Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 30 marzo 2018, n. 7924

una volta affermato, sulla base di un giudizio prognostico, che il ricorso previdenziale sarebbe stato accolto, la Corte ha correttamente parametrato il danno da risarcire all’utilita’ perduta dalla (OMISSIS) (ossia all’importo dell’indennita’ di maternita’ che le sarebbe spettata all’esito vittorioso del giudizio), senza possibilita’ di applicare una decurtazione dell’importo in ragione di valutazioni probabilistiche, la cui rilevanza era ormai esaurita nell’ambito della valutazione prognostica circa l’esito del giudizio.

 

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 30 marzo 2018, n. 7924

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25744/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1227/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 26/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/01/2018 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

(OMISSIS) convenne in giudizio gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) per sentirli condannare al risarcimento dei danni conseguiti all’inadempimento dell’incarico professionale ad essi conferito per l’istaurazione, avanti al Pretore del Lavoro di Cosenza, di un giudizio – diretto a conseguire dall’INPS la corresponsione dell’indennita’ di maternita’ – che si era concluso con dichiarazione di estinzione a seguito della mancata notifica del ricorso;

contumace il (OMISSIS), si costitui’ in giudizio la (OMISSIS), resistendo alle richieste avversarie;

il Tribunale accolse la domanda, condannando entrambi i convenuti, in solido, al risarcimento del danno, in misura corrispondente all’indennita’ di maternita’ obbligatoria che sarebbe spettata alla (OMISSIS), oltre interessi dall’agosto 1991;

la Corte di Appello ha confermato la pronuncia di primo grado, con sentenza che e’ stata impugnata dalla (OMISSIS) con ricorso per cassazione affidato a due motivi (il primo dei quali articolato in tre punti) ed illustrato da memoria; gli intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.

Considerato che:

col primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1218 e 1223 c.c., nonche’ l’omessa decisione su un fatto decisivo, censurando la Corte per non avere considerato che difettavano sia l’elemento dell’inadempimento professionale (dato che l’avvocato (OMISSIS) aveva scientemente omesso di notificare il ricorso introduttivo del giudizio previdenziale, in attesa di conoscere i nominativi dei testi da indicare) che quello della “riconducibilita’ dell’evento dal quale (era) derivato il pregiudizio lamentato alla condotta colposa dell’avvocato” (che aveva semplicemente preso atto della mancata indicazione dei testi da parte della cliente) e, per altro verso, che la pretesa previdenziale non era “supportata da elementi certi ed incontestabili” (poiche’ il diritto era gia’ prescritto e l’azione giudiziaria era inammissibile per intervenuta decadenza) e che, pertanto, non era provato il nesso eziologico fra l’omessa notifica del ricorso e il mancato riconoscimento della pretesa previdenziale;

tanto premesso, la ricorrente deduce piu’ specificamente:

sub 1-a, l'”omessa decisione/nullita’” in relazione alla L. n. 1204 del 1971, articolo 15, e la “motivazione erronea, illogica e contraddittoria in relazione ad un fatto decisivo”: assume che l’eccezione di prescrizione sollevata in primo grado era relativa alle pretese previdenziali e lamenta che la Corte abbia apoditticamente affermato che la (OMISSIS) non aveva posto a base della propria difesa, nel primo grado, l’eventuale prescrizione della pretesa previdenziale; aggiunge che erroneamente la Corte aveva affermato che erano intervenuti atti interruttivi di tale prescrizione;

sub 1-b, la violazione dell’articolo 1218 c.c., in relazione al Decreto Legge n. 384 del 1992, articolo 4, e l’omesso esame di un fatto decisivo, in quanto la Corte aveva errato nel ritenere applicabile il termine decadenziale quinquennale anziche’ quello annuale previsto dalla normativa entrata in vigore nelle more del procedimento amministrativo riguardante la richiesta previdenziale della (OMISSIS);

