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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 22 febbraio 1995, n. 1960

Anche al contratto di assicurazione stipulato in riferimento alla disciplina che ha reso obbligatoria l’assicurazione della responsabilita` civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti (legge 24 dicembre 1969 n. 990 e relative norme regolamentari) e` applicabile la norma generale di cui all’art. 1888, primo comma, cod.civ., in base alla quale la forma scritta e` richiesta solo ai fini della prova del contratto (“ad probationem”), dato che gli adempimenti formali richiesti dalla disciplina speciale (obbligo per l’assicuratore di rilasciare il contrassegno e il certificato di assicurazione e per l’assicurato di conservare tali documenti) sono collegati all’interesse pubblico che giustifica il regime di obbligatorieta` (oltre che al generale obbligo di documentazione del rapporto posto dall’art. 1888, secondo comma) e non attengono alla posizione delle parti in se considerate. Conseguentemente le parti (ed anche lo stesso danneggiato) ai fini della prova dell’avvenuta stipulazione del contratto o di singole clausole ben possono avvalersi dalla confessione, secondo i principi generali in tema di prova dei contratti per i quali la forma scritta e` richiesta “ad probationem”.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 22 febbraio 1995, n. 1960

Integrale

FATTO

Con atto notificato il 13 maggio 1982 la s.p.a. Assicurazioni Generali, assumendo di avere risarcito i terzi danneggiati per il sinistro occorso il 28 giugno 1981 tra l’autoarticolato Fiat 190 condotto da Ciotti Leonardo, di proprietà della ditta di autotrasporti di Galassini Achille, e l’autovettura Fiat 132 condotta da Paltrinieri Uber, deceduto a seguito delle lesioni riportate nella collisione dei mezzi; deducendo che il Ciotti, al momento del sinistro, non aveva conseguito la patente di guida, per cui essa attrice, indennizzati i genitori della vittima con l’esborso di L. 31.500.000 e l’ANAS per L. 426.000, aveva, con riferimento alle condizioni generali di polizza – (art. 2 lett. a) azione di rivalsa nei confronti dell’assicurato proprietario del veicolo danneggiante; conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Modena Galassini Achille, titolare dell’omonima ditta individuale, chiedendo il rimborso delle somme come sopra erogate. Il convenuto, costituendosi, in via preliminare chiedeva l’autorizzazione a chiamare in giudizio in manleva la s.p.a. Assicurazioni Generali Agenzia di Vignola, in persona dell’agente Roda Marino, e nel merito, deducendo tra l’altro che costui aveva garantito l’inserimento nel contratto di assicurazione di una clausola aggiuntiva idonea a rendere operante la copertura assicurativa anche per l’ipotesi di guida del mezzo da parte del Ciotti – privo della patente ma già abilitato alla guida per avere sostenuto positivamente l’esame il 26-29 gennaio 1981 contestava la domanda di rivalsa. Nel corso del giudizio egli rinunciava alla chiamata dell’Agenzia di Vignola, chiedendo la chiamata del Roda iussu judicis, che veniva autorizzata dal Giudice istruttore. Il chiamato si costituiva, contestando l’ammissibilità della chiamata e, nel merito, assumendo che la dichiarazione confessoria prodotta – relativa all’estensione della garanzia assicurativa – era stata da lui sottoscritta senza averla letta e compresa, e comunque andava interpretata nel senso che l’assicurazione non vigeva senza la “formalizzazione”, mai avvenuta, del patto aggiunto. L’adito Tribunale, con sentenza del 9 dicembre 1988, ritenendo non provata la sottoscrizione, tra convenuto e società assicuratrice, della clausola aggiuntiva derogatoria dell’art. 2 lett. a delle condizioni generali di polizza e neppure intervenuta tale pattuizione con l’agente – che peraltro, se ciò avesse fatto, sarebbe andato oltre i limiti del mandato conferitogli – condannava il Galassini al pagamento, in favore dell’attrice, della somma rivalutata di L. 57.301.014 e rigettava la domanda proposta contro il Roda. Avverso tale sentenza proponevano appello principale il Galassini e incidentale la s.p.a. Assicurazioni Generali e il Roda. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 13 luglio 1991, in accoglimento dell’appello del Galassini, rigettava la domanda della s.p.a. Assicurazioni Generali, nonchè gli appelli incidentali. Rilevava essere emerso dalla documentazione prodotta che la società assicuratrice stipulava, su moduli predisposti e con propria sottoscrizione a stampa, estensioni di garanzia per l’ipotesi in cui un mezzo assicurato fosse condotto da persona, nominativamente indicata, che avesse sostenuto favorevolmente l’esame di guida, subordinatamente al successivo rilascio della patente; che le modalità di stipulazione di tale clausola erano idonee a determinare, anche nel più diligente contraente, la apparenza nell’agente del potere di impegnare direttamente la società anche per le appendici di estensione della garanzia. Nella specie, tale apparenza discendeva inoltre dalla condotta tenuta dall’agente, concretatasi nella sua stipulazione verbale con la garanzia di obbligare la società rappresentata e con l’impegno di “formalizzarla”, ovvero di completare l’appendice prestampata con i dati ricevuti, relativi all’autista Ciotti – ciò che risultava dalla confessione stragiudiziale prodotta-. Pertanto, gli effetti della clausola in esame, validamente stipulata verbalmente – essendo nella specie la forma scritta richiesta solo “ad probationem”, con possibilità di prova mediante confessione stragiudiziale – per il principio dell’apparenza, dovevano prodursi direttamente nella sfera giuridica della società. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la s.p.a. Assicurazioni Generali sulla base di quattro motivi, illustrati da successiva memoria. Resiste con controricorso il Galassini. Non si è costituito il Roda.

