Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 14 febbraio 2018, n. 3654

Esclusa l’applicabilita’ ratione temporis del Decreto Ministeriale n. 145 del 2000 sopravvenuto alla stipula del contratto (e, comunque, la pertinenza della disposizione richiamata, venendo, in tesi, in rilievo l’articolo 22; cfr. in tema di applicabilita’ delle disposizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, in riferimento alla norma transitoria di cui all’articolo 232, da ultimo, Cass. n. 5681 del 2017 tra le stesse parti) e disattesa l’eccezione d’inammissibilita’ della doglianza, che attiene a profili di diritto, va rilevato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 29, comma 4, qui applicabile, consente la disapplicazione totale o parziale della penale solo nell’ipotesi in cui si riconosca che il ritardo non e’ imputabile all’appaltatore. La valutazione dell’importanza dell’inadempimento compiuta dalla Corte territoriale in riferimento al parametro normativo di cui all’articolo 1455 c.c., in tema di risoluzione del contratto, incorre, dunque, nella critica che le e’ stata rivolta, poiche’ dall’operata valutazione il giudice non aveva il potere di escludere la penale, in base alla disposizione di capitolato, ma, solo, di ridurla equamente, a norma dell’articolo 1384 c.c., potere che sussiste, anche, in caso di appalto pubblico, laddove venga accertato che l’ammontare del danno preventivamente commisurato ecceda la concreta entita’ del pregiudizio (cfr. Cass. n. 21994 del 2012 in tema di valutazione dell’interesse del creditore e Cass. Su n. 18128 del 2005, che sottolinea come il potere del giudice costituisca espressione dei principi di solidarieta’, correttezza e buona fede, di cui all’articolo 2 Cost. e articoli 1175 e 1375 c.c.).

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con partilare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo:

L’appalto privato aspetti generali.

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 14 febbraio 2018, n. 3654

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere

Dott. SAMBITO Maria G.C. – rel. Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11076/2013 proposto da:

(OMISSIS) S.r.l., gia’ (OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.p.a.;

– intimata –

e contro

(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) S.r.l., gia’ (OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1533/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/10/2017 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C..

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 21.3.2012, la Corte d’Appello di Roma, adita in sede d’impugnazione del lodo, depositato il 25.10.2007, emesso dal Collegio arbitrale costituito per la soluzione delle controversie inerenti al contratto d’appalto sottoscritto in data 16.3.1988 tra l'(OMISSIS) e la Societa’ Ing. (OMISSIS) (ora S.p.A. (OMISSIS)), lo ha dichiarato nullo nella parte in cui gli arbitri avevano ritenuto inapplicabile la penale e fondato il diritto della Societa’ al ristoro dei maggiori oneri conseguenti alle sospensioni dei lavori, evidenziando che: a) l’affermazione secondo cui l’opera era stata completata si poneva in contraddizione con l’accertamento compiuto dagli Arbitri circa la mancata esecuzione di una parte – sia pur non consistente – dell’opera ed in violazione dell’articolo 1218 c.c., che impone l’esatto adempimento; b) il termine di ultimazione dei lavori era stato fissato alla data del 13 ottobre 1998, mediante il computo, nella durata delle sospensioni, dei periodi intermedi di ripresa dei lavori, in violazione dei principi di cui al Regio Decreto n. 350 del 1895, articolo 16 e al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 30 applicabili ratione temporis; c) la responsabilita’ dell'(OMISSIS) per il ritardo nel collaudo, da eseguirsi entro il termine di capitolato o non oltre sei mesi dall’ultimazione dei lavori, era insussistente non essendo l’opera stata ultimata.

Giudicando in rescissorio, in accoglimento della domanda dell’Impresa, la Corte ha dichiarato illegittima la penale, per essere l’inadempimento di scarsa importanza, mentre ha rigettato le domande di riconoscimento dei maggiori oneri conseguenti alle sospensioni, di risarcimento del danno per la mancata redazione dello stato finale e del collaudo, nonche’ quella di svincolo delle somme trattenute in garanzia.

Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso, l’Impresa con sei motivi. L'(OMISSIS) S.p.A. ha depositato controricorso con cui ha proposto un motivo di ricorso incidentale, resistito con controricorso dall’Impresa. Le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo, articolato, motivo, la ricorrente principale censura la statuizione sub a) di parte narrativa per violazione e falsa applicazione dell’articolo 829, comma 1, n. 4 e comma 2, ed omesso esame di fatto decisivo, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4, 3 e 5. La Corte d’Appello, afferma la Societa’, ha travalicato i limiti propri del giudizio d’impugnazione del lodo arbitrale, per avere, con motivazione incongrua ed insufficiente, valutato la rilevanza, ai fini dell’esatto adempimento, dei lavori non completati, che il lodo, con apprezzamento incensurabile in sede rescindente, aveva ritenuto minimi e non incidenti sulla funzionalita’ dell’opera.

2. Col secondo motivo si deduce la violazione falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di sospensione dei lavori pubblici (Regio Decreto n. 350 del 1895, articolo 16, Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 30; Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 133; Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, articoli 24 e 25), in relazione alla statuizione sub b) della narrativa. La ricorrente lamenta che la Corte territoriale ha applicato la disciplina relativa alle sospensioni parziali che era inapplicabile ratione temporis, per essere l’appalto stato stipulato il 16.3.1988.

3. Con il terzo motivo, l’Impresa deduce la violazione degli articoli 1176 e 1218 c.c., nonche’ dei principi di buona fede nell’esecuzione del contratto (articoli 1175 e 1375 c.c.), oltre che omesso esame di fatto decisivo o nullita’ della sentenza in riferimento all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nuovamente, in relazione alla statuizione sub a) della narrativa. La ricorrente afferma che la Corte d’Appello, senza motivare al riguardo, ha errato nel non considerare che anche l’esattezza dell’adempimento andava valutata alla stregua dello scopo della prestazione e dell’interesse del creditore e, comunque, alla luce principio di buona fede, e che nella specie gli arbitri avevano valutato sostanzialmente adempiuta l’obbligazione alla data del 13.10.1998 in considerazione della ridotta entita’ dei lavori ineseguiti (Lire 30.243.789) rispetto al totale contrattuale (Lire 8.336.810.000) e del fatto che si trattava di lavorazioni di finitura che non incidevano sulla funzionalita’ dell’opera.

4. Col quarto motivo, la ricorrente censura la statuizione sub c) della narrativa deducendo la nullita’ della sentenza per travalicamento dei limiti posti dall’articolo 829, comma 1, n. 4 e comma 2, o in via gradata, falsa applicazione dell’articolo 829, comma 1, n. 4 e comma 2, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4, 3 e 5; violazione e falsa applicazione degli articoli 1176, 1218, 1175 e 1375 c.c.; omesso esame di fatto decisivo o nullita’ della sentenza in riferimento all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4. L’Impresa, che riconosce che la statuizione relativa ai danni per il tardato collaudo ha per presupposto il capo censurato col primo ed il terzo motivo, riproduce le censure dedotte coi predetti mezzi.

5. I motivi primo, terzo e quarto, da esaminarsi congiuntamente per le evidenti connessioni, vanno rigettati per le seguenti considerazioni.

6. Ancorche’ sia vero che la previsione di cui all’articolo 829 c.p.c., comma 1, n. 4, non corrisponde al vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la prima sanziona con la nullita’ del lodo, oltre alla contraddittorieta’ tra componenti del dispositivo e tra motivazione e dispositivo, anche quella interna alla motivazione che determini l’impossibilita’ assoluta di ricostruire l’iter logico e giuridico sottostante alla decisione (cfr. Cass. n. 1258 del 2016; n. 11895 del 2014), e che siffatta contraddittorieta’ non e’ stata neppure prospettata innanzi alla Corte territoriale, il principio non giova alla ricorrente in quanto la decisione impugnata ha, in realta’, sottolineato il contrasto logico dell’argomento svolto dagli arbitri, anche, allo scopo di far emergere la falsa applicazione dell’articolo 1218 c.c.: proprio muovendo dall’accertamento fattuale compiuto nel lodo circa il mancato completamento dei lavori (per quanto di scarsa entita’ fossero quelli rimasti ineseguiti) ha tratto, in diritto, la conseguenza che gli stessi non potevano dirsi “esattamente” adempiuti; profilo – che come gia’ rilevato dalla stessa Corte territoriale – non attiene all’apprezzamento del fatto, ma alla nozione giuridica dell’esattezza dell’adempimento, che, ad onta dei lodevoli sforzi dialettici della ricorrente, presuppone, comunque, che la prestazione dovuta venga in toto eseguita.

