Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 27 marzo 2018, n. 7533

la responsabilita’ solidale della societa’ di intermediazione mobiliare per i danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari va esclusa allorquando la condotta “anomala” del danneggiato evidenzi, se non la collusione, quanto meno la consapevole acquiescenza da parte sua alla violazione delle regole gravanti sul promotore.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 27 marzo 2018, n. 7533

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

Dott. SPAZIANI Antonella – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12670/2015 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS) LTD;

– intimati –

e

(OMISSIS) SPA in Liquidazione Coatta Amministrativa, in persona dei Commissari liquidatori prof. Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 661/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/01/2018 dal Consigliere Dott. PAOLO SPAZIANI.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) convenne dinanzi al Tribunale di Velletri, Sezione Distaccata di Albano Laziale, l’ (OMISSIS) s.p.a. (successivamente incorporata nella (OMISSIS) s.p.a.) e il promotore finanziario (OMISSIS), chiedendone la condanna solidale al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del comportamento illecito del secondo, quantificati in Euro 1.165.500,00, oltre accessori. Nella contumacia del (OMISSIS), si costitui’ in giudizio l’ (OMISSIS) s.p.a., la quale resistette alla domanda e chiamo’ in garanzia la (OMISSIS) LTD con cui aveva stipulato un contratto di assicurazione della responsabilita’ civile.

Il Tribunale, rigettata la connessa domanda di garanzia, accolse invece parzialmente la domanda principale risarcitoria e condanno’ i convenuti, in solido tra loro, al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 459.904,86, oltre rivalutazione monetaria.

La sentenza del Tribunale di Velletri e’ stata impugnata con appello principale dalla (OMISSIS) s.p.a. e con appello incidentale dal danneggiato.

La Corte di Appello di Roma ha dichiarato l’improcedibilita’ delle impugnazioni nei confronti di (OMISSIS) e ha confermato il rigetto della domanda di garanzia formulata dalla Banca nei confronti della (OMISSIS) LTD.

Con riguardo alla domanda risarcitoria proposta nei confronti della Banca da (OMISSIS) – cui, in seguito al decesso nelle more del giudizio di appello, erano succeduti gli eredi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – la Corte territoriale ha invece parzialmente riformato la pronuncia di condanna emessa a carico della convenuta, riducendola alla somma di Euro 281.963,89, oltre accessori.

Con specifico riferimento a tale domanda, l’unica ancora rilevante in questa sede di legittimita’, la Corte di Appello ha deciso sulla base delle seguenti considerazioni:

– in primo luogo, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto dalla (OMISSIS) s.p.a., doveva essere rigettato il capo di domanda avente ad oggetto la condanna al pagamento di Euro 459.904,86, corrispondenti, in parte (per Euro 350.157,78), alle somme di cui il (OMISSIS) si era appropriato in seguito alla sottoscrizione, da parte del (OMISSIS), di moduli relativi ad inesistenti contratti di investimento e in seguito alla consegna, da parte del cliente, di assegni intestati a “me medesimo” e tratti su un diverso istituto di credito, che egli aveva girato a terze persone, nonche’, in altra parte (per Euro 109.747,09), alle somme utilizzate dal promotore finanziario per l’effettuazione di due bonifici in favore di terze persone, posti in essere attraverso il previo accesso, mediante il c.d. sistema phone banking, al conto corrente bancario del cliente, con utilizzo del codice da questi precedentemente comunicato; premesso, infatti, che la responsabilita’ invocata a carico della banca intermediaria doveva essere inquadrata nell’ambito della responsabilita’ dei preponenti di cui all’articolo 2049 c.c., con riguardo al predetto capo di domanda doveva escludersi la sussistenza dei necessari presupposti di tale responsabilita’, atteso che le operazioni illecite non erano mai state portate a conoscenza della (OMISSIS), erano avvenute al di fuori del suo controllo istituzionale ed erano state poste in essere dal (OMISSIS) al di fuori di qualsiasi incombenza demandatagli dall’intermediaria;

