Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 4 luglio 1997, n. 6039

Affinche` un contratto di assicurazione possa ritenersi annullabile a norma dell’art. 1982 cod.civ., non e` sufficiente una qualsiasi inesattezza o reticenza dell’assicurato, circa i dati che lo riguardano, in sede di formazione del contratto, richiedendosi che le dichiarazioni non veritiere rese dall’assicurato con dolo o colpa grave abbiano, secondo l’apprezzamento istituzionalmente riservato al giudice di merito, un`effettiva influenza sul rischio, cosicche` esse possano ritenersi avere inciso sul consenso dell’assicuratore.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 4 luglio 1997, n. 6039

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il sig. A. R. stipulo’ in Milano in data 2 aprile 1987 polizza infortuni con la ASSICURAZIONE 1, indicando come beneficiaria in caso di morte M. A.. Il 6 agosto 1988 il R. decedette per annegamento accidentale in mare. La beneficiaria della polizza A. M., a seguito di rifiuto da parte della societa’ assicuratrice del pagamento dell’indennizzo, stipulato in lire 500 milioni per il caso di morte ottenne dal Presidente del Tribunale di Milano, decreto ingiuntivo di pagamento in data 16 marzo 1989. Con atto notificato il 13 marzo 1988 la ASSICURAZIONE 1 evocava in giudizio la M. chiedendo l’annullamento del contratto, ai sensi dell’art. 1892 c. c., assumendo che lo stipulante avrebbe dichiarato, contrariamente al vero e con dolo, di esercitare la professione di agente di commercio, e di risiedere in Milano, mentre in realta’ non aveva alcuna occupazione, ed aveva residenza in Germania, o se in Italia, in Ostana. La stipulante non aveva segnalato inoltre alla assicuratrice i propri numerosi precedenti penali. Con distinto atto di citazione 6 aprile 1989 la ASSICURAZIONE 1 proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, sulla base di eguale motivi. La sig. M. si costituiva in entrambi i giudizi, poi riuniti, assumendo la validita’ della polizza e la sua piena operativita’ dovendo ritenersi del tutto ininfluenti le pretese inesattezze sui dati personali sul rischio assicurativo assunto, riscontrate dalla ASSICURAZIONE 1. Con sentenza in data 5 marzo 1992 il Tribunale di Milano respinse le domande proposte dalla ASSICURAZIONE 1 Con sentenza 22 settembre 1993 la Corte di Appello di Milano confermo’ l’impugnata sentenza. La corte territoriale rilevava che la beneficiaria M. aveva assolto l’onere probatorio a suo carico dando prova della vigenza del contratto assicurativo in essere con la ASSICURAZIONE 1 e del decesso accidentale del R. in occasione di attivita’ non professionale. Rilevava invece che la ASSICURAZIONE 1 non aveva provato gli elementi costitutivi della proposta azione di annullamento, ne’ comunque la rilevanza delle circostanze taciute o non esattamente dichiarate; al riguardo considerava negativamente ai fini risolutori la possibile influenza sul rischio e sulla sua accettazione, dei dati dichiarati relativi alla residenza, alla attivita’ effettivamente esercitata dal R. escludendo altresi’ la necessita’ di comunicare i propri precedenti penali all’assicuratore senza specifica richiesta. Rilevava che la stessa ASSICURAZIONE 1 non aveva, al di la’ di astratte enunciazioni, fornito alcuno specifico elemento volto a dimostrare l’alterazione della coincidenza tra rischio rappresentato e rischio reale assunto che integrasse in pregiudizio dell’assicuratore, un alea non prevista e come tale viziante la formazione del consenso. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la ASSICURAZIONE 1, con unico articolato motivo. Ha resistito con controricorso la M..