Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 12 marzo 2018, n. 5894

Nell’ipotesi di trascrizione del matrimonio canonico, eseguita dall’ufficiale di stato civile su ordine del tribunale, adito con ricorso di un solo nubendo in sede di procedimento camerale, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, articoli 95 e 96, il soggetto che si ritenga leso da tale trascrizione puo’ agire con l’azione ordinaria di cognizione di cui alla L. n. 847 del 1929, articolo 16, volta all’accertamento della nullita’ della trascrizione stessa, allorche’ assuma che questa sia avvenuta in mancanza del consenso integro espresso o tacito – dell’altro coniuge, da accertare con riguardo al momento in cui fu formulata la richiesta la trascrizione all’ufficiale di stato civile, in origine disattesa.

 

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 12 marzo 2018, n. 5894
Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15107/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura in calce del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (e per essa (OMISSIS) e (OMISSIS) nella qualita’ di genitori esercenti la potesta’ genitoriale), nella qualita’ di erede di (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio dott. (OMISSIS) di (OMISSIS) – Rep. n. (OMISSIS);

– controricorrente –

contro

Roma Capitale, Ufficio del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Roma – Uffici Affari Civili;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4440/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 03/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/12/2017 dal cons. LOREDANA NAZZICONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che si riporta al ricorso.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 19 gennaio 2008, (OMISSIS) convenne in giudizio (OMISSIS) ed il Comune di Roma, chiedendo: 1) la declaratoria di nullita’ o l’annullamento del matrimonio canonico celebrato in (OMISSIS) il (OMISSIS) tra la convenuta e l’avv. (OMISSIS), fratello dell’istante, per mancanza di valido consenso al momento del matrimonio, con l’accertamento della nullita’ della relativa trascrizione; 2) l’accertamento della nullita’ o l’annullamento dell’atto di trascrizione del matrimonio operata post mortem, a causa della incapacita’ naturale del medesimo al momento della prestazione del consenso, con ordine all’ufficiale di stato civile di correggere gli atti ed annotare la sentenza margine dell’atto di matrimonio; 3) l’accertamento della circostanza che i propri diritti successori non potessero esserne comunque pregiudicati.

L’attrice dedusse che il fratello era deceduto nel (OMISSIS), dopo un ricovero in ospedale sin dal 3 luglio precedente, periodo durante il quale era stato in terapia intensiva, presentando egli un quadro clinico di “stato soporoso” nonche’ “sensorio obnubilato, orientamento assente, risposta verbale assente”, e di avere appreso che il (OMISSIS), alle ore 8,30, il (OMISSIS) aveva contratto matrimonio concordatario con (OMISSIS) presso la cappella dell’ospedale, senza preventive pubblicazioni, perche’ “in pericolo di vita”. La trascrizione del matrimonio, richiesta dalla sola (OMISSIS) il (OMISSIS), ma dapprima rifiutata dall’ufficiale di stato civile, era stata eseguita il 1 agosto 2006, dopo il decesso dello sposo, su ordine dello stesso tribunale emesso il 10 aprile 2006.

Il Tribunale di Roma con sentenza del 30 marzo 2010 respinse tutte le domande.

Proposto appello dalla (OMISSIS), la Corte d’appello di Roma con sentenza del 3 luglio 2014 ha dichiarato inammissibili le domande di annullamento del decreto in data 10 aprile 2006 e di accertamento dell’insussistenza di pregiudizio per i diritti ereditari della (OMISSIS), confermando per il resto la decisione impugnata.

La corte territoriale ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che: a) e’ passata in giudicato, per mancata impugnazione, la statuizione di carenza di legittimazione attiva della (OMISSIS) ad impugnare il matrimonio del fratello per incapacita’ naturale; b) e’ inammissibile la domanda di riforma del decreto del Tribunale di Roma del 10 aprile 2006, con il quale fu impartito l’ordine di trascrizione del matrimonio concordatario, in quanto domanda nuova proposta solo in appello; c) in via incidentale, e’ da ritenere ormai definitivo, nonche’ valido ed efficace il decreto predetto, che accerto’ la volonta’ di entrambi i coniugi a procedere alla trascrizione, ne’ quindi esso e’ passibile di riesame nel merito; d) peraltro, alla (OMISSIS) compete l’actio nullitatis in sede contenziosa per i soli vizi di legittimita’, ma tale domanda, pur ammissibile, e’ infondata, posto che l’attrice insiste sull’ostativo stato clinico del malato per l’intero periodo di degenza, in tal modo pretendendo pero’ un inammissibile riesame del merito, mentre non deduce l’insussistenza dei presupposti di legittimita’ del decreto del tribunale, il quale comunque risulta emesso da giudice competente, sulla base di domanda di soggetto legittimato, nelle forme e per ipotesi prevista dalla legge; e) e’ infondata la domanda di annullamento dell’atto di trascrizione del matrimonio, autonomamente proposta dall’attrice, sussistendo tutte le condizioni di cui alla L. 25 marzo 1985, n. 121, articolo 8, sulla base dei documenti prodotti, in assenza degli impedimenti previsti dal comma 2, e per quanto previsto al comma 3; f) l’attrice e’ carente di interesse quanto alla domanda di accertamento della circostanza che i suoi diritti successori non possano ritenersi pregiudicati dalla trascrizione tardiva del matrimonio, posto che la (OMISSIS) fu nominata erede testamentaria in data 2 luglio 2005, dunque in data antecedente al matrimonio stesso, non residuando quindi nessuna situazione di obiettiva incertezza o contestazione attuale per la (OMISSIS), mentre poi essa sembra pretendere la mera riaffermazione di quanto gia’ previsto dall’articolo 8, comma 6, cit., secondo cui la trascrizione tardiva non pregiudica i diritti legittimamente acquisiti dai terzi; g) quanto esposto esime dall’esame delle domande riconvenzionali della (OMISSIS) e della reconventio reconventionis della (OMISSIS), la prima volta all’attribuzione della quota spettante sull’asse ereditario della madre dei germani e la seconda alla riduzione delle donazioni effettuate al fratello dalla madre.

Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso (OMISSIS), sulla base di nove motivi. L’intimata ha depositato il controricorso e la memoria di cui all’articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi del ricorso.

1.1. – La ricorrente avanza avverso la sentenza impugnata motivi di censura, di cui i primi tre riferiti al decreto camerale ed i rimanenti all’atto di trascrizione, che possono essere come di seguito riassunti:

1) violazione o falsa applicazione della L. n. 121 del 1985, articolo 8, comma 6, per non avere la sentenza impugnata considerato che il Tribunale di Roma, con il decreto del 10 aprile 2006, autorizzo’ la trascrizione post mortem del matrimonio violando la legge, la quale ammette la trascrizione tardiva, ossia dopo i previsti cinque giorni dalla celebrazione, solo durante la vita dei due coniugi: ma, ove la richiesta pervenga da un solo coniuge, e’ necessaria la conoscenza e la mancata opposizione dell’altro, da verificare al momento della trascrizione stessa: mentre, nel caso di specie, il (OMISSIS) la (OMISSIS) richiese tardivamente la trascrizione del matrimonio, domanda respinta dall’ufficiale dello stato civile, e solo il 4 novembre 2005 deposito’ il ricorso di volontaria giurisdizione, accolto il 10 aprile 2006, con successiva trascrizione del 1 agosto 2006, quando il (OMISSIS) era gia’ deceduto il (OMISSIS); onde il decreto camerale stesso e’ affetto da nullita’. Ne’ la domanda di trascrizione puo’ farsi retroagire al (OMISSIS), data in cui la (OMISSIS) presento’ la domanda al Comune di Roma, essendo questo un procedimento amministrativo del tutto distinto. In ogni caso, non sussisteva l’attuale conoscenza e la non opposizione, dopo il matrimonio o al momento della richiesta di trascrizione, posto che il (OMISSIS) era rimasto in coma (dal 10 luglio sino al decesso), dunque in istato di incapacita’ naturale assoluta, per tutta la durata del matrimonio, come risulta dalla cartella clinica, ne’ essendo ammesso il consenso “a futura memoria”. Infine, la volonta’ di trascrivere il matrimonio non puo’ provarsi per testimoni, come e’ invece avvenuto nel procedimento di volontaria giurisdizione;

2) violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e articolo 342 c.p.c., per avere la corte territoriale dichiarato inammissibile la domanda di annullamento del decreto camerale, in quanto proposta solo in appello, mentre, al contrario, l’illegittimita’ di quel decreto fu dedotta gia’ in primo grado – in modo implicito, laddove l’atto di citazione chiedeva la nullita’ della trascrizione dell’atto di matrimonio, ed in modo esplicito nella memoria di replica, ove la ricorrente dedusse l’insuscettibilita’ di passare in giudicato del decreto e il proprio interesse di terzo ad agire per farne accertare l’illegittimita’ ed ottenerne la revoca – onde la corte del merito avrebbe dovuto accoglierla, oppure almeno disapplicare il provvedimento autorizzativo della trascrizione; del resto, il tribunale ritenne proposta azione di nullita’ del decreto; la motivazione della sentenza impugnata e’, inoltre, contraddittoria, posto che definisce la domanda in questione ora ammissibile ed ora inammissibile;

3) violazione o falsa applicazione dell’articolo 742 c.p.c., per aver ritenuto definitivo e non suscettibile di riesame nel merito il provvedimento autorizzatorio, quando invece esso era passibile di annullamento o almeno di disapplicazione, secondo la norma predetta, che rende non idonei al giudicato, ma sempre modificabili e revocabili i decreti camerali; comunque, l’attrice ne aveva dedotto proprio vizi di legittimita’, per la violazione della L. n. 121 del 1985, articolo 8, comma 6;

4) violazione o falsa applicazione della L. n. 121 del 1985, articolo 8, comma 6, per avere la corte territoriale dichiarato integrate tutte le condizioni previste dalla legge per la trascrizione del matrimonio, al contrario avvenuta senza conoscenza e non opposizione dell’altro coniuge; ripete, quindi, gli argomenti esposti nel primo motivo;

5) violazione o falsa applicazione della L. n. 121 del 1985, articolo 8, per non avere la corte territoriale ritenuto del tutto irrilevante l’esistenza del decreto autorizzatorio del tribunale, di natura amministrativa, al fine della domanda di annullamento della trascrizione, che non vede la pronuncia di caducazione del primo come pregiudiziale;

6) violazione o falsa applicazione dell’articolo 582 c.c., articolo 100 c.p.c., L. n. 121 del 1985, articolo 8, comma 6, per avere la corte territoriale dichiarato inammissibile la domanda di accertamento dell’integrita’ dei suoi diritti successori, e cio’ in ragione dell’esistenza di un testamento olografo datato 2 luglio 2005, istituente la (OMISSIS) erede universale, senza considerare che esso era stato reso oggetto di impugnazione per apocrifia, con giudizio ancora pendente, come dichiarato gia’ dal primo grado e poi ancora in appello: in sostanza, la ricorrente ha al riguardo un interesse concreto all’accertamento richiesto;

7) violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere la corte territoriale omesso di pronunciarsi sulla relativa domanda di accertamento: essa, invece, avrebbe dovuto verificare la qualita’ di unica erede legittima in capo all’istante e la mancata acquisizione della qualita’ di erede testamentaria in capo alla (OMISSIS);

8) violazione o falsa applicazione dell’articolo 582 c.c., articolo 112 c.p.c., e articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, L. n. 121 del 1985, articolo 8, comma 6, per non avere la corte territoriale dichiarato che mai la (OMISSIS) potra’ acquisire diritti successori, posto che la trascrizione non puo’ lederli, mentre il testamento olografo e’ ancora sub iudice;

9) violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, posto che l’attrice aveva, in via riconvenzionale, chiesto, per l’ipotesi che la (OMISSIS) possa essere reputata erede legittima (in quanto moglie) o testamentaria di (OMISSIS), la riduzione delle donazioni da parte della comune genitrice (OMISSIS) per lesione della quota di legittima spettante all’attrice, previa riunione fittizia dell’asse ereditario della successione della madre, e la condanna della (OMISSIS) a reintegrare l’attrice ed a trasferirle i beni in natura o pagarne il controvalore.

1.2. – Per una migliore intelligenza delle questioni poste, e’ bene suddividerle con riguardo alle domande inizialmente proposte dalla (OMISSIS), ovvero:

a) la domanda di nullita’ o annullamento del matrimonio canonico e della relativa trascrizione, per mancanza di valido consenso dello sposo al momento del matrimonio;

b) la domanda autonoma di accertamento della nullita’ o annullamento dell’atto di trascrizione;

c) l’accertamento della circostanza che i propri diritti successori non possano esserne comunque pregiudicati.

La prima domanda e’ stata respinta in primo grado per difetto di legittimazione attiva, ne’ la declaratoria e’ stata impugnata con l’atto di appello, onde al riguardo si e’ formato il giudicato.

I motivi di ricorso sono stati dunque proposti con riguardo alle ultime due domande, e precisamente: quelli da uno a cinque riguardano la domanda sub b) di accertamento della nullita’ della trascrizione (di cui i motivi 1, 2, 3 attengono specificamente al decreto camerale che la ordino’, ed i motivi 4 e 5 concernono in se’ l’atto di trascrizione), mentre i motivi da sei a nove riguardano la domanda sub c).

2. – Motivi relativi al decreto camerale che ordino’ la trascrizione (motivi da 1 a 3). I primi tre motivi concernono il decreto camerale emesso dal tribunale in sede di volontaria giurisdizione, il quale ordino’ la trascrizione del matrimonio concordatario: il primo attiene all’actio nullitatis del decreto del 10 aprile 2006; il secondo e terzo riguardano il tema della riforma del decreto in sede contenziosa.

2.1. – L’azione di nullita’ del decreto in data 10 aprile 2006. Il primo motivo mira a censurare la sentenza impugnata con riguardo al rigetto della domanda di nullita’ (quale actio nullitatis) del decreto camerale, emesso dal Tribunale di Roma in data 10 aprile 2006 in sede di volontaria giurisdizione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, articolo 95.

Esso e’ infondato.

Giova, al riguardo, procedere ad una rapida ricostruzione della normativa e dei principi di diritto applicabili.

2.1.1. – La trascrizione del matrimonio canonico. Il matrimonio religioso con effetti civili o matrimonio concordatario e’ disciplinato, quanto ai presupposti in base ai quali esso puo’ ottenere tali effetti nell’ordinamento, dalla L. 27 maggio 1929, n. 847, Disposizioni per l’applicazione del Concordato dell’11 febbraio 1929 fra la S. Sede e l’Italia, nella parte relativa al matrimonio (c.d. legge matrimoniale), di attuazione del Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929 fra lo Stato italiano e la Santa Sede, e dall’accordo di revisione firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che ha modificato il Concordato, la cui ratifica e’ stata autorizzata dalla L. 25 marzo 1985, n. 121, e che e’ entrato in vigore il 3 giugno 1985 con lo scambio degli strumenti di ratifica.

L’articolo 8 dell’accordo ratificato con la L. n. 121 del 1985, riconosce, invero, gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico, a condizione che l’atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale.

Si precisa, al comma 3, che la trascrizione non possa avere luogo: a) quando gli sposi non abbiano l’eta’ richiesta dalla legge; b) quando sussista fra i coniugi un impedimento che la legge civile considera inderogabile.

Circa i tempi, la richiesta di trascrizione e’ fatta dal parroco del luogo dove il matrimonio e’ stato celebrato non oltre i cinque giorni dalla celebrazione.

Inoltre, per il comma 6, la trascrizione puo’ essere effettuata “anche posteriormente su richiesta dei due contraenti, o anche di uno di essi, con la conoscenza e senza l’opposizione dell’altro, sempre che entrambi abbiano conservato ininterrottamente lo stato libero dal momento della celebrazione a quello della richiesta di trascrizione, e senza pregiudizio dei diritti legittimamente acquisiti dai terzi”.