– in secondo luogo, in parziale accoglimento dell’appello incidentale proposto dal (OMISSIS) e coltivato dai suoi eredi, doveva invece accogliersi il capo di domanda avente ad oggetto la condanna al pagamento della somma di Euro 281.963,89, corrispondenti alle perdite derivate dalle operazioni di disinvestimento poste in essere dal (OMISSIS) a breve distanza di tempo dai correlativi investimenti, al solo fine di lucrare le relative commissioni, in difetto di autorizzazione dell’interessato e senza l’osservanza di alcuna strategia economico-finanziaria nell’interesse dell’investitore; rispetto a tali operazioni, che erano state eseguite, in violazione degli obblighi di informazione e di salvaguardia gravanti sul promotore finanziario, mediante la predisposizione di ordini impartiti alla banca intermediaria, dovevano infatti ritenersi sussistenti, ai sensi dell’articolo 2049 c.c., i presupposti per l’affermazione della responsabilita’ oggettiva di quest’ultima, la quale doveva essere condannata altresi’ al pagamento degli interessi compensativi sulla somma annualmente rivalutata con decorrenza dalla data del deposito della relazione di consulenza tecnica d’ufficio sino alla data del deposito della sentenza, nonche’ al pagamento degli ulteriori interessi legali con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza sino al saldo;

– in terzo luogo, infine, doveva confermarsi la statuizione del Tribunale di reiezione del capo di domanda avente ad oggetto la condanna al pagamento della somma di Euro 381.853,49, corrispondenti alle perdite derivate dal compimento, da parte del (OMISSIS), di ulteriori operazioni di disinvestimento non autorizzate dall’investitore, le quali erano state peraltro realizzate, non gia’ mediante la predisposizione di ordini trasmessi alla banca intermediaria, ma attraverso l’indebito utilizzo, da parte del preposto, del codice di accesso al conto corrente del cliente, mediante il c.d. sistema phone banking; con riguardo a tali specifici illeciti, infatti, la condotta colposa del cliente (il quale aveva incautamente comunicato al promotore il codice personale per l’accesso al proprio conto corrente per via telefonica) escludeva la possibilita’ di configurare la responsabilita’ solidale della banca intermediaria, in applicazione del principio, reiteratamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui la predetta responsabilita’ viene meno allorche’ il comportamento del danneggiato presenti connotati di anomalia, tali da lasciar presumere, se non la collusione, quanto meno la consapevole acquiescenza, da parte sua, alla violazione delle regole gravanti sul promotore.

Avverso la sentenza della Corte capitolina, propongono ricorso per cassazione (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), affidandosi a quattro motivi di censura.

Risponde con controricorso (OMISSIS) s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa, la quale propone altresi’ ricorso incidentale sorretto da un unico motivo.

Gli intimati (OMISSIS) LTD e (OMISSIS) non svolgono attivita’ difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Devono essere congiuntamente esaminati, per ragioni di connessione, il primo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale.

1. Il primo motivo denuncia “violazione o falsa applicazione della L. 2 gennaio 1991, n. 1, articolo 5, comma 4,; Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 548, articolo 31, comma 3, articolo 2049 c.c.”.

I ricorrenti si dolgono del rigetto del capo di domanda avente ad oggetto la condanna al pagamento di Euro 459.904,86, corrispondenti, in parte, all’importo degli assegni consegnati da (OMISSIS) al promotore finanziario in seguito alla sottoscrizione di inesistenti contratti di investimento e, in altra parte, all’importo dei bonifici posti in essere dal promotore senza autorizzazione, operando, tramite il sistema phone banking, sul conto corrente del cliente.

Deducono che la Corte di merito avrebbe errato nell’escludere la responsabilita’ della banca in base al rilievo che tali operazioni erano avvenute a sua insaputa e al di fuori del suo controllo istituzionale, giacche’ tale responsabilita’, di carattere oggettivo, prescinderebbe del tutto dalla possibilita’ di sindacare l’operato del preposto e troverebbe invece il suo presupposto nel nesso di “occasionalita’ necessaria” tra il fatto illecito del promotore e l’esercizio delle incombenze affidategli.