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il proposto motivo la societa’ ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1892, 1893, 1898, 1926 e 2697 cod. civile ed omessa motivazione su punto decisivo della controversia. La censura si rivolge essenzialmente contro una pretesa erronea interpretazione dell’art. 1892 c. c., affermandosi che la mancata rappresentazione complessiva del vero stato delle cose che il contraente deve dare di se’ stesso e della sua attivita’ impedirebbe all’assicuratore di identificare la vera identita’ del rischio garantito, determinando un vizio del consenso, che consente l’azione di annullamento del contratto. Il motivo non puo’ ritenersi nella fattispecie fondato. Appare opportuno precisare che, secondo consolidata giurisprudenza la causa di annullamento prevista dall’art. 1892 c. c. esige il simultaneo concorso di tre requisiti essenziali: 1) una dichiarazione inesatta o una reticenza dell’assicurato; 2) la influenza di tale dichiarazione o reticenza ai fini della reale rappresentazione del rischio; 3) che la reticenza o la dichiarazione inesatta siano frutto di dolo o colpa grave dell’assicurato (cosi’ gia’ Cass. n. 3514/56). Ne consegue che l’annullamento del contratto non puo’ essere dichiarato dal giudice senza l’accertamento della esistenza degli anzidetti requisiti. Il rischio reale, conoscibile in base alle circostanze note a colui che si assicura, deve essere anche rappresentato all’assicuratore, in modo che lo stesso assuma consapevolmente l’alea connessa. La legge tutela in tal modo l’assicuratore da difformita’ del rischio che credeva di assumere rispetto a quello realmente assunto, potendo ab initio valutarsi una maggiore probabilita’ della verificazione dell’evento dannoso, che sconsigliava ovviamente in termini probabilistici, la conclusione del contratto. Non e’ dunque sufficiente una inesatta o reticenza dell’assicurato nella indicazione del dati che lo riguardano in sede di formulazione del contratto, ma appare necessario una effettiva incidenza delle dichiarazioni non veritiere sul rischio, dichiarazioni che possono ritenersi, per colpa o dolo, dell’assicurato, avere inciso sul consenso. Ogni contratto assicurativo entra a far parte di una massa omogenea di rischi, che sono valutati preventivamente dall’assicuratore, in relazione al tipo di polizza offerta al pubblico. In relazione al tipo di rischio assunto, e coperto da assicurazione, assumono maggiore o minore rilevanza le informazioni fornite dal soggetto portatore del rischio, dovendo necessariamente al riguardo considerarsi la estraneita’ o meno del soggetto del rischio assunto. Rientrano infatti nelle previsioni statistiche individuanti l’alea dell’assicuratore eventi del tutto esterni al soggetto ed alla sua volonta’ eventi non esclusi dalla polizza ai fini della limitazione del rischio, in termini oggettivi. Esempio tipico appare la diffusione di coperture assicurative per rischi derivanti da trasporti, in cui nessun rilievo assumono le circostanze attinenti alla persona dell’assicurato; diversa ovviamente deve invece ritenersi, per le polizze vita, la rilevanza dell’anamnesi dell’assicurato, potendo pregresse malattie incidere si future patologie e costituirne causa remota. L’accertamento dell’esistenza o meno dei requisiti essenziali richiesti dall’art. 1892 importa pertanto una indagine di fatto riservata al giudice di merito. La corte territoriale, con motivazione esente da vizi logici-giuridici ha in fatto escluso che nella formazione del contratto le dichiarazioni attinenti alle qualita’ dell’assicurato avessero inciso sulla rappresentazione del rischio assunto, e ben delimitato dalle clausole contrattuali; ne’ del resto poteva ritenersi provata la non veridicita’ delle informazioni relative ai dati di polizza, nonche’ il dolo o colpa grave del dichiarante, nel fornire tali dati, apparendo dubbio che l’assicurato potesse rappresentarsi tale incidenza e volesse ottenere una copertura assicurativa, altrimenti non ottenibile. La Corte ha escluso, in fatto, che potesse ritenersi menzognera la dichiarazione del R., di essere residente in Milano, citta’ ove concluse il contratto, e ove viveva con la M. da cui aveva un figlio e dove gli pervenivano le comunicazioni dell’assicuratore. La residenza e’ del resto un “quid facti” ed e’ data dalla permanenza continuativa in un luogo di propria scelta, la quale non e’ incompatibile con eventuali allontanamenti anche se frequenti e di una certa durata. E’ noto come l’iscrizione anagrafica non ha valore costitutivo, e