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Corte di Cassazione, Sezione 6 3 civile Ordinanza 19 marzo 2018, n. 6703

la responsabilita’ per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all’articolo 2051 c.c., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l’Amministrazione liberata dalla medesima responsabilita’ ove dimostri che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili ne’ eliminabili con immediatezza, neppure con la piu’ diligente attivita’ di manutenzione, ovvero da una situazione (nella specie, una macchia d’olio, presente sulla pavimentazione stradale, che aveva provocato la rovinosa caduta di un motociclista) la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialita’ offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode.

 

 

 

 

Per approfondire il tema oggetto della seguente pronuncia si consiglia la lettura del seguente articolo:

La responsabilità della p.a. quale proprietaria delle strade

Corte di Cassazione, Sezione 6 3 civile Ordinanza 19 marzo 2018, n. 6703

Integrale

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 120-2017 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SCAFATI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 843/2016 del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE, depositata il 28/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/09/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) propose appello avverso la sentenza del Giudice di pace di Nocera Inferiore n. 44/2012, con la quale era stata rigettata, perche’ ritenuta non provata, la domanda proposta dal medesimo (OMISSIS) nei confronti del Comune di Scafati e volta alla condanna di quest’ultimo al risarcimento dei danni riportati dall’attore a seguito del sinistro verificatosi a (OMISSIS) in data (OMISSIS), allorche’ il (OMISSIS), mentre era alla guida del suo ciclomotore Scarabeo, era caduto al suolo in quanto tale motoveicolo aveva “perso aderenza” per la presenza di materiale vischioso sul manto stradale, non visibile e non segnalato.

L’appellato si costitui’ resistendo all’appello.

Il Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza pubblicata il 28 maggio 2016, rigetto’ l’appello e ogni altra domanda e condanno’ l’appellante alle spese di lite.

Avverso la sentenza del Tribunale (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi.

L’intimato Comune non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.

La proposta del relatore e’ stata comunicata all’avvocato della parte ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’articolo 380 bis cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.

2. Con il primo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art(t). 2051 c.c., articolo 1227 c.c., articolo 2056 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., articolo 2697 c.c. e ss. articolo 40 c.p…. comma 2) ed omessa ed insufficiente motivazione – articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”, il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia posto a suo carico “l’onere di provare l’inesistenza del fortuito, la non immediatezza dell’eventuale fatto del terzo – costituente mera congettura -, l’inevitabilita’ dell’evento a mezzo dell’adozione, da parte del custode, di tutte le idonee misure di vigilanza, controllo ed intervento, l’esigibilita’ dell’intervento riparatorio dell’Ente custode, violando il disposto, tra l’altro, dell’articolo 2051 c.c., articoli 2697 e 2699 c.c., articoli 112 e 115 c.p.c., articolo 40 c.p.”.

Ad avviso del ricorrente, l’errore giuridico in cui sarebbe incorso il Tribunale avrebbe “avuto una plastica ricaduta nell’affermazione che la mera presenza della macchia d’olio e’ il caso nel quale si concreta il caso fortuito sic e simpliciter, affermazione non suffragata da alcun elemento oggettivo, evidente frutto di una “presunzione”, deduzione, che contra ius addossa al danneggiato piuttosto che al custode, l’onere di provare l’insussistenza del caso fortuito”.

Sostiene, altresi’, il (OMISSIS) che “a fronte della ritenuta sussistenza della prova del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno cioe’ della dipendenza eziologica dei pregiudizi riportati per effetto della situazione di pericolo incombesse sull’… Ente proprietario custode l’onere probatorio circa il verificarsi del caso fortuito” e che, in ossequio a tali principi di riparto dell’onere probatorio, il Tribunale avrebbe erroneamente non ammesso la prova per testi articolata dall’attore e la chiesta c.t.u..