7. Pare, infatti, al Collegio che il generale principio di buona fede nell’esercizio dei propri diritti, che riveste un ruolo fondamentale – unitamente al divieto di abuso del diritto che ne costituisce l’interfaccia – come metro di comportamento per i soggetti del rapporto obbligatorio e costituisce un binario guida per la sintesi valutativa del giudice in riferimento alle caratteristiche del caso specifico, non sia invocato a proposito, dato che, nella specie, non viene direttamente in rilievo la valutazione dell’importanza dell’inadempimento (che viene sottolineata dalla ricorrente) o l’interesse del creditore alla prestazione totale, ma il dato oggettivo dell’integrale (mancata) esecuzione dei lavori. E nell’ambito dell’appalto di opere pubbliche tale dato ha un rilievo pregnante, in quanto l’ultimazione dei lavori segna, appunto, l’inizio del procedimento destinato a confluire nel collaudo (cio’ che, del resto, si riflette nella stessa formulazione dei motivi in esame) la cui verifica e’ sottoposta a specifiche regole (Regio Decreto n. 350 del 1865, articolo 62 e Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 29 nel regime qui applicabile), dovendo esser comunicata per iscritto al Decreto Legge ed essere attestata mediante apposito verbale da redigersi in contraddittorio col D.L.: comunicazione che non risulta aver fatto l’Impresa alla data del 13 ottobre 1998 (di contabilizzazione del 13 SAL), in cui afferma essere, in concreto, intervenuta l’ultimazione dei lavori, ne’ consta in periodo immediatamente successivo la redazione in contraddittorio di alcun verbale in tal senso.

8. In relazione alle altre censure, va rilevato che, involgendo le questioni trattate profili di diritto, i denunciati vizi motivazionali (in tesi deducibili, essendo la sentenza stata depositata il 21.3.2012 e dunque ricadendo il ricorso nel regime antecedente la novella di cui al Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, ex articolo 54, comma 3) sono inammissibili, laddove insussistente e’ la nullita’ della sentenza per carenza del requisito motivazionale, vizio che ricorre nel diverso caso in cui la motivazione, benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni oggettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento.

9. Il secondo motivo risulta del tutto inconsistente: la circostanza che il regime di cui al Regio Decreto n. 350 del 1895, articolo 16 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 30 non preveda sospensioni parziali dei lavori non implica affatto la fondatezza della proposizione inversa, e cioe’ che quando durante un periodo di sospensione intervenga una ripresa parziale dei lavori il relativo periodo debba esser, contra factum, computato come periodo di sospensione.

10. Con il quinto motivo, si lamenta l’omessa pronuncia, l’omesso esame di un fatto decisivo o la nullita’, ex articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 della sentenza, nella parte in cui ha dichiarato assorbita l’impugnazione incidentale (violazione di norme e principi in tema di risarcimento del danno; violazione e falsa applicazione delle norme in materia di maggiori oneri; insufficienza ed erroneita’ della motivazione ed omessa pronuncia).

11. Il motivo e’ inammissibile: l’impugnazione incidentale erano rivolta a criticare la taxatio, ritenuta insufficiente, effettuata su capi del lodo annullati, annullamento qui confermato, e, comunque, la censura non tiene conto che nel giudizio di cassazione non sono esaminabili le questioni sulle quali il giudice inferiore non si e’ pronunciato, il cui esame va rimesso al giudice di rinvio, nel caso, che qui appunto non ricorre, in cui venga cassato il capo della sentenza impugnata, relativo alla questione ritenuta assorbente.

12. Con il sesto motivo, la ricorrente lamenta, in riferimento alle statuizioni del rescissorio l’omesso esame di un fatto decisivo,ovvero la nullita’ della sentenza ex articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 in ordine al rigetto delle domande relative a compensi e risarcimenti per sospensione dei lavori, per il ritardo nella redazione dello stato finale e nel collaudo,e di svincolo della cauzione. La ricorrente si duole, in particolare, che i giudici a quo hanno omesso di verificare la rilevanza pregiudizievole delle singole sospensioni sul complessivo andamento anomalo dei lavori, hanno erroneamente ritenuto i lavori non ultimati e cosi’ affermato la sussistenza del suo inadempimento, senza valutare quello della committente ne’ la relativa importanza.