2.1.2. – Il ricorso contro il rifiuto dell’ufficiale di stato civile. A norma del Decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, articolo 63, l’ufficiale di stato civile trascrive negli archivi “gli atti dei matrimoni celebrati nello stesso comune davanti ai ministri di culto”; in base all’articolo 95, del medesimo D.P.R., “Chi intende (…) opporsi a un rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di (…) eseguire una trascrizione (…) deve proporre ricorso al tribunale nel cui circondario si trova l’ufficio dello stato civile”.

Aggiunge il secondo comma che “il procuratore della Repubblica puo’ in ogni tempo promuovere il procedimento di cui al comma 1”.

Del pari, dispone la norma speciale della L. n. 847 del 1929, articolo 15, che “Se l’ufficiale dello stato civile non creda di poter procedere alla trascrizione, si osserva la disposizione dell’articolo 75 c.c.”, da intendere ora riferita all’articolo 98 c.c., secondo cui l’ufficiale dello stato civile rilascia un certificato con i motivi del rifiuto, contro il quale “e’ dato ricorso al tribunale, che provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero”.

La trascrizione puo’ dunque avvenire su ordine dell’autorita’ giudiziaria ordinaria, in sede di volontaria giurisdizione, con l’intervento del pubblico ministero, cui spetta la tutela dell’interesse pubblico al rispetto della legalita’ in materia di stato civile.

Si tratta di un procedimento camerale, che segue le regole generali degli articoli 737 e 742 bis c.p.c., di natura unilaterale, posto che solo il soggetto (o i soggetti, quale parte unitaria) che abbia visto respinta la richiesta di trascrizione propone il ricorso al giudice. Ne’ il rifiuto dell’annotazione da parte dell’ufficiale di stato civile rende quest’ultimo parte del giudizio di accertamento da lui reso necessario (in caso contrario, si pensi solo alle conseguenze che ne deriverebbero quanto al diritto di difesa ed alle spese processuali.

Il giudice adito a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, articolo 95, deve dunque limitarsi ad accertare se sussistano o no le condizioni per procedere alla trascrizione richiesta dalle parti e rifiutata dall’ufficiale dello stato civile.

E’ un procedimento informale, come si desume dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, articolo 96, che delinea un provvedimento camerale, dato secondo le relative forme procedimentali e con accertamento sommario adeguato a quella sede: come esso dispone, il tribunale “puo’, senza particolari formalita’, assumere informazioni, acquisire documenti e disporre l’audizione dell’ufficiale dello stato civile”, e “deve sentire il procuratore della Repubblica e gli interessati”. Per il comma 3, il tribunale provvede in camera di consiglio con decreto motivato, rinviando espressamente la norma all’articolo 737 c.p.c. e ss..

E’ dunque chiara la scelta del legislatore di adottare per esso le forme proprie dei procedimenti in camera di consiglio, caratterizzate dalla deformalizzazione del contraddittorio fra le parti, dall’estrema sommarizzazione della cognizione del giudice, ridotta alla sola “assunzione di informazioni” – secondo il modello generale dell’articolo 738 c.p.c., e dalla predisposizione del reclamo avverso il decreto conclusivo.

2.1.3. – L’actio nullitatis. Circa la configurabilita’ di questa azione, e’ stato ripetutamente affermato il principio di diritto secondo cui la c.d. inesistenza giuridica o la nullita’ radicale di un provvedimento, erroneamente emesso da un giudice carente di potere o dal contenuto abnorme, irriconoscibile come atto processuale di un determinato tipo, puo’ essere fatta valere (oltre che tempestivamente con i normali mezzi di impugnazione, ove ricorra l’interesse della parte ad una espressa rimozione dell’atto processuale viziato) in ogni tempo mediante un’azione di accertamento negativo (actio nullitatis), ovvero con un’eccezione (exceptio nullitatis), onde quel provvedimento verra’ disapplicato, ove dal medesimo si intendano trarre effetti processuali o sostanziali.

La giurisprudenza di legittimita’ reputa infatti configurabili fattispecie di c.d. inesistenza giuridica del provvedimento, tutte le volte che il giudice sia carente di potere o il provvedimento processuale emesso possa qualificarsi comunque abnorme, in quanto privo del minimo di elementi o di presupposti tipizzanti necessari per produrre certezza giuridica. Trattandosi di vizi estremamente gravi dell’atto processuale, materialmente esistente ma abnorme, essi possono essere fatti valere con l’actio nullitatis, autonoma azione di accertamento non soggetta a termini di prescrizione o di decadenza, ovvero con l’exceptio nullitatis.

L’azione di accertamento della nullita’ assoluta del provvedimento resta, dunque, limitata ai soli casi eccezionali e riconducibili al concetto di abnormita’ o inesistenza, nei quali faccia difetto alcuno dei requisiti essenziali del provvedimento giurisdizionale, e non si estende, invece, alle ipotesi in cui ricorrano vizi attinenti al contenuto del provvedimento stesso: la mera deviazione dal corretto esercizio del potere, operata nell’ambito della sfera di attribuzioni devoluta al giudice dalla legge, non determina invero l’inesistenza del provvedimento, ma consente solo un riesame in ordine alla legittimita’ del suo contenuto attraverso le forme di impugnazione previste per rimuoverne gli effetti.