3. Con il secondo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione di norme di diritto – articoli 2051, 2697 e 2699 e ss. c.c., articolo 1227 c.c., articolo 2056 c.c., articoli 112 e 115 c.p.c ed omessa ed insufficiente motivazione – articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, il (OMISSIS) censura la sentenza impugnata per aver il Tribunale “dall’accertamento dell’esistenza di materiale viscoso presente sul manto stradale… presunto essersi formata la prova del caso fortuito”, atteso che il potere del giudice di libera valutazione della prova, secondo il suo prudente apprezzamento, non consentirebbe allo stesso di attribuire efficacia probatoria esaustiva ad elementi meramente indiziari, valutabili solo in relazione alle altre prove.

4. I primi due motivi, essendo strettamente connessi, ben possono essere congiuntamente esaminati.

4.1. Per quanto attiene alle censure motivazionali proposte con i mezzi in scrutinio, le stesse sono inammissibili.

Si evidenzia che, essendo la sentenza impugnata in questa sede stata pubblicata in data 28 maggio 2016, nella specie trova applicazione l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

Alla luce del testo di detta norma, cosi’ come novellata, non e’ piu’ configurabile il vizio di insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullita’ della sentenza ai sensi del n. 4) del medesimo articolo 360 cod. proc. civ. (Cass., ord., 6/07/2015, n. 13928; v. pure Cass., ord., 16/07/2014, n. 16300) e va, inoltre, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., ord., 8/10/2014, n. 21257). E cio’ in conformita’ al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053 del 7/04/2014, secondo cui la gia’ richiamata riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia – nella specie all’esame non sussistente – si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Le Sezioni Unite, con la richiamata pronuncia, hanno pure precisato che l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, cosi’ come da ultimo riformulato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Nella specie, con le censure formulate, per quanto attiene ai lamentati vizi motivazionali, il ricorrente non propone le relative doglianze nel rispetto del paradigma legale di cui al novellato n. 5 dell’articolo 360 c.p.c. ma ripropone, come peraltro chiaramente indicato gia’ nella rubrica del motivo all’esame, inammissibilmente lo stesso schema censorio del n. 5 nella sua precedente formulazione, inapplicabile ratione temporis.

4.2. Sono invece fondate le doglianze veicolate ai sensi dell’articolo 360, primo comma, cod. proc. civ., in base all’assorbente rilievo che, nonostante abbia richiamato pertinenti precedenti, il Tribunale non si e’ conformato ai principi di diritto piu’ volte enunciati dalla giurisprudenza di legittimita’.

In particolare, questa Corte ha affermato che “la responsabilita’ per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all’articolo 2051 c.c., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l’Amministrazione liberata dalla medesima responsabilita’ ove dimostri che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili ne’ eliminabili con immediatezza, neppure con la piu’ diligente attivita’ di manutenzione, ovvero da una situazione (nella specie, una macchia d’olio, presente sulla pavimentazione stradale, che aveva provocato la rovinosa caduta di un motociclista) la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialita’ offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode (tra le piu’ recenti, v. Cass., ord., 27/03/2017, n. 7805; Cass., 11/03/2016, n. 4768, Cass. 22/03/2016, n. 5622 e Cass. 23/03/2016, n. 5695, non massimate; v. in senso conforme, in precedenza: Cass. 12/03/2013, n. 6101; Cass. 18/10/2011, n. 21508; Cass. 18/07/2011, n. 15720; Cass. 13/07/2011, n. 15389; Cass. 20/11/2009, n. 24529; Cass. 19/11/2009, n. 24419; Cass. 3/04/2009, n. 8157, pure richiamata nella sentenza impugnata; Cass. 25/07/2008, n. 20427; Cass. 6/06/2008, n. 15042, pure richiamata nella sentenza impugnata).

Va evidenziato che, nel caso all’esame, il Tribunale di Nocera Inferiore, ritenute “non contestate” “le circostanze che l’attore (era) cad(uto) dal ciclomotore a causa della presenza di una macchia d’olio sulla sede stradale e (aveva) riporta(to) lesioni personali a seguito della caduta)” e precisato che la presenza della macchia d’olio era stata confermata dalla relazione della Polizia Municipale intervenuta successivamente, ha rilevato che “nel caso in esame non risulta in alcun modo indicato da quan(t)o tempo era presente la macchia di sostanza scivolosa sulla carreggiata ne’ di che tipo di sostanza si trattava”.