DIRITTO

Preliminare è l’esame del quarto motivo col quale la ricorrente, denunciando violazione e-o falsa applicazione di norme di diritto (art. 11 ed altri della legge n. 990-69, nonchè le norme regolamentari relative, e successive modificazioni) – deduce che, a seguito della disciplina che ha reso obbligatoria l’assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, non potrebbe a tale forma di assicurazione ritenersi applicabile la normativa generale che, prevedendo per il contratto di assicurazione la forma scritta solo ad probationem, consente di dare in modo diverso dallo scritto la prova dell’intervenuto contratto. Ciò in considerazione dell’interesse pubblico che permea – il rapporto di assicurazione, di per sè avente natura privatistica, e che impone diversi adempimenti (quali il rilascio del contrassegno e del certificato di assicurazione, con obblighi di conservazione e, per il primo, di esposizione nel veicolo) incompatibili con una eventuale conclusione del contratto in forma non scritta. Il motivo è infondato. La legge n. 990-69 e successive modificazioni non ha assolutamente inciso sui principi e sulla disciplina generale in tema di forma del contratto di assicurazione e in particolare sulla norma (art. 1888 1 comma c.c.) secondo la quale il contratto di assicurazione “deve essere provato per iscritto” e e non concluso per iscritto a pena di nullità. Così come la previsione dell’obbligo per l’assicuratore di rilasciare al contraente un documento da lui sottoscritto (polizza di assicurazione o altro), contenuta nel secondo comma dell’art. 1888 con riferimento a qualsiasi forma di assicurazione, non integra alcuna condizione per il perfezionamento del contratto, nè esclude che questo possa essere concluso verbalmente, salva la necessità di darne prova per iscritto, del pari non è incompatibile con il principio della libertà di forma in tema di conclusione del contratto di assicurazione la previsione, per l’assicurazione obbligatoria disciplinata dalla legge n. 990-69, dell’obbligo di rilascio – per l’assicuratore – e del correlativo obbligo di conservazione – per l’assicurato – del contrassegno e del certificato di assicurazione (il primo da tenere esposto nel veicolo in modo da essere visibile dall’esterno, il secondo da custodire all’interno del veicolo stesso) di cui all’art. 7 della legge n. 990-69 e all’art. 9 e ss. del relativo regolamento approvato con D.P.R. n. 973-70. Siffatti adempimenti formali, collegati all’interesse pubblico che giustifica il regime di obbligatorietà e la particolare efficacia nei confronti del danneggiato del rapporto di assicurazione, sono preordinati al fine di consentire un adeguato controllo dell’osservanza dell’obbligo di assicurazione sia da parte della pubblica autorità che dei terzi danneggiati, e non attengono alla posizione delle parti del rapporto in sè considerata; essi peraltro sono correlati alla documentazione scritta del rapporto richiesta in via generale dal citato art. 1888 2 comma c.c., senza presupporre la necessaria redazione per iscritto dello strumento contrattuale. Nessuna incompatibilità, quindi, con il regime generale di libertà di forma stabilito per il contratto di assicurazione, che, indipendentemente dagli adempimenti formali sopra indicati, sia le parti, sia lo stesso danneggiato – destinatario degli effetti del contratto in relazione alla prestazione principale imposta all’assicuratore possono invocare a tutela delle rispettive posizioni di diritto soggettivo (cfr. per riferimenti sulla forma del contratto di assicurazione in esame, Cass. 7075-92). Ne consegue la possibilità di provare mediante confessione l’avvenuta stipulazione del contratto di assicurazione o di singole clausole di esso in aggiunta o in sostituzione di quelle originarie, in base ai principi generali (cfr. Cass. 9525-92; Cass. 2653-92, etc). Va adesso, per ragioni di progressione logica, preso in esame il secondo motivo col quale, denunciandosi violazione e-o falsa applicazione degli artt. 2730 e 2735 c.c., si censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto efficace nei confronti della s.p.a. Assicurazioni Generali la confessione stragiudiziale resa dall’agente Roda Marino, malgrado lo stesso non fosse abilitato a renderla in nome e per conto della predetta società. Il motivo è fondato. La Corte di merito ha implicitamente escluso che la confessione resa del Roda potesse, a