Tra i casi radicali in questione, ad esempio, quelli della domanda decisa dopo la pubblicazione della sentenza, quando il giudice adito si spoglia ormai del potere di decidere sulla domanda gia’ portata al suo esame (provvedimento di svincolo di una fideiussione adottato dal tribunale ormai carente di potere giurisdizionale in relazione ad una causa di opposizione a decreto ingiuntivo gia’ decisa con sentenza pubblicata: Cass., ord. 28 dicembre 2009, n. 27428; 29 novembre 2005, n. 26040), della sentenza priva di dispositivo (Cass. 1 settembre -2006, n. 18948) o del mancato deposito della sentenza dopo la lettura del dispositivo in udienza (Cass. 13 gennaio 2005, n. 504; 27 maggio 2003, n. 8442; 4 marzo 1999, n. 1816), della sentenza emessa nei confronti del P.R.A., mero ufficio gestito dall’Aci e non autonomo soggetto giuridico (Cass. 13 aprile 2001, n. 5531; 6 giugno 2000, n. 7569), della sentenza emessa nei confronti delle parti del giudizio ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa riguardante altri soggetti (Cass. 29 dicembre 2011, n. 30067), del giudizio di rendiconto conclusosi con l’ordine del giudice di pagare somme, ai sensi dell’articolo 263 c.p.c., comma 2, e articolo 264 c.p.c., comma 3, in mancanza della presentazione del conto (Cass. 24 novembre 1989, n. 5075), dell’estinzione ex articolo 307 c.p.c., pronunciata per il tardivo deposito della relazione del consulente tecnico nel termine in sede di accertamento tecnico preventivo (Cass. 20 settembre 2000, n. 12437), del provvedimento con il quale il giudice delegato al fallimento, in occasione della vendita di beni immobili, dispone il sequestro della somma versata a titolo di cauzione da un partecipante all’incanto che aveva dichiarato di recedere dall’offerta (Cass. 29 settembre 1997, n. 9521), del decreto emesso dal giudice delegato allo scopo di acquisire mobili o immobili detenuti da terzi, i quali rivendichino su di essi un proprio diritto esclusivo incompatibile (Cass. 2 gennaio 1995, n. 2).

Mentre ne e’ stata negata la fattispecie, fra le altre, in caso di sentenza emessa in mancanza di procura alle liti, in quanto l’atto di citazione privo della procura della parte e’ comunque idoneo ad introdurre il processo e ad attivare il potere-dovere del giudice di decidere, con la conseguenza che la sentenza e’ nulla ma non inesistente (Cass., sez. un., 12 ottobre 2011, n. 20934), di decisione sulla domanda ormai accolta con decreto ingiuntivo divenuto definitivo (Cass. 6 dicembre 2013, n. 27406), di censure al provvedimento del giudice delegato di vendita con incanto (Cass. 4 febbraio 2004, n. 2018) o di non ammissione di determinati crediti al passivo fallimentare (Cass. 21 febbraio 2001, n. 2477).

Da quanto premesso si traggono i caratteri della azione intrapresa e le conseguenti statuizioni.

2.1.4. – La sentenza impugnata. La corte d’appello, dopo avere ritenuto, da un lato, inammissibile l’istanza di riforma del decreto del tribunale, e, dall’altro lato, ammissibile l’actio nullitatis, ha tuttavia ritenuto quest’ultima infondata, in quanto non ne ricorrevano i presupposti.

In tal modo, essa non si e’ discostata dai principi sopra enunciati, posto che l’attrice non dedusse ragioni di abnormita’ del provvedimento rientranti nella categoria sopra indicata, idonee cioe’ a comportarne la nullita’ assoluta o inesistenza, ma censuro’ unicamente l’erroneo ordine di trascrizione del matrimonio concordatario, del quale non sarebbero stati presenti le condizioni di legge: come, del resto, anche in questa sede ribadito nei motivi di ricorso.

Ma, non trattandosi di vizio riconducibile a quella radicale abnormita’ del provvedimento, quanto, invece, alla dedotta mancanza dei presupposti in relazione ai quali la legge ne permette l’emanazione, correttamente la relativa pretesa e’ stata disattesa.

2.2. – L’azione di annullamento o di riforma del decreto camerale proposta in sede contenziosa. Il secondo ed il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente, in quanto intimamente connessi, e sono infondati.

Dall’esame degli atti processuali, consentito in ragione della natura del vizio denunziato, risulta che la domanda di annullamento/riforma del decreto camerale non fu proposta in primo grado, ma solo in grado di appello.

Prima ancora di valutare l’ammissibilita’ stessa di un reclamo camerale proposto in quella sede contenziosa, la corte del merito ha ritenuto la pretesa inammissibile sotto altro profilo, ossia in quanto costituente domanda nuova: onde la censura non coglie nel segno, posto che correttamente la corte del merito ne ha rilevato l’inammissibilita’.

3. – Motivi relativi alla domanda contenziosa di nullita’ della trascrizione del matrimonio concordatario. Il quarto ed il quinto motivo, che possono essere trattati congiuntamente per la loro intima connessione, sono fondati.

3.1. – I requisiti di legittimita’ della trascrizione tardiva.

3.1.1. – Si e’ sopra ricordato l’articolo 8 dell’Accordo di cui alla L. 25 marzo 1985, n. 121, il quale prevede che la trascrizione del matrimonio concordatario “puo’ essere effettuata anche posteriormente su richiesta dei due contraenti, o anche di uno di essi, con la conoscenza e senza l’opposizione dell’altro”: cio’, in omaggio alla configurazione dell’acquisto dello status coniugale civile come diritto individuale personalissimo, che richiede comunque il concorso volontaristico del soggetto.

