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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 27 ottobre 2015, n. 21788

Occorre principalmente stabilire a chi spetta la responsabilita’, tra locatore e conduttore, di eventuali danni causati da infiltrazione. La responsabilita’ e’ diversa a secondo che gli impianti siano esterni o interni. E come gia’ affermato da questa Corte (Cass. n. 13881/2010) In tema di danni da cose in custodia, ai fini della configurabilita’ della responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., occorre la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla stessa, e cioe’ la sua disponibilita’ giuridica e materiale, con il conseguente potere di intervento su di essa. Pertanto, il proprietario dell’immobile locato, conservando la disponibilita’ giuridica e, quindi, la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati, e’ responsabile in via esclusiva, ai sensi degli articoli 2051 e 2053 c.c., dei danni arrecati a terzi da tali strutture e impianti; grava, invece, sul solo conduttore la responsabilita’, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., per i danni arrecati a terzi dagli accessori e dalle altre parti del bene locato, di cui il predetto acquista la disponibilita’, con facolta’ ed obbligo di intervenire onde evitare pregiudizi ad altri.

 

 

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 27 ottobre 2015, n. 21788

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2868-2013 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro:

(OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 2590/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/12/2011, R.G.N. 1733/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/06/2015 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fuzio Riccardo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 2000, (OMISSIS) convenne in giudizio (OMISSIS) per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non, causati dalla fuoriuscita d’acqua da un flessibile dell’appartamento sovrastante il suo, di proprieta’ del convenuto.

Si difese lo (OMISSIS) sostenendo di aver concesso in locazione l’appartamento all’avvocato (OMISSIS) e che l’evento si era verificato nel momento in cui il conduttore aveva riallacciato l’utenza dell’acqua. Quando, cioe’, l’obbligo di custodia dell’immobile locato era gia’ passato al conduttore per legge ai sensi dell’articolo 1587 c.c. e per espressa previsione contrattuale.

Chiese, quindi, di chiamare in causa il terzo e, nel merito, il rigetto della domanda. Si costitui’ il conduttore sostenendo che la fuoriuscita dell’acqua era stata causata da un flessibile della cucina lasciato libero e che, pertanto, non poteva essergli addebitata alcuna responsabilita’ perche’ era compito del proprietario consegnare l’impianto in stato di sicurezza.

Il Tribunale di Venezia, con la sentenza n. 132 del 17 gennaio 2005, accolse la domanda dell’attrice e condanno’ (OMISSIS), quale erede dello (OMISSIS), al risarcimento dei danni pari a euro 39.595,87 oltre interessi e spese legali.

La decisione e’ stata riformata dalla Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 2590 del 5 dicembre 2011, che ha ritenuto che il proprietario prima di consegnare l’appartamento al conduttore avrebbe dovuto applicare un tappo, o un rubinetto, al flessibile.

E, il conduttore, avendo constatato la mancanza di tappo del flessibile, avrebbe dovuto provvedervi direttamente non potendo limitarsi a riattivare l’impianto idraulico in un appartamento disabitato. Conseguentemente i giudici del merito: 1) hanno ridotto all’importo di euro 29.595,87, oltre interessi compensativi dall’occorso al saldo, il credito di (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS); 2) hanno condannato il (OMISSIS) a rifondere alla (OMISSIS) le spese dei due gradi liquidate nella misura tassata dal Tribunale quanto al primo grado ed in complessivi euro 3.920,00 di cui euro 120,00 per spese, euro 1200,00 per diritti ed euro 2.600,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge quanto al presente grado; 3) hanno condannato (OMISSIS) a tenere indenne (OMISSIS) nella misura del 50% di quanto quest’ultimo e’ tenuto a pagare alla (OMISSIS) in forza dei capi che precedono e del capo 5) della sentenza impugnata; 4) hanno compensato le spese fra (OMISSIS) e (OMISSIS).

Avverso tale decisione, (OMISSIS) propone ricorso in Cassazione sulla base di 3 motivi, illustrati da memoria.

3.1 Resiste con controricorso (OMISSIS).

3.2. La signora (OMISSIS) non svolge attivita’ difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la “violazione di norma di diritto: violazione degli articoli 1575 e 1587 c.c. nonche’ degli articoli 2051 e 2055 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il ricorrente sostiene che la Corte d’Appello non ha tenuto conto che il danno e’ stato provocato dal mancato collegamento dei flessibili della rubinetteria e che, in quanto tali, facciano parte dell’impiantistica interna all’immobile la cui responsabilita’ di manutenzione spetta integralmente al proprietario con la conseguenza che il conduttore e’ esente da qualsiasi responsabilita’.