norma dell’art. 2731 c.c., essere efficace nei confronti della s.p.a. Assicurazione Generali per non avere egli il potere di impegnare detta società in relazione al rapporto controverso – sul punto esisteva in atti la prova documentale delle limitazioni della procura conferita al Roda-. Ha tuttavia, in applicazione del principio dell’apparenza del diritto, ritenuto impegnativo per la società ricorrente l’accordo intervenuto tra il Roda e il Galassini in ordine alla modifica della clausola che estendeva la copertura assicurativa all’ipotesi di guida dei veicoli assicurati da parte di autista che, pur avendo superato l’esame di guida, non aveva ancora conseguito la patente – subordinatamente al successivo conseguimento di questa accordo che sarebbe stato riprodotto nella confessione stragiudiziale del Roda. E ne ha fatto derivare l’efficacia nei confronti della società stessa della confessione in controversia. È evidente l’erroneità della argomentazione che, con un inammissibile “salto” logico e giuridico, ha finito con il trasferire l’operatività del principio dell’apparenza del diritto dall’accordo modificativo delle condizioni di polizza alla confessione resa su di esso, e quindi ad un atto diverso. Invero, l’affidamento del Galassini sul potere di rappresentanza in capo al Roda poteva operare in relazione alla modifica delle condizioni di polizza, ma non poteva riverberarsi sulla confessione stragiudiziale resa dall’agente, atto questo che prescindeva del tutto dal ritenuto affidamento del Galassini su un effettiva contemplatio domini in relazione all’accordo modificativo invocato dal medesimo. L’esistenza di tale affidamento non può, invero, rilevare oltre il limite dell’opponibilità all’altro contraente dell’atto cui esso si riferisce e non può quindi attribuire al rappresentante apparente la legittimazione al compimento di qualsiasi altro atto, pur inerente al medesimo rapporto, ovvero sortire l’effetto della riconducibilità di questo al dominus negotii, in difetto del potere di rappresentanza. L’apparenza del diritto non può, in altri termini, determinare la riferibilità alla s.p.a. Assicurazioni Generali di qualsiasi altro atto diverso dalla modificazione contrattuale in esame e non può, in particolare, sortire tale effetto in relazione alla confessione stragiudiziale del Roda, pur relativa al medesimo rapporto contrattuale, non potendo a tal riguardo la necessità della procura essere surrogata dalla situazione di apparenza presa in considerazione dalla Corte di merito, per gli effetti di cui all’art. 2731 c.c. Ciò a ritenere che la dichiarazione rilasciata per iscritto dal Roda il 12 marzo 1984, con la quale il suddetto affermava di avere garantito al Galassini la copertura assicurativa in relazione ai danni che l’autista Ciotti Carmelo avesse provocato a terzi alla guida di uno degli autoveicoli dello stesso Galassini, abbia i caratteri di una vera e propria confessione circa la modificazione contrattuale in esame. Il punto è investito dal primo motivo col quale la ricorrente denunciando violazione e-o falsa applicazione degli artt. 2730 e 2735, nonchè in quanto analogicamente applicabili, degli artt. 1362, 1369 e 1370 c.c., censura la sentenza impugnata per avere erroneamente interpretato la dichiarazione “confessoria” del Roda il cui significato letterale, oltrechè il collegamento con la natura e l’oggetto dell’atto, non preso in considerazione dalla sentenza, evidenzierebbe come non fosse intervenuto tra le parti altro che un accordo di massima da trasformare in un preciso strumento contrattuale. Ciò trarrebbe conferma dall’uso dell’espressione “formalizzare l’impegno assunto”, nonchè dalla mancata specificazione dei veicoli coperti da assicurazione, così come invece era avvenuto per le appendici di polizza stipulate per altri autisti in moduli prefirmati dal legale rappresentante della società. La censura coinvolge peraltro la motivazione della sentenza laddove ravvisa un – “vizio logico” per essere l’interpretazione adottata non coerente con la documentazione delle appendici di polizza stipulate per gli altri autisti anch’essi privi di patente pur avendo sostenuto con esito positivo gli esami di guida e denuncia l’omesso esame della circostanza che l’appendice di polizza si sarebbe dovuta collegare ad uno specifico veicolo come era avvenuto per quelle già perfezionate come da documentazione in atti. Il motivo è