Sostengono che questo nesso avrebbe dovuto reputarsi sussistente nel caso di specie, atteso che proprio lo svolgimento delle mansioni di promotore finanziario aveva consentito al (OMISSIS) di ottenere dal (OMISSIS) tanto la consegna degli assegni (che erano stati emessi dal cliente al fine di fornire la provvista occorrente per gli investimenti oggetto dei moduli sottoscritti) quanto la comunicazione del codice di accesso telefonico al suo conto corrente.

2. Anche il terzo motivo denuncia “violazione o falsa applicazione della L. 2 gennaio 1991, n. 1, articolo 5, comma 4; Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 31, comma 3, articolo 2049 c.c.”.

I ricorrenti si dolgono del rigetto del capo di domanda avente ad oggetto la condanna al pagamento della somma di Euro 381.853,49, pari alla perdita generata dalle operazioni non autorizzate di disinvestimento, compiute dal (OMISSIS) mediante l’indebito utilizzo del sistema phone banking.

Deducono che la Corte territoriale avrebbe fatto erronea applicazione del principio di diritto che esclude la responsabilita’ indiretta della societa’ di intermediazione mobiliare in presenza di una condotta del danneggiato connotata da elementi di “anomalia”, atteso che nella fattispecie erano piuttosto emerse circostanze – in particolare, la personale incapacita’ del (OMISSIS) di porre in essere le operazioni finanziarie e di comprenderne le relative regole in ragione del suo non elevato livello culturale – in base alle quali avrebbe dovuto escludersi non solo la collusione ma anche la consapevole acquiescenza del cliente all’operato del promotore.

3. Il quarto motivo denuncia “omessa motivazione”, nonche’, ancora, “violazione o falsa applicazione della L. 2 gennaio 1991, n. 1, articolo 5, comma 4; Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 31, comma 3, articolo 2049 c.c.”.

I ricorrenti si dolgono del mancato riconoscimento della somma di Euro 41.316,55, oggetto di un ulteriore bonifico non autorizzato, effettuato dal promotore tramite il sistema phone banking a favore di una terza persona.

Deducono, per un verso, che la Corte territoriale non avrebbe dato alcuna motivazione di tale statuizione di rigetto; per altro verso che, se dovessero considerarsi estese al capo di domanda in esame le ragioni poste a fondamento del rigetto di quello relativo alla somma di Euro 459.904,86 (corrispondenti ai versamenti compiuti dal (OMISSIS) per sottoscrivere inesistenti contratti di investimento nonche’ agli ulteriori bonifici operati dal promotore a favore di terze persone tramite il codice phone banking), dovrebbero ritenersi anche in questo caso violati l’articolo 2049 c.c. e le norme speciali in tema di intermediazione mobiliare.

4. Gli elencati motivi del ricorso principale sono ammissibili, dovendosi disattendere l’eccezione di inammissibilita’ sollevata dalla controricorrente, la quale, tra l’altro, ha infondatamente invocato, con specifico riguardo al quarto motivo, l’applicazione dell’articolo 348 ter c.p.c., comma 5.

A norma del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 2, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, infatti, la predetta disposizione (la quale esclude che possa essere impugnata ex articolo 360 n. 5 c.p.c. la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado) non si applica per i giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’11 settembre 2012 (Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 9/12/2015, n. 24909).

Essa dunque non puo’ trovare applicazione con riferimento al ricorso in esame, in quanto la sentenza con esso impugnata e’ stata emessa all’esito di un giudizio di appello introdotto sin dall’anno 2009.

5. Sebbene ammissibili, gli illustrati motivi sono peraltro infondati e devono dunque essere rigettati, pur dovendosi procedere, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., u.c., a parziale integrazione della motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo, limitatamente ai capi di domanda interessati dalla statuizione di rigetto, e’ conforme a diritto.

5.1. Deve anzitutto escludersi che la sentenza impugnata sia viziata da omessa motivazione con riferimento al mancato accoglimento della pretesa avente ad oggetto la somma di Euro 41.316,55.

