Corte di Cassazione, Sezione 6 civile Sentenza 18 novembre 2015, n. 23635

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi assume di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma degli articoli 2935 e 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione che produce il danno altrui o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, ma dal momento in cui viene percepita o puo’ essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l’ordinaria oggettiva diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche.

 

 

Corte di Cassazione, Sezione 6 civile Sentenza 18 novembre 2015, n. 23635
Integrale 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2457/2014 proposto da:

USL LECCE (OMISSIS) GESTIONE LIQUIDATORE (OMISSIS), in persona del Commissario Liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 32/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE del 14/12/2012, depositata il 16/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/10/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore della ricorrente che si riporta agli scritti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La domanda di risarcimento del danno per l’infezione di epatite C – contratta con trasfusioni di sangue infetto nel periodo dal (OMISSIS) presso l’Ospedale – avanzata da (OMISSIS), oltre che dai congiunti per danno parentale, e diretta nei confronti del Ministero della Salute e della USL LE/(OMISSIS) in gestione liquidatoria, fu rigettata dal Tribunale.

Il primo giudice ritenne decorso il termine di prescrizione quinquennale, relativo alla responsabilita’ ex articolo 2043 c.c., essendo stata proposta l’azione giudiziaria nel dicembre del 2006, a fronte della acquisizione della consapevolezza della riferibilita’ della malattia alle trasfusioni a partire dall'(OMISSIS), individuata al momento della presentazione della domanda di indennizzo ex Legge n. 210 del 1992.

La Corte di appello di Lecce, rigetto’ il gravame nei confronti del Ministero; nei confronti della USL LE/(OMISSIS), rigetto’ solo il gravame dei congiunti e lo accolse a vantaggio di (OMISSIS) ravvisando la responsabilita’ contrattuale; quindi, dispose il prosieguo del giudizio (Sentenza del 16 gennaio 2013).

2. Avverso la suddetta sentenza, la gestione liquidatoria USL LE/(OMISSIS) propone ricorso affidato a due motivi e deposita memoria.

Resiste con controricorso (OMISSIS). Non si difende il Ministero.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di merito, premesso che ritualmente – mediante integrazione della domanda ex articolo 183 c.p.c., nella formulazione prima della riforma – la danneggiata aveva proposto domanda di responsabilita’ contrattuale nei confronti della USL per inadempimento del contratto di spedalita’, e che la convenuta aveva eccepito tardivamente e genericamente il proprio difetto di legittimazione passiva solo in appello, ha, in primo luogo, ritenuta non maturata la prescrizione contrattuale decennale.

Richiamando la motivazione relativa al dies a quo di decorrenza della prescrizione rispetto alla responsabilita’ extracontrattuale, ha ritenuto non decorso il termine decennale, per essere stata proposta l’azione giudiziaria nel dicembre del 2006, a fronte della acquisizione della consapevolezza della riferibilita’ della malattia alle trasfusioni a partire dall'(OMISSIS), individuata al momento della presentazione della domanda di indennizzo ex Legge n. 210 del 1992.

1.1.Con il primo motivo di ricorso – invocando la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2934, 2935, 2943, 2946 e 2947, unitamente a omessa motivazione in ordine a un fatto decisivo ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente censura questa statuizione sulla prescrizione.

Richiama la giurisprudenza delle Sez Un. del 2008: secondo cui “Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi assume di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma degli articoli 2935 e 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione che produce il danno altrui o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, ma dal momento in cui viene percepita o puo’ essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l’ordinaria oggettiva diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche” (Cassazione Sezioni Unite n. 579 del 2008).

Sostiene la ricorrente che la Corte territoriale, riconoscendo la rapportabilita’ causale automaticamente al momento della domanda amministrativa, ha fatto cattiva applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite non verificando se, utilizzando l’ordinaria diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, la danneggiata aveva acquisito o avrebbe potuto acquisire prima la consapevolezza causalmente rilevante della malattia e della sua riferibilita’ alle trasfusioni.

A tal fine, la ricorrente mette in rilievo che la stessa attrice aveva riconosciuto (nella memoria ex articolo 183 cit.) di aver effettuato trasfusioni mensili e che la malattia le era sta diagnosticata nel (OMISSIS). Aggiunge che non risultano in atti successivi accertamenti, tali da aggiunger informazioni e che gia’ dal (OMISSIS), data della legge che riconosce l’indennizzo, vi erano informazioni generali sufficienti per adire il giudice.

