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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 14 febbraio 2018, n. 3575

la domanda di un terzo (non di un comproprietario, come piu’ di frequente si riscontra nella casistica) il quale, agendo contro il condominio, si affermi proprietario esclusivo e pretenda di farlo con una domanda mirante al giudicato di accertamento e di condanna al rilascio dovrebbe svolgersi in contraddittorio con tutti i condomini, stante la condizione di comproprietari dei beni comuni e la portata delle azioni reali, che incidono sul diritto pro quota o esclusivo di ciascun condomino, avente reale interesse a contraddire.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 14 febbraio 2018, n. 3575

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2012-2013 proposto da:

(OMISSIS) s.a.s., p.iva (OMISSIS), in persona del socio accomodatario e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4957/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/02/2017 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore della ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega dell’Avvocato (OMISSIS) difensore del controricorrente, che si riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE ALESSANDRO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1) Dal 2001 (OMISSIS) sas ha inteso rivendicare nei confronti del (OMISSIS) la proprieta’ esclusiva della particella catastale (OMISSIS) gia’ facente parte della (OMISSIS), alla partita NCT di Roma (OMISSIS), f.g. (OMISSIS), particolo (OMISSIS), costituita da un terreno molto esteso, destinato a spazi condominiali, tra i quali la piscina condominiale, sito in (OMISSIS).

La domanda e’ stata accolta dal tribunale di Roma nel 2005, ma la decisione del primo giudice e’ stata annullata dalla sentenza n. 4957 del 10 ottobre 2012 della locale Corte di appello.

Accogliendo il primo motivo di gravame del Condominio, la Corte ha ritenuto che sussista litisconsorzio di ciascun condomino comproprietario di unita’ immobiliari nello stabile e ha rimesso le parti al primo giudice ai sensi dell’articolo 354 c.p.c., comma 1.

Il ricorso per cassazione della societa’ e’ stato notificato il 18 gennaio 2013. Il Condominio ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) La Corte di appello ha testualmente affermato: “La domanda di accertamento della proprieta’ esclusiva proposta da (OMISSIS) sas – rispetto alla quale assumono natura accessoria quelle ulteriori di riduzione in pristino e risarcimento del danno – travalica l’ambito delle attribuzioni gestorie e di rappresentanza della collettivita’ condominiale rimesse ex lege all’amministratore del Condominio (articoli 1130 e 1131 c.c.), venendo piuttosto ad incidere sui diritti reali che, secondo le contrapposte allegazioni difensive, ai singoli partecipanti derivano sui beni comuni in virtu’ dei rispettivi titoli di acquisto delle porzioni immobiliari, avuto riguardo, in particolare, al regolamento di condominio ivi specificamente richiamato, alla stregua del quale (articoli 2 e 3) il terreno oggetto di rivendicazione sarebbe ricompreso tra i beni comuni”.

Il ricorso verte su tre motivi, numerati come A, B, C..

Il primo denuncia violazione dell’articolo 182 c.p.c., comma 2, con riferimento all’articolo 1131 c.c., commi 1 e 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4.

Parte ricorrente deduce che, stando alla sentenza 18331/2010 delle Sezioni Unite, l’amministratore avrebbe dovuto proporre appello previa autorizzazione dell’assemblea, carenza che non era stata sanata cosicche’ il procedimento di appello non poteva proseguire e la sentenza impugnata dovrebbe essere cassata senza rinvio.

La censura si scontra con i rilievi di parte resistente, la quale, oltre ad osservare che la questione non era stata sollevata in precedenza, ha dedotto che la delibera assembleare del 30 gennaio 2006 era stata depositata “in data 17.5.2012 (doc. 3.8 del presente fascicolo)” e che altro verbale del 16.6.2008 e’ stato redatto e depositato in causa in occasione della sostituzione del precedente difensore. Ha inoltre osservato che l’autorizzazione al controricorso in cassazione avrebbe effetto sanante.

