Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile Ordinanza 14 febbraio 2018, n. 3674

l’obbligazione di liquidare la quota di una societa’ di persone in favore del socio receduto o escluso, ovvero degli eredi del socio defunto, fa capo non agli altri soci, bensi’ alla societa’, sicche’ la relativa domanda va proposta nei confronti della societa’ medesima, quale soggetto passivamente legittimato, senza che vi sia neppure necessita’ di evocare in giudizio anche detti altri soci.

 

Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile Ordinanza 14 febbraio 2018, n. 3674

Integrale

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27726-2016 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3093/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/12/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI.

RILEVATO

che:

(OMISSIS), in proprio e quale erede di (OMISSIS), e i restanti eredi di questi, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorrono per cassazione, con tre motivi, avverso la sentenza con la quale la corte d’appello di Roma, definendo il giudizio di opposizione avverso la liquidazione della quota sociale del de cuius, conseguente all’esclusione da socio della (OMISSIS) s.n.c., ha dichiarato la nullita’ della sentenza di primo grado (del tribunale di Latina) per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, e ha dichiarato poi inammissibile, per novita’, la domanda di condanna della (OMISSIS) s.n.c., avanzata solo in sede di appello;

la (OMISSIS) s.n.c. si e’ costituita resistendo all’impugnazione;

i ricorrenti hanno depositato una memoria.

CONSIDERATO

che:

il primo motivo, col quale si deduce l’omessa motivazione su fatto controverso, unitamente alla violazione degli articoli 112 e 113 cod. proc. civ., per non esser stata esaminata l’eccezione pregiudiziale in ordine al non avvenuto esperimento della mediazione secondo il disposto del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5, comma 1, e’ inammissibile;

da un lato, infatti, non risulta adempiuto l’onere di autosufficienza, dal momento che dalla sentenza non risulta che una simile eccezione sia stata formulata nel giudizio a quo e il ricorso niente evidenzia al riguardo mediante apposita trascrizione delle modalita’ di proposizione e dei tratti salienti dell’atto contenente; dall’altro, e comunque, il richiamo alla norma e’ nella specie inconferente, sia per oggetto che ratione temporis;

il processo di cui trattasi ha per oggetto una controversia societaria, sottratta alla mediazione obbligatoria; inoltre, dopo la declaratoria di incostituzionalita’ di cui a C. cost. n. 272 del 2012, la reintroduzione dell’istituto mediatorio e’ avvenuta, in base al Decreto Legge n. 69 del 2013, articolo 84, comma 1, lettera b), conv. con modificazioni in L. n. 98 del 2013, e poi ulteriormente modificato dal Decreto Legislativo n. 130 del 2015, prendendo a riferimento i giudizi di primo grado successivamente instaurati, non anche gli appelli al momento gia’ pendenti: la mediazione, per i processi di appello, e’ stata introdotta con la modifica del citato articolo 5, comma 2 (in base al Decreto Legge n. 69 del 2013, articolo 84, comma 1, lettera c)), ma come mediazione solo facoltativa;

consegue che l’eccezione de qua, ove anche prospettata nel senso indicato nel primo motivo di ricorso, era infondata; e per costante giurisprudenza il vizio di omessa pronuncia non rileva, ai fini della cassazione della sentenza, ove la questione sottostante, che avrebbe dovuto essere oggetto di pronuncia, risulti per l’appunto infondata o inammissibile (v. ex aliis Cass. n. 21257-14, Cass. n. 21968-15);

sono manifestamente infondati il secondo e il terzo motivo di ricorso, tra loro connessi e suscettibili di unitario esame;

in essi i ricorrenti, denunziando l’insufficienza e la contraddittorieta’ della motivazione della corte d’appello in ordine all’interpretazione degli atti processuali e la violazione degli articoli 116 e 112 cod. proc. civ., lamentano che sia stata ritenuta la nullita’ della sentenza di primo grado in ordine alla condanna della societa’; per conseguenza denunziano l’erroneita’ della sentenza nella parte in cui ha ritenuto inammissibile per novita’ la domanda medesima siccome proposta per la prima volta in appello;

