Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 20 aprile 2009, n. 9338

il principio secondo cui gli interessi sulle somme di denaro, liquidate a titolo risarcitorio, decorrono dalla data in cui il danno si e’ verificato, e’ applicabile solo in tema di responsabilita’ extracontrattuale da fatto illecito, in quanto, ai sensi dell’articolo 1219 c.c., comma 2, il debitore del risarcimento del danno e’ in mora (mora ex re) dal giorno della consumazione dell’illecito. Invece, se l’obbligazione risarcitoria derivi da inadempimento contrattuale, gli interessi decorrono dalla domanda giudiziale, che e’ l’atto idoneo a porre in mora il debitore, siccome la sentenza costitutiva, che pronuncia la risoluzione, produce i suoi effetti retroattivamente dal momento della proposizione della detta domanda.

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 20 aprile 2009, n. 9338
Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2993/2005 proposto da:

LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA DELLA CO. TI. DI. AS. SPA, in persona del Commissario Liquidatore avv. IA. G. , elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO GENERALE GONZAGA 2, presso lo studio dell’avvocato PAZZAGLIA ALESSANDRO, che la rappresenta e difende con procura speciale del notaio Dr. Carlo Annibale Gilardoni in Roma, del 21/05/08, Rep. 413 68;

– ricorrente –

contro

MA. DO. , GA. RO. , MA. RO. , BI. FA. , BE. GI. , TI. PA. , CA. AS. COOP. A R. L., BI. IT. ;

– intimati –

sul ricorso 5752/2005 proposto da:

MA. DO. , GA. RO. , MA. RO. , elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 37, presso lo studio dell’avvocato SEPE VINCENZO, che li rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– ricorrenti incidentali-

contro

LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA TI. CO. DI. AS. SPA, BE. GI. , TI. PA. , BI. FA. , CA. AS. SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3541/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA, Seconda Sezione Civile, emessa il 28/4/2004, depositata il 29/07/2004, R.G. 4665/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/01/2009 dal Consigliere Dott. TRAVAGLINO GIACOMO;

udito l’Avvocato PAZZAGLIA ALESSANDRO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato, rigetto del ricorso incidentale.

IN FATTO

Do. e M.R. , in proprio e quali esercenti potesta’ nei sulla figlia minore Ro. , nel convenire in giudizio B.F. , It. e Bi.Fa. , nonche’ le compagnie di assicurazioni ” Ti. s.p.a.” e ” Ca. s.p.a.” dinanzi al tribunale di Roma, esposero che, nel (OMESSO), l’altro figlio minore, An. , era deceduto in conseguenza di un incidente stradale occorso a seguito di collisione con l’autovettura condotta da B.F. , mentre si trovava a bordo del motociclo di proprieta’ di Bi.It. e condotto dal figlio di quest’ultimo, Fa. .

Essendo stato accertato, con giudicato penale, un concorso di colpa del B. nella misura dell’80% e del Bi. in quella residua del 20%, i Ma. chiesero la condanna dei convenuti, in solido, al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, da loro patiti.

Il giudice di primo grado accolse la domanda, dichiarando B. F. e Bi.Fa. corresponsabili dell’incidente nella misura indicata dal giudice penale, e dichiarando altresi’ che la sentenza aveva valore di mero accertamento nei confronti della Ti. as. , posta, nelle more, in l.c.a. – e dunque inizialmente estromessa dal processo per perdita della capacita’ di stare in giudizio, processo per l’effetto interrotto e poi riassunto nei confronti del fondo di garanzia e dell’impresa designata As. , nel quale era intervenuta la stessa liquidazione coatta della Ti. per eccepire il limite del massimale di polizza ex Legge n. 990 del 1969, vigente all’epoca del sinistro.

La sentenza fu impugnata dalla liquidazione della Ti. s.p.a. dinanzi alla corte di appello di Roma, la quale, giudicando anche sui gravami incidentali proposti dai Ma. , dagli eredi del B. dal Bi. , rigetto’ tutte le impugnazioni ad eccezione di quella incidentale degli eredi di B.F. ( B. G. e Ti.Pa. ) osservando, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimita’:

1) che l’impugnazione della Ti. in l.c.a. – volta a contenere entro il massimale di polizza la condanna dell’impresa designata – conteneva un petitum finale non coerente con le premesse argomentative dell’appello, poiche’ testualmente volto ad una riduzione della somma liquidata in prime cure a quella di lire 342.722.177, da essa stessa definita “pari al massimale di legge rivalutato e gravato di interessi dalla data del sinistro alla sentenza, detratta la provvisionale”;

2) che la stessa premessa dell’appellante, secondo la quale il massimale di legge ammontava a lire 100 milioni, onnicomprensivi del risarcimento dovuto ai tre attori, era a dirisi erronea, atteso che il massimale di legge a carico del fondo di garanzia (lire 100 milioni) era viceversa applicabile per l’intero a ciascuna delle persone danneggiate, trattandosi (non di danno jure haereditario ma) di danno diretto, di natura morale, lamentato da queste ultime, autonomamente risarcibile, con l’unico limite del massimale catastrofale complessivo, pari a lire 300 milioni, di talche’ le somme liquidate dal tribunale, devalutate al momento dell’incidente, rientravano appieno entro tale limite di legge (con conseguente irrilevanza di tutte le ulteriori e contrapposte doglianze in tema di mala gestio imputabile alla Ti. , peraltro del tutto legittimamente configurabile, nella specie, per avere la compagnia omesso di liquidare il danno perfino dopo le condanne penali);