2.1) Questi rilievi di parte controricorrente colgono nel segno.

Il potere di rappresentanza processuale dell’amministratore, che, per non dire degli altri documenti, risulta, quanto all’odierno giudizio, dal verbale di assemblea straordinaria del 19/2/2013 ha effetto sanante di ogni ipotizzata mancanza.

Tanto si desume dalla stessa sentenza 18331/2010, secondo la quale “la ratifica… vale a sanare con effetti ex tunc l’operato dell’amministratore che abbia agito senza autorizzazione dell’assemblea”, quanto, ancor piu’ esplicitamente, dalla successiva giurisprudenza delle Sezioni Unite (Cass. 4248/16).

E’ dunque insussistente la dedotta carenza di potere rappresentativo dell’amministratore con riferimento a ogni grado della presente controversia.

3) Il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 132 c.p.c.. Deduce che dalla motivazione della sentenza impugnata, qui riportata sub §2, non si comprenderebbe “perche’ mai se i diritti dei condomini hanno ad oggetto beni in comune”, la Corte abbia “affermato che la domanda di rivendica proposta dalla (OMISSIS) sas, travalica i poteri dell’amministratore”.

Parte ricorrente sostiene di aver chiesto l’accertamento del proprio diritto di proprieta’ non su beni appartenenti in via esclusiva ai singoli condo’rnini, ma solo di beni di cui sono comproprietari in comune. Nega che la pretesa abbia riflessi sui diritti reali che ai singoli partecipanti derivano sui beni comuni. Nega che dal regolamento condominiale si possa desumere che la pretesa (OMISSIS) possa incidere sui beni oggetto dei singoli.

Il terzo motivo denuncia “illogicita’ della motivazione sotto il profilo della contraddittorieta’”.

La censura ripropone quanto prima sostenuto nel secondo motivo e deduce che la sentenza impugnata sarebbe contraddittoria nella parte in cui afferma da un lato che la domanda travalica le competenze dell’amministratore perche’ va ad incidere su diritti reali dei singoli, dall’altro considera i diritti reali in parola come aventi “ad oggetto beni comuni dei singoli partecipanti al condominio”.

I due motivi, da esaminare congiuntamente perche’ integrantisi vicendevolmente, sono inammissibili e da rigettare.

Sono inammissibili perche’ discutono di una questione processuale sotto il profilo del vizio di motivazione della sentenza e non di un vizio del procedimento.

Va infatti ricordato che nel giudizio di legittimita’ e’ inammissibile il motivo di ricorso col quale si lamenti il vizio di motivazione della sentenza con la quale il giudice di merito abbia risolto una questione di diritto processuale: infatti, in tema di vizi del procedimento, l’accertamento demandato alla Corte di cassazione deve consistere unicamente nella verifica del rispetto, da parte del giudice di merito, della legge processuale, a nulla rilevando il modo in cui egli abbia motivato la propria decisione (Cass. n. 13683 del 31/07/2012).

Nel caso odierno per contro parte ricorrente si e’ diffusamente e inequivocabilmente soffermata proprio sulla configurabilita’ delle censure per motivazione apparente (132 c.p.c., n. 4) e per vizio di motivazione al lume dei nuovo articolo 360, n. 5, riformato nel 2012 (ricorso pag. 13).

3.1) Qualora si possa, per pura ipotesi, cogliere nei due motivi un’inespressa censura ex articolo 360 c.p.c., n. 4, cioe’ la denuncia di un “error in procedendo” relativamente al rilevato litisconsorzio, bisognerebbe in primo luogo osservare che parte ricorrente non ha dedotto con puntualita’ il contenuto degli atti processuali (citazione, atto di appello, comparse, sentenza di primo grado) per definire con esattezza gli esatti termini della controversia, come e’ necessario per dare ingresso al potere dovere del giudice di legittimita’ di esaminare gli atti processuali (cfr in proposito, sull’ammissibilita’ del motivo di censura, tra le altre, SU n. 8077/12, Cass 488/10; 23420/11; 5036 del 28/03/2012).