Non e’ stata sostituita la legge matrimoniale del 1929 pur dopo l’accordo del 1984, ne’ e’ stata dettata una disciplina di dettaglio in ordine al procedimento per la richiesta unilaterale e per l’accertamento della effettiva volonta’ del coniuge defunto.

Dal sistema normativo emerge che la domanda di trascrizione quest’ultima avente effetti costitutivi e non meramente ricognitivi dello status (Cass. 12 luglio 2002, n. 10141) – e’ un atto giuridico autonomo, del quale devono sussistere i requisiti del codice civile: tra i quali, anzitutto, la capacita’ e la volonta’ dei nubendi di vincolarsi anche sul piano civile, con quella richiesta essi esprimendo (anche tacitamente, ove ne sussista la prova) il loro consenso all’atto.

La nuova disposizione dell’articolo 8 distingue nettamente le due ipotesi della trascrizione richiesta tempestivamente, cioe’ entro cinque giorni dalla celebrazione del matrimonio, da quella richiesta posteriormente, in tal modo mostrando che la volonta’ di celebrare il matrimonio e’ distinta da quella volta alla sua trascrizione per farne derivare gli effetti civili.

Se, invero, quest’ultima viene reputata implicita negli adempimenti che accompagnano la celebrazione del rito religioso (preventiva pubblicazione nella casa comunale, lettura degli articoli del codice civile, redazione del matrimonio in doppio originale) allorche’ la trascrizione sia effettuata entro i cinque giorni, non cosi’ quando quella richiesta pervenga oltre detto termine.

Nel secondo caso, invero, il legislatore non ha piu’ ritenuto presunta la volonta’ dei coniugi di ottenere gli effetti civili, ma ha richiesto una nuova manifestazione di volonta’, costituita dall’apposita richiesta di trascrizione, presentata dai due contraenti o anche da uno solo, ma con la conoscenza e senza l’opposizione dell’altro: la conoscenza e la non opposizione prevista dall’articolo 8 di tale legge vale a garantire che gli effetti civili inizialmente non voluti si colleghino al volere di entrambi i coniugi (cfr., in tal senso, Cass. 6 febbraio 1997, n. 1112, nonche’ Cass. 4 maggio 2010, n. 10734).

Orbene, come emerge dalla stessa successione delle parole e secondo il significato proprio di esse, la conoscenza o la non opposizione del coniuge non richiedente, quanto agli effetti civili del matrimonio concordatario, e’ riferita dall’articolo 8 cit. alla “richiesta… di uno di essi”: richiesta che costituisce l’atto giuridico, in ordine al quale e’ necessario accertare concorrente la liberta’ e volontarieta’ anche da parte dell’altro coniuge non richiedente, in presenza della volonta’ di uno solo espressa con la domanda di trascrizione di un matrimonio concordatario non trascritto entro il quinto giorno dalla sua celebrazione.

Questa Corte, ha gia’ avuto modo di precisare, con orientamento qui condiviso, che “il requisito della “conoscenza” dell’istanza e della “non opposizione” alla medesima da parte dell’altro coniuge… postula lo specifico riferimento all’istanza stessa di siffatta forma di adesione” (Cass. 6 febbraio 1997, n. 1112 e 24 marzo 1994, n. 2893, le quali reputano il requisito non integrato dalla dichiarazione, resa dagli sposi in occasione della celebrazione, di consentire la trascrizione) e che la norma richiede la verifica “della esistenza della volonta’ attuale, espressa o almeno tacita, di entrambi i coniugi, a che sia dato corso alla trascrizione”, senza nessuna “presumibilita’ del consenso”, esigendo invece la L. n. 121 del 1985, articolo 8, “un consenso espresso o tacito di entrambi i contraenti, al momento della domanda di trascrizione” (Cass. 12 luglio 2002, n. 10141, la quale trae cio’ dal raffronto fra la normativa del 1929 e quella attualmente vigente, una volta decorsi i cinque giorni dalla celebrazione del matrimonio senza che ne sia stata richiesta la trascrizione; cosi’ anche Cass. 4 maggio 2010, n. 10734, che parla di “svolta in favore dell’inquadramento volontaristico degli effetti civili del matrimonio canonico attuata in sede di revisione del Concordato”).

La trascrizione tardiva nei registri dello stato civile di un matrimonio canonico postula, dunque, l’intenzione attuale degli sposi di richiederla e di vincolarsi anche sul piano civile: cio’, al momento della richiesta tardiva.

Onde cio’ che rileva non e’ il consenso generico alla trascrizione, ma quello relativo ad una determinata richiesta di trascrizione avanzata all’ufficiale di stato civile.

E’ sottesa all’orientamento ricordato la considerazione che, come l’atto di celebrazione del matrimonio civile, cosi’ anche la trascrizione del matrimonio religioso abbia natura di actus legitimus, che non ammette termini o condizioni, ne’ si da’ un consenso “ora per allora”, essendo al contrario richiesta la volonta’ attuale, ed, ancor prima, l’assenza di ogni condizione di incapacita’ di intendere o di volere.

Il consenso espresso o tacito, in definitiva, va specificamente accertato come sussistente non al momento del matrimonio, o in quello dell’atto amministrativo di trascrizione o di rifiuto della stessa posto in essere dall’ufficiale di stato civile, o del ricorso di volontaria giurisdizione avverso l’eventuale rifiuto, o, infine, della decisione assunta al riguardo dal giudice: ma, appunto, il consenso deve sussistere nel momento in cui uno solo dei coniugi presenti all’ufficiale di stato civile la richiesta di trascrizione tardiva.