fondato. L’interpretazione della dichiarazione confessoria del Roda non tiene conto, anzitutto, delle modalità in cui, per come documentato, le altre ipotesi di estensione della garanzia, in relazione alla guida di veicoli da parte di autisti non ancora muniti di patente, venivano tradotte in strumento contrattuale: cioè, in atto scritto con la firma del legale rappresentante della società, e non dell’agente – pur se costui aveva il potere di riempimento dei moduli prefirmati-. La Corte ha altresì omesse di prendere in considerazione la circostanza – documentata – che nelle suddette ipotesi le appendici di contratto si collegavano a specifici veicoli condotti dagli autisti e non ai singoli autisti in sè considerati. Per un verso, non appare logica, in difetto di alcuna particolare motivazione, la stipulazione, tra l’agente e il Galassini, di uno specifico accordo modificativo delle condizioni di polizza in forma orale e del tutto generica, tanto più che la stessa dichiarazione confessoria richiama la necessità di formalizzazione dell’accordo che nella specie, in relazione agli elementi sopra considerati, non doveva ritenersi meramente ripetitiva di un accordo già stipulato e perfezionato. L’omesso esame delle rilevate circostanze attinenti agli elementi specifici contenuti nelle appendici di polizza appare poi determinante in quanto quegli elementi avrebbero potuto incidere sull’iter logico della decisione, inducendo a far ritenere che un accordo non trasfuso in uno specifico documento e privo dell’indicazione dei singoli veicoli cui la possibile guida degli autisti si riferiva non poteva essere un accordo perfetto e definitivo, potendo solo configurarsi come semplice manifestazione di intenti ricondotta ad un futuro “contrahere”, come tale non idonea a modificare il rapporto assicurativo già costituito. Fondata è del pari la censura concernente la violazione di regole ermeneutiche. Va premesso che, nell’ottica della configurazione della confessione come atto giuridico non negoziale – seguita dalla prevalente giurisprudenza – l’applicabilità delle norme di ermeneutica dettate per i contratti dell’art. 1362 e ss. c.c. va ricondotta all’analogie, laddove, invece, in virtù della norma dell’art. 1324 c.c., esse possono ritenersi applicabili in via diretta ai negozi unilaterali inter vivos (cfr. Cass. 3380-84). In tale ottica peraltro, se l’applicabilità delle norme di ermeneutica contrattuale va contenuta sia nei limiti di ammissibilità dell’analogia, sia nei limiti della compatibilità delle singole norme con la natura dell’atto (il che peraltro pure deve ritenersi per gli atti unilaterali negoziali), non può escludersi tout court che lo stesso art. 1362 c.c. possa essere applicabile. Se, invero, non sarebbe compatibile con la natura dell’atto giuridico in senso stretto l’indagine sull’intento perseguito dall’autore dell’atto, atteso che questo è irrilevante in ordine agli effetti tipici collegati dall’ordinamento al compimento dell’atto medesimo (cfr. la già citata Cass. 3380-84), se si considera che l’interpretazione del negozio comporta non tanto la ricerca dell’intenzione soggettiva delle parti, quanto l’oggettiva “rilevabilità” del suo contenuto – in tal senso un’autorevole dottrina -, non può escludersi l’applicabilità dello stesso art. 1362 c.c. in quanto non rivolto ad individuare – la semplice intenzione dell’autore dell’atto unilaterale, bensì tendente ad evidenziare il contenuto obiettivo della volontà del dichiarante trasfuso nel documento e riferito non agli effetti ma all’oggetto della dichiarazione stessa. La censura peraltro coinvolge, a parte i criteri di cui agli artt. 1369 e 1370 c. c, quello stesso di cui all’art. 1363 c.c. pur se tale norma non viene specificamente indicata. È innegabile, infatti, che la ricorrente si duole, tra l’altro, della mancata valutazione complessiva della dichiarazione confessoria, e in particolare del mancato collegamento, nella motivazione della sentenza impugnata, tra la “autorizzazione a far circolare” il Ciotti, conferita al Galassini e l’impegno a “formalizzare per iscritto” la modifica contrattuale prospettata, oltre che della carente ricerca del significato di tale ultima espressione. Ciò premesso, la violazione delle norme di ermeneutica di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c. appare evidente. La Corte di merito ha disatteso sul punto le articolate argomentazioni della