Inoltre, mette in evidenza che la corte di legittimita’ ha individuato nella domanda amministrativa il limite oltre il quale non puo’ essere sostenuta una insufficienza di informazioni sulla rapportabilita’ causale, ma tanto non esclude che dall’analisi delle informazioni in possesso del danneggiato e dallo stato delle conoscenze scientifiche non si possa collocare l’effettiva conoscenza in un momento precedente, come gia’ sostenuto dalla USL in appello.

In definitiva la Corte avrebbe in tal modo fatta erronea applicazione della norma, come interpretata dalla giurisprudenza di legittimita’, omettendo di considerare profili pure emersi in giudizio attraverso le stesse prospettazioni attoree.

1.2. La censura e’ fondata e va accolta.

E’ vero che la giurisprudenza di legittimita’ ha individuato nella domanda di indennizzo ex legge del 1992 il limite oltre il quale sarebbe illogico ritenere che la prescrizione possa iniziare a decorrere, essendosi la parte comunque attivata per chiedere la reintegrazione della lesione subita.

Ma, chiara essendo la funzione della domanda di indennizzo, quale limite temporale ultimo nell’individuazione del momento in cui possa ritenersi chiara la riferibilita’ causale delle lesioni oramai manifestate ad un comportamento di un terzo, data l’illogicita’ di ipotizzare la mancata conoscenza della riferibilita’ del danno a colui cui ci si e’ rivolti per essere indennizzati, consegue che per il periodo temporale che precede tale domanda l’accertamento e’ rimesso al solo giudice del merito.

Al giudice di merito spetta, quindi, individuare il dies a quo entro questo limite esterno, oltre il quale ogni indagine sarebbe irragionevole, ma prima del quale ogni indagine e’ doverosa.

D’altra parte, la Corte ha gia’ affermato (Cass. n. 10291 del 2015, non massimata, in una specie in cui tale accertamento nella fase precedente alla domanda di indennizzo era stato fatto) che, “Nell’ipotesi di danni alla salute non univocamente riconducibili da un punto di vista soggettivo a un preciso comportamento colposo (o doloso) di un terzo, ai fini della individuazione del dies a quo della decorrenza del diritto al risarcimento del danno, rileva l’esteriorizzazione del danno, come oggettivamente percepibile e riconoscibile, non solo rispetto alla lesione della propria integrita’ psicofisica, ma anche sotto il profilo della riferibilita’ causale al comportamento colposo (o doloso) di un terzo; al giudice del merito spetta valutare la condotta del danneggiato, alla luce della ordinaria diligenza esigibile, sino al limite temporale costituito dalla domanda di indennizzo ex legge del 1992, effettuata dal danneggiato al soggetto cui ritiene causalmente riconducibile il comportamento ingiusto, oltre il quale sarebbe illogico ritenere che la prescrizione possa iniziare a decorrere, essendosi la parte comunque attivata per chiedere la reintegrazione della lesione subita”.

Nella specie, manca tale indagine e la continuita’ negli anni delle trasfusioni, la sicura conoscenza della malattia nel (OMISSIS), la conoscenza di dominio pubblico del problema essendo gia’ in vigore la legge del 1992, avrebbero dovuto indurre il giudice a valutare, da un punto di vista oggettivo, i due profili della diligenza della parte e delle conoscenze scientifiche nel periodo che ha preceduto la domanda di indennizzo proposta nel 1997.

2. L’accoglimento del primo motivo, con conseguente cassazione della sentenza nella parte in cui ha ritenuto non prescritto il diritto al risarcimento nei confronti della ex USL LE/(OMISSIS) e rinvio alla Corte territoriale affinche’ accerti se la riferibilita’ causale della malattia al comportamento di un terzo sia individuabile, secondo le regole suddette, in un momento precedente alla presentazione della domanda di indennizzo ex legge del 1992, comporta l’assorbimento del secondo motivo di ricorso, attinente al merito della responsabilita’ in capo all’ospedale, che censura la sentenza invocando la violazione degli articoli 2697, 1218 e 1225 c.c., unitamente alla violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.

La Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, decidera’ anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione.

Dispone l’oscuramento dei dati sensibili.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

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