Non a caso parte controricorrente ha preliminarmente eccepito il difetto di specificita’ (in controricorso: “autosufficienza”, secondo la terminologia a lungo prevalente) del ricorso in ordine alle vicende del giudizio.

Il ricorso ha infatti riportato la parte cruciale della motivazione della Corte di appello, ma solo per denunciare una pretesa carenza o contraddittorieta’ intrinseca della motivazione. Non si e’ soffermato adeguatamente sul profilo, in ipotesi determinante, della configurabilita’ o meno del litisconsorzio in relazione alla domanda di rivendica da parte di un estraneo al condominio ( (OMISSIS) appunto) di un bene di cui con l’azione reale (sulla natura dell’azione proposta cfr ricorso pag. 5 in fine) si contesta che faccia parte delle proprieta’ del condominio.

Dunque i due motivi di ricorso resterebbero anche per questa via inammissibili.

3.2) Sul punto peraltro, lo si nota anche per comprendere la indispensabilita’ di un’argomentata censura cui la Corte di Cassazione non puo’ dar corso sviluppandola d’ufficio (v. Cass. n. 3872 del 19/02/2014), la sentenza romana e’ conforme a quell’orientamento (pur contrastato) dí questa Corte, secondo cui la pretesa dell’attore, estraneo al condominio, di accertamento di un suo diritto di proprieta’ esclusiva sul bene condominiale, poiche’ pregiudica i diritti dei condomini, esclude che essi possano restare estranei al giudizio e ne impone la partecipazione litisconsortile (Cass. 8119/99; 2925/01; 7468/00).

Le Sezioni Unite (Cass. 25454/13) si sono occupate di queste problematiche con riguardo all’iniziativa promossa da un comproprietario o condomino contro altro condomino sul presupposto della condominialita’ del bene.

Si e’ osservato che in tal caso, qualora il convenuto si limiti a resistere, senza richiesta di accertamento con effetto di giudicato e quindi senza coinvolgere la posizione proprietaria di altri soggetti, non vi e’ necessita’ di chiamate litisconsortili. Sussiste per contro, si desume dall’insegnamento delle Sezioni Unite, litisconsorzio con tutti i condomini qualora il convenuto resista e svolga una domanda riconvenzionale che miri ad affermare la personale proprieta’ esclusiva, negando quella comune.

Una sentenza che affermasse la proprieta’ esclusiva in confronto di uno soltanto dei comproprietari sarebbe infatti inutiliter data.

Alla stregua di questa lettura – e portandola al diverso caso odierno – si potrebbe affermare che la domanda di un terzo (non di un comproprietario, come piu’ di frequente si riscontra nella casistica) il quale, agendo contro il condominio, si affermi proprietario esclusivo e pretenda di farlo con una domanda mirante al giudicato di accertamento e di condanna al rilascio dovrebbe svolgersi in contraddittorio con tutti i condomini, stante la condizione di comproprietari dei beni comuni e la portata delle azioni reali, che incidono sul diritto pro quota o esclusivo di ciascun condomino, avente reale interesse a contraddire (cfr, sull’interesse in concreto al litisconsorzio, SU 11523/13).

E’ del resto nota in giurisprudenza e in dottrina la differenza tra l’esclusione della legittimazione alternativa individuale dei singoli condomini in caso di impugnazione di deliberazioni assembleari relative a esigenze collettive del condominio (che sono individuali solo in via mediata) e legittimazione dei singoli quanto alle azioni reali.

4) Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna di parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore molto elevato della controversia, concernente la proprieta’ di un terreno di 19.663 mq (pag. 12 controricorso, che riporta testualmente il verificabile dispositivo della sentenza di primo grado) in zona residenziale della capitale.

Ratione temporis non e’ applicabile il disposto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in Euro 8.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge, rimborso delle spese generali (15%).

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.