la mancata regolarizzazione comporta solo conseguenze di carattere amministrativo, non limitando la legge la liberta’ di spostarsi da luogo a luogo, e di scegliere liberamente la propria dimora. Per quanto riguarda poi la seconda pretesa inesattezza per avere il R. dichiarato di essere agente di commercio, esattamente la Corte territoriale ha osservato che era indimostrato quale fosse la sua occupazione all’epoca della stipulazione del contratto. La genericita’ della qualifica assunta di rappresentante o agente di commercio, senza indicazione di eventuali case mandatarie, copre in realta’ una molteplicita’ di possibilita’ lavorative che solo importano frequenti spostamenti nel territorio. Rischio quindi estremamente generico ed al contrario di mansioni impiegatizie od operaie sedentarie, piu’ esteso ancorche’ meno specifico, in relazione alla mancanza di orari di lavoro, ed a continui trasferimenti da luogo a luogo. La circostanza che nel certificato di morte, gli fosse stata attribuita la professione di tecnico meccanico, non importava l’esercizio effettivo di tale attivita’ con i rischi specifici che l’utilizzo di macchine utensili comporta; come osservato dal giudice di merito solo se l’evento dannoso si fosse verificato nello svolgimento di attivita’ professionale, non contemplata in polizza, avrebbe dovuto ritenersi esclusa la copertura perche’ inerente a rischio, estraneo al contratto. Nessun rilievo ha poi la inopportuna notazione – senza alcun riscontro obiettivo, operata dai carabinieri, circa una pretesa nullafacenza del R., e che certo nulla prova in ordine alla attivita’ o allo stato di disoccupazione dell’assicurato al momento dell’assicurazione, allo stesso modo che lo stesso fosse stato qualificato come benestante. La stessa norma di cui all’art. 1926 c. c., che genericamente il ricorrente indica violata, prevedendo espressamente il cambiamento di professione dell’assicurato, individua solo nell’aggravamento del rischio la limitata possibilita’ di modificare le condizioni di contratto, cosicche’ in caso di sinistro il pagamento della somma assicurata puo’ essere ridotto in proporzione del minor premio convenuto in confronto di quello che sarebbe stato stabilito. Prospettazione neppure in subordine adombrata dalla ASSICURAZIONE 1. Infine, in ordine all’addebito mosso dall’assicurato di non aver dato notizia al contraente dei suoi precedenti penali la Corte territoriale ha escluso gli estremi del dolo e della colpa grave, in assenza di una specifica richiesta di informazioni di controparte. Valutazione del tutto congrua, e che sotto altro aspetto appare assorbita dalla considerazione che, nell’ambito del diritto alla riservatezza, contemplato positivamente all’art. 8 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, deve escludersi un obbligo di esplicitare propri comportamenti pregressi illeciti o disonorevoli al contraente con il quale si vuole stipulare un contratto assicurativo. Come anzi detto l’ art. 1892 c. c. non tutela la scelta da parte della compagnia assicuratrice del soggetto assicurando, ma solo la conoscenza dei fattori di rischio. Anche un pregiudicato ha cosi’ diritto ad assicurare rischi personali, e l’esplicita esclusione dal rischio di danni riportati nell’esercizio di attivita’ criminosa, appare essere sufficiente garanzia della ininfluenza di condotte anteatte sul rischio stesso e risultanti da accertamenti giudiziali. Il pagamento anticipato del premio esclude poi che la societa’ assicuratrice sia legittimata a esprimere giudizi di valore, su pregresse vicende del soggetto cui viene offerta l’assicurazione, anche sotto il profilo della capacita’ economica a far fronte agli obblighi assunti, e nel caso rispettati. Deve pertanto considerarsi logicamente motivata ed indenne da vizi giuridici la decisione impugnata. Il ricorso deve pertanto ritenersi infondato e come tale rigettato, con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte: rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in lire 140.600-, oltre onorari in lire seimilioni.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.