sub 1-c, la “illegittimita’ per difetto assoluto di motivazione e mancata considerazione di un fatto decisivo” costituito dalla circostanza che l’INPS avrebbe certamente contestato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, stante il vincolo di affinita’ (nuora-suocero) esistente fra la (OMISSIS) e il soggetto indicato come datore di lavoro, e dal fatto che mancava la possibilita’ di comprovare, tramite lo strumento tipico della testimonianza, la fondatezza della pretesa; evidenzia altresi’ che, in siffatte condizioni, la “natura particolare” della pretesa avrebbe esposto lo stesso legale al sospetto di tentata truffa ai danni dell’INPS;

il motivo va disatteso, in quanto:

le censure relative all’insussistenza dell’inadempimento e alla riconducibilita’ ad esso del danno lamentato dalla (OMISSIS) sono nel complesso – inammissibili, poiche’ non evidenziano specifici errori di diritto, ma sollecitano un diverso apprezzamento di merito;

la censura di cui al punto 1-a e’ infondata: dal brano della comparsa di costituzione depositata avanti al Tribunale (come trascritto a pag. 12 del ricorso) non emerge affatto che la prescrizione fosse stata dedotta in riferimento alle pretese oggetto del giudizio previdenziale, giacche’ la prescrizione risulta opposta in relazione alla “richiesta di risarcimento dei danni avanzata dall’attrice”, ossia in riferimento all’oggetto del diverso e successivo giudizio risarcitorio proposto dalla (OMISSIS) nei confronti dei due professionisti; ne consegue che correttamente la Corte territoriale ha rilevato che, in primo grado, la (OMISSIS) non aveva “posto a base della propria difesa la eventuale prescrizione dell’azione intrapresa dalla (OMISSIS) davanti al Pretore del Lavoro”;

le ulteriori deduzioni relative alla prescrizione della pretesa previdenziale risultano inammissibili, sia per la portata assorbente della rilevata mancata deduzione della questione di prescrizione in primo grado, sia perche’ formulate in modo generico e volte a sollecitare un diverso apprezzamento sull’idoneita’ degli atti interruttivi individuati dalla Corte;

la censura dedotta sub 1-b e’ infondata: la Corte ha esattamente escluso l’applicabilita’ del termine decadenziale annuale, in conformita’ alla consolidata giurisprudenza di legittimita’ (cfr. Cass. n. 6919/2000, Cass. n. 15994/2001, Cass. n. 27674/2005);

la doglianza di cui al punto 1-c e’ inammissibile, in quanto non individua specifici fatti decisivi di cui sia stato omesso l’esame, ma svolge generiche deduzioni funzionali alla tesi che la mancata notifica del ricorso fosse giustificata dalla “debolezza” della pretesa e che l’esito del giudizio previdenziale sarebbe stato “certamente sfavorevole”;

il secondo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1223, 1226 e 1227 c.c., in relazione al danno liquidato, nonche’ l'”omesso esame di un elemento decisivo per il giudizio”: la ricorrente lamenta che la Corte abbia adottato una “motivazione meramente apparente”, senza esaminare il motivo di gravame svolto in punto di quantum e, in particolare, senza considerare che il danno avrebbe dovuto essere liquidato “in ragione di un criterio prognostico basato sulle concrete e ragionevoli possibilita’ di risultati utili” e che, pertanto, ove riconosciuto, avrebbe dovuto essere “diminuito in misura pari alla percentuale delle probabilita’ di accoglimento della domanda di indennita’ per astensione obbligatoria”;

il motivo e’ infondato: una volta affermato, sulla base di un giudizio prognostico, che il ricorso previdenziale sarebbe stato accolto, la Corte ha correttamente parametrato il danno da risarcire all’utilita’ perduta dalla (OMISSIS) (ossia all’importo dell’indennita’ di maternita’ che le sarebbe spettata all’esito vittorioso del giudizio), senza possibilita’ di applicare una decurtazione dell’importo in ragione di valutazioni probabilistiche, la cui rilevanza era ormai esaurita nell’ambito della valutazione prognostica circa l’esito del giudizio;

in difetto di attivita’ difensiva da parte degli intimati, non deve provvedersi sulle spese di lite;

trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

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