sentenza di primo grado, la quale aveva chiarito come la semplice autorizzazione a far circolare il Ciotti alla guida dei veicoli assicurati dal Galassini malgrado l’autista non fosse ancora munito di patente, pur avendo sostenuto con esito positivo l’esame di guida, con la garanzia della copertura assicurativa, non potesse equivalere alla modifica convenzionale delle condizioni di polizza, modifica per la quale, giusta il tenore letterale della dichiarazione del Roda, era necessaria la formalizzazione per iscritto dell’impegno da parte della società assicuratrice. Essa, invero, si è limitata a rilevare che la “formalizzazione” della clausola si limitava al “completamento” di essa con i dati relativi all’autista Ciotti dell’appendice prestampata da allegare alla polizza. In tal modo, si è limitata a dare un senso letterale al termine sopra indicata, senza svolgere alcuna indagine sul contenuto della volontà del dichiarante trasfuso nella scrittura e, in particolare, sulla portata della “formalizzazione” in relazione ad un impegno assunto senza neppure l’indicazione dei veicoli cui l’estensione della garanzia si riferiva. E ciò in presenza di una precisa clausola del contratto originario che delimitava in modo categorico il rischio assicurato, escludendo dal suo ambito le ipotesi di guida da parte di autisti non ancora abilitati. Nè si è considerato che la stessa autorizzazione alla circolazione per l’autista Ciotti poteva costituire un impegno personale a far ottenere dalla società assicuratrice la copertura per l’ipotesi considerata e non necessariamente l’effetto di una vera e propria modifica contrattuale già perfezionata. Nè il riferimento ai modelli di appendice di polizza parzialmente predisposti e recanti la firma del legale rappresentante della società, che l’agente Roda era abilitato a riempire valeva a privare di rilevanza anche giuridica la “formalizzazione”, non foss’altro perchè il riempimento dei moduli avrebbe potuto esser preceduto da un consenso di massima espresso dalla società assicuratrice con riguardo alla singola ipotesi o in genere allo specifico contratto o alla persona dell’assicurato. In relazione alla norma dell’art. 1369 c.c. appare poi evidente che l’interpretazione adottata dalla Corte di merito mal si accorda con la natura del contratto la cui modifica costituisce oggetto della dichiarazione confessoria. Nessuna indagine risulta essere stata svolta sul punto, benchè l’individuazione di un accordo verbale e da parte dell’agente non munito di procura potesse male accordarsi con il tipo di contratto e in particolare con una modifica di una clausola delimitatrice del rischio assicurativo di particolare rilievo, peraltro attuata senza la precisa indicazione dei veicoli possibile oggetto di guida da parte del menzionato autista, contenuta nel contratto originario stipulato per iscritto. Un semplice dubbio sull’interpretazione della dichiarazione, ipotesi minima giustificabile sulla base degli elementi sopra considerati, avrebbe dovuto comportare l’ulteriore indagine richiesta dall’art. 1369 c.c., norma anche questa compatibile con la natura dell’atto. Restano assorbite le altre censure contenute nel motivo in esame, nonchè il terzo motivo del ricorso col quale si denuncia violazione e-o falsa applicazione dell’art. 2733 c.c. in relazione alla posizione del Roda autore della confessione, quale chiamato in causa jussu iudicis. La sentenza impugnata va, quindi, cassata in relazione alle censure accolte e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Bologna per nuovo esame, in conformità ai principi di diritto sopra enunciati circa l’efficacia non vincolante per il dominus negotii della confessione resa da soggetto privo del potere di rappresentanza, pur in ipotesi in cui il difetto di potere rappresentativo in ordine alla stipulazione di un contratto o di successivi accordi modificativi di esso non escluda l’imputabilità dal dominus del contratto o della clausola modificativa per il principio dell’apparenza del diritto, nonchè in tema di interpretazione della confessione stragiudiziale sulla base dei criteri di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. Al giudice di rinvio va altresì rimessa la statuizione sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna.

 

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Avv. Umberto Davide

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