13. Il motivo e’ in parte inammissibile ed in parte infondato. Il tema dibattuto innanzi ai giudici dell’impugnazione, in relazione sia alla disapplicazione della penale che ai maggiori oneri conseguenti alle sospensioni era collegato al termine di ultimazione dei lavori, ed in proposito la Corte territoriale ha statuito ritenendo di non riconoscere all’Impresa alcun compenso “quale che fosse il termine finale per l’esecuzione dei lavori”, perche’ parte non adempiente, sicche’ le denunciate omissioni sono insussistenti.

14. Peraltro, le questioni relative alle cause, che si assumono illegittime, delle varie sospensioni ed alla valutazione comparativa dei reciproci inadempimenti presentano profili di novita’ e risultano pure genericamente svolte (pag. 39 e 41 del ricorso), laddove l’assunto secondo cui la Corte avrebbe errato nell’affermare la sua inadempienza, per non aver in ispecie ritenuto ultimati i lavori al 13.10.1998 (in cui, come si e’ detto, e’ stato contabilizzato il 13 SAL) in quanto esattamente rispondenti a quelli contabilizzati nello stato finale del 13.8.2001, oltre a confliggere con i principi esposti nel precedente § 7, attinge al merito ed e’ pure viziato da un’evidente petizione di principio, essendo in detto stato finale – rectius “nel verbale di constatazione e accertamento dei lavori” (cfr. pag. 11 terzo periodo della sentenza) – attestata proprio la mancata realizzazione di tutte le opere commesse. Il carattere incontroverso riconnesso al fatto che tali lavori siano, poi, stati riappaltati a terzi, ad opera della committente, non e’, infine, efficacemente contrastato in seno al ricorso, in cui si da’, piuttosto, conto della contestazione svolta in sede arbitrale (cfr. pag. 41, 1 periodo ricorso).

15. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, l'(OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1218 e 1455 c.c., articolo 11 CSA e Decreto Ministeriale n. 145 del 2000, articolo 5 oltre che vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ritenuto inadempiente la Societa’ appaltatrice e ciononostante annullato l’irrogazione della penale. La previsione della penale per il ritardo nella ultimazione dei lavori, prosegue la ricorrente incidentale, ha carattere cogente e non e’ subordinata alla consistenza qualitativa o quantitativa della inadempienza dell’Impresa.

16. Il motivo e’ fondato per le seguenti considerazioni. Esclusa l’applicabilita’ ratione temporis del Decreto Ministeriale n. 145 del 2000 sopravvenuto alla stipula del contratto (e, comunque, la pertinenza della disposizione richiamata, venendo, in tesi, in rilievo l’articolo 22; cfr. in tema di applicabilita’ delle disposizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, in riferimento alla norma transitoria di cui all’articolo 232, da ultimo, Cass. n. 5681 del 2017 tra le stesse parti) e disattesa l’eccezione d’inammissibilita’ della doglianza, che attiene a profili di diritto, va rilevato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 29, comma 4, qui applicabile, consente la disapplicazione totale o parziale della penale solo nell’ipotesi in cui si riconosca che il ritardo non e’ imputabile all’appaltatore. La valutazione dell’importanza dell’inadempimento compiuta dalla Corte territoriale in riferimento al parametro normativo di cui all’articolo 1455 c.c., in tema di risoluzione del contratto, incorre, dunque, nella critica che le e’ stata rivolta, poiche’ dall’operata valutazione il giudice non aveva il potere di escludere la penale, in base alla disposizione di capitolato, ma, solo, di ridurla equamente, a norma dell’articolo 1384 c.c., potere che sussiste, anche, in caso di appalto pubblico, laddove venga accertato che l’ammontare del danno preventivamente commisurato ecceda la concreta entita’ del pregiudizio (cfr. Cass. n. 21994 del 2012 in tema di valutazione dell’interesse del creditore e Cass. Su n. 18128 del 2005, che sottolinea come il potere del giudice costituisca espressione dei principi di solidarieta’, correttezza e buona fede, di cui all’articolo 2 Cost. e articoli 1175 e 1375 c.c.).

16. L’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, che si atterra’ ai suddetti principi e provvedera’, anche, a liquidare le spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale, accoglie l’incidentale, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.