Infatti, poiche’ tale specifica pretesa trovava titolo nel diritto alla riparazione di una perdita cagionata dal (OMISSIS) attraverso l’esecuzione di un bonifico non autorizzato a favore di una terza persona, posto in essere mediante accesso sul conto corrente del (OMISSIS) per il tramite del codice phone banking, ad essa devono ritenersi estese le ragioni poste a fondamento della reiezione del capo di domanda avente ad oggetto, tra l’altro, il pagamento della somma di Euro 109.747,09, corrispondenti alle somme utilizzate dal promotore finanziario per il compimento di altri due bonifici in favore di terzi, sempre posti in essere attraverso il c.d. sistema phone banking.

Si verte, dunque, in ipotesi di implicito rigetto di un capo di domanda, fondato sulle medesime ragioni che hanno determinato la reiezione di un altro capo.

5.2. Venendo ora alle dedotte violazioni di legge, deve al riguardo premettersi, in punto di diritto, che la norma gia’ contenuta nell’abrogato L. n. 1 del 1991, articolo 5, comma 4, (recante la disciplina dell’attivita’ di intermediazione mobiliare) e successivamente riformulata nel Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 31, comma 3, (testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), pone a carico dell’intermediario la responsabilita’ solidale per i danni arrecati a terzi dal promotore finanziario nello svolgimento delle incombenze affidategli, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilita’ accertata in sede penale.

Il fondamento di questa responsabilita’ va ravvisato, per un verso, nel rilievo che l’agire del promotore e’ uno degli strumenti dei quali l’intermediario si avvale nell’organizzazione della propria impresa, traendone benefici ai quali e’ ragionevole far corrispondere i rischi, in ossequio al principio ubi commoda ibi et incommoda; per altro verso, nell’esigenza di offrire un’adeguata garanzia ai destinatari delle offerte fuori sede loro rivolte dall’intermediario per il tramite del promotore, giacche’ appunto per le caratteristiche di questo genere di offerte la buona fede dei clienti puo’ piu’ facilmente esserne sorpresa e aggirata (Cass. 04/03/2014, n. 5020).

Presupposto della responsabilita’ dell’intermediario e’ la sussistenza di una connessione tra l’esercizio delle mansioni affidate al promotore finanziario e il danno da questi arrecato all’investitore, che la giurisprudenza di questa Corte inquadra nell’ampio significato del nesso di “occasionalita’ necessaria”, con cio’ evidenziando la relazione di continuita’ tra la norma speciale contenuta nel testo unico della finanza e la disposizione generale sulla responsabilita’ dei preponenti di cui all’articolo 2049 c.c. (Cass. 22/10/2004, n. 20588; Cass. 13/12/2007, n. 26172; Cass. 31/07/2017, n. 18928).

La norma esclude, nella sostanza, che il comportamento doloso del preposto interrompa il nesso causale fra l’esercizio delle incombenze ed il danno, ancorche’ tale comportamento costituisca reato e rivesta, quindi, particolare gravita’. Di conseguenza, perche’ sussista la responsabilita’ del preponente, e’ necessario (e sufficiente) che le attivita’ svolte dal preposto abbiano determinato semplicemente una situazione tale da agevolare o comunque rendere possibile il comportamento produttivo di danno, restando irrilevante che il preposto abbia superato i limiti delle mansioni o incombenze affidategli od abbia agito con dolo o per finalita’ strettamente personali. Anche in questi casi, infatti, occorre accertare se l’esistenza del rapporto di preposizione abbia istituito quel nesso di occasionalita’ necessaria fra l’esercizio delle incombenze e il verificarsi del danno, su cui si fonda la responsabilita’ indiretta della preponente intermediaria (Cass. 04/03/2014, n. 5020).

5.3. Cio’ premesso in via generale, deve osservarsi che la Corte di Appello non si e’ discostata dai principi sopra indicati.