Il motivo e’ infondato.

Occorre principalmente stabilire a chi spetta la responsabilita’, tra locatore e conduttore, di eventuali danni causati da infiltrazione. La responsabilita’ e’ diversa a secondo che gli impianti siano esterni o interni. E come gia’ affermato da questa Corte (Cass. n. 13881/2010) In tema di danni da cose in custodia, ai fini della configurabilita’ della responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., occorre la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla stessa, e cioe’ la sua disponibilita’ giuridica e materiale, con il conseguente potere di intervento su di essa. Pertanto, il proprietario dell’immobile locato, conservando la disponibilita’ giuridica e, quindi, la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati, e’ responsabile in via esclusiva, ai sensi degli articoli 2051 e 2053 c.c., dei danni arrecati a terzi da tali strutture e impianti; grava, invece, sul solo conduttore la responsabilita’, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., per i danni arrecati a terzi dagli accessori e dalle altre parti del bene locato, di cui il predetto acquista la disponibilita’, con facolta’ ed obbligo di intervenire onde evitare pregiudizi ad altri (Cass. n. 24737/2007).

Pertanto, in base al predetto principio, il conduttore e’ sempre responsabile del danno causato da infiltrazioni d’acqua a seguito della rottura di un tubo flessibile esterno all’impianto idrico e sostituibile senza necessita’ di intervento implicante demolizioni perche’, tale oggetto non puo’ essere qualificato come componente dell’impianto idrico interno.

Nel caso di specie i giudici della Corte d’Appello correttamente hanno attribuito la responsabilita’ al conduttore perche’ come emerso dalla C.T.U. si trattava di un flessibile esterno all’impianto murario e non di rottura di tubi all’interno della muratura.

Ed era compito del conduttore trattandosi di un flessibile visibile ed esterno prima di riattivare l’impianto idraulico di fare tutti i controlli necessari.

Pertanto la Corte d’Appello non e’ incorsa in nessuna delle violazioni attribuitele perche’ ha statuito in linea con i principi espressi da questa Corte.

4.2. Con il secondo motivo, denuncia la “violazione di norma di diritto: violazione dell’articoli 1223 e 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Sostiene l’avv. (OMISSIS) che la sentenza non ha tenuto conto del riparto dell’onere della prova fissata dall’articolo 2697 c.c. che prevede che l’onere di provare in giudizio la perdita economica ricade sulla parte che lamenta il danno e nel caso della signora (OMISSIS) e’ pacifica l’assenza di prova in relazione ai lavori sostenuti per la riparazione dell’immobile.

Il motivo e’ inammissibile.

Sul punto e’ passata in giudicato la statuizione relativa ai danni secondo cui il Tribunale “liquidava i danni in base alle risultanze peritali”. Il (OMISSIS) censura la sentenza di appello “in ordine al quantum affermando che erroneamente il Tribunale aveva riconosciuto l’Iva in mancanza di fatture, cosi’ come aveva erroneamente liquidato il danno esistenziale (…). “aggiunge anche che era onere dell’attrice (…) non aggravare i danni (…). Quindi le “risultanze peritali in merito ai danni” non sono mai state impugnate se non per quanto riguarda l’iva e i danni ex articolo 1227 c.c., o per la riduzione generica dalla somma liquidata.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la “violazione di norma di diritto: violazione dell’articolo 1227 c.c., comma 2 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

La sentenza impugnata e’ errata perche’ non ha considerato che la negligente inerzia della signora (OMISSIS) nel procedere alla ristrutturazione dell’immobile ha determinato un aggravamento dei danni dalla stessa subiti.

Il motivo e’ infondato.

I giudici della Corte territoriale, pur se con coincisa motivazione, hanno correttamente dato atto che il Tribunale aveva gia’ tenuto conto nella liquidazione dei danni della ritardata richiesta di ATP da parte della signora (OMISSIS) e che altre riduzioni non potevano essere accolte anche sulla base delle risultanze della C.T.U..

In ogni caso con il motivo in esame, il ricorrente pur denunciando, apparentemente, violazione di legge, chiede in realta’ a questa Corte di pronunciarsi ed interpretare questioni di mero fatto non censurabili in questa sede mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimita’ in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto dei fatti storici quanto le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice di appello – non condivise e per cio’ solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre piu’ consone alle proprie aspettative (Cass. n. 21381/2006).

Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ in favore della controricorrente che liquida in complessivi euro 5.400,00 di cui euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.