3) che correttamente il tribunale aveva riconosciuto ai danneggiati la rivalutazione e gli interessi – vertendosi in tema di obbligazioni delittuali caratterizzate da mora ex re -, senza essere incorso, per questo, in alcuna duplicazione risarcitoria;

4) che altrettanto correttamente il giudice di prime cure aveva escluso la risarcibilita’ del danno c.d. esistenziale, richiesto dagli attori quale ristoro del pregiudizio subito alla qualita’ della vita a causa della perdita del prossimo congiunto, risultando tale voce di danno nella specie ricompresa in quella gia’ liquidata a titolo di danno morale, in assenza di alcuna ulteriore e diversa dimostrazione contraria.

La sentenza della corte territoriale e’ stata impugnata dalla l.c.a. della Ti. as. con ricorso per cassazione sorretto da 2 motivi di gravame.

Resistono con controricorso Do. , R. e Ma. Ro. , proponendo a loro volta ricorso un incidentale condizionato sorretto da 2 motivi e un ricorso incidentale autonomo sorretto da un unico motivo di doglianza.

Vi e’ memoria dei ricorrenti incidentali.

IN DIRITTO

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi.

Essi sono infondati.

IL RICORSO PRINCIPALE.

Con il primo motivo, si denunciano i vizi di violazione e falsa applicazione dei principi in ordine all’applicabilita’ o meno del massimale per persona danneggiata ai singoli eredi.

Il motivo, al di la’ dei non irrilevanti profili di inammissibilita’ che presenta in conseguenza della totale omissione della indicazione delle norme di diritto che si assumono violate, e’ privo di pregio.

Esso si infrange, difatti, sul condivisibile impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto che, nella specie, vertendosi in tema di danni liquidati iure proprio a ciascun erede, l’unico massimale opponibile a questi ultimi fosse esclusivamente quello c.d. “catastofale”, in consonanza con la piu’ recente (benche’ non univoca) giurisprudenza di questa corte (Cass. n. 27138 del 2006), che il collegio integralmente condivide e cui intende in questa sede dare continuita’, non emergendo, dalle argomentazioni svolte dalla ricorrente, seri elementi per discostarsene.

Con il secondo motivo, si denunciano violazione e falsa applicazione dei principi in ordine al calcolo degli interessi.

Il motivo va anch’esso rigettato.

Va in limine osservato che, se pur, in astratto, le argomentazioni svolte dal ricorrente risultano corrette in punto di diritto, cio’ non dimeno questa corte ha avito modo di precisare (Cass. n. 637 del 1996) che il principio secondo cui gli interessi sulle somme di denaro, liquidate a titolo risarcitorio, decorrono dalla data in cui il danno si e’ verificato, e’ applicabile solo in tema di responsabilita’ extracontrattuale da fatto illecito, in quanto, ai sensi dell’articolo 1219 c.c., comma 2, il debitore del risarcimento del danno e’ in mora (mora ex re) dal giorno della consumazione dell’illecito. Invece, se l’obbligazione risarcitoria derivi da inadempimento contrattuale, gli interessi decorrono dalla domanda giudiziale, che e’ l’atto idoneo a porre in mora il debitore, siccome la sentenza costitutiva, che pronuncia la risoluzione, produce i suoi effetti retroattivamente dal momento della proposizione della detta domanda. Tale principio di diritto risulta proprio quello, in concreto applicato dalla corte territoriale, che ha tenuto conto della svalutazione nel senso di ritenerla gia’ inglobata nelle tabelle fino al giorno 1.1.97 (con salutazione di merito che si sottrae al sindacato di legittimita’ in quanto esente dai vizi lamentati) e che ha confermato la liquidazione del danno morale si come operata dal tribunale in base alla tabella in uso ratione temporis presso quell’ufficio giudiziario, la quale, per l’appunto, esponeva importi rivalutati forfetariamente in base ad un indice di rivalutazione medio.

IL RICORSO INCIDENTALE CONDIZIONATO.

Al rigetto del ricorso principale consegue, ipso facto, l’assorbimento di quello incidentale condizionato.

IL RICORSO INCIDENTALE.

Con l’unico motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articoli 2059 e 1226 c.c.); la insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia.

La doglianza non puo’ essere accolta.

Essa lamenta, difatti, l’omessa liquidazione del danno esistenziale asseritamente subito dai ricorrenti per effetto della perdita del rapporto parentale, in evidente e stridente contrasto con quanto ampiamente ed analiticamente affermato dalle sezioni unite di questa Corte che, con la sentenza 26972 dell’11 novembre 2008, hanno ESPRESSAMENTE escluso la risarcibilita’ di tale voce di danno, non dotata di sua autonomia concettuale, in presenza di una gia’ riconosciuta lesione del diritto inviolabile al rapporto parentale liquidato come danno morale soggettivo inteso nella sua nuova, piu’ ampia accezione.

Il collegio intende dare continuita’ a tale orientamento manifestato da questa corte nella sua massima espressione.

I ricorsi sono pertanto rigettati.

La disciplina delle spese, che vanno compensate alla luce del principio della soccombenza reciproca, e’ regolata come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte:

Riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi.

Dichiara interamente compensate le spese tra le parti in causa.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.