3.1.2. – Resta la questione se nelle ipotesi, come quella di specie, in cui la richiesta sia stata formulata da un solo coniuge che assuma il consenso dell’altro, vivente a tale momento ma deceduto quando la trascrizione venne eseguita, il decesso renda sempre impossibile la trascrizione chiesta prima, ma eseguita post mortem, in virtu’ del principio della revocabilita’ in ogni momento di quel consenso, revoca per definizione impossibile nel caso menzionato. Non vi sono precedenti in termini (Cass. 4 maggio 2010, n. 10734 riguarda il caso della richiesta stessa di uno dei coniugi effettuata dopo la morte dell’altro).

Secondo un orientamento, in tal caso va esclusa la trascrivibilita’ del matrimonio, che avverrebbe post mortem, sebbene la richiesta fosse stata presentata allorche’ il coniuge era in vita: cio’, sulla base del principio della liberta’ e pienezza del consenso, dunque della sua revocabilita’, anche in ordine alla trascrizione, che dovrebbe permanere sino al momento in cui essa venga materialmente eseguita; la trascrizione post mortem sarebbe illegittima, in quanto non rispetta l’ipotetica possibilita’ del soggetto di revocare la propria manifestazione di volonta’. La tesi argomenta dal fatto che l’elemento centrale, su cui ruota la fattispecie dell’articolo 8, e’ il consenso, onde non si potrebbe attribuire valore giuridico non soltanto alla dichiarazione manifestata in vita dal coniuge premorto in un atto separato (ad es. donazione, testamento), ma neppure al consenso alla trascrizione espresso in occasione dell’istanza di trascrizione tardiva, che non preserverebbe il requisito dell’attualita’ e della reale volonta’ del coniuge, la c.d. renovatio volitiva finalizzata alla trascrizione, onde resta inammissibile la dichiarazione de futuro.

All’opposto, altra tesi, talora seguita dai giudici di merito, osserva che il consenso manifestato (ovviamente, ove oggetto di adeguata prova) in vita dal coniuge, poi deceduto, permette la valida trascrizione su domanda del solo coniuge superstite. Si aggiunge che, altrimenti, dovrebbe poi coerentemente tutelarsi la liberta’ del consenso anche, ad esempio, nel tempo che va tra la richiesta di trascrizione (in ipotesi, ad opera di entrambi) ed il venir meno del soggetto, ove l’evento sia anteriore all’esecuzione della trascrizione; inoltre, in ipotesi di trascrizione tempestiva entro i cinque giorni, e’ indubbia l’irrilevanza dell’evento avvenuto dopo la celebrazione.

Ed, in effetti, sostenere quanto ora esposto finirebbe per introdurre una “presunzione a contrario”: sarebbe come dire che, in presenza della prova di una volonta’ favorevole o della non opposizione alla trascrizione al momento della richiesta, il non essere piu’ il coniuge in vita al momento della effettiva trascrizione varrebbe ad integrare una presunzione iuris et de iure che, se egli non fosse deceduto, vi si sarebbe senz’altro opposto. In tal modo, inoltre, si trasferirebbe sulle parti l’alea del tempo amministrativo richiesto per la trascrizione.

In conclusione, convince l’interpretazione secondo cui la conoscenza e la non opposizione debbano essere verificate come risalenti al momento della richiesta di trascrizione, sulla base della volonta’ in concreto manifestata dal soggetto a tale momento.

3.2. – L’impugnativa in sede contenziosa. Secondo la L. n. 847 del 1929, articolo 16, la trascrizione del matrimonio puo’ essere impugnata per una delle cause menzionate nell’articolo 12, peraltro non tassative (cfr. Cass. 4 maggio 2010, n. 10734, traendo cio’ dalle stesse pronunce del giudice delle leggi che hanno esteso oltre la lettera l’ambito dell’impugnazione: Corte cost. 2 febbraio 1982, n. 16 e 10 marzo 1971, n. 32) e al giudizio “si applicano le disposizioni degli articoli 104, 112, 113 e 114 (ora articoli 117, 119, 124 e 125) c.c.”.

Si noti, invero, che la legge n. 847 del 1929 e’ ancora vigente, anche se parzialmente, in quanto alcuni articoli sono stati abrogati dalle nuove disposizioni (come per l’articolo 14 che disciplinava la trascrizione tardiva, regolata ora dalla L. 25 marzo 1985, n. 121, articolo 8.1, comma 6) e cio’ in quanto non fu emanata una nuova legge matrimoniale dopo l’Accordo del 1984.

In particolare, secondo l’articolo 117 c.c., la legittimazione attiva spetta ai coniugi, agli ascendenti prossimi, al pubblico ministero ed a tutti coloro che abbiano un interesse legittimo e attuale. L’ampiezza dei legittimati palesa la tutela del principio fondamentale, costituzionalmente garantito, della liberta’ matrimoniale, in cui rientra anche la trascrizione del matrimonio religioso.

Una volta eseguita la trascrizione, e’ dunque ammessa l’azione contenziosa, con instaurazione di un giudizio ordinario mediante atto di citazione ex articolo 163 c.p.c. e ss., volta all’accertamento della nullita’ di quella trascrizione, ove eseguita fuori dalle condizioni previste dalla legge: in particolare, ove la trascrizione eseguita tardivamente sia avvenuta senza il rispetto dei requisiti del consenso ora menzionati.