Essa, infatti, ha rilevato, per un verso, che tanto le illecite operazioni con cui il (OMISSIS) si era appropriato degli assegni consegnatigli dall’investitore (per un ammontare di Euro 350.157,78) quanto quelle con cui aveva indebitamente effettuato bonifici in favore di terze persone con somme prelevate dal conto corrente del (OMISSIS) (per un ammontare di Euro 109,747,09), non erano state mai portate a conoscenza dell’intermediaria ed erano avvenute al di fuori del controllo istituzionale di quest’ultima, nonche’ di qualsiasi incombenza da essa demandata al promotore; per altro verso, che tanto i predetti bonifici quanto le operazioni di disinvestimento che avevano generato perdite per un ammontare di Euro 381.853,49, erano stati resi possibili dalla previa comunicazione, da parte del (OMISSIS), del codice personale di accesso al proprio conto corrente per via telefonica.

I capi di rigetto della pretesa risarcitoria sono stati dunque fondati, da un lato, sulla considerazione dell’assoluta estraneita’ della Banca al fatto del promotore; dall’altro lato, sullo specifico rilievo che il fatto illecito del promotore era stato reso possibile dalla (incauta) iniziativa dello stesso investitore, il quale aveva indebitamente rivelato al promotore il codice segreto di accesso ai servizi di c.d. phone banking, mettendolo cosi’ nelle condizioni di operare senza alcuna limitazione sul proprio conto corrente.

5.4. La Corte territoriale ha anche rammentato il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale la responsabilita’ solidale della societa’ di intermediazione mobiliare per i danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari va esclusa allorquando la condotta “anomala” del danneggiato evidenzi, se non la collusione, quanto meno la consapevole acquiescenza da parte sua alla violazione delle regole gravanti sul promotore (tra le altre, Cass. 13/12/2013, n. 27925 e Cass. 31/07/2017, n. 18928).

In applicazione di tale principio, la Corte di merito ha dunque escluso la responsabilita’ della banca per i danni derivati all’investitore dalle perdite generate dalle operazioni di disinvestimento compiute dal promotore finanziario mediante il sistema phone banking, sul rilievo dell’eclatante anomalia della condotta colposa del danneggiato, che aveva incautamente comunicato al promotore finanziario il codice di accesso al proprio conto corrente.

Nella medesima prospettiva deve peraltro essere valutata – con cio’ integrandosi la motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., u.c. – anche la circostanza, incontroversa tra le parti e comunque oggetto di accertamento di merito insindacabile in sede di legittimita’, che (OMISSIS) aveva consegnato a (OMISSIS), all’esito della sottoscrizione dei contratti di investimento, assegni intestati a “me medesimo” e tratti su un conto corrente aperto presso un diverso istituto di credito, per un ammontare di Euro 350.157,78.

Invero, mentre attraverso l’incauta comunicazione del codice phone banking il cliente aveva violato le regole che disciplinano le modalita’ di presentazione degli ordini di investimento e disinvestimento, attraverso l’affidamento della provvista occorrente per gli investimenti con modalita’ difformi da quelle con cui il promotore finanziario era legittimato a riceverla, il (OMISSIS) era concorso con il (OMISSIS) nella violazione delle regole di condotta gravanti sul promotore in relazione alle modalita’ di ricevimento delle somme di denaro da parte del cliente.

La violazione delle disposizioni di legge e regolamentari relative alle modalita’ di corresponsione al promotore finanziario dell’equivalente pecuniario degli investimenti sottoscritti non puo’ essere ritenuta irrilevante, nella vicenda in esame, in funzione dell’esclusione della responsabilita’ solidale dell’intermediaria preponente, in quanto, avuto riguardo alla durata del rapporto, al numero dei versamenti effettuati, alla ripetizione nel tempo delle operazioni irregolari e al valore complessivo delle stesse (e’ incontroverso tra le parti, e comunque oggetto di accertamento di merito insindacabile, che il (OMISSIS) avesse versato assegni per Lire 125.000.000 in data 12 maggio 2000; per Lire 133.000.000 in data 11 dicembre 2000; per Lire 330.000.000 e per Lire 90.000.000 in data 11 settembre 2000), deve ritenersi emersa la consapevole agevolazione, da parte del (OMISSIS), degli illeciti posti in essere dal (OMISSIS) (Cass. 24/03/2011, n. 6829; Cass. 24/05/2012, n. 8236).

