostiene che tale norma, nel prevedere l’applicazione della legge del luogo in cui e’ avvenuto l’infortunio, si riferisce esclusivamente alla regolamentazione della responsabilita’ per il fatto illecito ed in particolare ai diritti che la vittima o i suoi aventi causa hanno nei confronti dell’autore del danno, nei cui diritto l’ente di previdenza si surroga, per cui la Corte di merito sarebbe incorsa in errore nel ritenere che il caso di specie era disciplinato dal diritto italiano per quel che concerneva anche l’aspetto previdenziale.

3. Col terzo motivo, formulato per violazione e falsa applicazione dell’articolo 13 del Regolamento CE n. 1408/1971, il ricorrente rileva che tale norma, in base alla quale il lavoratore occupato in uno Stato e’ soggetto alla legislazione dello stesso, comporta che il medesimo, il quale sposti in un altro Stato comunitario il luogo di svolgimento della sua attivita’ lavorativa, rimane soggetto ad una sola gestione previdenziale o regime di sicurezza sociale per ciascun periodo di assicurazione. Quindi, un lavoratore che abbia svolto la propria attivita’ in diversi Stati sara’ soggetto, secondo il ricorrente, alle diverse leggi dei paesi in cui ha lavorato ai fini delle relative determinazioni previdenziali e assistenziali, rapportate ad ogni singolo periodo assicurativo.

4. Col quarto motivo, proposto per violazione e falsa applicazione degli articoli 46, 50 e 52 del Regolamento CE n. 883/2004, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non ha tenuto conto del fatto che in base all’articolo 46 del predetto regolamento il lavoratore che sia stato soggetto alle legislazioni di piu’ Stati membri, delle quali una almeno rientrante nella categoria denominata di tipo “A” (Repubblica Ceca, Estonia, Irlanda, Grecia, Lettonia, Finlandia, Svezia e Regno Unito) beneficia delle prestazioni a norma del capitolo 5 dello stesso regolamento, per effetto del quale tutte le istituzioni competenti determinano il diritto alle prestazioni ai sensi di tutte le legislazioni degli Stati membri alle quali l’interessato e’ stato soggetto. Invece, sia in Italia che in Germania per il calcolo delle prestazioni di invalidita’ si ricorre al metodo contributivo, avendo entrambe una legislazione di tipo “B”, per la quale le pensioni di invalidita’ sono calcolate in funzione della durata dei periodi assicurativi in ciascun Paese, contrariamente agli Stati aventi una legislazione di tipo “A”, i quali applicano il sistema basato sulla liquidazione di una pensione di importo fisso, indipendentemente dalla durata dei periodi assicurativi. Conseguentemente, se l’interessato ha lavorato ed e’ stato assicurato solo in paesi con legislazioni di tipo “B” (come nel caso di specie), secondo tale assunto difensivo riceve una pensione distinta da ciascun Paese in funzione dei periodi assicurativi maturati.

5. Col quinto motivo, proposto per violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, articolo 1, comma 43, il ricorrente assume che anche se si volesse applicare al caso di specie la legislazione italiana, che sancisce il divieto di cumulo tra pensione ordinaria di inabilita’ e rendita Inail, non potrebbe egualmente ricorrersi a tale principio in quanto la pensione di invalidita’ erogata dall’ente di previdenza tedesco non e’ equiparabile, in base a quanto erroneamente sostenuto dai giudici d’appello, a quella liquidata in Italia dall’Inps, ma ha la stessa natura di una rendita Inail ed e’ proporzionale ai soli anni in cui il (OMISSIS) aveva lavorato in Germania.

6. Osserva la Corte che per ragioni di connessione i suddetti motivi possono essere esaminati congiuntamente.

Il ricorso e’ infondato per le seguenti ragioni: – Anzitutto, dagli atti di causa emerge che in conseguenza dell’incidente sul lavoro verificatosi in Italia in data 1.10.2004, (OMISSIS), all’epoca dipendente della societa’ italiana (OMISSIS) s.r.l., si vide riconoscere dall’ente di previdenza tedesco (OMISSIS) la pensione per invalidita’ da infortunio nella misura mensile di Euro 761,27 a decorrere dall’1.1.2005, beneficiando il medesimo della copertura assicurativa sociale obbligatoria presso il suddetto ente straniero, per aver lavorato in Germania dall’1.9.1974 al 31.3.2003.

L’istituto ricorrente tedesco sostiene che le erogazioni riguardavano esclusivamente il periodo lavorativo in Germania (1.9.1974 – 31.3.2003) e che la pensione era stata calcolata in proporzione agli anni di effettiva attivita’ lavorativa ed ai versamenti contributivi concernenti il suddetto arco temporale, aggiungendo che tale pensione di invalidita’ non e’ equiparabile a quella italiana di inabilita’ erogata dall’Inps, avendo la stessa natura di una rendita Inail, per cui non opererebbe il regime di incompatibilita’ tra pensione di invalidita’ e rendita Inail.

Invece, secondo la controricorrente societa’ il lavoratore starebbe percependo due provvidenze, in quanto era stato assicurato anche presso l’Inail durante il periodo in cui aveva lavorato in Italia, con diritto a percepire la relativa rendita e, quindi, l’accoglimento della domanda dell’odierno istituto tedesco la esporrebbe al rischio concreto di subire gli effetti pregiudizievoli di analoga azione di rivalsa da parte dell’Inail per lo stesso fatto. Tra l’altro, non puo’ non rilevarsi, che anche nella sentenza impugnata si fa riferimento al fatto che in Italia l’infortunato ha percepito, per lo stesso evento invalidante, la rendita vitalizia a carico dell’Inail, circostanza, questa, nemmeno messa in dubbio dall’attuale ente ricorrente.