al riguardo l’impugnata sentenza ha affermato che la domanda di (OMISSIS) era stata “formulata soltanto nei confronti dei convenuti in giudizio, (OMISSIS) e (OMISSIS)”, mentre la condanna del tribunale di Latina era stata pronunciata nei confronti della societa’ (OMISSIS), sebbene questa fosse stata chiamata in causa “solo per la richiesta di manleva avanzata dall’altra chiamata in causa (OMISSIS)”; ha aggiunto che la domanda originaria non era stata “dall’attore estesa nei confronti del terzo chiamato in causa (OMISSIS) s.n.c.”, essendosi (OMISSIS) riportato, in sede di conclusioni, all’atto introduttivo;

da tanto la corte d’appello ha desunto che la condanna della societa’ era stata dal tribunale pronunciata in difetto di domanda e che la richiesta formulata in appello, di conferma della decisione di primo grado, aveva costituito, nella parte riferita alla (conferma della) condanna della societa’, domanda nuova;

il ricorso e’ inteso a far valere un vizio processuale implicante l’esatta interpretazione della domanda; vizio rispetto al quale questa Corte e’ giudice del fatto, sicche’ il sindacato puo’ investire direttamente l’invalidita’ denunciata mediante l’accesso agli atti sui quali il ricorso e’ fondato, indipendentemente dalla sufficienza e logicita’ della eventuale motivazione’ esibita al riguardo dal giudice del merito (cfr. Cass. n. 8069-16; Cass. n. 16164-15);

sennonche’ la stessa trascrizione del petitum, nel corpo del ricorso per cassazione, conferma la ricostruzione del rapporto processuale cosi’ come fatta dall’impugnata sentenza, in quanto risulta indicato che il (OMISSIS) aveva convenuto in giudizio i predetti soci chiedendo che quelli – e non la societa’ – fossero condannati, in solido, al pagamento della quota, nella somma richiesta o in altra da determinare in causa;

la proposizione di domanda di condanna delle persone fisiche dei soci, in via tra loro solidale, rende ragione della statuizione della corte d’appello;

e’ infatti sufficiente ricordare che le sezioni unite di questa Corte, risolvendo un contrasto di giurisprudenza precedentemente sorto in argomento, hanno chiarito che l’obbligazione di liquidare la quota di una societa’ di persone in favore del socio receduto o escluso, ovvero degli eredi del socio defunto, fa capo non agli altri soci, bensi’ alla societa’, sicche’ la relativa domanda va proposta nei confronti della societa’ medesima, quale soggetto passivamente legittimato, senza che vi sia neppure necessita’ di evocare in giudizio anche detti altri soci (Cass. Sez. U n. 291-00);

in particolare, non riveste alcun rilievo la circostanza che la societa’ di cui si discute sia composta da due soli soci, giacche’ cio’ non ne attenua in alcun modo l’autonomia patrimoniale e non consente di confondere il patrimonio sociale con quello di ciascun socio (v. nel solco delle sezioni unite Cass. n. 1040-09, Cass. n. 816-09, Cass. n. 11298-01);

non rileva che questa Corte abbia altresi’ affermato che, in tema di societa’ in nome collettivo, con riferimento alla domanda di liquidazione della quota da parte degli eredi del sodo defunto ai sensi dell’articolo 2284 cod. civ., il necessario contraddittorio nei confronti della societa’, titolare esclusiva della legittimazione passiva, puo’ ritenersi regolarmente instaurato anche nel caso in cui sia convenuta in giudizio non la societa’, ma tutti i suoi soci (Cass. n. 5248-12);

difatti cio’ attiene, appunto, alle modalita’ in instaurazione del contraddittorio, sempre che, quindi, l’interpretazione della domanda consenta di dire che l’attore abbia proposto l’azione nei confronti della societa’, per far valere il proprio credito vantato contro di essa;

cio’ e’ nella specie da escludere, sicche’ la decisione della corte d’appello e’ in tal senso aderente al petitum che risulta formulato in base alle stesse difese dei ricorrenti; le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alle spese processuali, che liquida in euro 4.100,00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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Avv. Umberto Davide

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