5.5. Ad ulteriore integrazione della motivazione della sentenza impugnata, non puo’ sottacersi, infine, che nel comportamento dell’investitore volto a consegnare al promotore finanziario le credenziali per effettuare operazioni via internet sul proprio conto corrente senza alcuna limitazione, puo’ ravvisarsi l’intenzione di instaurare un rapporto fiduciario esclusivo con il promotore medesimo, il quale, previo trasferimento, da parte del cliente, del potere di disporre del proprio denaro, viene investito di un mandato incondizionato ad operare sul relativo conto bancario, al di fuori di ogni rapporto con la banca intermediaria.

Una simile condotta deve dunque ritenersi idonea ad escludere il nesso di causalita’ che giustifica la responsabilita’ della banca intermediaria per il fatto del promotore, venendo meno il rapporto di necessaria occasionalita’ tra il fatto dannoso commesso dal preposto e l’esercizio delle incombenze a lui affidate (Cass. 13/12/2013, n. 27925).

Il primo, il terzo e il quarto motivo del ricorso principale vanno pertanto rigettati.

6. Il secondo motivo del ricorso principale denuncia “violazione o falsa applicazione dell’articolo 1219 c.c., comma 2, n. 1, articoli 1223 e 2056 c.c. nonche’ l’omessa o insufficiente motivazione”.

I ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui, pur avendo condannato la Banca al pagamento della somma di Euro 281.963,89 (pari alla perdita subita a causa delle non autorizzate operazioni di disinvestimento poste in essere dal promotore finanziario, al solo fine di lucrare le relative commissioni, per mezzo di ordini impartiti alla banca intermediaria) ha tuttavia fissato, senza spiegarne le ragioni, la decorrenza degli interessi compensativi dalla data di deposito della CTU anziche’ dal compimento dei singoli fatti illeciti, e cioe’ dalle singole operazioni di disinvestimento comportanti diminuzione patrimoniale.

7. L’esame dell’illustrato secondo motivo del ricorso principale deve essere preceduto da quello dell’unico motivo del ricorso incidentale proposto da (OMISSIS) s.p.a., che si pone con esso in relazione di priorita’ logica.

Con questo motivo – denunciando “violazione e/o falsa applicazione della L. 2 gennaio 1991, n. 1, articolo 5, comma 4; Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 31, comma 3, articolo 2049 c.c. e vizio di ultrapetizione in violazione dell’articolo 112 c.p.c.” – la Banca si duole dell’accoglimento del capo di domanda avente ad oggetto la sua condanna al pagamento della predetta somma di Euro 281.963,89, corrispondente alla perdita generata dalle operazioni di disinvestimento compiute mediante la predisposizione di ordini.

Deduce che tale condanna troverebbe fondamento nell’accertamento di condotte inadempienti del promotore agli obblighi di informazione e salvaguardia scaturenti dal rapporto contrattuale tra l’investitore e l’intermediaria.

Sostiene che, invece, la domanda formulata nei suoi confronti da (OMISSIS) e coltivata dai suoi eredi aveva natura di domanda di risarcimento del danno extracontrattuale ed in tal senso era stata qualificata ed interpretata dai giudici di merito.

Conclude che, pertanto, nell’emettere la predetta condanna, la Corte di merito non solo avrebbe violato le disposizioni che disciplinano la responsabilita’ dell’intermediaria per i danni arrecati a terzi dai promotori finanziari ma sarebbe incorsa anche nel vizio di ultrapetizione, sanzionando inadempimenti contrattuali che non erano stati allegati nella domanda, la quale era stata fondata sulla dedotta responsabilita’ extracontrattuale della convenuta.

7.1. Il motivo e’ infondato.

La condanna emessa dalla Corte di merito nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. si fonda sull’accertamento di comportamenti colposi del promotore finanziario, il quale, pur nel rispetto di modalita’ formalmente corrette (e cioe’ attraverso la predisposizione di ordini impartiti all’intermediaria) aveva posto in essere operazioni di disinvestimento, a breve distanza di tempo dai correlativi investimenti, in difetto di autorizzazione dell’interessato e senza l’osservanza di alcuna strategia economico-finanziaria nell’interesse dell’investitore, al solo fine di lucrare le commissioni.