Nel giudizio contenzioso, il P.M. e’ interveniente necessario, ai sensi dell’articolo 70 c.p.c., vertendosi in materia matrimoniale.

La sentenza di annullamento della trascrizione conterra’ l’ordine di cancellazione della medesima dai registri dello stato civile.

Ne’ l’esistenza del decreto di autorizzazione alla trascrizione, assunto in sede di giurisdizione volontaria ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, articolo 95 e ss., e’ preclusiva dell’azione di annullamento dell’atto di trascrizione, esperita in sede contenziosa.

Questa Corte, al pari del giudice delle leggi, reputa compatibile il rito camerale anche con le controversie ove siano coinvolti diritti soggettivi: i diritti suscettibili di essere incisi dal provvedimento reso in camera di consiglio, possono, peraltro, essere adeguatamente tutelati in un momento successivo, nel giudizio a cognizione piena. Non e’ dunque impedita la successiva cognizione piena sui diritti incisi.

La Corte ha gia’ ritenuto che, anche in presenza di un provvedimento camerale, il giudice del processo civile contenzioso possa verificare se il provvedimento sia stato emesso sul falso ed errato presupposto della sussistenza di una situazione di fatto poi rivelatasi insussistente (Cass. 25 luglio 1972, n. 2546) e che le parti possano dedurre la carenza di presupposti del provvedimento stesso in sede contenziosa, allorche’ abbiano ricevuto pregiudizio dall’esecuzione del medesimo (Cass. 7 febbraio 1987 n. 1255, in tema di autorizzazione al curatore di una eredita’ beneficiata a vendere un immobile).

Nella fattispecie in esame, in sede di giudizio ordinario di cognizione il giudice conosce circa la legittimita’ della avvenuta trascrizione: e, ove egli sia di contrario avviso rispetto al provvedimento camerale in precedenza assunto avverso il rifiuto dell’ufficiale di stato civile, con la sentenza resa all’esito del giudizio ordinario potra’ ordinare la cancellazione della trascrizione stessa.

Si tratta di un’azione autonoma a cognizione piena, che attua il giudizio contenzioso a tutela dei diritti soggettivi investiti dal provvedimento non contenzioso.

Dunque, se il provvedimento camerale era viziato, e sebbene non sia stato impugnato dalle parti del procedimento relativo (uniche legittimate in quella sede), esso puo’ essere sindacato incidentalmente e disapplicato nel corso del giudizio di cui alla L. n. 847 del 1929, articolo 16, azione attribuita dal legislatore per la dichiarazione di nullita’ dell’atto di trascrizione.

In conclusione, va affermato il seguente principio di diritto: “Nell’ipotesi di trascrizione del matrimonio canonico, eseguita dall’ufficiale di stato civile su ordine del tribunale, adito con ricorso di un solo nubendo in sede di procedimento camerale, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, articoli 95 e 96, il soggetto che si ritenga leso da tale trascrizione puo’ agire con l’azione ordinaria di cognizione di cui alla L. n. 847 del 1929, articolo 16, volta all’accertamento della nullita’ della trascrizione stessa, allorche’ assuma che questa sia avvenuta in mancanza del consenso integro espresso o tacito – dell’altro coniuge, da accertare con riguardo al momento in cui fu formulata la richiesta la trascrizione all’ufficiale di stato civile, in origine disattesa”.

3.3. – La sentenza impugnata. Nella specie, la trascrizione fu richiesta unilateralmente dalla (OMISSIS) all’ufficiale di stato civile in data (OMISSIS).

Dunque, con riguardo a tale data occorreva accertare la sussistenza della conoscenza e non opposizione del coniuge non richiedente.

Tuttavia, la corte del merito ha ritenuto che sussistessero i presupposti della norma per la trascrizione tardiva del matrimonio, argomentando, oltre che dall’esistenza delle pubblicazioni, sulla base del decreto che ordino’ la trascrizione, all’esito del procedimento camerale in cui era stata accertata la volonta’ dei nubendi.

Al riguardo, invece, essa non avrebbe potuto omettere di operare la propria autonoma valutazione circa la sussistenza dei requisiti per la trascrizione dell’atto, ne’ avrebbe potuto limitarsi a rinviare agli accertamenti compiuti dal tribunale circa la volonta’ dei coniugi, espressa o tacita, ad ottenere la trascrizione del matrimonio, ma avrebbe dovuto autonomamente istruire la causa al riguardo, sulla base delle istanze probatorie dalle parti tempestivamente proposte.

4. – Motivi concernenti i diritti successori in capo alla ricorrente. I motivi sesto, settimo, ottavo e nono restano assorbiti.

5. – In conclusione, in accoglimento dei motivi quarto e quinto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa innanzi alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, la quale, in applicazione del principio enunciato e sulla base delle risultanze processuali, operera’ gli accertamenti indicati con riguardo alla dimostrazione dell’esistenza, integrita’ e pienezza del consenso del (OMISSIS) alla trascrizione, sussistente al momento e con riguardo alla richiesta unilaterale della (OMISSIS), mediante la prova di dichiarazioni del medesimo tali da esprimere in modo serio ed univoco la consapevolezza e la non opposizione agli effetti civili del matrimonio religioso.

Alla corte del merito si demanda altresi’ la liquidazione delle spese di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto ed il quinto motivo del ricorso, respinti i motivi primo, secondo e terzo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa innanzi alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.