7. Tali essendo i presupposti di fatto della vicenda occorre, anzitutto, rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente istituto, la fattispecie in esame non puo’ che essere disciplinata dalla normativa previdenziale italiana, in base al principio della territorialita’, atteso che l’evento invalidante, rispetto al quale e’ stata riconosciuta la pensione di inabilita’ tedesca per la quale l’odierno ricorrente agisce in surroga, si e’ verificato in Italia. Inoltre, non puo’ sfuggire che la norma di cui all’articolo 13, comma 2, del Regolamento CE n. 1408 del 1971, contenuta nel titolo 2 sulla determinazione della legislazione applicabile, stabilisce alla lettera a) – fatta salva la riserva delle disposizioni degli articoli da 14 a 17 che nella fattispecie non interessano – che “il lavoratore occupato nel territorio di uno Stato membro e’ soggetto alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro o se l’impresa o il datore di lavoro da cui dipende ha la propria sede o il proprio domicilio nel territorio di un altro Stato membro” (lettera a).

Cio’ chiarito va poi evidenziato che l’articolo 12 stesso regolamento CE, in materia di divieto di cumulo delle prestazioni, stabilisce espressamente nel primo inciso del comma 1 che “Il presente regolamento non puo’ conferire, ne mantenere il diritto a beneficiare di piu’ prestazioni della stessa natura riferentesi ad uno stesso periodo di assicurazione obbligatoria.”

La norma prevede che tale disposizione non si applica tuttavia alle prestazioni per invalidita’, vecchiaia, morte (pensioni) o per malattia professionale che sono liquidate dalle istituzioni di due o piu’ Stati membri ai sensi dell’articolo 41, articolo 43, parr. 2 e 3, degli articoli 46, 50 e 51, oppure dell’articolo 60, par. 1, lettera b), ma tali situazioni specifiche non rilevano ai fini del presente giudizio.

Quanto alla natura giuridica della prestazione in esame giova osservare che nella parte narrativa della sentenza impugnata si da’ atto della circostanza che l’ente pubblico tedesco aveva chiesto di surrogarsi nel diritto del proprio assicurato fino all’ammontare degli importi erogati a titolo di pensione di invalidita’ capitalizzata in Euro 146.727,18 ai sensi dell’articolo 1916 c.c., norma esistente anche nel diritto germanico. Inoltre, nella parte motivazionale, si ribadisce che l’ente tedesco aveva erogato al suo assistito un trattamento pensionistico denominato come “pensione per invalidita’ totale”, cosi’ definita nella stessa missiva di comunicazione di erogazione pensionistica riconducibile, per quanto precisato dalla medesima parte appellante, alla pensione di inabilita’ di cui alla L. n. 222 del 1984, articolo 2. Da parte sua, anche nella parte narrativa del presente ricorso, l’istituto tedesco fa riferimento ad una pensione per invalidita’ da infortunio dell’importo mensile di Euro 761,27 che gli comportera’ un onere complessivo di Euro 146.727,18 (salvo piu’ aggiornati ricalcoli), mentre solo nell’illustrare il quinto motivo avanza la tesi, non suffragata da elementi concreti, che la prestazione in esame non e’ equiparabile alla pensione proveniente dall’Inps, avendo la stessa natura della rendita Inail. Tuttavia, si osserva che tale apodittica affermazione, tra l’altro in contrasto con quella precedente della parte narrativa, viene fatta al solo scopo di supportare la tesi dell’asserita insussistenza, nella fattispecie, del divieto di cumulo tra pensione Inps e rendita Inail.

8. Pertanto, correttamente la Corte di merito ha osservato che, trattandosi di inabilita’ totale riconducibile ad infortunio sul lavoro, trova applicazione nell’ordinamento giuridico interno la regola di cui alla L. n. 222 del 1984, articolo 6, comma 1, lettera b) secondo cui l’iscritto nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidita’ ha diritto alla pensione ordinaria di inabilita’ solo quando dall’evento non derivi il diritto a rendita a carico dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, con conseguente applicazione del divieto di cumulo tra le suddette prestazioni.

In maniera altrettanto corretta la stessa Corte ha tratto la conseguenza che nella fattispecie non ricorrevano i presupposti per l’invocata surrogazione da parte dell’istituto di previdenza straniero, non ricorrendo la condizione di reciprocita’, atteso che l’infortunato in Italia aveva percepito, per lo stesso fatto ed evento invalidante, anche la rendita Inail.

La riprova della correttezza del ragionamento seguito dalla Corte territoriale deriva anche dalla considerazione che la domanda di surrogazione avanzata dall’istituto di previdenza tedesco, una volta accolta, avrebbe comportato l’accettazione del rischio concreto di una iniqua sovrapposizione di un’azione di regresso esperibile dall’Inail, sempre per lo stesso fatto invalidante nei confronto del medesimo soggetto responsabile.

9. In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo in favore della societa’ controricorrente. Non va, invece, adottata alcuna statuizione sulle spese nei confronti di (OMISSIS) che e’ rimasto solo intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese nella misura di Euro 5700,00, di cui Euro 5500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge in favore della societa’ (OMISSIS) s.a.s. Nulla spese nei confronti di (OMISSIS).

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.