Tali comportamenti colposi rilevavano non solo sotto il profilo dell’inadempimento alle obbligazioni derivanti dal contratto tra l’investitore e l’intermediaria preponente ma anche sotto il profilo della responsabilita’ extracontrattuale di quest’ultima per i danni arrecati dal promotore finanziario preposto.

Questa responsabilita’, infatti, postula, tra i suoi presupposti, ai sensi dell’articolo 2049 c.c., l’accertamento del “fatto illecito” del preposto, inteso quale fatto doloso o colposo che cagiona un danno a terzi (Cass. 22/03/2011, n. 6528).

Nell’accertare i predetti comportamenti colposi del preposto e nel porli a fondamento della condanna emessa in danno della preponente, la Corte di merito, pertanto, ha debitamente pronunciato nei limiti della proposta domanda di risarcimento del danno extracontrattuale.

7.2. Mentre l’unico motivo del ricorso incidentale deve essere rigettato, merita invece accoglimento il secondo motivo del ricorso principale.

Invero, nelle obbligazioni risarcitorie, aventi natura di debito di valore, la somma spettante deve essere annualmente rivalutata secondo gli indici Istat dal momento dell’illecito sino al momento della liquidazione giudiziale, salvo che non venga liquidata in moneta attuale; al creditore spetta, inoltre, il risarcimento del danno derivante dal ritardo nel pagamento della somma predetta (c.d. lucro cessante finanziario), consistente nel mancato godimento delle utilita’ che da essa avrebbe conseguito, che puo’ essere liquidato attraverso la corresponsione degli interessi compensativi ad un saggio equitativamente individuato dal giudice ed eventualmente coincidente con quello legale, i quali si calcolano sulla somma annualmente rivalutata con decorrenza dal momento dell’illecito sino al momento della pubblicazione della sentenza (cfr. Cass. Sez. U 17/02/1995, n. 1712; successivamente v., in particolare, Cass. 18/07/2011, n. 15709 e Cass. 17/09/2015, n. 18243). Dal momento della liquidazione giudiziale (momento in cui, con la pubblicazione della sentenza, l’obbligazione si converte in debito di valuta) non e’ piu’ dovuta la rivalutazione monetaria, ma trova applicazione l’articolo 1224 c.c., comma 1, sicche’ sulla somma ormai definitivamente liquidata, non piu’ soggetta a rivalutazione, spettano gli interessi moratori (di norma al tasso legale) sino al momento dell’effettivo pagamento.

Alla luce di questi principi, deve ritenersi non conforme a diritto la statuizione della Corte di merito che, dopo aver correttamente liquidato il lucro cessante finanziario attraverso la corresponsione degli interessi compensativi, ne ha peraltro stabilito la decorrenza alla data del deposito della relazione di consulenza tecnica anziche’ alla data delle singole operazioni illecite di disinvestimento.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in accoglimento del secondo motivo del ricorso principale.

7.3. Poiche’ non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte puo’ decidere la causa nel merito (ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 2), condannando la controricorrente alla corresponsione degli interessi compensativi sulla somma di Euro 281.963,89, annualmente rivalutata, con decorrenza dalle singole operazioni di disinvestimento.

8. Non vi e’ luogo a provvedere sulle spese relative ai rapporti processuali con gli intimati non costituiti.

In relazione al rapporto processuale tra i ricorrenti e la controricorrente, l’esito complessivo della controversia, tradottosi nella reciproca soccombenza, giustifica l’integrale compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio.

9. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale e rigetta gli altri motivi, nonche’ il ricorso incidentale; in relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna la controricorrente a corrispondere ai ricorrenti principali gli interessi compensativi sulla somma di Euro 281.963,89, annualmente rivalutata, con decorrenza dalle singole operazioni di disinvestimento.

Compensa, tra le parti costituite, le spese di tutti i gradi di giudizio.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.