Il medesimo Tribunale ha, quindi, ritenuto, “in base a tali circostanze, che non risulta provata la conoscenza da parte dell’ente obbligato alla manutenzione della strada della presenza della macchia di sostanza scivolosa e quindi allo stesso non puo’ essere imputato di non aver effettuato un intervento per eliminarla”, che “le circostanze appena descritte sicuramente rappresentano il caso fortuito che esclude l’ascrivibilita’ dell’incidente all’ente proprietario della strada in quanto non risulta provato che lo stesso era in condizione di eliminare il pericolo causato dai terzi” e che per tali ragioni debba ritenersi “provato il caso fortuito nella verificazione dell’incidente occorso all’attore e che pertanto nessuna responsabilita’ per i danni derivati” possa essere ascritta all’ente convenuto.

Ma cosi’ decidendo il Tribunale ha disatteso i principi sopra riportati e pure richiamati in sentenza, sostanzialmente ponendo a carico dell’attore l’onere di dimostrare che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili e non eliminabili con immediatezza, neppure con la piu’ diligente attivita’ di manutenzione ovvero che sia stato determinato da una situazione che imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialita’ offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode, onere probatorio posto, invece, come si e’ gia’ evidenziato, a carico della P.A..

La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio affinche’ la fattispecie sia nuovamente esaminata, anche in relazione alle proposte richieste istruttorie, alla luce dei principi sopra enunciati (v. anche Cass. 23/06/2016, n. 13005 secondo cui in materia di responsabilita’ da cose in custodia, la sussistenza del caso fortuito, idoneo ad interrompere il nesso causale, forma oggetto di un onere probatorio che grava sul custode).

4.3. I primi due motivi vanno, pertanto, accolti per quanto di ragione.

5. Dall’accoglimento dei primi due motivi del ricorso, nei limiti sopra precisati, resta assorbito l’esame del terzo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 2043 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., articolo 2697 c.c., articolo 1227 c.c. articolo 2056 c.c. 24 Cost.) ed omessa ed insufficiente motivazione – articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

6. In conclusione, vanno accolti, per quanto di ragione, i primi due motivi, assorbito il terzo; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata al Tribunale di Nocera Inferiore, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.

7. Stante l’accoglimento del ricorso, nei limiti sopra precisati, va dato atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso per quanto di ragione, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Nocera Inferiore, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.

Per ulteriore giurisprudenza in merito alla responsabilità da cose in custiodia si segnalano le seguenti sentenze:

Cassazione n. 7926/2018Cassazione n. 10154/2018Cassazione n. 7527/2018

Cassazione n. 8393/2018Cassazione n. 4495/2018

Cassazione n. 6141/2018Cassazione n. 6034/2018Cassazione n. 5957/2018 

Cassazione n. 3305/2018Cassazione n. 2478/2018Cassazione n. 2477/2018

Cassazione n. 2479/2018Cassazione n. 2481/2018  Cassazione n. 1561/2018

Cassazione n. 2480/2018Cassazione n. 861/2018Cassazione n. 1064/2018

Cassazione n. 2483/2018Cassazione n. 2482/2018Cassazione n. 1257/2018

Cassazione n. 29891/2017Cassazione n. 22839/2017Cassazione n. 25856/2017

Cassazione n. 25837/2017Cassazione n. 22419/2017Cassazione n. 18954/2017

Cassazione n. 18856/2017Cassazione n. 12027/2018 Cassazione n. 11785/2017

Cassazione n. 11526/2017Cassazione n. 11225/2017Cassazione n. 10916/2017

Cassazione n. 10520/2017Cassazione n. 7805/2017Cassazione n. 13262/2016

Cassazione n. 18317/2015Cassazione n. 999/2014

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.